Chapter Text
PER IL TUO SORRISO
SETTORE 1:
RIVALITÀ E CONFUSIONE
PROLOGO
- 6 Maggio 2012 - WSK Euro Series -
/Charles/
“Eccolo lì, lo stronzo!
Cazzo, sapevo che sarebbe finita così!
Io l’ho toccato per primo mentre cercavo di superarlo, ma non è che l’ho fatto apposta, lui sì invece e non mi ha dato un piccolo colpetto innocente che non mi ha cambiato la gara come ho fatto io con lui, mi ha scaraventato dietro di un sacco di posizioni rovinandomi la corsa!
Maledetto bastardo, ero davanti con lui! Magari non avrei vinto, ma ci sarei andato vicino e poi se noi due corriamo puliti io gli sono superiore e lui lo sa, ecco perché gioca sporco con me.
Sempre.
Sempre così!
No, ma poi chi diavolo si crede di essere?
Ormai lo conosco, non è l’ultimo arrivato, corre nelle piste kart da anni perciò l’esperienza ce l’ha, non è che deve prendere mano e allora bisogna avere pazienza e stare attenti.
Questo è semplicemente il suo modo di merda di guidare, ma cosa crede di fare, carriera facendo lo stronzo?
Ci sono anche gli altri, mi dispiace per lui se non è da solo in pista ed adesso vede se non glielo ricordo io!
Guido tutto il resto della gara con un’unico scopo che non è tornare dov’ero e provare a vincere, a questo punto nemmeno me ne frega un cazzo.
Tutto ciò che voglio è restituirgli il favore.
Gli devo lanciare un messaggio forte e chiaro.
Puoi fare lo stronzo con gli altri e passarla liscia, ma non con me.
Il tuo buttare fuori pista gli altri è diventato il tuo stile di guida, la tua distinzione. Ma è uno stile di merda.
Corri pulito e corretto e vedrai chi la spunta!
Alla fine faccio tanto finché recupero nemmeno so quante posizioni perché non le conto, ma gli arrivo dietro e lui è in testa dopo avermi fatto le scarpe.
Perciò tengo duro fino alla fine, lascio che vinca non perché voglio, ma perché non ho scelta e quando una volta passati lui finalmente rallenta, lo affianco e lo spingo indispettito ricordandogli che ci sono anche io e che con me non fa quel cazzo che vuole.
Glielo ricordo ogni volta che corriamo ma questa volta ha davvero esagerato! Mi ha rovinato la gara e potevo vincere, ce l’avrei fatta a superarlo perché se corriamo in modo pulito io gli sono superiore.
Lo spingo fuori pista e forse ci squalificheranno, ma non me ne importa un cazzo perché vederlo vincere la mia gara mi rodeva troppo, era inaccettabile. Piuttosto che nessuno vinca nulla e sono contento così!
Ah ma parla lui di ingiustizia!
Che non dica cazzate che sappiamo entrambi che la sua spinta è stata di proposito, la mia dell’inizio no e comunque ha esagerato nel restituirmela!
Adesso si ricorderà bene di non stuzzicarmi apposta se non vuole finire squalificato.
Il verdetto dei giudici di gara non tarda ad arrivare e non mi stupisce, ma nemmeno mi turba.
Io sono maledettamente soddisfatto con il finale, sarò fuori per questo ma almeno non ha vinto lui a mio discapito.
O entrambi o nessuno. Meglio nessuno.
Quando il giornalista viene a chiedermi cosa è successo io sono ancora nella più totale soddisfazione di me stesso, quasi come se avessi vinto io la gara e pure il campionato intero.
- Nothing, Just an inchident!
Niente, solo un incidente, rispondo quando mi chiede cos’è successo con Max.
A parte che non sono sicuro al cento percento d’averlo detto giusto, forse devo studiare meglio l’inglese, ma la calma con cui lo dico è catartica perché so che guarderà questa mia risposta e che inveirà come un matto contro di me dicendo ‘incidente un cazzo!’
Ma non lo possono dimostrare e comunque che possono fare? Mi hanno già squalificato e sono comunque estremamente contento.
Non gliela potevo far passare liscia, la deve piantare di giocare sporco, non si corre a tutti i costi, specie se quei costi sono quelli degli altri.
La prossima ti dimostrerò in pista come si vince senza distruggere le gare degli altri. Non sarò stato perfetto all’inizio, ma di certo non ti avevo rovinato la gara, ti avevo toccato per sbaglio e superato, ma eri comunque dietro di me, la gara era apertissima.
Stronzo di un Max Verstappen. Il tuo nome mi perseguita già ed abbiamo solo 15 anni, ma lo so senza che mio padre o nessun altro me lo dica.
Non mi libererò mai di lui.
- Voi due continuerete a litigare per tutta la vostra lunga e gloriosa carriera.
Mi piace il suo ottimismo. Sia per la lunga e gloriosa carriera che per i litigi con lui perché tutto sommato un po’ mi piace litigarci.
Ok, mi piace parecchio.
Cazzo, è dannatamente divertente, ma solo se poi vinco io. Oggi è stata una merda ma la prossima andrà diversamente.”
- CIK FIA World KZ Championship - 22 Settembre 2013 -
/Max/
“Non è il primo campionato che vinco e sono abbastanza sicuro che non sarà l’ultimo.
Però questo me lo godo più degli altri, anzi, me lo godo maledettamente di più e non perché è un mondiale di karting che mi permette di entrare nel mondo delle monoposto, le categorie che contano per diventare professionista. E nemmeno perché mi ripaga di tutte le punizioni e le dure lezioni di mio padre.
C’è solo un motivo per cui oggi me la godo alla grande e quel motivo sta alla mia destra, nel gradino del secondo classificato.
La coppa del vincitore del campionato è nelle mie mani e la sollevo felice, Charles Leclerc invece è qui accanto a me e fa questo sorrisino forzato con la sua coppa da secondo.
Sua maestà mi ha dato così tanto filo da torcere che questa è stata sicuramente la vittoria di campionato karting più soddisfacente della mia vita ed essere giovani oggi è una gran cosa, so che nessuno dei due mollerà e continueremo a sfidarci ancora a lungo visto che entrambi vogliamo andare avanti in questo settore.
Abbiamo la stessa visione: per noi le corse non sono un semplice hobby, bensì ciò che vogliamo fare per sempre, il nostro lavoro, il nostro futuro e siamo entrambi super dotati, perciò quando lo batto è come battere il più forte e per me è dannatamente bello riuscirci.
Gli lancio ripetuti sguardi per capire quanto sia irritato dall’essere arrivato secondo dietro di me, ma lui mi ignora e cerca di fare finta di niente, il solito principino altezzoso inscalfibile. Sembra sempre che niente lo tocchi salvo poi quando riceve quello che per lui è un torto durante una gara, lì vedi quanto poco composto e indifferente rimane!
Comunque anche se non lo dà a vedere, sono sicuro che stia odiando il risultato finale del campionato. Per lui arrivare secondo non è mai un ottimo risultato, è terribilmente insopportabile perché secondo non è primo.
Finite le foto di rito dei tre vincitori del torneo che si chiude oggi, ci fermiamo un momento a parlare fra di noi per capire se ci sono altre cose per oggi o se siamo liberi e mentre aspettiamo qualche adulto che ci caghi o i nostri genitori che ci portino via, io e Charles ci scambiamo due parole nel suo inglese scolastico pieno ancora di errori di pronunce e di frasi limitate che sarà il caso migliori visto che dal prossimo ance lui passerà di categoria. Per me è diverso, i miei a casa hanno sempre parlato inglese visto che uno è olandese e l’altra belga, perciò sono cresciuto parlando quella lingua.
- Allora dove andrai il prossimo anno? Quale categoria? - chiedo eccitato già pregustandomi un altro campionato dove posso divertirmi nel gareggiare con lui.
Certo, poi è meglio se vinco io, ma se non fosse bravo da restituirmele ogni tanto non mi divertirei poi a vincere quando ci riesco.
- Oh, nella Formula Renault 2.0, abbiamo un contratto con la Fortec. Tu?
La delusione arriva subito ed è un lampo distinto dentro di me.
- No, noi in F3 Europea con Van Amersfoort Racing. - Charles fa un’espressione che sembra la versione più controllata della mia, ma penso sia deluso anche lui.
È solo più bravo di me a controllarsi, come sempre, e mentre ci penso mi viene in mente quella famosa risposta nella gara dell’anno scorso.
‘Just an inchident!’ Nella mia testa ripeto la sua frase scorretta come l’ha detta lui perché mi fa troppo ridere, ma non è questo che è assurdo di tutta quella storia, quanto il fatto che INCHIDENT UN PAIO DI PALLE! Mi aveva spinto di proposito per ripicca, non era un inchident! Solo per rovinare anche la mia gara!
Ma lui tranquillo e sereno e squalificato come me a dire ‘just an inchident’!
Se non dovessimo più incrociarci nelle stesse categorie, anche se penso che prima o poi ci ritroveremo se non altro in F1 visto che ci arriveremo tutti e due, sono sicuro che ricorderò per sempre quel giorno e quella sua sparata candida e serena che mi ha fatto infuriare come una bestia.
Ripensandoci faccio un sorriso ironico.
- Bene, quindi finché non ci incrociamo di nuovo sono io in vantaggio!
So sempre come farlo scomporre, ho un dono naturale in questo!
Finalmente infatti i suoi occhi si accendono nel guardarmi e si capisce bene cosa pensa. Come oso essere così sfacciato?
- Vedi che se corri pulito tu non mi batti! Te ne devo restituire una, non me lo dimenticherò! Anche se non corriamo nello stesso campionato, un giorno ci ritroveremo, vedrai!
Sentendolo acceso come un fiammifero scoppio a ridere e lo spingo bonariamente per la spalla.
- Sì, allora me ne devi restituire un paio, non solo una! Mi sembra di averti battuto diverse volte!
Charles ancora con l’espressione shoccata ma innegabilmente divertita, mi ricambia la spinta perché sia mai che io gli faccio qualcosa che lui non mi ritorna. Il famoso ‘inchident’ è scaturito per questo. Mi doveva ritornare la ‘spinta'. Peccato che la mia fosse già la risposta alla sua, ma tanto non ne usciremo mai da questa spirale e non oso parlarne.
- Ehi, le altre te le ho già restituite, oggi è l’ultima, ma vedrai che ci ritroviamo in F2 e... - mi piace il suo ottimismo e mi piace il suo sorriso felice, come è lanciato, come parla tutto acceso come non mai.
A guardarlo dà l’idea di essere un ragazzo normale e calmo, ma so che in realtà è ben diverso, se stuzzicato a dovere. Ovviamente io sono bravo a stuzzicare gli altri.
Poi mi ricordo il piano di mio padre e Ray e mi spengo un po’ già deluso in partenza, anche se non so come sarà realmente la mia vita.
A sentire mio padre è già tutto stabilito.
- Mio padre e Ray dicono che dopo la F3 Europea se vado bene e vinco sempre posso ottenere la superlicenza e vogliono provare a farmi arrivare subito in F1, insomma appena ci sarà la possibilità mi ci manda anche a costo di saltare qualche categoria. Però vincere tutte le corse che dicono loro non credo sia così facile...
Sappiamo entrambi cosa ci vuole per la famosa superlicenza, quella che serve per guidare in F1, e non è facile come sembra. Non impossibile, ma ottenerla così in fretta non è una passeggiata.
- Beh, senza di me a rubarti le vittorie puoi anche farcela se vinci tutte le gare, poi sono sicuro che tuo padre ed il tuo manager saranno così bravi da farti avere il resto.
- Oh, lascio fare tutto a loro... - alzo le spalle poco interessato a questo, poi torno ad accendermi speranzoso. - E tu? Dopo la Renault?
Charles alza le spalle e scuote la testa non avendone idea.
- Non so, vedo con Nicolas. Dice che fare esperienza prima di arrivare in F1 è importante, non gli piace molto bruciare troppo le tappe, essere precoci va bene, significa che hai veramente la stoffa, ma è molto importante anche perfezionarsi e prepararsi bene perché la F1 è molto dura e ti bruciano se non reggi.
Nonostante il suo inglese non sia il massimo, ci capiamo bene lo stesso ed è bello parlare con lui così, in modo normale. Specie con la ‘erre’ alla francese che gli scappa spesso. Spero che crescendo e migliorando con la lingua non la perda perché l’adoro!
Penso sia la prima volta che chiacchieriamo così perché prima ci fissavamo male a vicenda e ci prendevamo a sportellate, io avrei anche litigato in modo diretto, ma lui è uno che evita le discussioni. È come un muro, mi ha dato quest’idea, per questo ogni tanto lo chiamo fra me e me ‘sua maestà’.
La voce burbera di mio padre prima ed il suo più gentile poco dopo, ci chiamano per dirci che è ora di andare, così io concludo sospirando dispiaciuto. Sarei rimasto ancora un po’ con lui volentieri.
È alla fine dei nostri confronti che ci scopriamo? O forse sono solo io ad apprezzarlo dopo anni di puro odio e lui non vede l’ora di liberarsi di me?
Per un momento lo guardo e cerco di capirlo. Il suo viso delicato e gradevole sorride gentile ed è felice mentre lo fa, vedo distintamente una luce luminosa nei suoi occhi.
- Io lascio fare tutto a mio padre, tanto anche se dicessi qualcosa si farebbe comunque come dice lui... - poi rido per alleggerire facendo passare questa cosa come se fosse comica. Lui mi fissa un po’ stranito senza capire come io possa considerarla divertente.
È guardando lui che capisco che non è così che funziona per tutti e che no, non è divertente. Capisco anche che nemmeno io la trovo veramente divertente, ma sforzarmi di vederla così mi faceva stare meglio.
Improvvisamente realizzo che qualcosa nella mia vita non è come dovrebbe, ma penso che le punizioni di mio padre me l’hanno già fatto capire.
- Ci... ci vediamo, allora... vedremo dove... - Charles si rende conto come me che prima della F1, se tutto dovesse andare bene per entrambi, potremmo non vederci più e se lui segue le tappe classiche potrebbe arrivarci dopo di me.
La gente normale sogna ma non sa se ce la farà a realizzarsi, ma io conosco quel pazzo di mio padre e so che in un modo o nell’altro mi porterà là dove ha deciso da quando sono nato e anche se volessi contrastarlo non potrei.
Comunque mi piace correre, perciò lo lascio fare.
- Come minimo in F1 e lì riprenderemo da dove ci siamo interrotti.
Lo dico con molta sicurezza e lui torna a ridere di nuovo e la sua risata mi piace ancora di più, il suo viso si illumina, i suoi occhi brillano e non so cosa mi succede oggi, ma mi piace vedere come ride con me. Mi sembra quasi la conquista di un premio.
- Tu sei molto ottimista!
- Vedrai che ci arriveremo!
Sogni, probabilmente pensa ora mentre mi fa un cenno e se ne va. Rimango un momento a guardarlo con la sua coppa da secondo classificato mentre corre verso suo padre che l’abbraccia, gli circonda le spalle con un braccio e gli lascia un bacio affettuoso sulla testa; Charles è contento anche se non ha vinto, però so che gli rode quel secondo gradino.
Un giorno me la farà vedere e spero sia prima di quel che penso.
Mio padre mi chiama ed io sospiro dispiaciuto per poi tornare alla mia realtà mentre mi redarguisce come suo solito.
- Goditi questo trofeo che sicuramente non ne vincerai altri. Finirai a fare il camionista, ne sono sicuro!
Lo dice da quando guido nei kart, mi sminuisce sempre salvo poi costruire la mia vita come se fossi già un Campione di F1. So che fa così per stimolarmi a fare meglio, ma so anche che è il primo e forse il solo a credere ciecamente in me. È stancante essere suo figlio, a volte vorrei solo un braccio sulle spalle ed un bacio sulla testa come fa sempre il papà di Charles, invece se non mi dà un calcio in culo è un miracolo.
Oggi chiudo la mia vita coi karting, mi sono divertito molto, ma penso sia stato merito di Charles e di tutto il filo che mi ha dato da torcere. Senza di lui avrei vinto di più, certo, ma non sarebbe stata la stessa cosa.
Però sì, dai... se ce la farò io, ce la farà anche lui e un giorno riprenderemo da dove ci siamo interrotti divertendoci come matti a fare a sportellate!
Fino ad allora, arrivederci!”
Notes:
Ho cambiato spesso l’inizio fino a decidere per questi momenti dei karting, perché ho pensato che in qualche modo potrebbe essere una sorta di inizio per loro due. Qua sono adolescenti e sicuramente non erano nemmeno vagamente interessati uno all’altro, ma la famosa gara dell’Inchident è un po’ ciò che li lega in modo speciale e che rimarrà una costante nelle citazioni future, qualcosa a cui loro stessi hanno sempre continuato a pensare. Ricordo d’aver letto una dichiarazione di mi pare Jos che commentava il loro ennesimo scontro in pista nei go-kart dicendo che questi due (riferendosi a Charles e Max) andranno avanti a scontrarsi così per sempre, intendendo che sentivano già molto la loro rivalità e che a causa del loro caratteraccio, non hanno mai corso serenamente uno contro l’altro. È una cosa che mi è piaciuta ed in qualche modo ho cercato di inserire. Oltretutto hanno entrambi sempre detto che da piccoli si odiavano perché prendevano tutto troppo seriamente e non riuscivano a separare il pilota dalla persona. I diversi trattamenti dei due padri ai rispettivi figli è cosa ben nota, niente che mi sono inventata io. Non so quanto sia vero il discorso sul progetto delle loro carriere, ho immaginato io che potessero entrambi aver già chiaro il tipo di percorso ma l’ho scritto sulla base di ciò che è successo poi, all’epoca loro chiaramente non sapevano come sarebbe andata la loro vita, ma mi sono immaginata quel dialogo perché di fatto dopo si incontrano di nuovo solo in F1. I loro percorsi poi sono realmente differenti finché non arrivano tutti e due nella categoria massima.
Grazie d’avermi seguito, spero continuerete e che avrete pazienza fino all’arrivo ‘delle cose succose’. Baci Akane
Chapter Text
1. PESI
- 5 ottobre 2014 -
/Charles/
“Mentre io correvo, lui moriva.
Che gara di merda, oggi è l’ultima tappa del campionato e hanno messo le due gare lo stesso giorno anche se di solito si fanno in giorni diversi. Nemmeno mi interessa il motivo, però appena scendo dalla macchina sento una strana atmosfera, qualcuno della squadra mi viene incontro come di consueto ma è stranamente taciturno e non mi guarda negli occhi. È un po’ strano, ma non ci faccio troppo caso.
Mi dirigo nel mio box pensando che punterò sulla seconda gara sperando almeno di migliorarmi anche se non ho molte speranze. Le giornate storte ormai le riconosco e questa è una di quelle. È mattino ed è ancora presto per dirlo, ma io ormai lo capisco. Oggi farà tutto schifo dall’inizio alla fine.
Quando raggiungo il garage realizzo che c’è fermento, lo noto subito. Non si accorgono subito che sono arrivato. Ho un’espressione scura e seccata per la settima posizione nella Gara 1 di oggi e penso infastidito a tutto quello che ho sbagliato e a come avrei dovuto farlo, ma quando si accorgono che sono arrivato fanno tutti delle facce strane. Sono in allarme, si accendono e si preoccupano nello stesso momento, si sgomitano e sento che dicono: - È arrivato...
Immediatamente il cuore inizia ad accelerare. L’adrenalina per la gara appena corsa torna ad avere un picco notevole. Non saprei dire cosa e perché, forse è il fatto che dopo una gara non mi hanno mai accolto con quelle facce tese e preoccupate dirette precisamente a me.
È successo qualcosa. Lo penso subito.
Poi vedo mio padre venirmi incontro con un’espressione strana. Lorenzo sparisce subito per parlare al cellulare ed anche la sua faccia non è serena, non di quelle normali da post gara. Avrei potuto fare anche il risultato peggiore di sempre che non gliene sarebbe importato.
È esattamente qua che il cuore sale in gola e martella perché lo sento, lo sento veramente che quello che è successo è brutto.
Mio padre è sempre stato cristallino ed ora mi riesce così facile capire che è shoccato.
Prima che mi dica cosa è successo so per certo che potrò campare altri cinquanta o settant’anni, non importa, ma io ricorderò sempre la sua espressione, i suoi occhi e come mi sentivo io ora.
Ogni senso si acuisce e si concentra sulla sua voce in mezzo al caos che regna sovrano. Voci, rumori e suoni fanno da contorno, in particolare uno schermo da qualche angolo del garage rimanda delle notizie su una qualche gara che si sta svolgendo o che si è appena svolta, non registro bene perché è veramente un gran caos, ma anche questo è strano perché mentre si corre non si guarda mai altre cose.
Lui grida qualcosa dietro di sé, mi pare dica di abbassare, ma non lo ascoltano e capisco che deve essere da lì che viene la notizia che mi sta per dare. Perché so che c’è una notizia da ricevere, ormai è evidente.
- Che è successo? - chiedo col casco, il sostegno e la protezione in mano appoggiati lungo il mio fianco. Mio padre mi prende per le braccia con grande forza, il modo in cui le sue mani mi afferrano mi fanno impressione perché mi sembra come che cerchi di sostenermi, ma io sto su da solo, non serve che mi regga.
Mi accorgo che non respiro.
- Charlie. - fa lui col solito modo con cui mi chiama. La voce è tesa e non sa come dirmelo, me ne rendo conto.
Non ricordo. Non ricordo un’altra volta in cui ha avuto quest’espressione.
I suoi occhi da vicino sono ancora più shoccati.
È shock, è proprio shock ciò che leggo.
- Si tratta di Jules.
Appena lo dice la mia mente mi trasmette alla velocità della luce tutte le informazioni utili.
Jules sta correndo in Giappone, in F 1. Siccome sono dall’altra parte del mondo correvamo nello stesso nostro momento. Ricordo ieri pomeriggio che ci siamo scritti e ci siamo fatti gli auguri a vicenda. Mi ha incoraggiato a dare tutto nelle ultime due gare della mia stagione in Formula Renault che si sarebbero tenute nella stessa giornata, io gli ho detto di pensare alla sua che avevano messo brutto tempo a Suzuka per oggi.
- Ha avuto un incidente. - prosegue mio padre. Spalanco gli occhi e riempio i polmoni di aria continuando a trattenerla ancora. È brevissimo in realtà questo istante, non è lungo come lo percepisco, ma mi sembra infinito.
Sento addirittura i battiti che risuonano nelle orecchie.
- È molto grave. Adesso è in ospedale e non sappiamo come sta.
Lo dice tutto e subito, sa come dare le notizie. Le informazioni importanti e necessarie subito, prima che il cervello si spenga per il dolore, l’agitazione e il mondo che crolla.
Perché succede, il mondo mi crolla su queste mie esili spalle di diciassettenne.
Non è l’incidente in sé, purtroppo correndo in F 1 ed in generale nel settore dei motori sono cose che succedono e metti in conto, ma solo quando ci sbatti contro con un’esperienza più o meno diretta e quando quell’esperienza è grave, capisci realmente cosa significa giocare con la vita e la morte.
A fare la differenza, però, è mio padre e la sua espressione, il modo in cui me l’ha detto come prima cosa appena sceso dalla macchina. Nemmeno mezza parola sulla mia gara e non ricordo nemmeno com’è stata, non so fare i calcoli per capire a che punto sono in questo momento con la classifica finale, riuscirò ad essere secondo in quella generale? Mi separavano pochi punti da Matevos. A che posizione è arrivato lui in questa gara? Vincerò il campionato junior?
Niente di tutto questo adesso alberga più nella mia testa. È tutto cancellato.
C’è solo mio padre che mi guarda per capire se io abbia afferrato realmente cosa sta succedendo al mio migliore amico, al mio padrino, a quello che per me è come un fratello maggiore.
Al primo ragazzo che mi sia mai piaciuto in una maniera così sbagliata da tenere i miei sentimenti ben celati nel mio cuore, giù in profondità in modo che mai nessuno possa scoprirlo.
- Charlie? - mi chiama perché mi vede assente, estraniato. Le sue mani ancora sulle mie braccia stringono e capisco che mi stanno ancora sorreggendo. Improvvisamente i miei occhi tornano a vedere e a mettere a fuoco, il volto sorridente, delicato e così bello di Jules sbiadisce e si sovrappone quello preoccupato di mio padre e mi riscuoto.
- Grave quanto? - chiedo subito per capire meglio. Grave non significa nulla, grave può essere più vivo o più morto, ma c’è una bella differenza fra i due stati.
Per un momento esita, non sa se sia il caso di scendere nei dettagli e sta per farlo quando decide di darmi ancora un po’ di tempo.
- Non si sa molto, le informazioni arrivano frammentarie e incongruenti. Quando avremo chiara l’esatta dinamica dell’incidente e come sta, saprò qualcosa. Io e Lorenzo siamo in contatto con Phil, ma anche lui non sa ancora niente. È in sala operatoria.
Il cuore martella. Martella come un matto. Non è ancora chiaro. Voglio che sia più chiaro. Ho bisogno di chiarezza. Necessito di chiarezza.
- Ma... ma può morire? - non so con che forza la mia voce supera la gola serrata in una morsa di ferro, ma riesco a chiederlo e punto i miei occhi corrucciati su quelli di mio padre. Non ammetterò una risposta generica ed incerta. Devo sapere.
Non ho mai vissuto niente del genere, ho avuto una vita fortunata circondato da persone che mi amano e non ho mai subito cose brutte, è la prima volta e si dice che finché non ti ci trovi dentro, non sai come reagiresti e che tipo di persona sei.
Adesso lo so.
Pragmatico. Chiaro. Esatto. Razionale.
Io devo sapere tutto quel che c’è da sapere, solo dopo posso stare male o perdere la testa, ma prima di sapere che la perdo a fare?
- Potrebbe morire, ma non lo sappiamo, Charlie. È inutile pensarci adesso. Aspettiamo notizie. Forse è meglio andare per oggi e ritirarci. Non so come puoi fare la gara 2.
Appena lo dice, e questa cosa è così da lui che non mi stupisce, mi stacco a forza dalle sue mani e faccio un passo indietro. Agisco totalmente d’impulso, nemmeno lo realizzo io stesso, non so cosa sto dico e faccio, ma rimango in piedi dritto e contraggo la fronte fissandolo penetrante e male. Penso di non essere più un diciassettenne. Penso di essere improvvisamente diventato un adulto, per quanto possa sembrare assurdo, e di aver saltato tutte le tappe della mia adolescenza e giovinezza.
- No, non se ne parla. È l’ultima gara del campionato e non sono ancora sicuro di finire almeno secondo né di vincere il campionato junior. È importante che vinca almeno quello e che arrivi secondo in quello generale. Jules e Nicolas sono stati chiari su quello che devo ottenere in quest’ultima tappa!
La mia mente ripete le parole che il mio mentore ed il mio manager mi hanno spiegato bene e mentre succede mi rendo conto che mi sta capitando qualcosa, ma non lo metto bene a fuoco.
- Charlie, sei su una monoposto, non sei più nei kart. Devi essere lucido e presente quando corri. Jules sta lottando con la vita per un incidente in una macchina in pista!
Per la prima volta è duro e diretto, è sul punto di imporsi con la forza, ma io respiro forsennato e scuoto la testa contraendo mascella e muscoli, sento le mie unghie ficcarsi nella carne dei palmi e qua capisco quello che non afferravo due secondi fa.
Mi sto trasformando in un vero pilota.
- Devo correre. Jules vorrebbe questo. Crede tanto in me, mi ha presentato Nicolas e senza di lui non sarei qua. Mi aspetta in F 1, se io non corro la seconda gara quello mi supera e non sarò nessuno. È essenziale il piazzamento di oggi per il proseguo della mia carriera e tutti credono troppo in me, ma soprattutto io ci credo! Le corse sono il lascito di Jules per me, non posso deluderlo. Io qua faccio sul serio!
Non so cosa sto dicendo, non credo di saperlo davvero. Piuttosto sto andando in pilota automatico, ma ho sempre più la sensazione di essere già un professionista, nella mia testa e nel mio istinto.
Cosa succede nei momenti critici? Viene fuori il vero carattere e questo è il mio primo momento critico e questo è il mio vero carattere. Non si molla per un cazzo.
Papà è sul punto di gridarmi contro, si guarda intorno non sapendo che pesci prendere, per la prima volta non sa come gestirmi ed in suo aiuto arriva Lorenzo. Gli restituisce il telefono e sospira con aria veramente terribile, per un momento il cuore si ferma e penso stia per dire quello che temo, ma lui capendo al volo il mio sguardo scuote il capo.
- Ancora nessuna notizia. È rimasto incastrato nella gru che era a bordo pista per togliere un’altra macchina incidentata e non riuscivano ad estrarlo. La lunghezza del salvataggio è stata determinante, potrebbe averlo ucciso. Se... - ma lo sguardo severo e shoccato che gli lancia papà gli fa capire che forse è stato troppo esplicito con me. Lorenzo si riscuote e si rende conto che forse doveva avere più tatto, cercano di proteggermi in tutti i modi, come se fossi fatto di vetro, come se fossi io quello più importante da tenere coi guanti.
- Io sto bene e sono forte. Voglio correre la gara 2, se non lo facessi e poi... - per la prima volta la voce mi trema e realizzo che sto per piangere, così mi fermo, inghiotto e prendo respiro distogliendo lo sguardo dal loro.
I due si guardano mentre cerco di riprendere i nervi e alzo la mano dimostrando che è ferma, ma lo faccio impulsivamente e non so quanto lo sia veramente. Per un momento temo che lo stato interiore rispecchi davvero quello esteriore, ma con sorpresa più mia che loro la mano sta ferma.
Bene, posso controllarmi.
- Correre mi permetterà di concentrarmi su qualcos’altro che non sia lui. Potremmo stare ad aspettare notizie per tutto il giorno. Magari per quando salgo di nuovo su sapremo che invece sta bene e che si salverà.
Fin qua sono sempre stato ottimista perché la vita è stata generosa con me e non mi ha mai dato motivo per dubitare, anche se ho la sensazione che questo mio modo di essere sta per cambiare. Ma per il momento sì, posso credere che andrà tutto bene.
Lorenzo annuisce subito e non prova nemmeno a contrastarmi.
- Sono d'accordo, deve correre. È l'ultima gara ed è importante che ottenga il massimo punteggio possibile, ne va della sua carriera. Se vuole fare questo come lavoro deve imparare a gestire i nervi e la pressione.
Papà lo guarda per capire se sia serio e poi capendo che è così, alza gli occhi al cielo scuotendo la testa sconcertato.
- Siete proprio fratelli! Se succede qualcosa anche a te, Charlie... - ma non finisce.
- Non succederà. Starò attento. Non piove, la pista è asciutta e farà così tutto il giorno. Qua non corriamo come andasse della nostra vita. Non si fanno incidenti seri.
Ma non lo so davvero, è solo quello che deve essere.
Papà se ne va e rimango da solo con Lorenzo, ho ancora il casco e tutto l’armamentario in mano. Guardo mio fratello per capire se mi nasconde qualcosa ma poi realizzo che è lui. Non lo farebbe mai.
- Cosa pensa Phil? - chiedo capendo che prima era al telefono con lui. Lorenzo si stringe nelle spalle e scuote la testa con aria persa.
- Prega e piange. Credo sia davvero brutto. Non ci sono immagini chiare dell’episodio, si sa solo che pioveva, c’è stato un incidente prima e la gru era ancora fuori per quella macchina. Jules ci è finito contro in pieno ed è rimasto incastrato lì sotto, però non riuscivano a tirarlo fuori ed è stato questo a... - non finisce la frase.
- Non è morto. Finché non sappiamo come sta, per noi lui è vivo e ce la farà.
C’era un famoso teorico fisico che diceva qualcosa a proposito di un gatto sia vivo che morto. A scuola ne hanno parlato. Finché non apri la scatola e non sai se il gatto è vivo o morto, è entrambi.
Jules in questo momento è in quella scatola ed è sia vivo che morto. Ma io devo pensare che sia più vivo che morto. Finché non ci diranno nulla, è così. Voglio ancora essere ottimista per qualche ora della mia esistenza, perché so che sto per cambiare.
Lorenzo si strofina la faccia con le mani in un momento di cedimento e lo abbraccio di slancio realizzando che Jules è sempre stato il suo migliore amico e per lui come un fratello. È grazie al loro legame se lo è diventato anche per me.
Jules non è solo un amico ed un fratello, per me è anche un idolo. Ha percorso la strada che ho sempre sognato ed ora non può fermarsi. Sta per firmare con la Ferrari, ci andrà di sicuro, è bravo, è dotato.
Jules ha ancora tanto da fare e da dimostrare, non può fermarsi ora sul più bello.
Non ci può lasciare.
La voce di Pierre mi raggiunge all’orecchio distante, ma mano a mano che parla torno sempre più in me.
Piange, ma non avevo dubbi che lo facesse.
Metto a fuoco i camion circostanti, mi sono appartato nel parcheggio dietro i garage come a nascondermi per isolarmi un attimo e ritrovare me stesso. Mi sento in bilico su un precipizio e se cadrò sarò finito come pilota. Perciò sto qua da solo, nascosto fra i camion nel disperato tentativo di rimanere su e trasformarmi nel pilota che voglio essere a tutti i costi. Per lui, perché Jules in me ha sempre visto questo. Un pilota, un futuro campione. Me l’ha sempre detto ed ha sempre fatto tutto ciò che poteva per portarmi lì con lui, un giorno. Non lo posso deludere. Non posso.
- Amico, non so come fai, io al tuo posto sarei troppo fuori per correre, sto piangendo un sacco e se dovessi correre sarebbe impossibile! Per fortuna che le mie gare sono domenica prossima! - appena Pierre ha visto l’incidente in televisione mi ha subito chiamato in lacrime senza considerare che stavo correndo anche io, è tipico suo. Mi sono ritrovato con venti chiamate da parte sua.
Sorrido ironico perché in realtà sono io che ammiro lui perché esprime così facilmente le sue emozioni. Vorrei riuscire a non correre, vorrei reagire in modo normale come lui rifiutandomi di salire sulla macchina, ma mi rendo conto che i miei piedi si muoverebbero da soli. C’è qualcosa che mi spinge a continuare, ma forse è così perché finché non ricevo notizie più certe, per me Jules è ancora tutto e niente.
- Anche se non corro non cambia nulla, non ho potere su quel che sta succedendo a Jules. A quel punto è meglio tenermi occupato, se corro non ci penso. Adesso non sto correndo e ci sto pensando come un matto, ma più lo faccio e peggio sto perché non posso fare nulla per lui e questo senso di inutilità è terribile.
Solo quando finisco di parlare realizzo cosa ho detto. Pierre è sempre il solo a cui dico certe cose, non penso mai d’aver bisogno di sfogarmi o di riuscire a farlo, ma alla fine è puntualmente a lui che dico tutto. Perché è il primo a sfogarsi, piangere, scoppiare ed esprimere emotività a tutto andare. Quando sei con qualcuno che lo fa tanto, sai che ti capirà se lo farai anche tu ogni tanto e non ti giudicherà.
Pierre è la mia confort zone ed il fatto che sia un pilota come me significa molto. Ho amici al di fuori delle corse, ma certe cose non le può capire nessuno se non chi le vive a sua volta. Oltretutto mi vergogno a farmi vedere in determinate condizioni con gli altri, ma con lui non è così, perciò mi aggrappo sempre a Pierre e non ho imbarazzo a farlo.
- So quanto Jules è importante per te, è come un fratello oltre che un mentore. Ci sono legato anche io e spero che vada tutto bene. Sto attaccato a tv e telefono per vedere se ci sono notizie, ma ancora niente.
- Nemmeno suo padre sa ancora niente. È un’operazione lunghissima, sarà dentro da ore...
Come vorrei sapere qualcosa. Almeno il responso, qualunque esso sia. Stare qua e non sapere, essere sospeso nel vuoto, nel tutto e nel niente. È sia vivo che morto. È sia bene che male.
Quella scatola chiusa è una merda. Più il tempo scorre e più la vorrei aprire, nonostante farlo significherebbe magari brutte notizie, ma non è comunque in mio potere aprire quella scatola. L’attesa è atroce.
- Sei sicuro di correre davvero dopo? Capisco che è l’ultima gara, ma...
Io e Pierre abbiamo corso insieme all’inizio nei kart e lì siamo diventati amici, ma poi lui ha percorso strade leggermente diverse da me, parallele ma in categorie differenti. Io per esempio sono in Formula Renault 2.0, mentre lui è nella 3.5, però siamo rimasti in ottimi rapporti ed è da quando eravamo piccoli che andiamo anche in vacanza insieme o se uno è a gareggiare nel paese dell’altro ci si ospita a vicenda.
Se dovessi dire che ho un amico di pista è lui anche se non siamo mai stati realmente nella stessa categoria.
- Devo correre. Non è solo perché Jules lo vorrebbe, né perché ha creduto tanto in me da far tutto quello che era in suo potere per ottenere gli aiuti che mi servivano per proseguire nel mio sogno. È anche perché io mi conosco e so che mi pentirei di ritirarmi ora, manderei sicuramente a puttane questo campionato, finirei terzo, sarei nessuno e probabilmente anche la mia carriera finirebbe prima di iniziare. Nicolas ha sempre detto che mi avrebbe seguito a seconda dei miei risultati e se lui mi molla io poi chiudo. - lo dico a lui per ricordarlo a me stesso, per ordinare le mie idee e razionalizzare. È quello che mi aiuta di più in questo momento a gestire la terribile morsa allo stomaco che minaccia di farmi vomitare ogni volta che respiro.
- Beh, comunque non puoi vincere il campionato ormai... - mi fa notare con poco tatto. Normalmente mi indispettirei, ma è lui e va bene.
- Ma Nick è il terzo anno che corre questa categoria, grazie al cazzo che ha vinto tutto ed ha questo distacco dal secondo. Che vada in qualche altra categoria a fare lo splendido! Sarei io primo e sono un esordiente!
La mia competitività viene fuori molto facilmente e di anno in anno, più salgo di categoria, peggio sono.
- Credo che sia giusto, devi pensare anche alla tua carriera che adesso è ad un momento chiave. Ora siamo nelle monoposto, qualunque cosa è troppo importante se vogliamo arrivare in F 1.
- Max Verstappen ha già firmato con la Toro Rosso e la F1 per il prossimo anno ed ha la mia età, ha sempre corso con me in kart. Quello ha fatto solo un anno in Formula 3 europea ed il prossimo salta subito in 1. - il fatto che lo cito con il mio consueto fervore lo fa scoppiare a ridere.
- Competi ancora con lui anche se non siete più nello stesso campionato?
- Sta solo scappando dal confronto con me, ma ci arriverò anche io in 1 e lo rimetterò a posto! L’ultimo che abbiamo fatto insieme ha vinto lui ed io ero solo secondo! Gliene devo restituire una!
Come di consueto quando viene messo in mezzo la mia nemesi dei karting di cui non posso dimenticarmi mai, mi faccio prendere troppo ed il tempo passa. Per un momento mi dimentico di tutto l’incubo che si sta svolgendo intorno a me.
Per un momento sono di nuovo un ragazzo normale che parla col suo migliore amico, pilota anche lui, che sa praticamente tutto di me. Lo sa così tanto che è il solo a conoscere il genere di affetto che nutro per Jules ed anche questo gliel’ho potuto dire perché Pierre mi aveva già parlato di cose simili da parte sua.
- Sono sicuro che gliele restituirai tutte in F 1. Ci vedremo tutti là fra pochi anni e scorrazzeremo intorno a Jules che invece sarà già in rossa!
Lui sogna, sogna sempre ad occhi aperti ed in grande. È un sognatore romantico e sensibile. È la versione migliore di un qualsiasi ragazzo di 18 anni.
Non credo abbia ragione, cerco di essere realista perché l’ottimismo di poche ore fa è già scemato, però solitamente sogno anche io anche se non come Pierre, ma nessuno lo fa come lui.
Sospiro e il velo della realtà torna a ricordarmi dell’incertezza che ha la vita in questo momento.
- Spero tu abbia ragione, Pierre. Con tutto il cuore.
Pierre aspetta un po’, inghiotte le lacrime che stanno per tornare e tira su col naso; è tornato coi piedi per terra.
- Lo spero anche io.
Non aveva ragione. Non scorrazzeremo intorno a Jules in rossa. Non perché non gli offriranno un sedile in Ferrari, ma perché non tornerà a correre in pista così facilmente e forse non correrà proprio più per nulla.
Quando ho finito Gara 2 decretando la mia seconda posizione nel mio primo campionato con una monoposto, nonché il premio nel Junior, non ho sentito soddisfazione né felicità come avevo sperato.
Quando correvo ero concentrato come mi aspettavo. Ho messo il casco e tutto si è cancellato al punto che dopo mi sono sentito in colpa; quando ho rialzato la visiera e il mondo è tornato lì col suo incubo, mi sono reso conto di non aver pensato mai a lui.
L’ho fatto appena sono uscito dalla macchina.
‘Come starà Jules?’
Ho svolto le consuete incombenze da post gara e sono corso nel mio box alla ricerca ossessiva di notizie, quelle belle. Quelle che non arriveranno.
Come se ogni volta che io corro possa succedere qualcosa a Jules, gli occhi di mio padre e di Lorenzo sono particolarmente bui. Prima erano tesi, ma adesso sono proprio cupi.
- L’operazione è finita, è vivo ma attaccato alle macchine e al momento è in coma.
Penso che non dimenticherò mai questo 5 ottobre del 2014. Comunque vadano poi le cose.
Mi spiegano che per sperare in una sua ripresa dovrebbe svegliarsi in tempi brevi e dare segni positivi entro 24 ore circa, ma se non dovesse succedere bisogna prepararsi al peggio.
Mi dicono anche che se il coma dovesse protrarsi a lungo, non saprebbero dire quanto né se potrebbe poi svegliarsi.
In altre parole se domani non ci saranno miglioramenti di sorta, possiamo considerarlo morto.
Dall’esatto momento in cui mi spiegano questo è come se mi tagliassero i fili del tutto. Mi distacco completamente dal vecchio Charles sereno e ottimista e accolgo quello nuovo, che non so ancora come sarà, ma so che adesso, in questo preciso momento, io sono cambiato.
Se dovessi decretare un momento nella mia esistenza in cui sono cambiato, un momento chiave della mia vita, è sicuramente oggi, questa notizia di Jules. Perché ancora non sappiamo come sarà, ma una parte di me lo sa, quella che non sarà più né ottimista, né realista, ma solo pessimista. Andrà male, me lo sento. Ho perso Jules. Io oggi, domenica 5 ottobre 2014, ho perso il mio Jules.
Non ho più nessuna gara a cui pensare, lavoreremo per la prossima stagione che sarà in un’altra categoria, Nicolas mi aveva parlato dei nostri progetti, ma al momento non riesco a ricordare nulla.
La mia mente si svuota, non ho doveri, non ho gare, non ho corse e nemmeno speranze, se non il miglioramento di Jules che se non dovesse arrivare concretamente entro queste dannate 24 ore, io potrei pentirmi per tutta la vita di aver fatto questa gara 2.
Non per averla corsa, ma perché mentre la correvo non ho pensato a lui, proprio come un vero pilota professionista farebbe.
Ho cancellato ogni cosa, ogni essere vivente, ogni circostanza, ogni affetto. Ho cancellato tutto in quei giri, anche lui.
L’ho cancellato mentre lui combatteva per sopravvivere.
Avevo delle ragioni ed anche valide, ma adesso non mi sembrano più tali davanti all’eventualità che lui possa morire.
Mi dicono che non lo sposteranno subito dal Giappone, ma appena sarà possibile lo manderanno a Nizza, a casa; tuttavia queste prime 24 ore fatali starà laggiù, lontano da tutti, anche da me.
Lo ricorderò col suo splendido sorriso nel viso più bello che per me un ragazzo possa mai avere avuto.
Lo ricorderò così per tutte queste 24 ore e per sempre.
Tutte le nostre azioni hanno un peso, anche le nostre non azioni ce l’hanno.
Il peggio è quando il peso non è sugli altri ma esclusivamente su di noi.
Non sarebbe cambiato nulla se io non avessi corso quel giorno, eppure i mesi passano e lui è in coma ed è sempre più lontano da me e quel che penso ogni ora è questo.
Non avrei dovuto correre. Non avrei fatto nulla, per lui, non sarebbe cambiata una virgola nel suo terribile destino, eppure non mi sentirei così orribile, perché è questo che ora, mese dopo mese di questo suo maledetto coma, io mi sento.
Orribile.
Com’è possibile che mentre lui moriva io correvo?
Le nostre azioni hanno un peso e ce l’hanno su di noi e questo peso grava sulla nostra coscienza ed un giorno diventerà un buco così grande che non sapremo come riempire.
Quel 5 ottobre Jules è morto ed ora sta solo agonizzando bloccato in quel corpo che non vuole lasciarlo libero.
Rimpiango ogni giorno di non essermi mostrato umano, mentre rifletto sul reale e profondo significato della vita, la vera vita, mentre lo guardo steso in questo letto d’ospedale a Nizza, mentre rifletto razionalmente su cosa sarebbe per lui svegliarsi dopo tutti questi mesi di coma, dopo la gravità di quel che ha subito.
Rimpiango di non essere stato umano quell’ora della mia esistenza e so che non ha senso, ma mi sento orribile e non capisco quanto questo peserà oltre nella mia vita da qui in poi.
La vita è ingiusta ed io l’ho scoperto a diciassette anni col mio migliore amico, ma il peggio è che io forse non sono realmente umano e se voglio superare questo scoglio, devo accettarmi così come sono e andare oltre.
Ci devo riuscire perché adesso ho un’enorme responsabilità in più di prima. Lui credeva in me come pilota, è questo che mi ha lasciato Jules, ed è questo che posso fare per lui, per testimoniare che è esistito e che ha avuto un impatto essenziale nella mia vita e per ringraziarlo sul serio.
Per questo devo scendere a patti con me stesso e andare oltre il peso di questa mia disumanità.
Da adesso tutto quel che farò sarà per non deluderlo.”
Notes:
non potevo esimermi dall’inserire questo fatto, ho pensato a lungo a come scriverlo ed ho cercato tutte le informazioni che potevo. Sicuramente Jules è una persona che ha significato molto per Charles e quel che gli è successo l’ha segnato molto. Spero di non aver turbato la sensibilità di nessuno con questo capitolo che era necessario per mostrare e approfondire Charles. Jules ha fatto tanto per convincere Nicolas Todt a diventare il manager di Charles e che senza Nicolas ovviamente Charles avrebbe dovuto mollare le corse, perciò diciamo che in un certo senso gli deve tanto. Poi è risaputo che Jules era suo padrino, mentore e che gli era legato come un fratello. Ho fatto una piccola aggiunta sui sentimenti di Charles per Jules, spero nessuno se la prenda, è una fanfic e per quanto mi riferisca in certi punti a cose reali, è comunque tutto inventato e romanzato. Ho anche iniziato ad inserire Pierre, in certe parti sarà molto importante per Charles ed i particolari su come si sono conosciuti e sul loro rapporto da giovani è vero. Ho letto di come Charles nonostante non abbia esitato a correre la gara nonostante le condizioni di Jules, poi nei mesi successivi si sia sentito in colpa per averlo fatto. I dettagli sul campionato di cui ho scritto sono veri (quanto meno se le info trovate sono giuste). Come avrete notato questo capitolo era tutto dal POV di Charles, il prossimo sarà di Max. Grazie chi mi segue. Alla prossima. Baci Akane
Chapter Text
2. SOPRAVVIVENZA
- 18 Luglio 2015 -
/Max/
“La notizia della morte di Jules Bianchi mi arriva come un fulmine a ciel sereno, in questa giornata di metà luglio non troppo calda solo perché sono le sette del mattino.
Mi rigiro di scatto nel letto raddrizzandomi mentre stringo il telefono e scorro col dito sullo schermo. Su twitter ne parlano ovunque, i genitori dell’ex pilota ne hanno dato avviso stanotte con data del decesso ieri sera. Si è spento nel coma che durava ormai da nove mesi.
Seppure appena sveglio, il mio cervello si attiva con una scarica di shock che mi rimette al mondo peggio di una doccia fredda.
Non pensavo a lui da mesi, esattamente da quell’ottobre dell’anno scorso, quando ho vissuto dal vivo il suo terribile incidente.
Mi aveva colpito molto perché era da molti anni che non si vedeva un incidente simile in F1, dai tempi di Senna, han detto, ed il fatto che io fossi lì nel circuito quel weekend per fare le mie prime prove libere con la Toro Rosso ed in F1, mi ha permesso di viverlo per bene. È stata un’assurda coincidenza.
**
Ma quanto cazzo piove? Fra l’altro credo sia la gara più lunga di sempre, con tutte queste safety car continue che allungano il tempo in pista. È assurdo che continuino a far correre lo stesso, piove davvero troppo. Ovviamente so che si corre anche se piove, ma quando è così forte che tutto ciò che vedi è un muro d’acqua, come si fa?
Mai vista tanta roba dal cielo scendere tutta insieme.
Il box Toro Rosso mi circonda come un contorno che via via sbiadisce sempre più, mentre la gara si svolge davanti ai miei occhi. Ammiro i piloti di F1, sono davvero di un livello lontano anni luce dal mio.
Come uno dei fulmini che cadono qua intorno che superano lo scroscio assordante della pioggia, mi vengono in mente le parole di Charles Leclerc dell’anno scorso, quando mi disse che il suo manager era a favore dell’accumulare esperienza prima di approdare in F1 perché quella era davvero dura e molto diversa dalle categorie inferiori.
Aveva ragione, ma solo oggi che sono qua ad osservare l’ambiente nel quale mi inserirò il prossimo anno, me ne rendo conto.
Sono qua a Suzuka da venerdì che ho fatto le prove libere e non avendo gare siamo rimasti qua ad osservare come da accordi, visto che il prossimo anno sarò un pilota proprio di questo team. Alla fine mio padre l’ha spuntata e mi ha fatto finire alla velocità della luce nella massima categoria, ma non avevo dubbi sarebbe andata così.
Il problema è che mentre guardo la gara dal box sotto questo diluvio allucinante, mi rendo conto che se dovessi farlo io, ora come ora, non ne sarei in grado e probabilmente avrei un incidente.
Non lo so per la verità, ma credo andrebbe così o forse tirerei fuori del talento incommensurabile naturale e riuscirei a guidare comunque, ma qua è impossibile non pensare che qualcosa andrà storto, qualcuno avrà degli incidenti sicuramente e di quelli brutti.
Non mi stupisco di quanto si allunghi la gara dietro alla safety car per i vari incidenti di pista, ma si sta trascinando davvero troppo, lo dicono anche altri intorno a me. Non si vede più niente, non vediamo noi da qua, figurati i piloti dalla pista con l’acqua che scende come se dovesse cancellare il mondo.
Sto qua impressionato a guardare e sentire, assorbo come una spugna mentre mi immagino al posto loro come farei. La visibilità è sempre più scarsa e la pista è totalmente allagata, in molti qua credono che la gara sarebbe da sospendere perché è pericoloso. I piloti dalle radio si lamentano che non si vede un cazzo e che è suicidio correre ancora, ma qua lo spettacolo va avanti e proprio mentre penso che non so proprio come farò io il prossimo anno in situazioni simili, si sente l’ennesima uscita di pista; la macchina Sauber di Adrian Sutil ha un incidente ed esce di pista, ma non viene fuori la safety e non succede nulla, i piloti continuano a correre. Qua intorno a me sono tutti shoccati dal fatto che dovrebbero almeno far uscire la safety, mentre altri ritengono che se la fanno uscire ancora si arriverà alla notte e già ora non si vede nulla. Altri ancora dicono che ormai la gara è da interrompere, ognuno ha un’opinione e proprio mentre tutti la esprimono, io penso che assistere oggi sia davvero istruttivo. Devo capire come si gestiscono situazioni simili perché non avrò tempo di provarle prima.
Cosa dovrei fare al posto dei piloti in situazioni come queste? La mia mente lavora pragmatica e velocemente da pilota quale sono e mio padre mi sta dicendo qualcosa che non registro, probabilmente sul cercare di capire come fare se mi dovessi ritrovare al loro posto. Qualcun altro mi dà consigli in merito, io ascolto e cerco di capire, ma proprio mentre tutto questo si consuma qua intorno a me, le voci degli altri meccanici si fanno più concitate e capisco che è successo qualcosa. Qualcos’altro. Qualcosa di ancora più brutto.
- È uscito un altro pilota! - esclama qualcuno. Tutti corrono allo schermo per capire di chi si tratta, le immagini riportano solo dei brevissimi fotogrammi di una macchina che si schianta proprio lì dove prima c’era l’altra.
- Ma è finito sulla gru che stava spostando la macchina di Sutil! - fa qualcun altro.
- Ma chi è?
- Jules Bianchi, sembra sia Jules Bianchi!
Ma poi le immagini si interrompono, nessuna videocamera riprende più dopo l’impatto che è così veloce da essere invisibile, quasi.
I meccanici dicono che doveva essere ad una velocità impossibile e che gli è capitata la stessa cosa appena successa a Sutil.
Io sono qua con loro che cerco di capire, perché è come se fosse chiaro, in qualche modo, che questo è più grave.
L’incidente è come quello dell’altro che sta bene, ma in questo caso è diverso e ben presto è chiaro il motivo.
- È incastrato! - gridano intorno a me. Mi agghiaccio.
- Come è incastrato? - chiedono altri.
- Il muso della macchina è incastrata sotto la gru e non riescono a tirarla fuori!
- E lui è lì sotto?
Altre grida si sovrappongono, le mani sui caschi di tutti i meccanici qua presenti, mio padre si tocca la faccia impallidendo, capendo meglio di me cosa significa quando un pilota è incastrato nella macchina sotto una gru, ma non mi serve che me lo spieghino.
Il gelo mi invade e mentre le voci degli altri sono un contorno sbiadito come questo garage ed improvvisamente il circuito intero, realizzo e capto quel che è necessario per me per capire che questa è grave, questa è veramente grave.
Così grave che non la dimenticherò perché non finirà bene.
Non so perché lo sentiamo tutti, tutti dicono la stessa cosa, è come se mi leggessero nel pensiero. Io non ho esperienza e non so niente di questo genere di situazioni in pista, è la prima volta che ne vedo una in prima fila, diciamo, ma so, sento che è così, oggi. Forse lo vivo tragicamente perché è il mio primo incidente in F1 a cui assisto da così vicino, ma sento che questo è brutto.
Faccio mente locale su Jules Bianchi, un pilota Marussia e test della Ferrari, il primo ad entrare nel loro programma della Driver Academy nel quale per poco non sono entrato anche io.
Si vocifera che sarà il prossimo pilota Ferrari, ma nella mente risuona qualcosa, mentre finalmente si decidono ad alzare bandiera rossa e fermare la gara.
Risuona qualcosa che avevo sentito su Bianchi qualche tempo fa e che mi era rimasto impresso perché... perché? Perché mi era rimasto impresso qualcosa su un altro pilota che al momento non aveva ancora fatto niente di speciale se non essere comunque promettente?
Con lo stesso allarme che risuona nella mia testa, così uguale a quello che stanno vivendo tutti intorno a me, mi viene in mente di cosa si tratta.
Charles Leclerc!
È un grande amico di Charles.
Ne avevano parlato qualche tempo fa dicendo che era una sorta di mentore per lui e che Bianchi credeva tanto in Charles presentandolo come la futura stella splendente della F1. L’avevo notato non perché conosco bene Charles Leclerc, il soggetto della discussione, ma perché ero d’accordo con lui con le cose che aveva detto, solo che a lui mi ci ero aggiunto anche io ridendo.
‘Saremo insieme il futuro della F1, mica ci sarà solo lui!’
Charles... chissà come starà ora sentendo di questo suo incidente. Se sapesse che io oggi sono qua...
Per un attimo questo strano pensiero mi attraversa la mente, ma non ci faccio più caso, lo perdo immediatamente quando poi le notizie si susseguono. Finalmente hanno tirato fuori Jules e lo portano d’urgenza in ospedale, ma è molto grave e da qui in poi le notizie non arriveranno più buone.
**
Ieri, 17 Luglio 2015, Jules si è spento in ospedale dopo nove mesi di coma. Decede a Nizza, in ospedale, dov’era stato trasportato un mese dopo dal Giappone per fargli proseguire le cure.
Le notizie su di lui proseguono e si susseguono ricordando dell’incidente grave a Suzuka e di tutto quello che era capitato quel giorno e poi i mesi successivi.
I brividi mi percorrono. Nove mesi di coma e poi la morte dopo un incidente in F1.
Dopo nove mesi di attesa di solito si nasce, non si dovrebbe morire.
Questo fa inevitabilmente riflettere se sei un pilota di F1 ed hai appena iniziato la tua carriera.
Se corri qua puoi morire, non sempre gli incidenti che farai saranno di poco conto. Un giorno potrebbero arrivare anche quelli gravi. Mi sta bene rischiare di morire?
Beh, il rischio non è un problema, faccio tante cose rischiose, anche rispondere male a mio padre è rischioso, anche se non per la mia vita, al massimo per la mia testa ma quella ormai è dura.
No, non è il rischiare la vita salendo nella mia monoposto il problema. La vera domanda è se sono disposto a dare la vita per questo. Potrebbe succedere.
Mi mordo la bocca e scuoto la testa senza trovare risposta, al momento penso di avere altre priorità visto che non ha senso avere una vita come ce l’ho io per colpa di quello stronzo che sta di là. Prima di avere paura di perderla correndo, forse, devo renderla degna di essere persa. Perché ora come ora, anche se la mia finisse in uno schianto come quello di Bianchi, non ne farei un dramma.
Le polemiche sulla sua situazione non si sono mai sprecate e normalmente non le ascolto, mi estraneo dai vari casini che ci sono intorno alle competizioni e alla F1, sono qua da nemmeno un anno con la Toro Rosso, ma nel caso di tutto quello che riguardava Jules Bianchi sono sempre stato attento ed ogni volta che viene citato, la mia mente mi restituisce inevitabilmente il viso di Charles.
È un’associazione ovvia, erano amici e parlano di lui come di un prescelto proprio perché grazie al suo grande amico pilota sta avendo una carriera che non delude gli esperti che lo seguono. Ne parlano come di uno dei grandi attesi. Quest’anno corre in F3 Europea, la categoria dove ero io l’anno scorso e per di più con la mia stessa vecchia squadra, la Van Amersfoort Racing.
Non lo seguo come fanno gli altri, ma è impossibile non sentire notizie su di lui perché lo definiscono ‘Il prodigio’ ed ‘Il prescelto’. Da adesso lo sarà ancora di più e non lo invidio a correre con questo peso sulle spalle per via della scomparsa di un pilota che ha garantito per lui così tanto.
Non mi interessa realmente sapere che, come immaginavo, senza di me a rubargli le vittorie ha avuto delle ottime stagioni nelle sue categorie. Non mi stupisce e come avevo già predetto quel giorno di ormai un anno e mezzo fa, l’aspetto qua in F1. So che ci arriverà, ha solo scelto una strada più sicura e prudente, ma ha ragione. Fa bene.
Anche io ora col senno di poi avrei voluto almeno un altro anno prima di buttarmi in questo calderone, mi sento spaesato e circondato da giganti e so cosa devo fare, ma non so se o quando ci riuscirò.
Certo nelle prime due gare sono andato bene sorprendendo tutti, ma poi non sono più riuscito a fare decentemente e so che non è proprio sempre colpa mia e che ci sono anche stati problemi alla macchina, ma non è una giustificazione. Né per me né per mio padre. Più per mio padre, che per me, ma ormai vivo le cose come le vive lui anche se dovrei cercare di avere una mia indipendenza mentale.
Non nascondo che il salto dalla F3 alla F1 è stato traumatico e molto ma molto duro se non un abisso.
La gente mi guarda ancora diciassettenne a guidare nella massima categoria come se fossi un animale raro e li sconvolgo ed incuriosisco allo stesso tempo. Non mi toccano questi sguardi, ma quel che mi irrita è che avendo io fatto un record in quando sono il più giovane esordiente ed il più giovane a segnare punti, adesso si aspettano che faccia come Lewis Hamilton e vada a competere per il titolo mondiale al mio campionato d’esordio. Ma questi paragoni fateli con qualcun altro, lui guidava una delle migliori macchine in circolazione in quel momento, non una Toro Rosso che mi viene il dubbio non sappiano come si fa qualcosa di decente.
Per qualche miracolo mi tengo tutto questo per me perché so che mi sotterrerei, ma mi dà fastidio perché mio padre e gli altri, ma mio padre sopra tutti gli altri, pretendono che io faccia quello che ha fatto Lewis da esordiente solo perché sono arrivato qua presto facendo la storia della F1 e non sono ancora maggiorenne.
Lui era anche più grande, parecchio anzi. Aveva 22 anni, le situazioni erano diverse, ma ora se io non perseguo gli stessi risultati sono un patetico perdente, un fuoco di paglia, un sopravvalutato.
Sebbene gli altri non lo dicano limitandosi a tenermi d’occhio curiosi, mio padre me lo dice chiaro e tondo.
‘Non è minimamente abbastanza. Scordatelo che così sia sufficiente. Pensi davvero che io ho fatto tutti quei sacrifici per questo? Per farti fare così schifo in F1? Lo scopo non era arrivare in F1, ma vincere e diventare i più bravi! Fai così cagare che è stato tutto tempo, soldi e fatica sprecata! Vergognati!’
Più o meno sono queste le cose che mi ripete accompagnando tali dolci parole a schiaffi sulla testa a cui ormai sono abituato.
Ma lo vogliono capire che ho 17 anni e che guido una Toro Rosso che non è la McLaren di Lewis del 2007?
‘Vai,’ mi ha detto quando è riuscito a farmi firmare con loro l’anno scorso. ‘Ci siamo riusciti alla fine, hai visto? Come ti avevo detto! La parola che ti avevo dato l’ho mantenuta, tu ora mantieni la tua e vinci, ripagami di tutti i miei sforzi, dimostrami che non ho perso tempo e denaro!’
Ma chi cazzo te l’ha chiesto?
Mi piaceva correre nel karting, ma grazie al cazzo, a quale bambino non piace?
Da lì lui è partito con la mia vita decidendo che avrei fatto quel che lui non era riuscito.
Vincere in F1, avere successo, diventare un campione.
Ma chi cazzo l’ha mai chiesto? Chi cazzo l’ha mai veramente voluto?
Se non fosse stato per Charles Leclerc con cui mi divertivo a correre, avrei probabilmente fatto in modo di risultare un fallimento così la piantava di cagarmi il cazzo e mi spediva da mia madre con cui oggi sarei felicissimo e sicuramente con meno lividi e botte in testa!
È che mi ha fregato il fatto di essere effettivamente bravo a guidare e soprattutto che mi piaceva vincere mentre al contrario mi faceva cagare lo studio. Diventare un pilota professionista era la mia via di fuga, ma non solo per gli studi, anche da lui in realtà. Se davvero questa cosa decollerà come credono tutti, potrebbe andare come spero.
È anche il fatto che sono troppo competitivo e troppo patito di vittorie e di adrenalina per mollare o fare in modo di essere mollato da quello psicopatico, ma cosa vuoi che ti dica? Alla fine sono qua e non mi posso tirare indietro, ma sono sincero. Mi sta bene così.
Stare qua, correre e cercare di essere più bravo. Prima o poi vincerò una gara ed allora tutto andrà a posto. Tutto sarà perfetto. Farò pace con me stesso e forse mio padre mi lascerà stare.
Per la prima volta, proprio oggi, in questo giorno di lutto per il mondo delle corse, ho questo pensiero che non ho mai avuto.
Se vincessi in F1 e diventassi veramente il campione da lui designato, mi lascerebbe finalmente in pace.
Se voglio liberarmi di quel pezzo di merda e vivere libero, da solo, in santa dannatissima pace, vincere veramente e diventare fottutamente bravo tanto che non avrà più nulla da gridarmi contro, è il solo modo.
Appena posso me ne andrò a fanculo da casa sua, appena potrò vivere da solo andrà tutto meglio, la mia vita inizierà ad essere decente.
Perché se mollassi e diventassi volutamente una piaga mi ucciderebbe e non è un modo di dire.
Non mi libererei mai da lui e dai suoi insulti costanti, arriverebbe ad un livello che probabilmente scapperei o mi ucciderei da solo.
Ma se vincessi e diventassi perfetto, non avrebbe niente da ridirmi ed è così che devo fare per liberarmi da lui.
Devo diventare così bravo e così vincente che terrà la sua dannata bocca chiusa.
Ormai manca poco, appena avrò 18 anni potrò legalmente pretendere di vivere da solo, avere accesso ai miei conti e fare la patente sul serio. Quello sarà il primo passo concreto per la mia liberazione. Il resto lo farò vincendo.
Per questo devo farcela. Per questo e perché mi piace correre e fanculo, non mi farò rovinare da lui quel che mi piace fare.
Mi piace correre e vincere e voglio farlo a prescindere.
Fanculo, papà. Fanculo davvero.
Vedrai che mi prenderò la mia vita, finalmente. Sono vicino, non manca molto, devo solo andare avanti così.
Sospiro rigirandomi ancora pigramente nel letto continuando a stare al cellulare, leggo l’ennesimo articolo da twitter che cita Charles Leclerc, l’erede di Bianchi che attendono impazienti in F1.
Ma stai lì e non accelerare i tempi, ti prego, Charles, che alla fine avevi ragione.
Eravamo felici e non lo sapevamo. Le categorie inferiori sono più belle di quel che crediamo mentre le corriamo.
Che poi anche lui mica scherza con la pressione. Se già ora che è ancora in F3 parlano di lui come del prescelto e stronzate varie affibbiandogli il titolo di erede di Jules Bianchi, è nella merda. Ricordo bene come parlavano di lui prima dell’incidente.
Insomma non è come quando è morto Senna chiaramente, Bianchi non ha avuto tempo di dimostrare il suo talento in modo effettivo, ma tutti dicevano che ce l’aveva e che avrebbe potuto fare bene specie perché la Ferrari l’aveva scelto nella sua nuova Accademia e non era di certo una cosa da poco.
Comunque è pur sempre un pilota morto in pista in una gara di F1, avere la sua eredità sulle spalle non sarà di sicuro una passeggiata, ma ricordo che suo padre era in gamba ed affettuoso. Ho un bel ricordo di lui, glielo invidiavo, sono sicuro che l’aiuterà in questo percorso e che starà bene.
Mio padre mi grida dall’altra parte di casa dicendomi di alzarmi e di muovermi con la sua solita mancanza di dolcezza.
Mi permetto a mio rischio e pericolo di ignorarlo ancora un po’ mentre afferro un ultimo pensiero su Charles proprio per colpa delle urla di mio padre, guardando questo articolo che lo affiancano a Bianchi, una foto di loro due vicini che sorridono. Hanno lo stesso tipo di bellezza delicata ed elegante, Charles sta crescendo bene, è da un po’ che non lo vedo ma alla nostra età si matura in fretta fisicamente.
A parte il lutto che sta vivendo per il quale mi dispiace e la pressione per questo paragone, lo invidio perché sarà felice con suo padre accanto che lo protegge e lo sostiene nel modo in cui ho sempre sognato avrebbe potuto fare il mio.
Lo invidio, sì, ma non penso sia una di quelle brutte. Piuttosto credo sia normale, no?
Mio padre spalanca la porta come immaginavo, la fa sbattere ed un giorno si romperà e poi me la darà in testa.
- TI HO DETTO DI ALZARTI, CAZZO!
Lo guardo indifferente come se non fosse un pazzo urlante a cui prudono tanto per cambiare le mani. È più forte di me, so benissimo cosa evitare per non irritarlo e non peggiorare le cose, basterebbe scattare sempre ed essere obbediente in modo pignolo, ma è come se una parte di me molto forte si ribellasse tutte le volte. Potrei fare quel che vuole senza discutere, non mi romperebbe le palle e la testa, ma non ci riesco. Non ci riesco proprio, infatti sbuffo.
- Sì, sì! - dico polemico alzandomi dal letto, ma appena lo dico lui mi prende per la manica del pigiama e mi strattona con forza facendomi uscire dalla camera gridandomi ancora dietro cose che non sento e non registro.
Non reagisco anche se vorrei ricambiare lo strattone e spingerlo fuori e chiudermi a chiave, ma vado al bagno senza fare nulla né rispondere.
Bastava scattare in piedi alle sette puntuale e prepararmi da solo oppure muovermi alla prima chiamata ed evitare quel polemico ‘sì sì’ sbuffante, ma ovviamente non potevo. Perché io non mi sono arreso, sto solo facendo in modo di sopravvivere, non sono morto dentro, la mia mente è ancora mia ed è viva, io sono ancora di me stesso. Non mi schiaccerà del tutto e prima o poi mi libererò.
Non voglio ancora schiantarmi contro una barriera a bordo pista. Vero?
- E poi mi stupisco che non vinci una cazzo di gara? È ovvio che con quell’atteggiamento non la vincerai mai! - tuona come sempre fuori dalla porta battendoci un pugno sopra come vorrebbe fare con la mia testa. Non accelero la mia preparazione e non lo calcolo, faccio come sempre, come se non esistesse. Mi estraneo con il mio gran talento.
Fottiti, fottiti davvero.
Io vincerò, vedrai che vincerò, e ti chiuderò quella stramaledetta bocca definitivamente.
- Ma credi che se quest’anno non vinci un cazzo il prossimo ti prendono in Red Bull come ti ha detto Helmut Marko? - continua da fuori ancora col suo vocione potente. Io sempre zitto, sempre senza sbrigarmi mentre mi lavo. Sempre come se non mi svilisse come fa dalla mia nascita.
Certo che vincerò. E certo che mi prenderanno in Red Bull. Vedrai se non lo farò, stronzo. Vedrai.”
Notes:
mi sembrava giusto descrivere la questione di Jules anche dal punto di vista di Max perché è una cosa che segna molto Charles ed anche se all’epoca loro due non erano ancora nulla, credo comunque che possa esserne stato colpito.
So che quel weekend lui era davvero là a Suzuka per fare le sue prime prove libere con la Toro Rosso e so che non aveva gare in quel weekend, oltretutto avevano recentemente ottenuto il permesso di rimanere ad osservare alcune gare da vicino per adattarsi all’ambiente del quale l’anno successivo Max avrebbe fatto parte. Perciò è presumibile che fosse effettivamente presente come osservatore speciale nel box, quella fatidica gara, ma non ho trovato mai niente a riguardo perciò è solo una mia aggiunta plausibile. Le dinamiche pratiche dell’evento sono vere, tutto il contorno è una mia invenzione. Le info su Jules e sulla Driver Academy e sulla Ferrari sono vere, così come che Max per poco non ci è entrato.
Il trattamento riservato da Jos a Max è in generale risaputo, sia la cattiveria fisica che verbale, su sua stessa ammissione ha detto che lo sviliva di continuo dicendo che non avrebbe mai vinto nulla e che faceva schifo per stimolarlo a fare sempre meglio. Decideva tutto per lui e gli stava un sacco addosso. Poi naturalmente io ho scritto la mia versione della situazione.
Come sarà chiaro, volevo sottolineare le differenze di base abissali fra Max e Charles. Non solo i motivi per cui corrono ed il modo in cui lo fanno, ma anche i rapporti coi loro rispettivi padri, sebbene tutti e due hanno quasi da sempre avuto gli occhi del mondo addosso sin da giovanissimi.
Il prossimo capitolo è di nuovo tutto dal pov di Charles, ma poi ad un certo punto i pov si alterneranno all’interno degli stessi capitoli.
Alla prossima, come sempre fra 4/5 giorni circa. Grazie a chi legge la fic. Baci Akane
PS: curiosità che non vi importerà nulla... il capitolo è ambientato al 18 luglio ed io compio gli anni proprio quel giorno!
Chapter Text
3. PRIMO PASSO NEL SOGNO
- 08 Luglio 2016 -
/Charles/
“Alzo gli occhi al cielo azzurro completamente terso illuminato da uno splendido sole che rispecchia il mio umore, mentre supero i tornelli di Silverstone col mio pass insieme a mio padre che mi accompagna come sempre. Ho i nervi belli tesi e non sento cosa mi dice anche se credo di rispondergli, ma sta per arrivare un grande momento anche se mi ripeto con ossessione che la mia vita non cambia realmente oggi. So che non va bene essere così emozionati, devo essere freddo e lucido se voglio fare bene, ma penso che sia inevitabile guidando per la prima volta in F1.
Per fortuna a Maggio, quando ho ottenuto la suerlicenza, ho già guidato la Ferrari a Fiorino, altrimenti adesso farei la parte del pivellino e sarebbe insopportabile per me.
Tuttavia oggi resta comunque un importante passo in avanti, sto per fare le mie prime prove libere in un GP di F1, guiderò una Haas qua a Silverstone.
È tutto così eccitante che mi sento elettrico e mentre vado per il Paddock cerco di schiarirmi le idee prima di arrivare ai garage Haas; fra un po’ si comincia, stanno per arrivare i piloti di F1.
So che devo fare una buona impressione, anche se non sarà determinante per il mio futuro. Se oggi dovesse andare male per ragioni a me sconosciute, avrò altre occasioni per convincere i Team Manager a puntare su di me e comunque l’essere entrato nel programma della Ferrari Driver Academy è stato probabilmente la mossa migliore per il mio futuro. Per questo mio padre e Nicolas hanno voluto mandarmici, perché un pilota formato da un programma così prestigioso prepara i ragazzi al pari di quel che fanno le piste delle categorie inferiori. Sono tutte cose importanti che vanno fatte, però diciamo che c’è differenza fra i piloti giovani che hanno unicamente gareggiato nelle varie Serie e quelli che hanno anche seguito un programma preparativo speciale.
Mi sento cautamente ottimista oggi, però non posso negare che sono molto felice di essere qua e fare questo primo effettivo passo nel mondo della F1. Questo di fatto è più reale dei programmi preparativi e delle categorie inferiori perché è questo quel che voglio fare finché avrà forza di salire su una monoposto e condurla.
L’essere giovani non è una giustificazione visto quanto presto è approdato in questo circuito Max Verstappen. A causa sua stanno cambiando le regole per approdare in F1 visto che lui ci è arrivato a 17 anni senza patente normale. Adesso vogliono i 18 e la patente regolare di guida, oltre che la Superlicenza FIA. Tutto per ‘colpa’ sua. Ma non mi lamento, io ho 18 anni e non ho ancora nessun contratto firmato con nessuno dei team di F1 per correre qua il prossimo anno, probabilmente sarò in GP2 o F2 che dir si vorrà e va bene così, ho il mio percorso e ci credo molto. Quando arriverò nella massima categoria, sarò pronto. È così che deve essere.
Comunque partirò da oggi, farò capire che non sono di certo inferiore a quello là che ha sempre avuto fretta in ogni cosa che ha fatto. Capiranno presto tutti che se lui c’è, ci devo stare anche io. Ma ci sarò, ne sono certo, solo che devo giocarmi alla grande tutte le carte importanti che mi capitano per le mani per raggiungere il mio scopo.
Non sono un idiota, so che il mondo mi tiene gli occhi addosso grazie a Jules e a tutto quel che ha fatto per me, se non fosse stato per lui non sarei mai passato sotto l’ala di Nicolas e tutto quel che mi sta succedendo di giusto e di bello per la mia carriera lo devo a loro.
Non dico che sia solo merito di altri se ora il mondo dei motori mi considera un predestinato, mi chiamano così infatti e sono convinti che io debba diventare un grande campione un giorno, ma sicuramente tutte le occasioni avute in questo settore sono arrivate anche grazie a loro e sta a me sfruttarle come ho sempre cercato di fare. Dare conferma che merito tutto quel che mi viene offerto o che c’è in circolazione è esattamente il mio dovere.
Io un giorno sarò realmente ciò che tutti pensano, però sta a me realizzarlo realmente. Gli altri possono spianarmi la strada e aiutarmi, ma sono io che la devo percorrere senza uscire dalla pista, io che devo vincere e avere successo.
Perciò oggi è un giorno importantissimo, devo dimostrare che la fiducia in me è ben riposta e che non si sbagliano.
Lo devo a Jules che ho sempre nel cuore e nella mente e alla mia famiglia che mi hanno sempre aiutato e sostenuto, ma è anche per me che devo farlo.
Devo farcela perché è questo che voglio da quando ho iniziato a capire cosa sono quelle cose che sfrecciano sulle quattro ruote.
È questo il mio futuro e la mia vita stessa, non esiterò mai nonostante quel che è successo proprio in una di queste piste dove voglio correre a tutti i costi.
La F1 mi ha strappato via Jules e non c’è un giorno che non ci penso, ma come posso ignorare il fatto che da quando è morto io mi sono sentito vivo solo ed esclusivamente quando sono salito su una monoposto?
È questo, è solo questo che voglio fare ed io oggi sono qua per metterci un piede, ma un giorno ci metterò anche il secondo e ci entrerò per intero.
Qua, proprio qua. Esattamente nel mondo dei motori che contano.
Adesso percorro il Paddock di Silverstone come futuro pilota di F1 e non come pilota della GP3; sono qua per sognare, per adesso, ed in qualche modo è diverso da quel che farò di pomeriggio con il mio team per la gara del weekend della mia categoria.
Una miriade di persone sono sempre attive nel circuito da quando apre al mattino a quando chiude nel pomeriggio tardi ed io sono qua fra loro, oggi, circondato e un po’ più stordito e spaesato del mio solito.
Le persone aumentano lentamente e quasi pigramente, c’è allegria nell’aria perché siamo in un circuito bellissimo e in questo weekend correranno anche le 2 categorie inferiori, perciò c’è molta più gente del solito ed io normalmente arrivo sempre dopo con la mia squadra per le prove e le qualifiche, e le gare la domenica le facciamo sempre prestissimo, perciò non incrocio mai tutti quelli che riguardano strettamente la F1, ma adesso che ci sono e li vedo, mi sento quasi ubriaco.
Ormai stanno arrivano anche i piloti ed io mi guardo intorno per capire se ne trovo qualcuno di interessante o che conosco, nel frattempo mi rendo conto che ho perso mio padre che sarà già arrivato alla Haas, ma non mi turbo, anzi. Mi sento bene. Stordito, ma bene perché è qua che voglio stare, qua che voglio correre. In mezzo a questa gente, in questa categoria. Mi appartiene, lo so da quando andavo nel karting.
Da quanto il cuore non mi batteva così senza salire su una macchina per una gara?
Da prima di quel maledetto 5 ottobre del 2014.
A questo pensiero inizio a tremare e appena succede mi fermo shoccato e mi guardo le mani.
Io che tremo? Charles, non è proprio da te. Hai 18 anni, ad ottobre ne farai 19, non sei un bambino.
Stringo le mani e le nascondo in tasca riscuotendomi con un respiro profondo, ci manca solo che qualcuno mi noti. Quando rialzo la testa decido di dirigermi al Motorhome Haas prima che mi vengano a cercare come un bimbetto che si è perso, non voglio di certo arrivare tardi alle mie prime prove.
Sospiro cercando di ritrovare il mio sangue freddo, devo fare un’ottima impressione ogni secondo del tempo che passerò là dentro, mi giro intorno per cercare la facciata che mi interessa e l’ho appena individuata quando muovendomi bruscamente per raggiungerla, per poco non vado a sbattere contro qualcuno.
Due mani mi afferrano per le braccia tenendomi forte. Il primo istinto che ho è di scrollarmi e lo faccio senza pensarci, come un riflesso condizionato.
- Attento! - una voce bassa e un po’ roca mi raggiunge prima di mettere a fuoco il viso di chi mi ha bloccato. Una volta che mi sono liberato dalle sue mani scusandomi sbrigativo, lo guardo; non mi sembra una voce familiare, ma appena sollevo gli occhi sui suoi blu che si illuminano guardandomi, mi rendo conto che lo conosco.
- Oh, ciao! - fa infatti lui con una sorta di entusiasmo, ma è più la sorpresa nel non aspettarsi di vedermi qua.
La sua voce è cambiata così come i tratti del suo viso hanno cominciato a maturare rispetto all’ultima volta che siamo stati a tu per tu, ma considerando la nostra età è comprensibile.
Scuoto la testa come per svegliarmi dal mio trip, mi concentro su di lui e non sui dettagli o sul controllare le mie emozioni che non vogliono saperne di stare buone.
Fino ad oggi ero abituato a provarle solo su una macchina, mai piedi a terra.
- Non mi riconosci? Ma dai, facevamo sempre le stesse gare fino a due anni e mezzo fa...
Mi sento come straniato e catapultato ai giorni in cui lo vedevo praticamente ad ogni gara ed in un istante la mia testa si svuota.
- Immaginavo di poterti incontrare oggi. - dico riprendo il mio aplomb tipico e con un controllo ineccepibile faccio mezzo sorriso forzato più per gentilezza che per convinzione. Sono perfettamente consapevole che se ne rende conto che è un dovere questo cenno che gli faccio e non c’è niente di felice in me nel rivederlo.
È il primo anno che possiamo incontrarci accidentalmente correndo negli stessi circuiti anche se in categorie diverse, ma finora ci hanno salvato gli orari completamente diversi dei vari impegni coi nostri team ed in pista, salvo oggi che per la prima volta faccio quel che fa anche lui, infatti sapevo che il rischio c’era, ma volevo pensare di essere fortunato.
Proprio lui? Davvero? Se credessi in Dio gli chiederei se si è fumato qualcosa, ma non sono così dissacrante anche se sono ateo. Nel dubbio che esista veramente qualcuno lassù è meglio tenerselo buono per il futuro visto che io qua ci voglio correre per una lunga e gloriosa carriera in salute.
- Max... Max Verstappen! - mi dice il suo nome come se davvero potessi dimenticare il mio peggiore incubo del karting. Forse ho un’espressione vaga od indifferente, per questo magari pensa che non lo riconosco.
- Certo che mi ricordo di te, ti ho pur detto che pensavo di vederti oggi...
Stavo meglio senza vederlo, onestamente, ma lui sembra contento di ritrovarmi dopo tutto questo tempo, anche se forse è più la sorpresa che l’effettivo entusiasmo.
- Fai le prove libere? - è la deduzione più logica, passa subito alle informazioni ovvie tralasciando la mia risposta acida.
Davvero non gli sto più sulle palle per quelle volte nel karting? È passato relativamente poco. Due anni e mezzo sono quelli dall’ultima gara insieme, poi lui è passato in F3 Europea mentre io in Formula Renault, perciò erano categorie diverse, con mia somma gioia. In seguito ha saltato la GP2 ed è arrivato in F1 ed è precisamente questo che mi è stato tanto sulle palle. Come ha potuto bruciare le tappe mentre io no? Mi è davanti, dannazione, dopo tutto quel che facevo per tenergli testa e dimostrargli che non era più bravo di me. Figurati se non si è montato la testa.
Cioè, so che ne avevamo già parlato e sono sempre convinto che il mio percorso sia migliore del suo anche se ci metterò più tempo ad arrivare lì, ma che ci posso fare, mi fissa con quel sorrisetto da superiorità ed io glielo vorrei solo cancellare dalla faccia.
- Con la Haas. - rispondo con un finto e forzatissimo sorriso che non raggiunge gli occhi. Tralascio il fatto che è impossibile non lo sappia visto quanto ogni notizia su di me gira come se fosse chissà cosa. Che oggi facevo le mie prime prove libere per la Haas l’hanno detto ovunque come se avessi vinto un mondiale.
Ormai mi sto abituando, anzi, devo visto che se arriverò veramente qua sarà sicuramente peggio.
Max annuisce e per un momento ci guardiamo senza saper cosa dire. So che mi sta osservando notando quanto sono cambiato in questi due anni di strade separate e forse non ha la più pallida idea di cosa dirmi, visto che il nostro tipico modo di comunicare era litigare. Beh, ci fissavamo male, con me è difficile litigare, preferisco un meraviglioso silenzio seguito da una sonora lezione in pista quando non sono io a riceverla. Questo perché mio padre vuole che io sia gentile e rispettoso, perciò non rispondere come vorrei è il mio modo di esserlo. Lo faccio solo per lui.
Fra l’altro gliene devo una, a Max! Ricordo ancora fin troppo bene che l’ultimo campionato disputato insieme ha vinto lui ed io sono arrivato secondo. Odio essere secondo. Che posizione di merda. Secondo non è primo. Lui era così felice, maledetto!
Certo che mi ricordo di te, caro mio, e ricordo anche come ti chiamavo fra me e me.
Stronzo.
Un soprannome semplice da ricordare, scontato e poco originale, ma veramente rappresentativo. Adatto a lui e al suo modo di guidare da stronzo.
Spero che sia cambiato anche in questo e non solo nell’aspetto e nella voce.
Svilupparsi fisicamente per dei diciottenni non è strano, ma quel che conta è il cervello.
Finalmente la voce di mio padre che mi chiama mi salva da questa situazione imbarazzante di stallo terribile e con un cenno delle sopracciglia di totale circostanza, lo saluto ben lieto di filarmela.
- Beh, ci si vede. - dico frettoloso.
- Buona fortuna. - fa lui continuando a seguirmi con lo sguardo.
Niente.
Lo odio ancora.
Non ci posso fare nulla, certe cose sono a pelle e sono per sempre, ma in questo caso non è a pelle. C’è una ragione precisa per odiarlo e nella fattispecie si chiama Master Series KF2 del 2012.
Buona fortuna un paio di palle, smettila di gongolare solo perché tu sei stato più precoce di me nell’infilarti nel mondo del professionismo. Tanto ti raggiungo anche io e riprenderemo da dove ci siamo interrotti, non dimentico che ti devo un paio di lezioni arretrate.
So che ti senti più bravo perché già dall’anno scorso sei in F1 mentre io il prossimo anno andrò solo in 2 se tutto va bene, ma che cazzo ti senti superiore, idiota? Ti chiamano Mad Max e Crash Kid perché fai solo danni su quelle macchine. Venire presto in F1 a che cazzo serve se poi fai ste figure di merda? Bisogna essere pronti e fare gare il più perfette possibile, non correre come se avessi il diavolo dietro schiantandoti come un coglione. Quello non è correre ma sbattere!
Io arriverò qua dopo di te, ma non mi chiameranno MAI Crash Kid, sarebbe la cosa più fottutamente umiliante della mia vita.
Cazzo, vedi come mi fa perdere le staffe sto qua? Due anni e mezzo che non lo vedevo, poi succede e sembro uno schizzato.
Ma che potere innato ha?!
- Tutto bene? - fa mio padre notando subito che ho una faccia strana, per quanto io sia bravo a controllarla.
Tanto che glielo nascondo a fare?
- Ho incontrato Verstappen. - mugugno cercando di non aggiungere nessuna parolaccia. Non gli piacciono.
Lui spalanca gli occhi immediatamente preoccupato.
- Di già?! E avete litigato? - non mi stupisce che sia la prima cosa che mi chiede, ma scrollo le spalle e piego le labbra all’ingiù con finta innocenza.
- Ma dai, siamo cresciuti ormai! Ci siamo solo salutati... - cerco di essere il più generico possibile anche perché in effetti non è successo realmente niente. Insomma, non posso accusarlo di aver detto o fatto qualcosa per avermi infastidito. È la sua semplice presenza che mi dà sui nervi, ma non è colpa sua se esiste.
Mio padre non sembra tanto convinto, assottiglia gli occhi per scrutare la mia faccia, il tutto qua davanti all’ingresso posteriore dei garage Haas mentre presumibilmente ci aspettano per quello che sarà il mio primo giro nel mondo che conta. Qualcosa che di sicuro preferisco al parlare con e di Max Verstappen.
- Ma c’avevi una faccia... - fa molto spontaneo. Io a questo punto rido cercando di essere convincente, sono bravo a fingere e a mostrare ciò che voglio. Ho dovuto imparare dall’incidente di Jules. È da lì che ho capito come fare per essere lasciato in pace e non far preoccupare quelli a cui tenevano a me.
- Beh, non è il mio preferito da incontrare, speravo in Hamilton, Alonso, Vettel... - gli faccio notare con estrema semplicità. Per convincere devi essere così. Semplice, scontato.
Questo in effetti sembra accettarlo e mettendomi una mano sulla spalla la stringe e con un sorriso sicuramente migliore del mio poiché sincero e non forzato, mi fa il cenno di entrare.
- Vieni, ci aspettano. Sei pronto per un altro passo importante?
Mi trasmette in un istante tutto il suo entusiasmo come ha sempre fatto e mi rendo conto che la mia faccia è meno tirata di poco fa. Gli occhi bruciano e mi sento inondato da un guizzo inaspettato di felicità.
È breve ma ben distinto.
Poi mi rendo conto che non devo passare per un ragazzino qualunque che entra nel mondo dei balocchi e mi controllo. Un respiro profondo, raddrizzo testa e spalle e poi annuisco con fierezza riprendendo totalmente il controllo.
- Pronto. - faccio più serio che entusiasta. Mio padre ridacchia non aspettandosi da me niente di diverso ed alla fine entriamo.
Devo essere il più possibile perfetto, nessun margine d’errore se voglio ottenere un sedile in F1. E lo otterrò. Non c’è altro prima di questo.
Faccio gli esercizi di respirazione che mi hanno insegnato in Academy per rilassarmi dopo che mi sono messo la tuta ed il necessario, mi allaccio bene il casco e completo la vestizione chiudendo gli occhi e respirando ancora.
Sono in un misto fra il teso e l’eccitato, ma lentamente mentre respiro in questo angolo del garage Haas mi sento via via sempre meglio. I nervi iniziano a stendersi e la mia mente a svuotarsi, ma mentre mi tolgo tutti i pensieri che hanno vorticato nella mia mente, un volto affiora dietro le palpebre chiuse.
È uno dei visi più belli che io abbia mai visto, il viso che vedo sempre da ormai due anni.
Rilassati Charles, devi salire sulla Haas e correre, non puoi pensare a Jules.
Mi chiamano per chiedermi se sono pronto e riapro gli occhi annuendo, vado da loro e salgo sulla macchina di Gutierrez che per adesso sarà mia.
È strano, tremo ancora, è la prima macchina in F1 che tocco sebbene la Ferrari a Fiorino sia stata l’esperienza più straordinaria della mia vita ed estremamente formativa.
Però questa volta si scende in una pista di F1.
Mi siedo e prendo il volante infilandolo come di consueto. So come si fa, non è la mia prima monoposto, ma questa è diversa da quella che guido sempre. Non ci sono paragoni.
Eppure non è questo.
Non è proprio questo che mi emoziona tanto.
Respira, Charles, calmati e ascolta cosa ti dicono. Annuisco a tutto ed eseguo ogni indicazione. Sembro pronto e presente, ma c’è sempre una parte di me che rimane aggrappato all’ansia. Sono un ragazzino, non sono pronto.
Ma che diavolo vai dicendo? Tira fuori le palle, Charles, sei pronto eccome.
Dimostralo.
Adesso, adesso lo faccio. Il motore si avvia con un rombo che assorda tutti, se non fosse per le cuffie che hanno per proteggersi dal rumore.
Vibra tutto, è potente. È estremamente potente.
Un motore simile, con una potenza simile, hanno ucciso Jules.
Sei pronto Charles?
Sei pronto per guidare realmente una cosa simile?
Da qua non si torna indietro, si può solo andare avanti senza mai fermarsi.
Stringo forte e forse troppo il volante che so usare alla perfezione, ma per un momento mi dimentico come si fa, dimentico tutto e sto per chiedere di ripetere cosa mi stanno dicendo, ma il viso di Jules torna ad affiorare davanti ai miei occhi che ora sono aperti.
Trattengo il respiro, è quasi come vederlo lì in piedi al posto di uno dei meccanici che mi circondano. Lo vedo in ognuno di essi e poi in quello che mi fa il cenno da fuori il box di aspettare il segnale prima di uscire. Annuisco.
È qua. È sempre qua.
Lo è sempre stato e lo sarà ancora e ancora. Non ci sarà un metro che non farò senza lui. Da ora e per sempre.
Andrà tutto bene.
Un ultimo respiro, chiudo ancora gli occhi e vedo il suo dolce e delicato sorriso, quello che ora appartiene ad un angelo, poi li riapro, chiudo la visiera, il mondo si cancella, Jules sparisce, l’emozione, la tensione, ogni ricordo va via. Tutto viene cancellato, non sono più nessuno, solo uno che deve correre in una pista e niente altro. Solo questo.
L’ingegnere mi dà il via ed io senza esitare né provare la minima emozione, accelero ed esco svoltando fluido come se non avessi fatto altro da quando sono nato, come se fossi un pilota di F1 da sempre.
Prendo e parto e vado a fare ciò che devo, ciò che so fare benissimo, ciò che farò a lungo.
Corro in pista e faccio un testa coda, inizio male, impreco ma non mi distraggo e non mi agito, con freddezza riprendo il controllo dell’auto e torno a girare come mi hanno detto di fare.
Ho deragliato, ma sono ancora in pista e non mi fermerò di certo per questa sciocchezza.
Senza esitare riprendo come niente e porto a termine il mio dovere, ma mentre lo faccio, mano a mano che accelero curva dopo curva, rettilineo dopo rettilineo, va sempre meglio.
I miei nervi sono più rilassati, la mia mente è più serena e non sto pensando. Non sto pensando proprio a niente.
Sono solo io e la mia macchina su una pista. Una macchina potente di cui non ho paura, che quando accelero cancella il tempo che smette di scorrere ed il mondo stesso lasciandomi meravigliosamente solo nell’universo.
Sono velocità e libertà senza emozioni, rimorsi, rimpianti e sofferenza.
Nessuno che amavo è morto. Nessuna decisione che ho preso mi ha fatto sentire una merda. Nessuna rivalità mi ha fatto sentire indietro. Nessun errore mi ha fatto pensare di non essere pronto.
Sono io e basta e sono libero e sto bene. Sto alla grande. Sto meravigliosamente.
Il mondo si ferma ed è quasi improvviso anche se non è proprio così, ho rallentato nella pit come si fa per poi frenare alla perfezione davanti al box Haas. I meccanici hanno agganciato la macchina e sollevata per girarla con me sopra ed infilarla nel garage, ma mentre tutto questo succede intorno a me, mi sembra come se mi avessero riattaccato una spina.
Il mondo torna improvviso, mi sollevo la visiera del casco e con esso tornano le mie emozioni, il cuore batte incessante, l’adrenalina scorre, la mente mi riporta le informazioni tecniche di quel che ho fatto. Ho portato a termine le indicazioni, ho fatto quello che dovevo ed alla fine l’ho fatto bene.
Tutto torna anche piuttosto in fretta.
Anche lui.
Ehi Jules, alla fine avevi ragione tu, eh? Ero pronto...
Lo vedo di nuovo sorridere e mi sembra mi dica che lo sapeva che lo ero e che non ne aveva mai dubitato. Ma ugualmente anche se so che ora lui è contento di me, ovunque sia, il mio rimpianto per aver corso quella famosa fatidica gara di ottobre, mi appesantisce come di consueto. Dovrei esserci abituato, ma forse non succederà mai, però per questi 26 giri di prova non c'era niente. Assolutamente niente. E stavo così bene.
Appena scendo mio padre mi accoglie contento, ha un sorriso enorme, gli occhi lucidi di commozione ed è estremamente orgoglioso di me. Lo metto a fuoco, sorrido senza rendermene conto, il sereno torna, i dubbi vengono sbaragliati e lascio che sottolinei le cose positive di queste mie prime prove. È andato tutto benissimo, a parte un testacoda iniziale da cui mi sono ripreso come nulla. Ho fatto i giri che mi avevano detto, mi sono avvicinato al tempo del mio collega di Haas più navigato ed esperto di me e sono tutti molto contenti.
Mio padre è la mia ancora nella realtà perché da solo tendo ad essere negativo o severo con me stesso, a volte nemmeno vedo bene, se sono solo. Non capisco cosa mi capita né cosa provo, ma lui mi fa sempre capire che cosa ho fatto e dopo il suo prezioso punto di vista positivo, va tutto meglio.
Mi lascio abbracciare da lui e mentre lo fa, vedo passare fuori dal garage Max diretto da qualche parte, lancia casualmente un’occhiata dentro il mio box e mi vede mentre abbraccio mio padre sorridendo. Lui fa un cenno, io non ho tempo di restituirglielo, ma era strano il suo sguardo. È stato breve, troppo per distinguere bene ogni cosa e lui sembrava avesse un passo sostenuto.
Sembravano gli sguardi che aveva dopo delle brutte gare nei karting, quando andava da suo padre che lo fissava cupo e severo.
Ho sempre avuto l’impressione che fra quei due ci fosse qualcosa che non andava e dopo che Alex mi ha confermato le voci sui maltrattamenti, ho fatto uno più uno e non mi sono stupito del suo modo di fare da padrone della pista così aggressivo.
Il pensiero su di lui è un lampo, nella realtà, e come arriva se ne va mentre il mio, di padre, mi regala tutta la serenità e la stabilità di cui ho bisogno ricordandomi che adesso è meglio riposare in vista delle prove della mia categoria nel pomeriggio.
Il primo passo è andato, ma sarà solo il primo di una lunga serie. Fra un po’ di tempo io sarò qua sul serio e non come pilota di prova.
Avrò un sedile in una di queste macchine. Ce la farò.
Aspettami che ti rimetterò io a posto, Max.”
Notes:
le cose tecniche di quella giornata di prime prove libere di Charles in F1 sono vere, mi ero informata più che potevo. Gli approfondimenti emotivi di Charles ovviamente sono mie aggiunte personali, così come l’incontro con Max nel paddock. Mi piaceva pensare che anche se ogni tanto sono stati negli stessi circuiti anche se in categorie diverse, non si siano mai incontrati. Volevo fare che da qui ricominciasse la loro storia sospesa, me la sono immaginata così la scena e dovevo assolutamente scriverla. Magari nella realtà quando si sono incontrati la prima volta dopo i tempi burrascosi dei go-kart i due erano amichevoli e sorridenti!
Cerco sempre di evidenziare l’enorme differenza di vita fra i due, specie per quel che riguarda il modo in cui sono stati cresciuti e dei loro padri che hanno avuto un impatto molto importante per le persone che poi Max e Charles diventano. Nel prossimo capitolo ci sarà un altro salto di tempo e sarà dal pov di Max. Grazie a chi commenta e legge la fic, spero continuerete a seguirmi. Baci Akane
Chapter 5: Nuova vita
Notes:
Il capitolo è dal POV di Max ed è maxiel, perché siamo nel periodo in cui c'era Daniel nella vita di Max e per me è doveroso parlarne e dargli il ruolo che ritengo abbia avuto, un ruolo molto importante. So che la fic è lestappen, ma avevo detto che ci sarebbero state parti maxiel e piarles. Il viaggio è lungo e siamo ancora agli inizi. Buona lettura. Baci Akane
(See the end of the chapter for more notes.)
Chapter Text
4. SECONDA VITA
* 20 Giugno 2017 *
/Max/
“La musica rock rimbomba a tutto volume fra le pareti di casa mia.
Casa mia, è sempre bello dirlo, anche se questa musica non mi piace particolarmente, ma nemmeno il contrario. Diciamo che anche se ci fosse silenzio per me sarebbe uguale, ma è stato Daniel ad insistere a metterla e fra l’altro è lui che l’ha scelta.
Dice che così possiamo fare tutto il casino che vogliamo e con casino si intendono i gemiti e i rumori che facciamo quando sbattiamo il letto o qualsiasi altro mobile di casa. Il tavolo in questo caso.
Quando andiamo da lui è uguale, la musica che rimbomba a tutto volume dalle casse è sempre di questo tipo, forte, ritmata, rabbiosa e a me sta bene.
Quasi rispecchia il mio animo di un anno fa, forse gli piace e la mette perché gli ricordava me agli inizi, appena approdato in Red Bull come suo compagno di squadra.
In realtà non lo so, ricordo solo che ha subito iniziato a farmi ascoltare musica dicendomi che era assurdo che io non ne ascoltavo e che era impossibile non mi piacesse. Che non esiste che a qualcuno non piaccia la musica, ma semplicemente non sapevo cosa mi piacesse e per scoprirlo dovevo solo ascoltare.
Peccato che mi abbia fatto sentire sempre e solo rock, che è quella che piace a lui, ma non mi dispiace. Non è male, anche se da solo non è che la metto su perché non sento nulla in generale.
Daniel aumenta la velocità e la forza dei colpi che mi dà mentre mi prende da dietro ed io urlo di piacere chiedendogli di non fermarsi, che ci siamo.
Sento il suo cazzo che mi colpisce da dietro facendomi partire i brividi esattamente dall’interno. Le sue dita mi stringono i fianchi con forza e quando aumenta le spinte il mio piacere si espande sempre più, striscia sotto la pelle e va ovunque. Mi inarco sul tavolo che finalmente smette di fare rumore sul pavimento e chiudo gli occhi liberandomi in un orgasmo spettacolare che mi sconnette il cervello.
Di nuovo quella splendida sensazione di cui ormai sono dipendente.
Il piacere è una droga ed io non posso più smettere, non c’è niente che mi faccia lo stesso effetto, tranne forse correre in macchina. Anche quello è potente e visto che prima quando stavo fuori dalla pista avevo la sensazione di impazzire, devo dire che è stato semplicemente magico.
Da quando scopo con Daniel questa follia è scemata anche giù dalla macchina.
Non posso dire che ora sia tutto a posto, penso che non sarò mai a posto, ma sicuramente sto meglio di quando sono arrivato in F1.
In particolare da quando mi sono liberato di mio padre perché ormai in F1 e coi miei stramaledetti 18 anni, è stato estirpato dalla mia vita.
Sono potuto andare a vivere da solo perché semplicemente potevo e la squadra mi ha fornito il loro ingegnere ed il loro trainer, perciò finalmente mio padre poteva essere solo un padre e con un brusco ‘adesso tocca a te, il mio compito è finito’, mi ha semplicemente dato il colpo di grazia.
Non c’era niente che io avessi voluto più di quello, peccato che una volta che l’avevo ottenuto la paura mi ha ottenebrato e schiacciato.
La paura che senza quei modi di merda che lui ha sempre usato per tenermi in riga e farmi andare bene nelle corse, io non ce l’avrei realmente fatta. Che alla fine avesse ragione lui a fare così. Ero allucinato quando sono diventato compagno di squadra di Daniel e solo lui mi ha lentamente rimesso al mondo.
Crollo sul tavolo senza forze sentendo che anche lui, dopo il suo orgasmo esploso dentro di me, mi si appoggia addosso, sulla mia schiena.
Ansimo sudato e l’odore del sesso e del sudore che ci ricopre mi innesca di nuovo, ma non ho le forze di ricominciare e dubito che ce l’avrebbe anche lui che mi sta sopra quasi privo di vita. Se non fosse per i battiti del suo cuore contro la mia schiena ed il suo respiro ansimante, penserei davvero che sia morto.
Sorrido malizioso cercando di girare la testa per guardarlo, ma ovviamente non è possibile perché ha la faccia appoggiata fra le mie scapole e non mi si stacca né scrolla.
La musica rock continua a tuonare prepotente, ma la sento ormai come un contorno. L’odore mi piace, per qualcuno è puzza insopportabile, ma a me l’odore specifico del sesso, è un innesco assurdo. Solitamente quando lo annuso e lo lecco dopo gli orgasmi, mi dice che sono malato e scappa sempre a lavarsi senza quasi nemmeno concedermi il calore umano da post scopata, quello di cui tutti hanno bisogno.
Perciò l’odore mi rimette in vita dopo questa scopata spettacolare, ma a lui ci vuole sempre di più. Del resto è quello che fa più movimento fisico e per fortuna è uno fissato con la palestra. Anche questa cosa me la sta trasmettendo, così come la capacità di sorridere che di tanto in tanto mi dimentico.
Non ho mai avuto il sorriso facile, un po’ perché non mi piaccio quando rido, un po’ perché non mi è mai venuto da farlo mentre avevo a che fare con mio padre e la sua scarsa dolcezza.
Daniel mi ha proprio rimesso al mondo, a volte mi sembra mi abbia preso per i capelli mentre annegavo. Lui non lo sa, nessuno lo sa e non voglio che qualcuno venga a saperlo, sono cose mie private. Mie paranoie. Miei fottuti drammi del cazzo.
Però se devo dire che qualcuno mi ha salvato, questo è sicuramente Daniel.
Lascio che si riprenda, ci mette sempre un po’, così aspetto paziente lasciando che la mente vaghi nei ricordi di un anno prima, quando mi ha accolto come nuovo compagno in Red Bull a stagione iniziata per sostituire Kvjat.
Ricordo il suo enorme sorriso radioso, la sua stretta di mano poderosa ed una battuta spontanea che mi ha fatto ridere, poi ho subito chiuso la mia bocca e lui mi ha guardato stranito.
Da lì in poi non so cosa gli sia scattato nella testa, forse ha pensato che ero troppo imbronciato e che ne avessi bisogno, ma è come se si fosse impegnato per farmi ridere.
Comunque credo che più della sua solarità, a salvarmi sia stato il farmi venire ad abitare nel suo palazzo a Monte Carlo.
Quando ho detto che volevo andare a vivere da solo ma non sapevo dove andare, lui ha preso in mano la situazione dicendo che c’era un appartamento libero da lui all’ultimo piano e che era una zona bellissima, vicino al mare e quant’altro. Il quant’altro non lo ricordo perché ha aggiunto una serie infinita di parole per convincermi a venire, ma è stato il suo ‘Vedrai che ci divertiremo insieme’.
Il resto è stato un vortice abbastanza veloce che mi ha risucchiato senza che nemmeno me ne accorgessi o mi facessi domande; mentre mi toglieva brutte abitudini portate dal rapporto complicato con mio padre e dal vissuto con lui, mi metteva cose nuove positive facendomi scoprire la vita da ragazzo libero.
Il sesso con lui è stata una di queste, ma è stata una normale conseguenza. Dopo qualche mese che passavo praticamente sempre e solo con lui come vivessimo insieme invece che solo nello stesso palazzo, pendevo totalmente da lui. Qualunque cosa mi dicesse o facesse, a me andava bene e quando ho realizzato che ridevo e che ero felice, mi sono buttato su di lui senza esitare.
Non avevo mai avuto alcun istinto prima di lui, non mi erano nemmeno mai piaciute le ragazze od i ragazzi, mai avuto nessuno, nessuna esperienza personale di nessun tipo, ho sempre e solo pensato alle corse, ma appena ho passato del tempo con lui e con la sua solarità contagiosa, mentre cercava di convertirmi al suo adorato rock, io ho solo desiderato di baciarlo ed una volta l’ho fatto.
Scoprire di avere tendenze gay non è mai stato un dramma, volevo baciarlo e l’ho fatto. Poco dopo trombavamo sul divano come dannati. Quando è successo è stato semplicemente illuminate, come la prima volta che sono solito su una macchina dei kart. Sapevo che era il mio ambiente, la mia cosa, insomma, e l’ho accettata come tutto il resto che mi è sempre capitato nella mia vita, tanto i successi con le corse, quanto i fallimenti o i calci di mio padre. Semplicemente era la vita, no?
E così Daniel.
Daniel ed il sesso con lui è semplicemente la vita. La mia vita.
Ora non potrei essere più sereno di così, rispetto ad una volta quanto meno. Non sta a me dire se sono veramente migliorato, non sono mai stato obiettivo con me stesso. Ho sempre e solo fatto qualcosa, tendenzialmente quel che mi ordinava mio padre. Nessun pensiero, zero considerazioni o emozioni. Solo correre bene, il meglio possibile, principalmente vincere.
No pensieri, sono sempre stato così, non so quanto bene faccia esserlo. Ci sono quelli che pensano e analizzano tutto sempre, ma io agisco e basta e se una cosa mi piace, continuo altrimenti smetto, molto facile.
Scopare con Daniel mi piace, così come correre con le macchine. Perciò lo faccio.
- Dani sei vivo? - chiedo con voce roca muovendo le spalle per sollevarlo. Mi sta totalmente appoggiato addosso da qualche minuto, non so quanto posso rimanere così piegato a novanta, la schiena e la faccia iniziano farmi male.
- Mm... - risponde lui pigramente più di là che di qua. Sorrido.
- Il tavolo non è comodo, sai? - gli ricordo divertito.
- Tu si però! - la sua risposta è pronta e divertente come al solito ed io tanto per cambiare rido.
Se questa è la mia seconda vita, la prima che ho vissuto assume una prospettiva diversa, diventa più accettabile. Quasi come se alla fin fine avesse senso, anche se non so bene quale sia e nemmeno mi interessa. Finché posso avere lui che mi scopa in questo modo e mi fa avere tutti gli orgasmi che voglio, non mi interessa proprio un cazzo.
- Oh, a che ora partiamo domani?
Quando glielo chiedo Daniel rimane un po’ sopra di me mugolando, mi comunica l’ora dopo averla riesumata dal suo cervello preda degli ormoni del piacere e quando gli dico l’ora attuale lo sento sospirare. Probabilmente fa mente locale su tutto quel che c’è da fare prima di partire.
Io e lui ormai vivendo praticamente insieme e correndo con lo stesso team ci muoviamo anche con lo stesso aereo privato, il suo.
Siamo praticamente una coppia, ma non parliamo mai di queste cose né di eventuali sentimenti. Se lo dovessimo fare sarebbe un casino perché non so realmente che pensare, che gli risponderei?
Scopiamo e stiamo bene, questo è qualcosa?
Per fortuna penso che per lui sia lo stesso e non ne parliamo mai. È da qualche mese che facciamo così, per me possiamo andare avanti per sempre.
Alla fine Daniel sbuffando si alza e mentre mi libera, mi dà uno schiaffo sulla natica lasciandomi le cinque dita. Quelle di mio padre erano sempre rigorosamente sulla testa, perciò non mi crea problemi ricevere le sue. Ridacchio e lo guardo che va al bagno per la sua benamata doccia. Io mi raddrizzo staccandomi dal tavolo con mille smorfie, cominciavo ad avere davvero male e la pelle resta sulla superficie dopo averci sudato sopra facendo effetto ventosa. Il dolore per lo strappo mi fa imprecare e per dispetto prendo il telecomando dello stereo che mi ha regalato Daniel e chiudo quella roba. Lo sento sgridarmi dal bagno ma tant’è che in risposta accendo la televisione e metto su Sky Sport.
Le notizie sportive fanno le consuete carrellate mentre una in particolare attira la mia attenzione; vado al frigorifero a bere qualcosa di fresco e reidratarmi dopo i liquidi persi. Liquidi di vario genere. Con un sorrisino divertito guardo la macchia del mio schizzo che è finito per terra.
In questo preciso istante, la voce del notiziario sportivo riempie l’appartamento.
- Si spegne oggi a 54 anni Hervé Leclerc, padre di Charles Leclerc, dopo una malattia che l’aveva tenuto in ospedale negli ultimi tempi. Il pilota monegasco in forze con la Prema Racing, in Formula 2, questo weekend dovrebbe correre una gara in Azerbaigian.
Per poco non soffoco nel sentire la notizia, vado al lavandino e sputo tossendo. Una volta che torno in me vado davanti alla televisione mentre uno strano senso di shock mi colpisce.
Hervé Leclerc affiora nella mia mente nella sua versione di qualche anno fa, quando nell’ultima gara corsa insieme mia e di Charles se ne andava via abbracciando suo figlio, baciandolo affettuoso e facendogli i complimenti per il suo secondo posto nel campionato. Ricordo il broncio scontento di Charles e poi il sorriso che si era rassegnato a restituirgli accettando l’abbraccio.
Ricordo quanto li avevo invidiati pensando che fossero una bella coppia padre-figlio. Ricordo che quando sono andato dal mio, non mi ha toccato nemmeno per sbaglio e nemmeno io ho fatto il cenno di avvicinarmi. Quella volta eravamo contenti perché avevo vinto il campionato di karting, l’ultimo corso prima di passare alle monoposto, ma lui non mi faceva mai complimenti, mi sminuiva in ogni caso dicendo che avrei comunque fatto l’autista di camion. Guai a montarmi la testa e a non puntare al meglio.
Gli occhi mi bruciano improvvisamente sentendo e realizzando che quell’uomo così in gamba e gentile è morto e la mia mente mi restituisce velocemente anche l’altra notizia riguardante Charles di qualche anno fa. All’ora era morto Jules Bianchi, un suo grandissimo amico, e tutti parlavano anche di lui considerato il suo erede, una naturale connessione con il pilota di F1 scomparso a causa di un orribile incidente in pista.
Come se avesse senso penso al suo viso, quel giorno con suo padre era bello e gioioso anche se era arrabbiato per non aver vinto il campionato, ma quando l’ho rivisto l’anno scorso, quando ha fatto le prime prove libere in F1, il suo viso aveva un’ombra, era solo il vago ricordo di un sorriso. Lì per lì ho pensato fosse colpa mia, che non era felice di rivedermi, anche se io invece lo ero. Mi ero ricordato di quanto mi fosse piaciuto correre con lui da piccoli e da ragazzi, quanto mi divertissi a stuzzicarlo e quanto fosse bello avere uno che mi teneva testa con la mia stessa identica fame di vittoria.
Simili ed uguali in tante cose ed in altrettante così opposti.
Come i nostri padri ed i loro approcci. Il mio uno stronzo maniaco delle corse che mi picchiava se sbagliavo, il suo così positivo e tranquillo che lo sosteneva specie se non vinceva o faceva male.
Il mio vivo, da cui sono scappato, la cui ombra non mi lascia in pace nemmeno adesso che mi sono liberato.
Il suo morto nonostante la bontà che si vedeva aveva, che non potrà stare accanto a suo figlio come vorrebbero tanto entrambi.
Cazzo, che ingiusta la vita. Che merda.
Daniel esce in questo momento dalla doccia, è avvolto in un asciugamano alla vita ed è ancora caldo, umido e gocciolante. Mi raggiunge per dirmi che posso andare io a lavarmi, ma appena mi vede fermo come un palo in mazzo alla stanza, ancora nudo e crudo, capisce che sono diverso da prima. Sono buio.
- Che è successo? - chiede mettendomi le mani ai fianchi con la sua tipica dolcezza e senza la paura di toccarmi, la paura che in molti hanno sempre.
Aggrottato e senza guardarlo negli occhi, glielo dico senza giri di parole, brusco e secco: - È morto il padre di Leclerc. Correvamo insieme nei karting, lo conoscevo.
Non bene, ma lo conoscevo. Ma è più per suo figlio che adesso sto così. Così come? Spero non me lo chieda, spero che si veda, spero di non doverne parlare, perché non ne ho voglia. Non voglio parlare delle cose brutte perché mi affossano e non mi rialzo più se lo faccio, per questo non parlo mai di mio padre. Perché me ne voglio liberare e se ne parlo non ci riesco.
Perciò non voglio parlare nemmeno del perché mi sento così e mi colpisce tanto sentire questa notizia sul padre di Charles.
Le braccia di Daniel però mi avvolgono nude, forti e calde e con un silenzio che non avrei mai immaginato, si limita a baciarmi le labbra e stringermi a sé anche se lui è pulito ed io sono ancora col sesso addosso.
Quando lo fa, mi sciolgo e mi rilasso quasi di schianto, non me ne rendo conto subito, ma è solo quando ricambio l’abbraccio e chiudo gli occhi, solo quando nascondo il viso contro il suo collo profumato e tonico, che me ne accorgo e credo di stare un po’ meglio.
Mentre mi abbandono a lui che mi fa bene una volta di più, il viso sorridente del Charles sedicenne affiora gioioso e luminoso mentre va via con suo padre, abbracciato a lui.
Quel sorriso tornerà mai così com’era?
Ogni tanto mi capita di pensare a lui, quando leggo o sento qualcosa che lo riguarda, ma non era questo il modo in cui volevo farlo ora. Non era decisamente questo.
Daniel non mi ha chiesto niente, mi ha fatto da mangiare insistendo che dovessi per forza mettere qualcosa nello stomaco, poi ci siamo messi a guardare una serie che mi sta facendo seguire a forza. È un’altra delle cose che mi sta facendo fare lui poiché io da solo non ho mai fatto.
Con le serie tv ha più successo che con la musica, perché mi impegna il cervello mentre guardo dal momento che devo seguire la storia, ma normalmente preferisco giocare coi SIM perché è un po’ come correre con le macchine vere. È il motivo per cui l’ho sempre preferito a qualunque altra cosa ed ho sopportato quel pezzo di merda di mio padre.
L’ho sopportato al punto da giustificarlo e accettare le spiegazioni che dava a mia madre. Perché ero troppo testa dura e se non avesse fatto così non avrei raggiunto mai il livello necessario per avere successo nelle corse. Perché correre per divertirsi non è veramente divertente quando devi smettere poiché sei una schifezza e non ottieni i risultati necessari.
È divertente solo se vinci ed hai successo e per arrivare a quel punto tu devi fare sacrifici e lavorare in un certo modo e solo lui che ci era già passato, poteva capire. Solo lui che non aveva avuto il successo che voleva, sapeva di che cosa parlava.
Arrivare in F1 era difficile ma non impossibile, tuttavia se ci arrivavi ma facevi cagare poi ti scaricavano. Avere un contratto in un team della F1 non era raro, lo era rimanerci e reggere i ritmi delle gare. Fino a 40 anni era ragionevole pensare di poter correre, se eri fortunato, ma dovevi essere bravo e supportato dai team giusti e per raggiungere quei livelli dovevi lavorare sin da piccolo.
Per quello lui faceva quel che faceva.
Le immagini della serie tv che mi ha imposto di vedere e che di solito mi piace, scorrono davanti ai miei occhi, ma non seguo realmente.
La morte di Hervé Leclerc mi ha gettato in un tunnel che mi ha riportato indietro nel tempo.
Charles coi metodi dolci e comprensivi di suo padre è ancora in F2 e non è detto che riuscirà a venire in F1 e anche se ce la farà non si sa se poi ci resterà. Tanti che ci arrivano poi spariscono perché scaricati dalle loro compagnie, perché non abbastanza beavi o pronti. Ma so che se sono io qua, non c’è ragione perché anche lui non ce la faccia. Era forte come me, avevamo solo stili di guida diversi e metodi opposti di concepire le corse, anche se entrambi ossessionati dalla vittoria, dal primo posto. Solo il primo posto.
Competitivi era riduttivo.
Tuttavia era diverso l’ambiente intorno a noi, i nostri genitori.
Alla fine il mio ha avuto sicuramente ragione a fare così e non sappiamo se quello di Charles l’aveva a sua volta, lo scopriremo presumo il prossimo anno o poco più in là. Ma non è quello il punto. Il vero punto è un’altro.
Io non so perché pensare a suo padre mi fa capire che nella mia vita c’è stato qualcosa che non andava e non voglio, non posso pensarci.
Ormai è andata, pensarci a cosa serve?
Non ho mai riflettuto sulle cose che mi capitavano e nemmeno su quello che faceva perché se l’avessi fatto forse non avrei agito. Perciò pensare non fa per me, ma oggi qua piantato nel divano abbracciato a Daniel come se fossi il suo cucciolo, ho freddo anche se è metà Giugno.
Rabbrividisco senza farci caso e lo faccio mentre rifletto a che vita avrei avuto con un padre come quello di Charles. Perché la verità è che gliel’ho sempre invidiato. Ecco perché ci penso tanto.
Sono sicuro che Charles arriverà in F1 come me e l’avrà fatto con dei metodi meno traumatici dei miei.
Ma se avessi avuto un padre come il suo e poi fosse morto sul momento più importante della mia vita, l’inizio della parte più difficile della mia carriera, cosa sarebbe stato di me?
Avere un padre stronzo che ha forgiato un pilota e non cresciuto un figlio, mi permetterà di andare avanti alla grande anche senza di lui e non crollare mai e nemmeno di stare mai male. Lui mi ha reso forte, i suoi pugni in testa ed i suoi calci in culo. Le sue punizioni di merda ad ogni errore, tutte le volte lasciato a piedi dopo una gara dove uscivo di pista per colpa mia. Sono cose che mi hanno reso forte, perché adesso posso fare a meno di lui ed anche se ho avuto paura appena arrivato qua, appena liberato da lui, ho avuto paura che senza quei calci non ce l’avrei poi fatta, adesso piano piano sto capendo che mi ci vuole solo un po’ di tempo per ricostruirmi e capire come fare, trovare un equilibrio, insomma, ma ce la posso fare. Senza di lui starò sempre meglio.
Ma Charles? Io senza un padre come il suo non ce la farei più.
Io, al posto di Charles, dopo aver perso prima il mio migliore amico e mentore e poi mio padre, non ce la farei. Io, per come sono fatto, per com’è il mio carattere.
So che dirlo è stupido perché adesso sono fatto così perché mi ha forgiato mio padre a suon di ceffoni ed il carattere che ho ora sarebbe diverso da quello che avrei se mi avesse cresciuto in modo comprensivo e dolce.
Però io non ce la farei e mi chiedo se vedrò Charles un giorno in F1 come ho sempre pensato. Se non dovesse arrivare mi rattristerebbe.
Ho pensato spesso a lui in questi anni e non so perché, visto che come al solito non mi fermo mai a farmi domande o riflettere. Ma non avrei voluto pensare a lui ora in questo modo. Come saranno i tuoi occhi se domani ti incrocerò a Baku?
Non ci siamo mai beccati per la verità essendo in categorie diverse e facendo sempre tutto in orari differenti, ma se per caso dovessi vederti proprio domani io... poi mi rendo conto.
Che idiota.
Ha appena perso suo padre. Ma figurati tu se viene a correre. Ovvio che si farà sostituire per questa gara. Tutti lo farebbero al suo posto, oltretutto correre in queste condizioni sarebbe pericoloso.
- Tutto ok?
La voce di Daniel mi riscuote dalle mie elucubrazioni e solo quando vedo che l’episodio è finito ed io non ho detto niente, mi rendo conto che è ovvio che non sto bene. Sorrido e mi stringo nelle spalle.
- Sì, solo un po’ pensieroso.
- Vuoi che andiamo a letto? - chiede dolcemente. Questi suoi modi sono l’opposto di quello che ho sempre ricevuto. Pensando a mio padre ed al modo in cui mi ha cresciuto e ritrovandomi ora con un Daniel che passa dalla modalità comica a quella sessuale a quella tenera facendomi ubriacare, mi sembra di aver fatto jackpot.
- Insieme? - chiedo visto che non sempre si ferma a dormire con me. Alzo la testa dalla comoda postazione rappresentata dal suo petto e lui mi sorride sempre dolcemente.
- Se ti va...
Dico subito di sì e stringo le braccia intorno a lui. Non voglio fare la parte del ragazzino patetico bisognoso d’affetto, non l’ho mai fatto e non voglio iniziare adesso, ma la sua vicinanza, la sua fisicità calda e solida, mi fa stare bene ora che dopo tanto mi sento di nuovo perso. E come la prima volta che mi ci sono sentito, lui arriva e mi salva.
Si china sollevandomi il mento col dito e mi bacia, io mi lascio raggiungere dalle sue labbra cercandolo con la lingua. Ci intrecciamo e ci baciamo per un po’ fino a che senza chiedermi nulla ci spostiamo a letto e abbracciandoci ci mettiamo a dormire.
Mi stai proprio rimettendo al mondo, Daniel Ricciardo. Grazie di essermi capitato e di avermi capito senza farmi mai fastidiose domande. Non so cosa tu abbia visto in me e perché mi hai accettato quel giorno quando ti ho baciato, ma sono contento che tu sia andato oltre come nessuno finora ha fatto.”
Notes:
non mentirò dicendo che sarà breve la parte maxiel/piarles, sarà quel che serve. Oltretutto non so se Max possa realmente essere stato colpito dalla morte del padre di Charles, né se ne abbiano parlato da qualche parte, potrebbe essere, all'epoca non ricordo come andarono le cose, ma ci tenevo a farlo riflettere su certe cose, fra cui i padri in generale e Charles in particolare. Alla prossima. Baci Akane
Chapter Text
5. DOLORE
* 24 Giugno 2017 *
/Charles/
“Jules. Alla fine l’ho rifatto. Avevo giurato non sarebbe successo di nuovo visto il senso di colpa che mi ha preso nei mesi successivi, ma adesso che sono di nuovo nella stessa identica situazione, ho ancora reagito così.
Nonostante il lutto, eccomi in pista pochi giorni dopo la morte di mio padre. Forse alla fine sono proprio così, me ne devo fare una ragione. Così come? Senza cuore? Un pilota prima che una persona? Come sono, eh?
Improvvisamente mi sento smarrito rendendomi conto che per la verità non lo so. Non so più come sono, ma forse non l’ho mai saputo perché nessuno si conosce veramente se non si trova mai in situazioni allucinanti ed io ormai dal 2014 sembra che non possa vivere più niente di normale e sereno.
Sembra proprio che sia ora io apra gli occhi e mi arrenda a capire che sono fatto così. Così come? Male. Insensibile. Freddo e razionale. Ma è vero che sono così?
È vero che sono freddo e insensibile? Cercando di capirlo, ci ripenso andando a ritroso.
È stato tutto frenetico, così tanto che non mi sono nemmeno reso conto di cosa facevo. Mi sono mosso per forza d’inerzia da quando sono sceso dall’aereo che mi ha portato qua a Baku per la quarta tappa del campionato di F2.
È come se fossi stato catapultato in un universo parallelo dove non era successo niente e mi muovevo come sempre, facendo quello che dovevo in quanto pilota Prema. Ho fatto le solite cose, le prove, le qualifiche e tutto è proseguito lineare, ricevevo le condoglianze e le solite domande da che cosa ci facessi qua ed io ho sempre dato le stesse risposte.
Faccio il mio dovere.
Sapevo che dovevo dire questo, me l’ero preparato dall’aereo, quando l’ho detto ad Arrivabene.
E questo ho fatto per davvero da quando sono sceso.
Il mio dovere.
Non è che non ci abbia mai pensato, ci ho pensato, è sempre rimasto lì con me il pensiero di mio padre, tutte le volte che dicevo la risposta prestabilita dal mio cervello, un’altra parte di me ne dava un’altra.
‘Ma il mio dovere di figlio quando lo farò?’
Quando smetterò con quello di pilota. Perché è questo che mio padre ha faticosamente forgiato, è questo che lui voleva io fossi. Il pilota. Ha messo ogni suo soldo e sforzo e preghiera, in questo, ed io alla fin fine mi sono ritrovato solo a pensare di non volerlo deludere. Di non calpestare ciò a cui lui teneva tanto.
La mia carriera di pilota.
Sono andato avanti dritto per la mia strada addirittura sorridendo, o per lo meno sentivo la mia faccia che si sforzava di farlo, spero di essere stato abbastanza convincente, ma adesso che sto per salire sulla macchina per la Gara 1 di sabato, c’è questo momento in cui chiedo di poter stare un po’ tranquillo per conto mio, perché ho bisogno di raccogliermi e concentrarmi e mi lasciano.
Vado al mio solito angolino all’interno del garage e davanti a me lo sfondo della gente che lavora sulla macchina per assicurarsi che sia tutto a posto per l’inizio della gara.
Pierre mi sorride dolcemente come solo lui sa fare.
- Sicuro? Vuoi che rimango? - mi chiede prima di lasciare che mi isoli. Io faccio il tentativo di un sorriso e sento la zona della bocca tirare sotto sforzo. No, non credo che sia arrivato agli occhi e forse era grottesco. Da come mi guarda Pierre me ne rendo conto. Tuttavia non è strana la sua domanda visto che sono stato io a chiedergli di accompagnarmi oggi.
Non aveva nessuna gara, perciò poteva e sono felice che ci sia, penso di non aver realizzato bene quel che ho fatto tre giorni fa.
Annuisco e mi siedo nella sedia appoggiando la schiena ed il gomito al mobile accanto dove c’è il casco che metterò. La tuta è indossata a metà, quando sarà ora me la tirerò su.
Pierre mi lascia e gli altri meccanici che lavorano davanti a me sono un contorno che lentamente sfuma. Mentre se ne va, mi lancia un’ultimo sguardo preoccupato e mi viene in mente come un flash la sua mano che durante tutto il volo stringeva la mia, le dita intrecciate come se fosse il mio ragazzo. Adesso a mente più lucida mi chiedo che diavolo io abbia combinato. Sia con lui che con mio padre.
Ripenso alle sue lacrime copiose in ospedale, quando era venuto a darmi sostegno e con esso arriva anche il ricordo di quel giorno e della mia bugia.
**
- Ehi, papà, ma lo sai che ho una grande notizia? - non ci rifletto, la mia bocca si muove da sola. L’ho deciso quando sono entrato poco fa e l’ho visto. Me l’hanno detto, ma si vede comunque che se ne sta andando. Sono gli ultimi giorni con noi, forse anche gli ultimi istanti. Ogni volta che ci chiamano pensiamo che sia il momento perché è lì, se ne andrà da un momento all’altro.
Tuttavia saperlo era una cosa, vederlo è stato diverso. Appena l’ho avuto davanti ho capito che dovevo dargli l’ultima gioia della sua esistenza, perché io so cosa vuole più di ogni altro, cosa lo farebbe infine felice sopra di tutto. E so anche che questo è quel giorno.
Lui mi guarda con una luce di speranza come se sapesse, perché è questo che ha sempre aspettato di sentire da me. Come per mollare aspettasse di sentirlo. È stanco, è terribilmente stanco e provato e l’ossigeno gli dà fastidio, prova a toglierselo, ma io glielo rimetto come al solito.
Mi chino e gli carezzo la fronte dopo avergli abbassato la mano diretto alla mascherina d’ossigeno.
Non è una cosa da me e mai in vita mia lo farò più, però adesso la mia bocca si muove da sola e non esita nemmeno un secondo.
- Ho firmato con la Ferrari per il prossimo anno. - la bugia esce dalle mie labbra fluida mentre sorrido sforzandomi e sperando di essere convincente. Ti prego, fa che ci creda, fa che il mio sorriso sia abbastanza credibile.
Fa come fai da quando è morto Jules, sorridi per convincere. Ormai sai come si fa, devi solo continuare così.
Appena i suoi occhi si illuminano e mi mostrano la gioia che speravo di vedere, mi sento stupidamente meglio.
Sono meschino, sono una persona veramente meschina ed un pessimo figlio. Quando lo sapranno gli altri mi diranno tutti che ho fatto male, nessuno sarà d’accordo con me, ma solo io so che rapporto ho con lui e quanto conta la mia carriera.
Con la bocca coperta dalla mascherina d’ossigeno mi fa capire che chiede ‘davvero?’ Ed io annuisco e mi bruciano gli occhi che diventano annebbiati. Non ci vedo più bene, ma è colpa delle lacrime che si formano in reazione alle sue alla mia falsa notizia.
Non ho nemmeno una vaga speranza in questo momento di firmare e non solo per la Ferrari, ma anche per la F1. Spero di arrivarci un giorno, so che ce la farò, ma in questo preciso momento, a conti fatti, non ho niente in mano, ma lui si commuove di felicità alla mia notizia e così finisce che piangiamo insieme.
La botta più terribile della mia vita inizia con lui commosso per la realizzazione di tutti i nostri sogni più grandi e gli leggo la vittoria negli occhi stanchi e pieni di dolore. I sacrifici fatti per farmi arrivare dove avevamo sempre sognato, tutto quel che ha fatto per me, quanto ha spinto ma sempre nel modo giusto, senza mai esagerare, esortandomi a credere in me stesso. Ed era il nostro sogno, non il suo che ha riversato in me, era il sogno di entrambi, lo è sempre stato. Qualcosa che avevamo in comune e che avremo sempre, anche dopo.
Lentamente tutte le parole che mi ha sempre detto, ogni sostegno, ogni abbraccio a fine gara, affiorano nella mia mente e mi riscaldano e piango senza più cercare di trattenermi. Ci stringiamo la mano e rimaniamo così a sorriderci fra le lacrime, ma mentre lui lo fa per gioia per la mia finta notizia sulla firma con la Ferrari, io piango perché sono gli ultimi momenti con lui e lo so perfettamente.
È come se adesso finalmente si rilassasse.
Non c’è niente che ti prepara alla morte di tuo padre. Niente. Nemmeno lunghi mesi di sofferenza ed agonia da parte sua.
Sapere che adesso starà meglio e non soffrirà più in quel modo, non mi aiuta perché la disperazione che mi coglie in questo istante, per un solo momento, è atroce.
È come se risucchiassero da me tutta l’aria che ho in corpo. I polmoni si svuotano e si contraggono, la gola si serra in una morsa e non riesco a respirare anche se ne sento il bisogno, ma non ci riesco. Rimango qua fuori, seduto all’esterno dell’ospedale dopo che gli abbiamo dato l’ultimo saluto, in questa zona più isolata e nascosta dove posso stare all’aperto senza essere visto da nessuno, sotto questo caldo e soffocante sole di metà giugno.
Sento solo silenzio anche se non so se è reale, ma penso che sverrei se non fosse che due braccia mi avvolgono precipitose e invadenti.
Per un momento ho un moto di stizza, sto per dare una brusca gomitata a chiunque abbia osato. Anche fosse mia madre o i miei fratelli, ma la bocca di qualcuno si chiude sulla mia guancia mentre le braccia mi girano la testa prepotentemente verso di sé e mi obbliga a nascondere il viso contro il suo collo con una tale forza che mi sconvolge.
Solo quando sento la consistenza del suo corpo e sento il suo profumo iper dolce, mi rendo conto che ho ripreso a respirare e anche senza vedere so chi è.
- Mi dispiace molto, Charles. - sussurra Pierre cingendomi a sé mentre seduto per terra accanto a me mi copre con le braccia. Io ricambio dopo un attimo di titubanza, agendo senza rendermene conto, come mosso da un altro, come se fossi ipnotizzato ed io fossi spettatore di me stesso.
Rimango qua a piangergli addosso mentre sento che anche lui singhiozza.
Pierre non solo si è precipitato subito qua appena ha saputo, ma mi ha pure trovato. Mi ero nascosto abbastanza bene per essere lasciato in pace a piangere e disperarmi. Non voglio che la mamma e Lorenzo si preoccupino, non volevo farmi vedere così. Come ha fatto Pierre a trovarmi?
Quando mi prende il viso fra le mani con decisione e mi stacca dal suo collo per guardarmi, vedo che anche lui è in un mare di lacrime e per una volta reagiamo allo stesso modo a qualcosa. Il pianto è così simile e di nuovo, visto che anche lui fa quel che faccio io e che prova le mie stesse cose, non mi sento giudicato e non solo. Mi sento capito e condiviso.
Condiviso anche se il padre morto è il mio, ma lui si comporta come se fosse il suo e credo che sia così da lui, questa cosa, così tanto da lui, che mi conforta sapere che è qua. Non mi ha chiesto se volevo venisse come hanno fatto gli altri, è solo venuto.
Ci guardiamo senza dirci nulla, so che presto attaccherà con qualche frase di conforto piena di una sensibilità meravigliosa che lo caratterizza, ma in questo momento, in questo preciso momento, non voglio che nessuno dica niente.
Voglio rimanere così in silenzio a piangere davanti a lui, a piangere con lui, perché questo dolore condiviso improvvisamente è la sola cosa che mi permette di continuare a respirare.
Non c’è niente che ti possa preparare alla morte di tuo padre, nemmeno lunghi mesi d’agonia per una malattia terminale. Ma qualcosa che ti può aiutare a sopravvivervi c’è, forse.
Senza rifletterci, di nuovo per la seconda volta in pochi giorni, mi ritrovo a fare qualcosa impulsivamente.
Non lo penso, lo faccio e basta, come quando ho detto a mio padre quella bugia.
Seguo l’impulso che sento il bisogno di vivere e prendendogli il viso fra le mani così come lui prende il mio, annullo la breve distanza che rimaneva fra i nostri visi e lo bacio.
È la prima volta. Il primo bacio ad un ragazzo ed il primo a lui, sebbene a lungo a suo tempo avevo fantasticato di baciare Jules.
Jules mi torna in mente come un secondo pugno e se non fosse che le labbra di Pierre invece di respingermi mi accolgono schiudendosi e fondendosi con le mie, penso che tornerei in apnea.
Ma mentre ricambia e le nostre lingue si intrecciando con disperazione ed impulso, il sapore dei nostri pianti diventa un tutt’uno regalandoci un ricordo dolce-amaro del nostro primo bacio.
Dio, ma cosa sto facendo? Sto baciando un ragazzo, sto baciando il mio migliore amico.
Sono impazzito del tutto?
Riprenditi Charles. Riprenditi o te ne pentirai a vita e dopo non potrai nemmeno sotterrarti per risolvere tutto questo casino. È il tuo amico. Torna in te. Torna in te e fa quello che va fatto. Hai 19 anni, devi crescere, cosa sono queste scenate?
Mi stacco improvvisamente da lui trattenendo il fiato e lo guardo smarrito e confuso. Terrorizzato che possa pensare male e che mi giudichi. Solo perché gli piacciono i ragazzi e me ne parla da sempre non significa che ho il diritto di infilargli la lingua in bocca.
Solo perché ho sempre avuto il sospetto di essere innamorato perso per Jules, non significa che se sto male ho il diritto di baciarlo giusto perché è il primo bel ragazzo che mi capita sotto mano.
Che reazione è?
- Scusa, non so cosa mi è preso. Sono sconvolto, non dovevi accettare...
Ma Pierre mi sorride dolcemente e mi carezza le guance bagnate di lacrime con i pollici, me le asciuga e solo quando lo fa mi rendo conto che ho anche smesso di piangere, finalmente.
Respiro meglio, anche i battiti del mio cuore sono più normali, la testa martella di meno, comincia a diventare tutto respirabile e accettabile.
- Va tutto bene, Charles. Sono tuo amico, sono qua per qualsiasi cosa ti serva. Sempre.
Con questo mi riabbraccia come prima e lascio che lo faccia senza opporre resistenza. Lascio che la testa si adagi sulla sua spalla ed il mondo sfuma e si confonde. Così come il mio dolore.
È tutto strano, tutto assurdo. Tutto finito.
Mio padre se ne è andato per sempre ed io ora devo solo andare avanti senza di lui. Da qui in poi, per sempre. Renderlo fiero ed orgoglioso dall’alto od ovunque sarà. Tutto ciò che mi resta. Tutto ciò che posso fare per lui.
**
Riapro gli occhi dopo quella che poteva sembrare una meditazione, il mondo intorno a me riaffiora, il garage della Prema, i meccanici, la macchina che guiderò.
Papà, Jules, lo farò di nuovo e non prendetemi per un egoista insensibile, voi sapete che non lo sono. È solo che so quanto è importante per tutti noi che io salga su quella macchina, oggi e domani, e dia il massimo.
Anzi, non darò solo il massimo. Sono qua per vincere, per non buttare al vento tutti i vostri sacrifici e le speranze che avevate, tutti gli aiuti ed i sostegni che mi avete dato.
Se posso fare qualcosa di veramente degno per onorare la vostra memoria, quello sarà scendere in pista e correre in modo talmente perfetto da rendervi orgogliosi.
Da oggi correrò per entrambi. Da oggi tutto quel che farò sarà per vincere e diventare ciò che avete sempre visto in me.
Un campione.
Lo farò per voi e per me stesso. Perché è questo che mi avete sempre insegnato.
Sognare non è inconsistente.
Sognare è realtà. Ed io trasformerò il mio in questo.
In realtà.
Mi arriva la chiamata del mio team, li metto a fuoco, sono qua. Li guardo, annuisco e mi alzo iniziando ad infilarmi la parte superiore della tuta che pendeva alla vita.
Si scende in pista.
Ho un dovere da svolgere.
Aspettatemi lì un attimo, vado, vinco e torno. Poi rialzerò la visiera e tornerò a pensare a voi e a sentirmi in colpa per essere stato così bene da pilota, così bene che mentre porterò la macchina sull’asfalto riuscirò a dimenticarmi persino come mi chiamo.
Mi dimenticherò di voi, lo so perché è già successo con Jules tre anni fa.
Dimenticherò che siete morti, il dolore, le lacrime, le promesse. Dimenticherò ogni cosa.
Sarò solo velocità.
Curva. Rettilineo. Accelerata. Frenata. Traguardo.
Un attimo solo. Il tempo di fare ciò che va fatto.
Il gran sorriso di Pierre è lì appena scendo dalla macchina e mi accoglie facendomi capire che è tutto vero, che ce l’ho fatta sul serio e non l’ho solo sognato. Non è stata la mia immaginazione.
Ce l’ho fatta, papà.
L’ho vinta per te, questa corsa.
È la Gara 1 di 2, domani darò il massimo come oggi e sia quello che sia, ma sono qua e sto facendo il mio dovere e lo sto facendo bene, come ti ho sempre promesso.
Farò di tutto ed oltre per realizzare la previsione che ti ho fatto.
Ti ho fatto andare via dicendo che avevo già firmato per la Ferrari anche se non era vero, ma sarà così. Sarà così, un giorno. Firmerò con la Ferrari e allora la mia non sarà più una bugia ma una previsione, fino ad allora non mollerò mai in nessun caso, per nessuna ragione al mondo!
Alzo la coppa del primo classificato, nel gradino più alto del podio, sollevo il pugno con l’altra mano e lo stringo, getto la testa all’indietro e guardo il cielo che sta sopra di me. Un bel cielo azzurro da dove ora mio padre mi guarderà in prima fila.
Alzo il dito e lo punto verso di lui, perché so che è lì e chiudo gli occhi per un secondo, sorridendo con una serenità che non pensavo avrei mai potuto provare più.
È un momento distinto, fugace come una folata di vento, ma mi sento realizzato e non ho dubbi che sia così. Non è l’euforia per la vittoria di una gara, è proprio realizzazione, serenità, sollievo. Non ho solo vinto, non ho solo fatto il mio dovere.
L’ho reso contento, ne sono certo. Sono venuto per questo e l’ho compiuto e mentre me ne rendo conto capisco che alla fine era giusto così.
Dovevo venire, correre e vincere.
Nonostante la mia decisione contro tutti, non ho mai esitato e sono andato dritto per la mia strada. Nessuno avrebbe corso al mio posto, io ho voluto farlo, ma la verità è che ho avuto dubbi fino all’ultimo momento e probabilmente ne avrò ancora nei giorni futuri, quando l’adrenalina calerà. Ma qua, ora, mentre sono con la coppa in alto e le mani al cielo, mentre guardo lassù dove sta lui, sento che alla fine ho fatto bene.
Alla fine era la scelta giusta.
Questo è il mio regalo per te perché vedrai, non ti ho mentito. Ho solo anticipato quel che succederà fra qualche anno.
Io firmerò davvero per la Ferrari, vedrai.
Ero preparato a tante cose, ma non a questa.
Di solito i piloti di F2 e F1 non si incontrano casualmente, gli orari sono sempre ben diversi ed il programma è pensato proprio per evitare sovrapposizioni ed ingombri, a meno che non ci siano eventi che li accomunano o che i piloti stessi non vogliano incontrare gli altri, è una cosa che non capita.
Per questo oggi non me l’aspettavo.
Naturalmente dopo questa nostra gara loro hanno le Qualifiche, ma è ben in là.
Quando lo vedo venire verso di me per un momento penso di girarmi per vedere chi c’è dietro, perché sicuramente sta andando verso qualcun altro. Ma non mi giro perché vedo chiaramente i suoi occhi blu fissare i miei. Non sta guardando oltre, sta puntando a me, perciò mi faccio forza ed anche se non era fra le persone che avrei voluto incontrare, metto su la mia maschera migliore a cui ormai sono abituato, e non scappo.
Max si ferma proprio davanti a me e tende la mano mentre fa un cenno che non so interpretare. Non credo sia un sorriso, sicuramente è rattristato.
Il suo volto solitamente è molto aperto, ma adesso sembra confuso lui stesso su come si sente.
Mio malgrado gliela stringo senza esitare.
- Condoglianze, mi dispiace tantissimo per tuo padre.
La sua voce come sempre bassa e graffiante mi raggiunge in un tono particolarmente teso.
Io faccio come ho fatto finora, sorrido ma non so che fanno i miei occhi, dubito seguano l’esempio delle labbra.
Annuisco senza scompormi in alcun modo, rimango dritto e rigido, le nostre mani si sfilano subito dopo.
- Grazie. - rispondo educatamente. È così che si fa, ormai lo so fare bene.
Sorrisi, strette di mano, risposte educate.
Lui rimane un istante di troppo davanti a me ed è come se notasse qualcosa, qualcosa che lo colpisce ed ho conferma che lui è come sempre molto espressivo.
Tuttavia non mi dice nulla e senza prolungare oltre questo momento imbarazzante, se ne va tornando indietro da dove è venuto.
Lo seguo con lo sguardo stupito. Non mi ha incontrato per caso e dato che c’era mi ha fatto le condoglianze.
Mi ha proprio cercato, è venuto per me.
Quando lo vedo entrare nel suo box, noto che inizia ora ad animarsi col suo team, non sono nemmeno arrivati tutti. Di solito in questo momento i piloti sono nei Motorhome a riposare dopo le prove libere del mattino, alcuni nemmeno sono ancora qua.
È il primo che vedo girare fra quelli di F1.
Voleva vedermi di proposito?
La domanda resta insoluta e una mano gentile si posa sulla mia schiena, la riconosco prima di sentirne la voce altrettanto dolce.
- Ehi, andiamo? - fa Pierre con la sua tipica delicatezza. Un sorriso incoraggiante.
Io annuisco e vengo via con lui verso l’uscita del Paddock. Per oggi noi abbiamo finito, domani è un’altro giorno, un’altra gara importante che farò di tutto per vincere.
Mentre cammino affiancato da un Pierre che mi riempie di complimenti per la mia corsa, mi accorgo che la nebbia che riempiva la mia testa questa settimana finalmente se ne sta andando e capisco di nuovo, senza ombra di dubbio, che c’è un’altra cosa importante da fare. Devo parlare a Pierre di quel bacio prima che rovini tutto fra noi o che si faccia dei film. Non so cosa provi realmente per me, né se gli abbia fatto piacere, momento terribile a parte, ma so che io voglio fra noi rimanga com’è sempre stato. Una bella amicizia. Voglio che lui sia il mio amico per sempre, la mia confort zone, il mio rifugio, colui che mi capirà e che mi accompagnerà in ogni circostanza. Non voglio un fidanzato, tanto meno qualcos’altro.
Adesso non sarei lucido per nessun altro che un amico. Non posso permettermi che le cose fra noi si rovinino, non voglio che mediti un cambiamento nel nostro rapporto. Sarò chiaro prima che pensi ad altro.
Pierre sorride comprensivo. Se l’aspettava, lui già sapeva prima di me. Ma di cosa mi stupisco?
- Mi dispiace, ero solo fuori di me e non sapevo quel che facevo. Tu eri lì, piangevi come me, stavi male come me e mi capivi così bene che io in quel momento ho capito d’aver bisogno solo di quello. Uno che mi capisse bene. Non so perché sono finito a baciarti, spero sia tutto a posto fra noi.
Avevo esordito dicendo ‘devo parlarti di quel bacio’.
Lui con la sua composta serenità mi ha fatto capire che se lo immaginava e mi aspettava al varco.
Dopo il mio bel discorsetto lui stringe la mia mano e accentua il suo splendido sorriso. I suoi occhi brillano rendendolo come sempre sensibile e dolce, la persona positiva e splendida di cui ho bisogno accanto.
Voglio che tutto rimanga così, immutato.
Siamo seduti uno accanto all’altro qua fuori, il sole che è sceso ha dato sollievo alla calura di Baku. Si sta finalmente decentemente anche se c’è comunque un gran caldo lo stesso.
Pierre mi lascia la mano subito ed annuisce.
- Lo sapevo, non ti devi preoccupare. Anche io ero fuori di me quel giorno, perciò siamo pari. Va bene così.
Penso alla fine non servisse nemmeno specificarlo a parole, ma per me la chiarezza è essenziale. Non devo lasciare niente di confuso intorno a me. Devo sapere esattamente dove camminare.
Gli lancio un’ultima occhiata qua accanto, lo spingo con la spalla lieve, lui dondola dall’altro lato e ricambia il gesto amichevole mentre incrocia le braccia sulle ginocchia.
- Grazie. - concludo. Lui sorride ed io mi sento di nuovo sollevato, più leggero di prima.
- Come stai tu? - chiede poi lui tornando ad osservarmi per studiare le mie micro espressioni. Io fisso davanti a me il giardino del ristorante dove siamo a cena, la squadra dentro che prosegue per conto suo. Dopo la mia vittoria hanno voluto concederci una bella cena, penso che fosse più per me che per loro, ma è stato un ottimo risultato.
- Bene. Meglio. Più lucido. So che sarà sembrata una scelta egoista o folle, ma mi ha aiutato correre. Mi ha schiarito le idee e disteso i nervi. - rispondo sinceramente. È di questo che ho bisogno. Di lui. Del mio migliore amico a cui dire tutto. Non ho bisogno di un fidanzato od uno con cui fare sesso. Non mi serve questo.
- Nessun rimpianto? - lo chiede perché ricorda bene come andò dopo Jules. Tanto convinto ero prima di correre, quanto poi mi sono sentito una merda dopo.
- Probabilmente da Lunedì. Adesso per come mi sento penso ancora d’aver fatto bene. Era quello che mi serviva per... sai... riuscire a convivere col mio dolore. La mia vita va avanti e devo trovare il modo di proseguire senza sprecare gli sforzi che mio padre ha fatto per farmi arrivare fin qua. Credeva in me, perciò devo... devo riuscire a farcela ad ogni costo. Per lui.
Pierre mi ascolta mentre parlo a ruota libera senza sentirmi un idiota che parla di cose troppo personali o sentimentali. Non mi sento debole, solo passato sotto un tritacarne. Non so se questa sensazione se ne andrà mai via, ma per il momento penso al passo successivo nel futuro prossimo. Oggi sono un pilota, devo correre e vincere. Paradossalmente questo è più facile che essere un ragazzo che ha perso il padre. Perciò mi concentrerò su questo e di volta in volta vedrò.
Pochi piani, da ora, se non quelli di non deludere mio padre.
Ce la farò per te, papà. Un ultimo sguardo al cielo, poi appoggio la testa alla spalla di Pierre sentendone un gran bisogno, lui mi mette una mano sulla guancia e appoggia la testa alla mia tenendomi con sé. Grazie di esserci.”
Notes:
quel weekend Pierre era davvero presente lì con Charles, infatti le foto sono tutte prese da quella gara; si suppone fosse lì per sostenerlo perché non aveva gare e non correvano nella stessa categoria in quel periodo. Nel volo per andare a Baku, Charles ha davvero incontrato Arrivabene e gli ha davvero detto che andava a fare il suo dovere, cosa che colpì molto Arrivabene stesso. Charles ha parlato spesso di quei momenti e della sua scelta di correre, così come della bugia che ha detto al padre in punto di morte sull’aver firmato per la Ferrari, cosa di cui non si è mai pentito solo grazie al fatto che alla fine ha firmato davvero, anche se non subito. Ovviamente di Max che gli fa le condoglianze non ci sono notizie ed è una mia aggiunta. Grazie dell’attenzione. Baci Akane
Chapter Text
6. DI NUOVO INSIEME
* 2018 *
/Max/
“Tengo la televisione accesa sul solito canale di F1 mentre fanno degli speciali sulla stagione che sta per cominciare, non ascolto perché in realtà non mi interessa molto, ma vivendo da solo capita che accendo per avere un sottofondo che mi faccia compagnia. Preferisco Daniel, ma adesso anche lui si sta preparando la valigia, siamo di partenza. Si va in Australia, si inizia finalmente e quest’anno mi eccita più degli altri ed il motivo specifico viene espresso nel programma.
Per l’ennesima volta parlano di lui, come se non l’avessero già fatto abbondantemente da quando ha firmato a dicembre.
Le lodi su Charles Leclerc che finalmente approda in F1 con la Sauber, non si sprecano. Parlano del bel percorso lineare che ha fatto simile a quello di molti piloti, sebbene, aggiungono, non è raro che qualcuno salti qualche passaggio e si butti nella fossa dei leoni prima degli altri. Qualcuno come me. Ed ecco che ci mettono a confronto per la prima volta, ma ho sentore che sarà la prima di una lunga serie.
Da come parlano si capiscono già i nostri ruoli: lui il bravo ragazzo educato, il piccolo principe prodigio, io il pessimo esempio dal carattere di merda, il Mad Max.
Parlano del percorso di Charles che ha fatto tutte le categorie importanti per le monoposto facendo sempre bene in ognuna, citano infine la vittoria in F2 dell’anno scorso.
È forse l’unico suo risultato che ho seguito in diretta e con interesse, perché sapevo che se avesse vinto sarebbe finito sicuramente qua quest’anno, ne eravamo tutti certi e vederlo farcela proprio l’anno in cui ha perso suo padre, ha colpito tutti, me per primo.
Sanno tutti che era legato a lui, ma in pochi sanno QUANTO; quel giorno a Baku mi torna prepotentemente in mente come se fosse stato ieri.
Ormai da mesi non fanno che parlare di lui, ogni volta che accendo su questo canale c’è qualcuno che parla di lui come se avesse già vinto un mondiale in F1. Il prodigio, il predestinato.
Ti fanno pensare a Charles anche se non vorresti.
Ricordo esattamente quel sabato a Baku, quando sono andato da lui apposta per fargli le condoglianze. Mi sembrava giusto, dopotutto. Me la sono sentita.
Mi ha fatto impressione.
Lui era lì, ma era come se non lo fosse. Avrei potuto chiedergli come stava o dire qualcosa di stupido e banale, come ‘ho un bellissimo ricordo di tuo padre’ e stronzate varie, ma la mia bocca si è chiusa e non è uscito nulla perché era come se sapessi che l’avrei infastidito. Non so cosa abbia mai pensato di me quel giorno, sicuramente in quel momento meno gli si diceva e meglio stava, così me ne sono solo andato, ma quel brevissimo scambio è inciso per bene nella mia memoria, così come ogni altra sensazione.
Prendo i vestiti puliti che ho fatto preparare in vista della partenza e piegandoli con sufficiente cura, li infilo nella valigia aperta sul letto. Fra quelli, le maglie ed i vestiti della Red Bull.
Non sorrideva, quel giorno.
Charles non sorrideva sul serio.
Lo faceva con la bocca, non l’ha mai fatto con gli occhi, ma la cosa più incredibile è stata che lui era lì ed ha provato a farlo lo stesso come se sapesse che era un dovere ed allora tentava. Con risultati un po’ grotteschi, devo dire. La gente lo salutava, veniva ripreso od intervistato e lui era gentile, corretto e sorrideva. Sempre e solo con la bocca, ma lo faceva.
E la vera domanda era ‘ma che diavolo ci fai lì?’, ma nessuno osava chiederglielo. Gli chiedevano come stava, cosa pensava della gara, nessuna domanda su che cazzo ci facesse lì.
Suo padre era morto quella settimana, come ha fatto a venire lo stesso?
So quanto fossero legati, ricordo quanto importante fosse il suo sostegno, era una figura positiva. Me ne rendevo conto anche io che non ci ho mai avuto molto a che fare.
I suoi amici più stretti erano Alex, George e Pierre, ma nonostante io non facessi parte del loro giro ho sempre notato quanto bello fosse il loro rapporto e quanto suo padre fosse in gamba e questo perché li invidiavo. Volevo io un padre così, un rapporto come quello.
Spesso Charles esagerava nel gareggiare contro di me e mandava a fanculo le sue gare, a volte non era primo e anche se Charles era incazzato e deluso, suo padre lo faceva sorridere e alleggeriva il suo umore evidenziando il lato positivo.
Era una persona in gamba, gliel’ho sempre invidiato anche se non eravamo amici. Non c’erano realmente rapporti fra noi e le nostre famiglie.
Però là a Baku ho pensato che stesse per sotterrare la sua carriera, appena ho saputo che sarebbe venuto lo stesso, perché come diavolo fa una persona normale a correre bene e lucidamente una gara quando è appena morto tuo padre? Da quello avrebbe scatenato un effetto domino.
Avrebbe fatto due gare disastrose, poi pentendosi di averci provato e fallito, avrebbe ceduto sotto il peso e la pressione del dolore per suo padre. Avrebbe sofferto il doppio rimproverandosi di doversene stare in casa, quella settimana, a vivere il lutto e la sofferenza per poi riprovarci più lucido dopo aver messo via tutto.
Come poteva pretendere di riuscirci senza nemmeno il tempo di piangere?
Invece non solo lui ha vinto il sabato, ma la domenica è arrivato secondo e ha fatto delle gare stratosferiche per il resto del campionato fino a vincerlo. È stato come se il suo livello fosse ulteriormente salito.
Non l’ho più seguito da quando ci siamo separati, ma l’anno scorso l’ho fatto per curiosità. Perché ero shoccato.
Come poteva riuscirci proprio nell’anno della perdita di suo padre?
Ricordo che gara dopo gara ero sempre più impressionato e colpito, non ci potevo credere.
So che è sempre stato bravo e dotato e sapevo che mi avrebbe raggiunto in F1 un giorno. Ricorderò per sempre le nostre gare nei karting, ma la verità è che quando ho saputo della morte di suo padre ho vacillato in questa mia convinzione.
Erano troppo legati, lui era troppo importante per Charles e Charles era troppo sensibile. Un ragazzo troppo normale, per quanto competitivo e bravo fosse a correre.
L’ho pensato nettamente, quel giorno.
Invece quest’anno è arrivato qua in F1 e fondamentalmente proprio grazie alla stagione pazzesca dell’anno in cui è morto suo padre.
Più ne parlano e più penso che sia incredibile.
Suppongo di essermi sbagliato su di lui. Forse dopotutto non era così normale e sensibile. O forse finché non subisci i veri traumi, non ti tempri. Il tuo vero carattere non esce.
Non è il suo primo lutto grave, come stanno ricordando in TV lui era grande amico di Jules Bianchi.
Chissà se quando lo rivedrò a Melbourne sorriderà come faceva da piccolo o avrà sempre e solo quei sorrisi forzati che gli ho visto addosso le poche volte che l’ho incrociato in questi ultimi anni?
Un sorriso che non è mai arrivato agli occhi che invece sono sempre rimasti seri.
Non so come avrei reagito io al suo posto, ma mio padre è sempre stato uno stronzo, il nostro rapporto era disastroso e forse un giorno lo capirò e lo ringrazierò se dovessi veramente vincere un mondiale, visto che tutto ciò che ha fatto è sempre stato esclusivamente per farmi diventare forte al punto da poter vincere un mondiale.
Se dovesse succedere realmente penso che lo ringrazierei, ma prima di arrivarci lo odio. Del resto ormai mi sono un po’ liberato da lui ed ora posso tollerarlo, viene sempre a vedere le mie gare e mi gira intorno come un moscone sulla merda, ma è comunque meno presente e protagonista di prima. Ha ancora un ruolo importante nella mia carriera e parla spesso per me, ma alla fin fine l’ultima parola ce l’hanno quelli del mio team e la Red Bull ed è quello che conta; così come il fatto che almeno a casa non lo vedo e posso gestire il mio cazzo di tempo libero come diavolo mi pare.
Ci ho già pensato altre volte, me lo ricordo bene. Non posso immaginare come reagirei se dovesse morire lui o se fosse morto nel momento chiave della mia carriera.
L’anno scorso Charles era in F2, era il campionato che avrebbe stabilito il suo futuro. Doveva distinguersi per ottenere un contratto in F1, essere nella Ferrari Driver Academy non garantisce al 100 % un contratto, ti mette sopra molti altri piloti, è vero, ma mio padre sosteneva che un programma così costoso non mi avrebbe preparato meglio di come ha fatto lui gratis. Gratis poi si faceva per dire, perché poi passava 365 giorni l’anno a ribadire quanto spendeva per me, convinto che erano tutti soldi buttati visto che non valevo niente.
Alla fine forse ha avuto ragione, chi lo sa. Contano i fatti ed i fatti dicono che sono in Red Bull in F1.
Chiudo la valigia dopo averla finita e controllo l’ora mentre in tv chiudono questo programma passando a qualche vecchia replica su qualche altro GP ed io spengo disinteressato, chiudendo così anche il tuffo imprevisto in Charles Leclerc che mi hanno fatto fare.
Sono contento di rivederlo e riprendere da dove ci siamo interrotti.
Adesso sì che ci divertiamo, anche se prima devo capire che genere di pilota è diventato, gareggiare contro di lui coi go-kart è un conto, con le monoposto è diverso e sono curioso, davvero curioso di vedere che combinerà in pista contro di me, sebbene mi rendo conto che c’è una certa differenza fra le nostre due macchine, per non parlare del fatto che appena si approda in F1 ci vuole sempre un po’ per ambientarsi, il primo anno non è mai buono, ma potrebbe stupire tutti.
Comunque scalerà in alto, ne sono sicuro. A prescindere da com’è ora, so che arriverà in alto anche qua ed io sono già pronto da diversi anni. Sorrido eccitato all’idea come se l’avessi già qua con me.
La vita sta per tornare ad essere interessante e mentre ci penso prendo al volo il telefono e le chiavi di casa fiondandomi da Daniel con un bisogno impellente.
Sarà alle prese con la valigia e conoscendolo preso male visto quanto è disordinato. Non che io sia meglio, ma che abbia finito o no adesso mi accontenterà un attimo o lo strozzo.
Quando mi apre Daniel ha una felpa addosso giallo acceso più grande di lui di diverse taglie e dei pantaloni enormi col cavallo alle ginocchia, il suo solito stile da strada. Si è sistemato i suoi splendidi ricci giusto oggi, in onore dell’inizio della stagione, mi aveva detto sarebbe andato a tagliarli un po’ anche se non mi dispiaceva versione selvaggia com’era.
Ridacchio perché si vede che è preso male.
- Non trovo la roba che mi hanno dato... quella della Red Bull, sai, le maglie e tutto il resto... quelle nuove di quest’anno... - Daniel grida isterico ed io lo seguo chiudendomi la porta alle spalle. La mia libido scende drasticamente mentre mi rendo conto che preso male com’è non mi sbatterà mai come volevo.
Beh, ‘mai’ è una parola grossa per me. Basta impegnarsi di più a stimolare...
- Ma come, ce l’hanno data il mese scorso, hai fatto solo i test, come hai fatto a perdere tutto?
Arrivo nella sua camera e mi fermo davanti alla porta perché è un campo di battaglia. Distinguo a malapena la valigia sul letto, per il resto ci sono letteralmente vestiti ovunque. Perciò non si tromberà qua, ma il salotto sembra salvo, non avevo visto roba là.
Ecco quali sono per me le cose importanti, specie ora.
Cerco disperatamente di rimanere aggrappato al senso d’eccitazione che mi aveva attivato. Non è facile averlo e farlo coincidere con il tempo giusto per trombare. A volte hai tempo ma non hai voglia oppure il contrario, hai voglia ma non hai un cazzo di minuto libero. Ora c’è tempo, voglia ma soprattutto il posto giusto. Casa è perfetta, specie perché viviamo soli. Quando poi si va per i GP il tempo e gli spazi li trovi ma devi diventare spesso creativo o aspettare di tornare in albergo, perché anche nelle nostre stanze private nei Motorhome non è che siano luoghi super sicuri. Meglio di niente, ma a volte ti inibisce sentire baccano in giro o la consapevolezza che potrebbero venire a romperti le palle da un momento all’altro per chissà che cazzo.
Daniel continua a spiegarmi perché non trova le cose nuove ed io mi ero disconnesso e non ho sentito, perciò annuisco fingendo d’aver percepito e compreso le sue parole. Lui però è preso dal suo dramma e si rituffa nell’armadio che ha sicuramente già svuotato a giudicare dal pavimento e non nota che non ho capito.
- Vabbè, non può essere lì, te l’hanno data un mese fa, Daniel. L’avrai tenuta fuori pronta all’uso!
Non sono famoso per essere ragionevole e pragmatico, ma non sono nemmeno caotico e disorganizzato come lui. Se facevo così quando vivevo con mio padre mi faceva volare fuori dalla finestra dopo avermi battuto come un materasso. E mi buttava dietro pure quello, per non farmi tornare in casa!
Daniel si alza di scatto sentendomi dall’Interno dell’armadio, ma prende uno scaffale e sbatte con la nuca, impreca ed ulula però esce massaggiandosi la testa. Mi guarda ripensando a quel che ho detto, fottutamente logico e sensato, e come se avesse un illuminazione mentre ci pensa, annuisce.
- Ma sai che potresti avere ragione?
- Perché lo dici così stupito? Capita che io abbia ragione, sai? - rispondo stizzito mentre mi ignora uscendo dalla camera, a questo punto attacca il soggiorno, non tanto più ordinato ma meno peggio, forse.
Si ferma con le mani ai fianchi e le gambe divaricate, si guarda intorno sorvolando il mobilio e i vari grumi di roba non identificata e poi si illumina vedendo su un mobile una montagnetta sospetta perché effettivamente sembra troppo alta.
Afferra quel che c’è sopra, delle coperte penso, le lancia dietro di sé e finalmente si rivelano i sacchetti trasparenti con gli abiti piegati della Red Bull che ci hanno fornito poche settimane fa.
Daniel alza le braccia al cielo esultando come se avesse vinto un GP ed io rido.
- Visto? Adesso merito un premio e mi trombi?
Passo subito al sodo, ovvero al motivo per cui ero qua. Appena mi sente, Daniel si gira di scatto verso di me, mi viene incontro come una molla e mi afferra per la faccia. Poco prima di stamparmi la bocca sulla mia, pazzo di gioia per aver trovato degli stupidi vestiti, mi risponde contento: - Certo che ti trombo, meriti tutto il mio cazzo, vieni qua!
Con questo mi afferra e mi abbraccia forte spingendomi verso il divano con un entusiasmo da schizzato che mi fa ridere un sacco. Mentre finiamo a rotolare sui cuscini e su chissà cos’altro, le nostre voci si sovrappongono e da divertite si fanno via via sempre più eccitate mentre ci liberiamo dei vestiti e prendiamo possesso dei nostri corpi.
L’eccitazione torna presto a salire e con la sua bocca che scende sul mio collo e poi giù verso il centro del mio piacere, mi inarco e chiudo gli occhi in attesa di quello per cui ero venuto.
Mentre mi succhia il cazzo, mi torna in mente il motivo per cui ero finito così su di giri tanto da cercarlo ed il volto di Charles arriva inspiegabilmente e a tradimento. Un bel volto, maturato rispetto a quando eravamo bambini, sempre curato e grazioso.
Chissà se anche la sua bocca saprebbe farmi godere così!
Mentre lo penso, per poco già vengo e devo fermarlo tirandogli i capelli per impedirmelo.
- Sbrigati, sbrigati che non ce la faccio... - ansimo prendendomi le gambe su verso il petto. Lui ridendo roco ed eccitato, totalmente ignaro di cosa mi abbia fatto accelerare tanto, si lecca la mano, se la strofina addosso per poi scivolare subito in me così come mi piace.
Veloce e senza fare i preziosi. Calore, eccitazione, i fuochi d’artificio.
Il piacere presto si espande e con lui che si muove in me, il mondo sparisce facendomi dimenticare tutto, specie ciò che ancora non va della mia vita.
Finalmente è ora di godere, godere sempre, tutte le volte che voglio. Godere al punto da dimenticarmi anche come mi chiamo. Proprio quel che ho sempre sognato.
Il benessere psicofisico fluisce in ogni cellula del mio essere ed in poco mi perdo. Non voglio altro, in questo momento. Sto semplicemente bene così, finalmente.
- Hai sentito di Leclerc?
La domanda di Daniel durante un volo per niente corto verso la sua terra natale, mi arriva inaspettatamente.
Anche se viaggiamo su un aereo privato, non siamo soli poiché nessuno di noi due si sposta mai realmente da solo, altro motivo per cui ci tengo a soddisfarmi quando siamo a casa.
Comunque siamo seduti vicini nei sedili più comodi di tutti, naturalmente, e non potrei stare meglio in ogni caso.
Stavamo selezionando qualcosa da guardare durante il volo e mentre stavamo guardando i titoli che per me erano uno uguale all’altro per quanto me ne intendo, lui se ne è uscito così come se avesse senso.
Per poco non mi è andata di storto la saliva.
Normalmente non mi farebbe né caldo né freddo, ma ieri sera quando ho trombato con lui ho pensato assurdamente a Charles e non era mai capitato, ma sono quasi venuto. È stato dannatamente bello, nel complesso, come sempre, ma è stato strano pensare a lui in quel momento.
Lo scruto per capire il motivo di questa domanda. Non abbiamo mai parlato di Charles se non un vago cenno quella volta che è morto suo padre l’anno scorso. Forse ha pensato che fossimo amici e che io fossi colpito da quel fatto per questo.
Non ne ho voluto parlare per nulla e lui si deve essere fatto i suoi film, tanto più che è uno che gli piace vederne infatti è sempre lui che mi propone titoli che a me vanno bene perché tanto non ho mai avuto gusti in merito.
Con mio padre non c’era mai tempo per gli hobby. La prima volta che Daniel mi ha chiesto che cosa mi piacesse guardare, io ho detto la Moto GP o le gare di F1. Al di là di quello non sapevo cosa dire, perciò poi lui ha iniziato a farmi vedere quel che secondo lui meritava ed adesso detiene il telecomando, come si suol dire. Che nel nostro caso è un computer portatile. Il suo.
A questo proposito mi viene in mente quando gli ho detto che non ascolto musica e che non ho gusti in merito, l’espressione che ha fatto mi fa ancora ridere. Pensava scherzassi, poi che bestemmiassi.
Con quella non ha avuto molto successo perché non credo mi colpisca particolarmente. Gli dico sempre che mi va bene ciò che mette, può mettere anche ciofeche che gli dico ‘ok’ alzando le spalle generico. Ad un certo punto mi ha mandato a cagare e visto che gli davo più soddisfazione con i film e le serie TV siamo passati a quelle.
- Cosa? - chiedo tornando alla sua domanda, riscuotendomi dal mio breve ma velocissimo trip.
Daniel continua a scartabellare il suo archivio super fornito, penso che scarichi letteralmente qualunque cosa non avendo l’accesso a internet in volo.
- Che è passato alla F1, è in Sauber quest’anno!
Annuisco contenendo l’entusiasmo che ho provato la prima volta che ho sentito la notizia. Ero sinceramente contento, più di quel che avrei dovuto o che sarebbe stato normale. Ricordo che mio padre brontolò dicendo ‘ecco che ricomincerete a buttarvi fuori pista come due idioti! Giuro Max che se non ti dimostri cresciuto e non la pianti con quelle stronzate, te ne do tante che non ti siedi per una settimana!’
La cosa mi ha fatto ridere, ma non ho osato. Me l’ha detto a dicembre, ho vent’anni, che cazzo vuole darmi?
- Sì, ho sentito. Sono contento che ci sia riuscito, ma sapevo che ce l’avrebbe fatta. Se ce l’ho fatta io, era impossibile che lui non ci riuscisse!
Daniel sembra infine illuminarsi su un film o una saga, non saprei perché non me ne intendo, ma leggo dei numeri accanto perciò potrebbe essere una saga.
- Oh, questo ti piacerà! - prova a spiegarmi di cosa si tratta e proprio quando penso che si sia dimenticato di cosa parlavamo col suo classico ADHD, prima di partire col play, si gira verso di me e parte con un’altra domanda su Charles, come niente fosse.
- Correvate insieme? Penso avete la stessa età, giusto? Solo che tu sei venuto prima di lui in F1... - praticamente si è fatto le ricerche da solo per capire come mai la notizia su suo padre mi avesse turbato tanto.
Faccio finta di essere scemo, ridacchio fra me e me e mi metto comodo allungando le gambe davanti a me che sollevo appoggiando nella parte del sedile che si solleva per far stare i viaggiatori più comodi.
Alzo le spalle fingendo più indifferenza di quel che forse sarebbe normale in un caso come questo.
- Sì, nel karting. Non andavamo per niente d’accordo perché ci dividevamo le vittorie di tutte le gare e spesso ci buttavamo fuori a vicenda. Però era divertente. Quando siamo passati alle monoposto abbiamo corso in categorie diverse ed abbiamo entrambi vinto molto di più!
Per lo meno io, non so precisamente come sia andata la sua carriera dopo di me, ma visto che a me è andata bene, penso che anche a lui sia andata per forza altrettanto.
Daniel ascolta quel che mi sono deciso a condividere con lui alla leggera e lanciando un’occhiata agli altri con noi, ognuno per conto proprio in altri sedili o a leggere o a guardare altre cose, chiude le luci sopra di noi e abbassa i finestrini degli oblò per poi prendermi la mano. Io sorrido sentendo il consueto calore che mi fa piacere.
È così romantico che non so come fa, ma mi piace che lo sia. Io non ci riesco, ma non lo allontano quando ha questi slanci. In realtà mi piacciono, è come se mi passasse un po’ della sua umanità perché penso di non averne di mio. Mio padre non me l’ha insegnata e si è separato da mia madre troppo presto. Se avessi vissuto con lei, forse, mi sarei salvato, ma andando con lui perché doveva farmi diventare un pilota, mi ha proprio fottuto.
- Vi divertirete un sacco, allora, quest’anno!
La sua conclusione è la stessa che ieri mi aveva fatto eccitare troppo, ma non è il caso di saltargli addosso come ho fatto ieri.
Un lieve sogghigno si forma nelle mie labbra e mi metto comodo scivolando in sotto nel sedile, piegandomi di lato verso di lui. Non posso appoggiare la testa alla sua spalla, sarebbe troppo, ma va bene così. Il film inizia e il mio cervello si spegne dandomi la piacevole sensazione di essere normale, per una volta. Un film, il mio ragazzo, un lungo volo e le nostre mani allacciate. È proprio bella, la vita. Non l’avevo capito prima di lui.”
Notes:
non so di preciso chi sarebbero quelli con cui viaggiano, ma so che non si viaggia quasi mai da soli. Penso che normalmente siano familiari e amici che li accompagnano e magari assistenti personali chi ne ha, però non sono sicura ed ho voluto essere generica. So che Jos accompagnava Max ma non proprio ogni gara e non sempre per tutte le giornate, oltretutto che a quel tempo si muovessero con l’aereo privato di Daniel è vero.
Max ha sempre detto di non avere il gusto per la musica, perciò ho voluto fare che prima di Daniel non l'avesse nemmeno per altri hobby normali e che fosse stato lui ad ‘iniziarlo’.
La prima parte va per la conoscenza e l'approfondimento dei personaggi e del loro background iniziale, ci sono diversi capitoli che non sono utili ai fini della storia di per sé, ma che sono importanti per rendere meglio loro e la situazione. Se tardo nella pubblicazione, avverto nella mia pagina, comunque i capitoli sono scritti perciò che sia in 4, 5 o 6 giorni, arrivo sempre. Alla prossima. Baci Akane
Chapter Text
7. VIVERE COL FRENO
/Charles/
“Il sole squarcia l’oscurità del cielo oltre l’orizzonte. Il primo raggio rosa-d’oro splende fendendo il blu che ormai era via via sempre meno intenso.
Ho visto altre albe, ma dall’aereo è la prima volta.
Mentre il mezzo vola verso Melbourne, guardo fuori dall’oblò con occhi assonnati e sognanti insieme. L’emozione mi prende allo stomaco sostituendosi ben presto all’ansia per il decollo a cui non mi abituerò mai, nonostante non mi piaccia volare il sole che sorge rende spettacolare il paesaggio da quassù e non posso che rimanerne estasiato.
Inevitabilmente il pensiero vola a loro e i nervi un po’ tesi finiscono per rilassarsi.
Ciao papà, ciao Jules. Siete qui con me, eh? È proprio un bel regalo, non me l’aspettavo.
Non posso che pensare a voi mentre l’areo viaggia in un alba splendida, verso la mia nuova avventura, verso il sogno che ho tanto desiderato sin da bambino, quando sul balcone di casa mia guardavo le macchine di F1 sfrecciare sulla pista di Monaco.
Ricordo la mia fedele macchinina rossa con cui giocavo ogni volta che guardavamo il GP insieme. Abbiamo iniziato a sognare insieme, papà.
Il mio primo sogno è stato vedermi su quelle macchine grandi là sotto e vincere quella gara cittadina. Sognavo di farlo su una macchina rossa, quella che avevo in mano. Perché sapevo in qualche modo che le macchine rosse erano sempre le più forti.
I ricordi prendono il sopravvento per un momento e con essi l’emozione mi coglie allo stomaco che si contrae, prima che questo possa risolversi in qualche bruciore d’occhi o peggio, prendo dei respiri profondi, mi concentro e mi controllo prima che i sentimenti prendano il sopravvento. Sarebbe fuori luogo.
Non si piange più, non è concesso. È dal giorno della sua morte che non piango, avevo promesso che sarei stato forte per fare sempre tutto il necessario, soprattutto per ottenere i risultati per cui ti sei sempre dato tanto da fare. Per realizzare il nostro sogno.
Adesso sono approdato nella massima categoria, ho finalmente messo entrambi i miei piedi in F1, ho un contratto con un team minore, ma farò tutto quel che devo per arrivare in quello che conta, quello che desideravamo entrambi.
Te l’avevo anticipato quel giorno, quando sapevo che saresti morto.
Ti avevo detto che avevo firmato per la Ferrari, per ora sono con la Sauber, la mia bugia è tale per metà, ma io so che era solo un’anticipazione, non una bugia.
Lo sai anche tu.
Perciò non si piange, non ci si fa prendere dalle emozioni, quelle ti fanno sbagliare, non servono a fare bene.
Da oggi sei ufficialmente grande, Charles, e non solo perché hai 21 anni, ma perché non ci sarà un’altra occasione per arrivare laddove hai promesso e sempre desiderato essere. Da qui se sbagli sei fuori e non ci tornerai più, perciò vedi di rimanerci. Non ci si ferma, hai capito? Non si può.
Appena metto piede giù dalla macchina, una volta arrivati all’albergo, vengo sopraffatto da un’ondata di calore parzialmente provocata dall’afa e dal caldo dell’Australia, ma non si tratta solo di questo o del jatlag che probabilmente subirò per tutto il giorno.
È il mio primo approdo in una settimana di gara di F1.
Poseremo le valige e le nostre cose, ci sistemeremo nelle nostre camere e poi saremo liberi per il resto della giornata poiché domani si comincia con gli impegni vari. Non vedo l’ora di girare per Melbourne, è la mia prima volta e sono eccitatissimo. Siamo arrivati un po’ prima perché è una consuetudine, ma in questo caso sono iper felice anche se forse da fuori non si direbbe.
Lancio un’occhiata al mio migliore amico promosso ad assistente personale, Joris. Se non avessi lui penso che sarei veramente perso, ma per fortuna sono in più che buone mani e mi fido di lui. Oltretutto basta che esprimo un desiderio e lui me lo realizza. Gli avevo detto che volevo girare un po’ per la città ed ha già fatto un programmino ben pensato in modo da non stancarmi troppo. Ovviamente ci muoviamo sempre con Andrea, il mio personal trainer che è anche ormai la nostra terza parte. Se c’è Joris, c’è anche Andrea, sempre e senza eccezioni.
Ci affianca con il resto delle valige e ci fa un cenno per farci sapere che è pronto, così io e Joris ci scambiamo un’occhiata carica d’eccitazione che si nota alla perfezione nonostante le nostre lenti scure. Ci sorridiamo, ci facciamo un cenno e con un enorme sospiro ci avviamo verso l’ingresso dell’albergo dove molte altre persone entrano con noi.
Appena mettiamo piede dentro, ci fermiamo spaesati notando la quantità abnorme di gente che è arrivata da poco come noi, molti in attesa di essere ricevuti, altri che si avviano. Diversi gruppetti si formano, qualcuno ha le maglie con gli sponsor del proprio team, altri sono in borghese al momento.
Rimango spiazzato dal mio primo ingresso che è tanto simile a quello delle giornate dei test. Per fortuna ho avuto quelli altrimenti sarei ancor più disorientato.
Mi ci vuole un po’ e sento Joris e Andrea prendere in mano la situazione, probabilmente capiscono che sono un attimo perso.
Mi dicono di aspettare qua che vanno a prendere le camere, così io annuisco senza rendermene conto ed estraniato mi guardo intorno cercando di individuare quelli del mio team o qualche altro viso noto.
Il primo che mi viene in mente è Pierre, lo cerco ma non lo trovo. Anche lui inizia con la Toro Rosso in modo ufficiale. È bello iniziare in F1 insieme, non ci avevamo mai realmente sperato, ma entrambi sapevamo che ci saremmo riusciti. Ora il più sarà rimanerci e salire in alto. Lui non è ambizioso e fanatico come me, perciò è probabile che si divertirà molto più di me.
Pensando a lui, mi vien da sorridere e mi accorgo che mi sto rilassando. Probabilmente non è ancora arrivato, ma è così caotico qua che potrei non notarlo o magari è già in camera. Sto per scrivergli quando individuo alcuni dello staff della Sauber, perciò sto andando da loro, ma una voce fin troppo familiare mi raggiunge alle spalle.
È roca e graffiante e non particolarmente potente e squillante.
Ormai la riconosco, non è come la prima volta che l’ho rivisto dopo la nostra adolescenza.
Davvero? Su tutti gli hotel, dovevamo scegliere lo stesso? Quante possibilità c’erano? Per la verità non lo so bene, perché è il mio primo GP in F1, ma so che tendenzialmente gli hotel gettonati dai piloti e dai team sono sempre gli stessi, ma non ce n’è mai solo uno. Insomma, c’è la possibilità che qualcuno vada in hotel diversi. Noi no, ovviamente. Per fortuna so che Pierre sarà in questo.
Oddio, è anche l’hotel più vicino al circuito perciò era abbastanza ovvio. Penso che troverò anche altri piloti o molti di loro.
Mi giro consapevole di chi è la faccia che mi ritroverò davanti e quando vedo che Max addirittura sorride, io rimango spiazzato.
Sembra davvero contento di vedermi, non penso che sia uno bravo a fingere, ricordo che è sempre stato diretto e spontaneo. Forse non molto allegro e solare, ma in realtà non ho a che fare con lui da quando ci siamo separati a sedici anni. La F1 può averlo cambiato.
- Ehi Charles! Sei arrivato! - mi parla come se fossimo amici di vecchia data e fossimo abituati a parlare, io però lo guardo perfettamente consapevole e con la memoria che funziona bene. Non siamo mai stati amici, che cazzo c’ha da parlarmi? Chi gli ha detto di prendersi tutta questa confidenza?
- Ti avevo già visto ai test ma non avevo avuto modo di salutarti! Pensa che caso incontrarci ora! Allora, sei emozionato?
Oddio ma quanto parla? Non lo facevo così chiacchierone. Ricordo qualche conversazione pseudo-piacevole con lui da adolescenti, ma niente di degno di nota. Insomma, avremo riso insieme forse l’ultima volta che ci siamo visti al go-kart; perché mi parla con tanta felicità, ora?
Dunque è vero che la F1 ti cambia. Nel suo caso, quanto meno, è vero.
A parte che è cresciuto nell’aspetto, i lineamenti si sono fatti un po’ più adulti rispetto all’ultima volta che l’ho incrociato, che non ricordo nemmeno quando è stato. Proprio mentre sto per rispondere qualcosa composto giusto per gentilezza e per zittirlo, mi viene in mente quando è stato.
Quando era morto mio padre. Baku 2017, l’anno scorso.
Il flash mi colpisce come un pugno allo stomaco. Serro i pugni che infilo in tasca per mantenere il sangue freddo. Non fare espressioni, non esprimere niente, Charles. Sii adulto.
Faccio un cenno con le labbra che non arriva agli occhi, me ne rendo conto mentre lo faccio, ma ormai è il mio sorriso tipico. Non è niente di personale. Sì, non ho il miglior ricordo di te, anzi, so che ti chiamavo stronzo, fra me e me. Adesso possiamo sotterrare l’ascia di guerra, anche se dipende da come ti comporterai in pista e se hai imparato a guidare nel frattempo. Magari farti seguire da professionisti della Red Bull piuttosto che da tuo padre ti ha calmato.
- Sto bene, grazie. Vedremo quando scendo in pista. Per il momento sono contento. Tu stai bene? - devo chiederlo, lo so che si fa così in questi casi. Ma sento la mia stessa voce come se mi venisse da fuori. Non ho nemmeno un briciolo di inclinazione entusiasta e lui se ne accorge, infatti con una delusione fin troppo spontanea, si spegne. Sicuramente pensa che ce l’ho ancora con lui.
Non è che mi sia mai realmente passata, ma siamo cresciuti, siamo in F1, dobbiamo archiviare il passato e andare oltre. Adesso ho cose più importanti che darti lezioni di corse, caro Max.
- Bene, grazie. - risponde spiazzato dalle distanze siderali che sto mettendo.
Sta pensando a cosa dire e mentre lo fa mi chiedo perché dobbiamo per forza conversare. Che cazzo ce ne frega, si può sapere? Nessuno di noi lo vuole. Forse lui lo voleva, magari, o schietto com’è non mi avrebbe salutato per primo, ma se vedi che non c’è la spinta è inutile insistere.
Fortunatamente noto Esteban nel gruppo poco più in là e accendendomi in sua direzione lancio un’ultima occhiata a Max ancora qua davanti a me.
- Ci si vede in giro, allora... - dico infine. Lui annuisce con un sorriso ben più forzato di prima e così entrambi ci avviamo verso altri piloti. Lui va da Daniel, mi pare, io mi aggrappo con gioia ad Esteban, un mio vecchio conoscente di cui sono decisamente molto più amico di quanto lo sia di Max.
Fortuna che l’ho visto, così mi ha salvato. Pierre, perché diavolo osi fare tardi? Dovevi essere qua anche tu, se eri qua mi salvavi da quell’imbarazzante conversazione forzata. Tu hai la parlantina sciolta, sei uno da pubbliche relazioni e non perché sai che si devono fare, ma perché ti piacciono proprio.
Mentre penso a lui, mi infilo in una ben più piacevole e scorrevole chiacchierata con il mio amico Esteban, parliamo in francese e l’entusiasmo in me si riaccende un po’, anche se ormai sempre ben controllato e limitato.
Sento da solo che i miei occhi non si uniscono mai alla mia bocca, quando sorrido o quando scherzo. Lo so da solo, ma penso che i miei occhi siano rimasti con mio padre in cimitero.
La sensazione di essere spaesato va definitivamente via quando si presenta davanti alla mia porta Pierre. Avevo capito che era lui già dal suo bussare frenetico come uno scoiattolo impazzito, infatti appena ho aperto mi sono preparato all’impatto e lui mi è planato addosso abbracciandomi di slancio gridando al colmo di gioia.
Certe cose le permetto solo a lui, ma per fortuna mi lascia subito per poter saltellare per la mia camera come una pallina del flipper, va da una parte all’altra della stanza gridando non capisco cosa, poi esce col suo fiume di parole nel terrazzo da cui si gode di una splendida vista su Melbourne in un mattino di sole che ti fa venire allegria e voglia di andare al mare. In generale non mi piacciono gli abbracci, ma se ci sono le circostanze o se sono nel mood va bene. Oppure se provengono da Pierre.
- Siamo in camera da soli, Charles! E siamo sullo stesso piano, possiamo vederci quando vogliamo! È una figata pazzesca! Non devo condividere la camera con nessuno, pensavo che fosse come nelle altre categorie che condividevi qualunque cosa col tuo compagno di squadra! Qua siamo soli e gli hotel sono stratosferici! C’è la piscina, la sauna, un ristornate che non vedo l’ora di provare!
Pierre continua a parlare in fretta correndo, sprizza felicità da ogni poro e mi contagia. Non provo nemmeno ad inserirmi, lascio che continui sedendomi sul letto mentre lo guardo come farei con una sit com. Mentre lui sragiona, io mi beo con questa piacevole sensazione di casa. Mi sento subito meglio e capisco che posso farcela.
Ero preoccupato perché temevo che la tensione mi attanagliasse, avevo pensato tanto a come comportarmi qua, so precisamente come voglio essere.
Adulto, professionale. Devo scalare le posizioni in fretta, arrivare in alto, in cima. Devo farmi notare dalle compagnie che contano, diventare prima guida, vincere.
Ho le idee chiare su quello che devo fare e che voglio, ma appena arrivato mi sentivo perso e non volevo farlo capire a Joris o Andrea, non voglio preoccuparli e comunque non voglio dare a nessuno l’idea del ragazzino. Sono adulto, devo fare l’adulto. Essere giovani e appena arrivati non conta.
Poi Pierre mi ha restituito la mia tranquillità mentale.
- Ci pensi? È la prima volta che siamo nella stessa categoria! È pazzesco, Charles! Non riuscivo ad immaginare come sarebbe stato, ma sapevo che un giorno ce l’avremmo fatta insieme!
Finalmente si calma buttandosi sul letto dove sono io, solo che lui si stende come se fosse il suo. Io mi giro sorridendo divertito.
- Sono contento anche io, sapevo saremmo arrivati entrambi qua. - rispondo molto più calmo di lui. Sono obiettivamente contento, ma penso che come al solito non lo sto dimostrando, tuttavia lui mi conosce bene e non mi pressa su questo discorso.
I miei fratelli o mia madre tendono sempre a stimolarmi e spingermi a lasciarmi andare alle emozioni, ma faccio ciò che mi sento. Più mi dicono di lasciarmi andare, meno ci riesco. So di cosa parlano, so cosa sembro da fuori, ma non mi importa. Non posso forzarmi. Non è che non voglio, non arrivo ad essere espansivo, ridere, chiacchierare, fare baccano e chissà cos’altro. Ma ho Pierre che lo fa per me e sono contento, davvero contento che non mi chieda anche lui di dimostrare meglio la mia felicità.
Mi guarda con attenzione calmandosi un attimo, sicuramente pensa proprio a questo, ma per fortuna non dice nulla. I suoi occhi chiari sono quasi trasparenti e parlano molto bene anche senza le parole, nel raro caso in cui decida di non farlo.
È bello stare con lui. È facile.
- Andiamo a fare un giro? Magari troviamo qualche pilota famoso!
È così carico di speranza che se gli dicessi di no penso che mi sentirei in colpa per sempre, ma alla fine mi lascio contagiare ed accetto di buon grado la proposta.
Non abbiamo nemmeno messo piede completamente fuori dalla camera, che Pierre si blocca improvvisamente piantandosi, gli vado naturalmente addosso e mi lamento, ma mentre lo guardo per capire che ha, mi afferra con una certa forza il polso ed inizia a tremare teso come una corda di violino. Preoccupato, scruto il suo viso ed i suoi lineamenti sempre deliziosi e piacevoli, ora sono trasformati in una statua di pietra che rappresenta il panico.
- Pierre?
Dato che non mi risponde, guardo la direzione del suo sguardo e quando vedo che punta una figura familiare, mi metto a ridere nascondendo la faccia contro la sua spalla. Solo lui riesce a farmi ridere, anche se presumo di risultare grottesco perché sento gli occhi immobili come sempre.
Nemmeno me ne curo.
- Lewis Hamilton. - gli sfugge ad alta voce e con uno stridio isterico da ragazzina in calore, a questo sto per tirarlo dentro cercando di salvargli la faccia, ma non faccio in tempo. Lewis che era in fondo al corridoio in attesa di entrare in ascensore, si gira sentendo coi decibel di Pierre il proprio nome. Lo vede e da lontano gli sorride riconoscendolo.
Pierre stringe ancora di più spasmodicamente il mio polso che a momenti mi rompe, mi lamento ma è come se non dicessi nulla.
Alza l’altra mano e la scuote ricambiando il saluto, non riuscendo a dire nulla.
- Se ti muovi riusciamo a salire in ascensore con lui, così ci parli! - propongo con la mia solita logica, ma Pierre è piantato come un pero qua e se si muove sviene, è di mille colori in faccia e non si sposta tanto che non riesco a protendermi fuori per salutare il suo idolo, cosa che mi sarebbe piaciuto fare. Sto per usare la forza bruta e spingerlo con decisione, quando dall’altro lato del corridoio un’altra voce chiama proprio Lewis ed è familiare anch’essa.
Qua sono io che spalanco gli occhi, ma pure Pierre squittisce qualcosa di incomprensibile, suppongo il suo cervello abbia perso la funzione della parola.
Infilo di nuovo la testa fra questo scarso spazio che sta fra Pierre e lo stipite della porta e guardo Sebastian Vettel camminare nel corridoio per raggiungere l’ascensore e Lewis.
Vedendoci, ci sorride solare salutandoci. La prima cosa che noto sono i suoi occhi, penso che sia difficile non notare un blu così intenso.
La sua maglietta della Ferrari attira la mia attenzione dopo gli occhi che mi ricordano inevitabilmente quelli di Max che comunque sono di una sfumatura più cupa.
Seb si ferma davanti alla nostra porta e tende la mano per salutarci con la sua tipica gentilezza che ormai è leggenda, così come è leggendario Lewis.
- Prima stagione in F1, eh? - dice sapendo perfettamente chi sono i nuovi rookie della F1. Pierre è ancora piantato, la sua stretta è tremolante e non di quelle convulsive, io allungo la mano destra che per fortuna non è quella che Pierre mi sta stritolando e per come siamo messi sembra che io stia abbracciando questo demente che non si sposta. Chissà che diavolo penserà, Sebastian?
È il pilota della macchina dei miei sogni. È il primo pilota della Ferrari, non posso dimenticare la previsione che feci a mio padre in punto di morte.
‘Ho firmato per la Ferrari’, gli dissi.
Se succedesse sarei magari il suo compagno di scuderia.
Il sogno mi parte con una prepotenza inaspettata, ma Lewis lancia un fischio dall’altro lato che a momenti spacca tutti i timpani. Complimenti anche per il fischio, ma so come sempre controllarmi bene.
Avevamo entrambi già incontrato sia Sebastian che Lewis, così come altri piloti come per esempio Fernando e Kimi, ma erano sempre cose un po’ veloci che coinvolgevano degli eventi in comune, non era capitato poi così tanto e adesso è diverso.
Siamo entrambi piloti della stessa categoria.
Correremo contro di loro, è pazzesca questa considerazione. Ha la potenza di un defibrillatore. Per me, per lo meno. Pierre penso sia ancora morto, nemmeno una carica a 300 lo aiuterebbe a tornare.
Loro sono praticamente i suoi due idoli, di Lewis è proprio innamorato, mentre di Seb ha un’altissima ammirazione.
Seb fa un cenno a Lewis come a dire che arriva, poi ci saluta con la sua tipica gentilezza.
- Mi raccomando, carichi eh?
È bello che abbia voluto dirci qualcosa, non era tenuto nemmeno salutarci e stringerci la mano.
Si distingue dal primo istante in cui lo incrocio e non so se sono solo io che voglio vedere ciò che desidero, o se veramente provo qualcosa di diverso nell’incontrarlo, ma sento che questo è un incontro del destino.
Non sono sognatore fino a questo punto e so che probabilmente è solo la mia grande speranza di finire in Ferrari e di conseguenza con lui, ma spero che sia vero.
Spero che sia un incontro del destino.
Lui va oltre e raggiunge Lewis il quale tiene aperto l’ascensore e l’aspetta con un’espressione buffa che non gli avrei mai associato. Lewis in pubblico ha sempre un’aria controllata e composta, un po’ come tendo ad essere io. Io e Pierre spuntiamo dalla porta aperta come due pessime spie e li guardiamo, per farlo gli sono completamente addosso, ma questa cosa non me la potevo perdere.
- Se ne vanno via insieme... - sussurro sorpreso.
Seb saluta Lewis con uno splendido sorriso ed un’occhiata davvero affettuosa se non addirittura dolce. Lewis ricambia alla stessa maniera, Seb gli tocca la nuca con fare familiare e scherzoso e mentre entrano nell’ascensore sparendo alla nostra vista, Pierre dà voce alla mia stessa impressione.
- Sono bellissimi insieme!
Non l’avrei mai detto poiché non è una cosa da me notare certe cose, ma ha ragione. Sono proprio belli insieme. L’impressione che ho avuto guardandoli in questo lasso è stato strano. Come se qualcosa li legasse, come se ci fosse un’alchimia diversa. Te ne accorgi, in certi casi, non so spiegarlo come e non ho termini di paragone specifici. Forse io e Pierre potremmo dare la stessa impressione, qualcosa che va oltre il buon rapporto o l’amicizia. Un’alchimia diversa.
È qualcosa che quando lo vedi, lo noti.
- Ma non erano in rottura? - ricordo una polemica scaturita proprio dopo Baku 2017. Ero fuori di me quel weekend, ma ricordo che ci fu qualcosa fra loro che si è protratta nelle gare successive e tutti erano convinti che avrebbero preso ad odiarsi apertamente, che il loro rapporto si fosse rovinato.
Insomma, non sono mai stati amici come Lewis e Nico Rosberg, la coppia d’amici poi nemici più famosa del mondo e della storia della F1, probabilmente, però Lewis e Seb erano sempre andati d’accordo. Era difficile non sapere qualcosa di loro, hanno vinto 8 mondiali in due, se sei un fanatico di F1 sai tutto dei campioni del momento, è inevitabile se ne parli un sacco.
Ricordo che proprio dall’anno scorso avevano detto che ormai i rapporti fra loro erano tesi, poi onestamente non mi sono più interessato perché è stato un anno difficile per me e anche se seguivo, era sempre con mezzo cervello. Sicuramente Pierre sa tutto.
- Sì, dopo Baku avevano litigato, ma poi improvvisamente ad un certo punto sono tornati più amici che mai, anzi! Oddio, non sai quanto sono contento di vederli così legati! Alzo un sopracciglio scettico alla conclusione di Pierre tutto felice e sognante. Sospiro di sollievo perché si è sbloccato, temevo di dover chiamare un medico, ma finalmente mi lascia così sguscio fuori dalla camera tirandomi la porta alle spalle che si chiude.
Quelli avevano poco di due amici, poi magari è stata una mia impressione e sono impazzito.
Evito di alimentare il suo spiccato romanticismo ed il suo enorme senso del gossip e lo precedo verso l’ascensore che hanno appena preso i suoi due Dei.
- Dai, andiamo a cercare Stoff ed Esteban!
Quando li nomino Pierre si illumina e annuisce, ma appena entra in ascensore inizia ad annusare in modo imbarazzante l’aria che effettivamente è ancora fortemente profumata. Presumo sia Lewis che ora farà a pugni con questo dolcissimo di Pierre con cui fa sempre il bagno.
Io lo guardo, lui continua ad annusare sognante con gli occhi chiusi, io mi allontano e scuoto la testa perplesso sperando di non venire contagiato dalla sua follia.
Che poi lo invidio, vorrei essere spontaneo come lui, godere di tutto, piccole e grandi cose, sempre ed in ogni circostanza senza frenarmi di continuo e pensare a cosa va bene o cosa no. A volte nemmeno ci penso. A volte sono frenato e basta ma se mi chiedono perché non saprei rispondere.
Perché vivo con il freno?”
Notes:
È vera e risaputa la storia di Charles da piccolo che guardava il GP di Monaco dal suo balcone, col padre e la macchinina rossa in mano sognando di correre in F1.
Ho voluto accentuare l’astio di Charles verso Max, non so se in quel momento fosse già così infastidito da lui come sappiamo che sarà ad un certo punto delle gare, ma ho deciso di fare così.
Non ho mai volato in Australia, perciò non so minimamente come funzioni un volo Monaco-Melbourne, so che i piloti partono sempre mattina prestissimo e che c’è un considerevole fuso orario, ho provato ad immaginare ma per la verità non ne ho idea.
È vero anche che Charles ha paura di volare.
So che i piloti usano tendenzialmente gli stessi hotel ma spesso ci sono comunque più scelte e non è detto che capitino tutti insieme, io per ovvie ragioni ho fatto che succede.
I problemi fra Pierre ed Esteban non ho capito a quando risalgono, so che erano amici d’infanzia e che hanno corso molto nelle stesse categorie allenandosi spesso insieme e so che ad un certo punto hanno iniziato ad avere problemi che loro hanno sempre definito ‘divergenze d’idee’, ma non sono sicura a quando risalgono nel dettaglio. Comunque è un’altra delle cose che ho voluto ‘usare’ nella fic ed uscirà più avanti.
Seb e Lewis (ma più Seb in realtà) sono delle entità che appariranno di tanto in tanto, a volte saranno più presenti e magari con ruoli più incisivi, altre ovviamente di meno. Perché Seb è il mio Dio, non ci posso fare niente.
A proposito di Dei, è vero che Pierre è innamorato di Lewis, è sempre stato il suo idolo e ammira tanto anche Seb.
Grazie a chi legge e commenta, sono contenta di sapere che piace ed interessa. Alla prossima. Baci Akane
Chapter 9: Un giorno
Chapter Text
8. UN GIORNO
/Max/
“Non era scontato che ci ritrovassimo nello stesso hotel anche se trattandosi di questo era altamente probabile. È il più comodo a livello di location.
Comunque non so perché quando lo vedo mi sento sempre felice ed entusiasta, forse per quel che dicevamo l’altro giorno con Daniel.
È stato il mio rivale, l’unico anzi, della mia infanzia ed adolescenza. Mi ha rotto così tanto le palle in pista che quando ci siamo separati facendo ognuno la propria strada (letteralmente), mi sono reso conto il valore che aveva.
Nessuno a contrastarmi e a rendere interessanti le gare che vincevo fin troppo facilmente.
Mio padre avrà avuto metodi poco ortodossi, ma alla fine il risultato è quello che conta. Mi ha reso un pilota vincente e a me piace vincere, sebbene qua in F1 io stia facendo non poca fatica. Ma piano piano ce la sto facendo e so che andrà meglio.
È bello, veramente, però vincere facilmente perché non avevo rivali non era divertente come quando lo facevo contro Charles.
Quando ho saputo che arrivava in F1 mi sono ritrovato catapultato a quei bei tempi, quando mi piaceva un sacco correre ed ho capito perché mi piaceva così tanto.
Perché vincevo contro di lui che era così bravo e tosto.
Un vero bastardo dalla faccia d’angelo. Lui ed il suo essere perfettino e pulito in apparenza per poi buttarmi fuori pista perché mi odiava.
Certo che mi odiava ed era ricambiato, ma poi siamo cresciuti, ci siamo separati ed ho potuto chiarirmi le idee, capire il suo valore e pensavo che per lui fosse lo stesso.
Mi ero immaginato delle gare fra me e lui di nuovo interessanti all’insegna dei sorpassi al limite. Tutto ciò che mi aveva reso felice da ragazzino.
Eppure quando mi ha incontrato prima nella hall non ha lasciato scampo, era evidente che non provasse nulla.
Il sorriso è arrivato solo alle labbra, ha risposto cordialmente perché è così che fanno i bravi ragazzi, ma non era minimamente entusiasta di rivedermi e di essere di nuovo qua a gareggiare contro di me.
Sono rimasto deluso e anche quando sono andato da Daniel, ci ho ripensato tutto il tempo.
Non gli piacevo allora ed è ancora così. Le altre volte avevo avuto la medesima impressione, ma erano sempre circostanze particolari che non erano attendibili per capirlo. Oggi era inequivocabile.
Charles mi ha sempre odiato davvero e continua ad odiarmi ancora, non era divertito nel correre contro di me, non lo è mai stato.
Adesso si contiene perché fa l’adulto, ma gliel’ho letto in faccia la mancanza di entusiasmo nel rivedermi.
Daniel le ha provate tutte per rianimarmi anche dopo che ci siamo sistemati in camera, ma non c’è stato verso, così stufo di stuzzicarmi a vuoto se ne è andato a cercare gli altri e gli sono andato dietro sentendomi in colpa.
Non sono mai stato un ragazzo vitale, socievole e pieno di amici, ma da quando sono arrivato in F1, grazie a Daniel lo sono diventato, mi sto facendo un bel giro e non so se posso chiamarli amici, ma piano piano mi sto sentendo sempre meglio in mezzo agli altri e sono contento di uscire dal mio piccolo guscio. Non voglio regredire per colpa di nessuno, perciò Max reagisci.
Quando raggiungiamo gli altri di sotto, seguo Daniel pensieroso e ancora silenzioso senza farci realmente molto caso. Ci fermiamo da Seb, Lewis e Fernando che sono qua al bar dell’hotel a prendere un caffè, Seb tiene banco come sempre perché vuole rigorosamente un espresso italiano ed allora sta cercando di spiegare in cosa consiste e come deve essere per essere buono, come se al bar di un hotel come questo non lo sanno.
Daniel, Lewis e Fernando lo prendono in giro, io rido rischiarandomi in fretta, ma mentre loro stanno facendo il circo parlando a questo povero barista che non ha fatto niente di male per essere messo in mezzo ai loro scleri, da un altro tavolo in fondo sento delle voci parlare in francese e quando mi giro vedo Charles, Pierre, Esteban e Stoffel insieme a bersi anche loro un caffè.
Quando li individuo, il mio cervello si spegne e mi estraneo dalla scena divertente a cui stavo assistendo. Per un momento non c’è nessun altro, spariscono tutti.
Non noto nemmeno che Stoffel sta prendendo in giro Pierre lanciando occhiate inequivocabili verso Lewis e Seb, non vedo quanto ridono e si divertono. Noto solo ed esclusivamente Charles ed il suo bel volto ancor più delicato e perfetto di quando era un adolescente.
Vedo la sua bocca piegata in un sorriso, vedo che rincara la dose di battute verso Pierre, ma vedo anche i suoi occhi seri e tristi.
Charles sorride e sta scherzando, ma nemmeno con loro che sono sicuramente i suoi amici del circuito, lo fa sul serio.
Allora non era colpa mia. Non ero io il problema. Non faceva quella faccia per me.
Charles parla apparentemente sereno, gli altri ridono, ma nessuno dei suoi sorrisi raggiunge mai gli occhi che da lontano e dall’esterno si notano ancora meglio. Sono una nota stonata nel quadretto complessivo.
Charles ha perso il suo sorriso, quello autentico. Quello che ricordo fin troppo bene nell’ultima volta che abbiamo corso insieme al go-kart, in quel 2013 lontano, eppure non poi così tanto.
Ma per lui devono essere passati secoli, così sembra vedendo com’è adulto adesso, nonostante i tratti giovani.
Una posa poco rilassata sulla sedia e quelle risate così stonate. Sembrano quasi tristi come i suoi occhi. Qualcuno se ne accorge che è grottesco? Sembra un pugno in un occhio.
Per un istante mi sento malinconico.
Ho passato la mia infanzia e adolescenza ad invidiarlo per come era felice con suo padre, tutte le volte che li vedevo li invidiavo e ho voluto così tanto essere lui, che alla fine mi sono pentito di non aver nemmeno cercato di essergli amico. Siamo sempre stati solo rivali ed ora forse non mi considera nemmeno più quello. Sembra mi abbia dimenticato, quasi.
Sa chi sono, naturalmente, ma per lui che io ci sia o meno non gli fa differenza. Non è contento come quella volta che ho saputo che sarebbe passato in Sauber.
Dov’è finita quella felicità che gli ho sempre invidiato?
In cimitero con il suo amico Bianchi e suo padre?
Con una gomitata vengo richiamato da Daniel che mi ripete la domanda.
- Vuoi anche tu questo fantomatico espresso prima che il barista si dimetta? - ripete la battuta che ha fatto ridere tutti ed io rido prontamente replicando con un’altra stronzata all’altezza: - Solo se lo fa Seb!
Lo chiamano tutti Seb nel circuito, perciò mi sono adattato subito.
È uno dei piloti che ammiro e rispetto per quel che ha fatto qua in Red Bull ed in generale per tutta la sua carriera; è un gran pilota, non si discute. Il fatto che lui ha vinto 4 mondiali di fila con la squadra per cui ora corro io mi riempie di sogni e speranze. Se ce l’ha fatta lui, ce la voglio fare anche io. Non perché mi ritengo alla sua altezza o migliore, ma perché voglio anche io lasciare il mio segno come l’ha lasciato lui qua. È il pilota più vincete della Red Bull, l’eroe di casa, ed io voglio unirmi a lui. Voglio essere un altro eroe di casa. Voglio diventare vincente quanto lui, lasciare il mio segno, far sentire il mio nome ovunque.
Si dice che solo con certe macchine puoi pensare di vincere un mondiale, prima di Seb la Red Bull non era fra queste, ma adesso lo è grazie a lui che ha dimostrato che si può. Io farò altrettanto. Vincerò perché con la Red Bull si può.
Stare con lui, come sempre, mi riempie di vitalità e combattività. Non che mi manchi, ma a volte mi sembra di perdere il punto della questione.
A volte quasi non ricordo perché lo faccio. Forse perché so che devo e spesso mi dimentico che lo faccio perché lo voglio.
Voglio vincere, voglio avere successo, voglio farlo perché mi piace veramente.
A volte mi perdo, ma stare in mezzo a persone come loro mi fa bene da matti, mi fa ricordare che un sogno ce l’ho anche io. Un sogno mio e non imposto da mio padre. Forse all’inizio era il suo sogno, ma adesso che sono qua in mezzo ai piloti più vincenti degli ultimi tredici anni, voglio essere alla loro altezza. Non il loro erede o degno.
Voglio proprio avere ciò che hanno ottenuto loro.
Un giorno sarò di nuovo qua a bere un espresso con loro e ci saranno pure i miei mondiali a brillare. E nessuno mi chiamerà Mad Max, Crash kid o sopravvalutato.
Sapranno tutti il mio nome e si mangeranno le loro maledette lingue. Meriterò di stare a questo tavolo a bere questo caffè con la gente più vincente degli ultimi anni della F1.
Quando mi volto verso Charles ed il suo gruppo lo faccio senza rendermene conto, ma lo becco a guardarmi proprio mentre ridevo e facevo battute con il gruppo più invidiato del momento. Eppure il suo sguardo, che distoglie immediatamente, non era carico di invidia come quello di Pierre. Sono sicuro di aver visto stupore, nei suoi occhi tristi.
Chissà se vincendo un GP quella tristezza verrà cancellata? Vorrei proprio vederlo.
La sua voce mi raggiunge all’orecchio perentoria e mentre mi dice le solite cose il nervoso inizia a salirmi come sempre. Non me ne rendo conto, ma sto dondolando il piede per terra con la punta premuta.
Sarebbe pure uno splendido spettacolo, quello che si apre davanti ai miei occhi, ma nemmeno me ne rendo conto.
- Seconda fila non è male, ma se non la sfrutti alla partenza non servirà a niente. Parti accanto a Vettel, non riposarti sugli allori! Devi puntare subito alla testa, non adagiarti alla quarta posizione. Entra nella mentalità della vittoria.
Vorrei dirgli se ha capito che davanti a me ho Lewis, Kimi e Seb, ma mi disumanerebbe e non mi va di sentirle. Voglio solo godermi la sua assenza. Mi segue tutte le volte che può, ma per fortuna non può sempre. Dipende più che altro da dove andiamo e da che gara è.
Questa è la prima della stagione e siamo dall’altra parte dell’emisfero, perciò per fortuna non mi ha seguito.
Se fossi in un momento cruciale di una stagione in cui non vado abbastanza bene, non mi si staccherebbe. Ma per il momento mi godo la mia libertà.
O ci proverei, se non mi opprimesse con le sue solite telefonate. Ogni volta che faccio qualcosa con la macchina, che siano prove o qualifiche, mi chiama subito per dirmi l’ovvio. Niente che non mi abbiano già detti i miei ingegneri. Pensa che siano idioti? O che lo sia io? Mica mi sono rincoglionito tutto d’un colpo, dannazione!
So cosa si deve fare quando si è in seconda fila, ma non so se lui sa che siamo all’inizio, le macchine sono ancora da migliorare, non abbiamo ancora molta confidenza con loro e soprattutto in questo momento non siamo ancora all’altezza di Mercedes e Ferrari. Senza considerare che davanti a me stanno piloti di un certo spessore. Non dei rookie o degli idioti qualunque.
Mio malgrado so cosa rispondere: - Sì certo che si punta sempre alla vittoria! Sai che odio stare dietro, la quarta posizione per me non è soddisfacente.
Ripeto quel che mi ha sempre detto. Ha ragione, è questa la mentalità da avere.
Sarà discutibile come padre ed essere umano, nessuno meglio di me può dirlo, ma quando si tratta di corse sa cosa dice e sa come fare per aiutarmi da un punto di vista tecnico e professionale.
Sarebbe un buon coach per qualche giovane talentuoso testa dura ed indisciplinato come me che per emergere e tirare fuori quanto vale necessita di un metodo severo.
È bravo, non gli posso dire niente. Quando ho dubbi su certe cose sa sempre darmi consigli buoni e non c’è mai una volta che mi dica cosa che non vanno bene riguardo le gare.
Però la sua voce ed il modo in cui mi parla, restano sempre attanagliati al mio spirito ribelle. Può dire le cose più sensate e giuste del mondo, può aiutarmi e motivarmi quanto vuoi, ma ci sarà sempre una parte di me che sentendolo parlare mi farà afferrare la ringhiera come un ossesso.
Appena mi accorgo dello stato in cui sono, mi mordo la bocca e mi irrigidisco ancora di più. Mio padre continua a darmi consigli non richiesti ed ovvi ma giusti, quando poi conclude col suo tipico motto.
- Non dire ‘sì’ perché ti conosco e sicuramente manderai tutto a puttane come sempre!
Con questo sto per mandarlo a fanculo, cosa che non ho mai avuto il coraggio di fare, ma due braccia mi stringono da dietro con dolcezza e decisione insieme. Immediatamente mi rilasso contro di lui appoggiandomi al suo petto forte. Chiudo gli occhi dopo averli roteati all’indietro esasperato, ma finalmente la sua bocca mi bacia il collo e mi dà pace nonostante quello stronzo di mio padre continui a parlare al telefono.
Io annuisco, non so più che dico sinceramente, vado col pilota automatico e poi finalmente mi molla.
Quando metto giù la comunicazione, lancio il cellulare su una delle due sedie del terrazzo e impreco a denti stretti corrugando la fronte.
Daniel mi stringe più forte cullandomi fra le sue braccia, continua a baciarmi il collo e la guancia rivolgendomi meglio verso la città notturna che da qua si vede molto bene. Solo ora inizio a vederla realmente sebbene fosse davanti ai miei occhi già da quindici minuti dannati.
Non so quasi nulla di Melbourne, tanto meno ho idea di che cosa sia quello splendido edificio antico, ma so che siamo in uno degli hotel più belli della città e più gettonati perché anche vicini alla pista. Non è sempre scontato che i piloti scelgano lo stesso hotel, ma la tendenza è quella anche se poi dipende.
Mentre guardo lo spettacolo notturno che si apre davanti ai miei occhi cupi, mi lascio posizionare e lentamente mi sento rilassare sempre più. Ci mette un po’, nel frattempo in un meraviglioso silenzio da parte sua, che non è per niente scontato, lascia che ci allieti solo il rumore della città sotto di noi e la sensazione del vento che soffia piacevole e fresco.
Dopo un tempo indefinito, mi sussurra piano senza mollare mai la presa da dietro, in questo dolce abbraccio rincuorante che ora, isterico come sono, accetterei solo da lui.
- Meglio?
Io annuisco. Vorrei parlare, sfogarmi con lui e dirgli cosa penso di mio padre, spiegargli la nostra situazione, condividere qualcosa ma so che se lo facessi sarebbe la fine. Non smetterei più di parlare e finirei per dire cose che non voglio vengano espresse ad alta voce.
Se non le dico non esistono. Se non esistono, non mi hanno mai fatto male. Se non ho nulla che mi abbia mai fatto male, sto bene. Sto bene e basta, è così che voglio stare. Bene.
Pensavo di essermi liberato di lui una volta entrato in F1 e diventato maggiorenne, me ne sono andato a vivere da solo e ho creduto che fosse finalmente finita, la mia prigione e all’inizio mi è sembrato fosse così, infatti ero felice, ma mi ero solo illuso.
Non sono libero. Finché correrò in F1 non lo sarò mai, ma non posso smettere senza ripagarlo di tutto quel che ha fatto per me o mi ucciderebbe e non è nemmeno per questo, forse. Non ho più paura di lui, non è come quando ero piccolo che facevo quel che voleva per paura o che comunque gli andavo contro consapevole di beccarmi una sonora lezione fisica.
Non è più così. Adesso è più mentale. Non posso andargli contro e scontentarlo in alcun modo perché è mio padre ed ha fatto di tutto per farmi avere successo in F1. Adesso che sono adulto capisco quanto sono stati grandi i suoi sacrifici, ma li ha fatti per sé stesso. Per vivere attraverso me il suo sogno che non aveva potuto vivere.
Per lui non era sufficiente che io arrivassi in F1, lui ha sempre voluto che io vincessi e non solo dei GP, come è già capitato per fortuna. Lui vuole che io vinca dei mondiali e non posso mollare senza averlo fatto. Solo quando li avrò vinti sarò davvero libero da lui o davvero non smetterà mai più di parlare ed io non avrò mai la mia vera reale pace. Non posso vivere con uno che mi rinfaccia a vita le mie mancanze e le mie colpe. Quella non sarebbe vita.
Lo so perfettamente, l’ho capito dopo la prima stagione completa in Red Bull.
Mi ero illuso, comprendere che non era finita è stata dura e non è nemmeno questo il punto.
A me piace, dannazione.
Piace la F1.
Piace correre con le macchine. Quando lo faccio mi sento esattamente come vorrei essere ogni momento della mia vita.
Libero. Ma per ora mi ci sento solo quando corro.
E mi piace vincere, anche a me piace tanto, da matti, al punto da volere i fottuti mondiali, cazzo.
Ho dei sogni miei, ora, ho dei desideri. Il primo giorno qua a Melbourne l’ho capito, bevendo quel caffè con Seb, Lewis e Fernando.
Voglio essere come loro. Un vincente. Un fottuto vincente. Chiudere la boccaccia a tutti perché tutti mi hanno sempre criticato. Ma voglio esserlo principalmente perché mi piace. Mi piace essere vincente.
Per questo sono così tanto incazzato con me, quando sento o vedo mio padre.
Perché alla fine voglio le stesse cose che vuole lui e non smetterei nemmeno per porre fine a questa tortura mentale, perché ormai lo voglio anche io.
Abbiamo lo stesso maledetto sogno del cazzo e mi dà fastidio da matti.
Perciò no, non ne parlo e fingo che sia una normale conversazione col mio solito padre ingombrante a cui ormai lui è abituato.
Mi piace Daniel perché non è invadente, è sveglio. Sa da solo le cose, non gliele devono dire. Ha capito che ho un rapporto teso con lui ed ogni volta che lo vedo e lo sento si limita a starmi vicino e ad aspettare che mi passi. Se non succede subito, sa cosa fare e a questo punto, con un sorrisino malizioso che faccio apposta per innescarmi, mi giro verso di lui e gli circondo il collo con le braccia. Non lascio spazio per parole, non servono richieste esplicite.
Lo spingo dentro la camera mentre lo bacio e lui ridendo contro la mia bocca, mi stringe meglio la vita e mi solleva dirigendosi al letto su cui mi stende, dove mi farà suo cancellando definitivamente quella sgradevole sensazione che mi lascia sempre quell’uomo.
Diciamo che non me ne sono ancora liberato, ma sto lavorando per riuscirci. Nel frattempo, grazie a Daniel e al suo corpo, so come fare per impedirgli di rovinarmi le giornate.
Alla pesa incrocio Charles nella sua tuta bianca e rossa della Sauber con ancora il casco addosso. I nostri occhi si incrociano, ci guardiamo, ci riconosciamo, difficile il contrario coi nostri nomi scritti addosso, ma non fa nemmeno un cenno.
Mi ignora come non fossi nemmeno qua.
Si pesa prima di me, poi se ne va verso il suo garage in perfetto silenzio.
Per tutto il weekend ci siamo incrociati di continuo, è capitato e capiterà di più guidando nelle stesse gare, però non mi ha mai fatto cenni o rivolto la parola.
Pensavo sarebbe stato diverso ritrovarci qua insieme da adulti, ma evidentemente la sua puzza sotto il naso è cresciuta con lui, da piccolo l’aveva, o almeno io pensavo l’avesse, ma adesso ne ho la certezza. Forse crede che potrei infettarlo e che inizierebbero a chiamare anche lui Crash Kid.
È un soprannome normale per i nuovi arrivati, per lo meno questo mi ha detto Daniel per sdrammatizzare. In realtà non credo sia proprio vero, qualcuno ce l’ha avuto, è vero, ma non tutti. Ci sono quei piloti perfetti da subito, vedi Lewis. Vediamo come se la caverà questo piccolo principe snob che nemmeno mi caga.
Vaffanculo, Charles, tu e chi ti credi di essere. Non è giornata, poi.
Già so cosa mi aspetta appena recupererò il mio telefono e per un momento spero che qualcuno me lo rubi anche se so che non è possibile.
Dannazione.
Mi sembra di sentire la sua stramaledetta voce arrogante che mi rimprovera con delusione.
‘Davvero Max? Non solo non hai mantenuto la posizione, che sarebbe comunque stato deludente, ma l’hai addirittura peggiorata. Sei finito sesto, Max. Sesto. È così che si corrono le gare? Dove credi di arrivare con quell’atteggiamento perdente? Ma tanto lo sapevo che sarebbe finita così. Ho buttato i miei soldi! Dovevo prendermi un jet privato e viaggiare in giro per il mondo, altro che portarti su e giù per l’Europa a farti avere i pezzi migliori per la tua macchina o farti fare le gare che contavano! Che spreco di tempo e soldi, Max!’
Mi sembra già di sentirlo, è la solfa che preferisce. Adora farmela. Secondo me se iniziassi a vincere un sacco, si sentirebbe male. Sarebbe più incazzato di farmi complimenti e non avere niente da dirmi.
Pezzo di stronzo. Ma un giorno te la faccio vedere veramente. Vincerò, eccome se vincerò. Non solo GP, ma dei cazzo di mondiali di merda! E poi me ne andrò a fanculo dalla tua vita!
Dannazione!”
Chapter 10: Oltre le apparenze
Notes:
(See the end of the chapter for notes.)
Chapter Text
9. OLTRE LE APPARENZE
/Charles/
“La punizione divina mi arriva sotto forma di braccia che mi stritolano il collo, sono quelle di Pierre e la sua faccia è iper felice.
I suoi abbracci normalmente li tollero, ma questa volta Pierre ha dato il meglio di sé, o forse il suo peggio visto che sto vedendo una luce in fondo al tunnel da quanto stringe, ma è più la botta dei corpi che sbattono malamente uno contro l’altro a farmi male.
Il colpo di grazia invece me lo dà la sua voce acuta e squillante che perfora i timpani, specie perché la bocca con cui strilla felicissimo è attaccata al mio orecchio.
Grazie a Dio me lo bacia e nel farlo smette di gridare, non ho nemmeno capito che diavolo ha detto.
Mi aveva scritto che stava venendo da me perché doveva dirmi una cosa importantissima. Non si sapeva nulla, ma avevo immaginato fosse sulla F1 e quando mi ritrovo avvinghiato a lui contro la mia volontà, non posso che ricambiare l’abbraccio rassegnato e di riflesso, mentre lo trascino dentro chiudendo la porta che sbatte perché di meglio non riesco a fare.
Sto lentamente perdendo le forze quando per fortuna mi lascia e mi prende la faccia fra le mani rimanendomi addosso. Il suo volto in questo istante è così felice e luminoso che mi fa sorridere anche se ancora non ho afferrato di preciso la notizia che penso abbia già urlato venti volte. Questo si chiama shock, ti spegne il cervello senza farti capire nulla. Pur conoscendo Pierre non mi aspettavo una cosa simile e mentre penso ‘adesso mi bacia’ - perché ha proprio l’aria di uno che non sa che sta facendo perché va col pilota automatico, ed io conosco Pierre al colmo della gioia, è come me quando sono al colmo del dolore, non sappiamo che facciamo - penso anche che dovrei fare se lo facesse realmente.
Insomma, quella volta l’ho baciato perché ero fuori di me e lui si è fatto pazientemente fare senza nemmeno farmelo pesare dopo, forse dovrei assecondarlo per ricambiare il favore. Non è poi un dramma un bacetto ogni tanto. I brividi per quello che mi ha scoccato all’orecchio mi fanno ancora tremare il lato sinistro della testa.
- Firmo per la Red Bull per il prossimo anno! Sarò il compagno di Max! Daniel passa alla Renault!
Non credo sia così felice per questo quanto per il fatto che passa da Toro Rosso a Red Bull, è una grande promozione e capisco bene quanto splendida sia questa notizia, ma assurdamente mentre la mia faccia risponde alla perfezione ai miei comandi logici di mostrare felicità per questo fatto, la parte profonda e irrazionale di me che ogni tanto esce e stento a gestire, mi trasmette quello che ho visto e che mi ha sconvolto qualche mese fa durante uno dei GP.
Quella scena scolpita nelle mie retine fra Max e Daniel e che in qualche modo mi ha colpito più di quel che sia razionalmente considerato normale.
Non sono un bigotto, anzi. Non ho nemmeno ideologie discriminatorie di alcun tipo, figurarsi. Presumo di essere bisessuale e Pierre è gay, ci siamo baciati e penso che se dovessimo rifarlo non ci sarebbero problemi.
No, non è il fatto che fossero due ragazzi, ma quanto proprio che fossero Max e Daniel. O meglio, Max.
**
Baku per me è una gara traumatica. Quest’anno non ricade nell’anniversario di mio padre, ma correvo qua, l’anno scorso, quando è mancato.
Perciò anche se non è un anno dalla sua scomparsa, è comunque la prima gara che ho corso senza che lui fosse più su questo mondo; il mio umore è cupo e sto particolarmente sulle mie. Pierre, Jo ed Andrea lo capiscono subito e non insistono né a trascinarmi in giro, né a caricarmi di impegni e di questo gliene sono grato a tutti, perciò fanno addirittura da filtro fra me e gli altri. Penso che Pierre lo dica in confidenza a qualche pilota con cui è particolarmente in rapporti, come magari Stoffel, Esteban e Daniel - perché chi non è in rapporti con Daniel? - ma gli altri, quei pochi sventurati che mi cercano o che si imbattono in me per qualche strana ragione, li allontano liquidandoli con una breve occhiata eloquente o qualche frase di circostanza.
Vivo di ricordi che mi investono, sebbene quando correvo qua l’anno scorso ero come ipnotizzato e non sapessi realmente ciò che mi succedeva o che facevo. Ero come preso da un sogno, facevo tutto quel che dovevo, parlavo gentilmente, sorridevo addirittura e poi ho corso sempre al mio massimo, iper concentrato sulla pista e sulla macchina. Non ho commesso quasi nessun errore, è stato un weekend a dir poco perfetto e considerando la mia condizione mentale, so che in tanti non ci credevano e mi hanno ammirato per questo. È una caratteristica che ogni Team Principal vorrebbe per i propri piloti. La capacità di gestire le proprie emozioni, metterle da parte, qualunque esse siano, anche le peggiori. Correre ancora meglio sotto pressione.
In effetti sono cose che sono uscite in me ancor meglio proprio l’anno scorso.
Esco dalla mia stanza nel Motorhome dopo aver ampiamente riposato in seguito alle FP3 e al pranzo, c’è ancora un silenzio tremendamente forzato intorno a me, come se fosse imposto da tutti quelli del mio team perché ormai sanno che giorno è e se vogliono che faccia una buona gara, devono lasciare che io viva questo weekend come meglio mi sento di fare.
Apprezzo tantissimo la loro delicatezza e l’accettazione di queste giornate difficili e delicate, non posso lamentarmi, mi trattano con estremo riguardo e qualunque pilota non potrebbe desiderare meglio. Però arrivo ad un punto, in questo sabato pre qualifica, che ne ho abbastanza ed ho addirittura un estremo e assurdo bisogno di qualcosa. Qualcosa di diverso da questa cautela e questa attenzione.
Ho bisogno di uno scossone o forse di essere trattato in modo assolutamente normale. Pensavo di aver bisogno di isolarmi ed ora che è successo mi rendo conto che non è ciò di cui avevo bisogno.
Non so bene cosa mi serve, forse il ‘vaffanculo' di qualcuno, non saprei; mi metto a camminare per il paddock che è in generale particolarmente calmo a quest’ora della giornata, molti stanno ancora pranzando ed è ancora ora di riposo in generale, quelli che sono già al lavoro sono dall’altro lato, nei box. Senza avere un’idea precisa di dove andare, passo davanti a diversi Motorhome, ma ad un certo punto un movimento e delle voci concitate attirano la mia attenzione poco oltre facendomi fermare istintivamente.
Cerco l’origine e individuo subito Max che esce dalla porta principale della loro struttura mobile Red Bull, sta per immettersi nel paddock anche lui come me ma dietro spunta Daniel che lo prende per il braccio e lo ferma. I due rimangono lì sulla soglia aperta, né fuori né dentro, sono chiaramente in lite. Max è furioso, si vede, mentre Daniel è implorante. Deve averlo fatto arrabbiare anche se trattandosi di Max tendo più ad immaginare scenari dove è lui a far arrabbiare gli altri.
Me ne sto qua rasente il Motorhome adiacente al loro che dal rosa che lo ricopre penso sia della Force India; in questo momento per me è solo un utile riparo, spero di non essere notato per non disturbarli.
Non li voglio spiare, per la verità è una scena che si consuma in un attimo ed è troppo strana per non essere guardata. Non faccio né più né meno ciò che farebbero altri al mio posto.
Semplicemente sento e vedo.
Daniel afferra Max per le braccia e cerca di tirarlo dentro, ma Max tira per liberarsi e andarsene, dice chiaramente di lasciarlo andare mentre Daniel insiste per tornare dentro e continuare a parlarne.
- Non dico che succederà, ma potrebbe! - dice Daniel cercando di calmare Max che non vuol sentire ragioni, scuote la testa.
- Se succederà è solo perché a te andrà bene! - esclama testardo. Daniel spalanca gli occhi e si mette le mani sul petto teatrale lasciandolo, Max non se ne va, rimane lì davanti a lui battagliero e furioso.
- Ma come puoi pensare che queste cose dipendano da noi piloti?
Max si stringe i pugni ai fianchi rigido e duro, il viso sembra scolpito nel marmo in questo momento.
- Ma io ti conosco, Daniel! Tu non sei più contento qua! Sei un libro aperto, è impossibile non capire quando sei felice, adesso non lo sei! Adesso te ne esci con ‘forse è la mia ultima stagione in Red Bull!’ Credi che sia un idiota?
Max parla concitato e mi sorprende questa sua reazione. Inizialmente non ero realmente stupito di un loro litigio perché so bene quanto Max faccia infuriare anche i santi, ma adesso che la situazione si dipinge bene, mi sconvolge. Sto per andarmene per lasciarli proseguire mentre metto l’informazione della probabile partenza da Red Bull di Daniel nelle cose da dire subito a Pierre. Di solito attingono da Toro Rosso per i piloti. Può avere un’occasione.
Sto per andare da lui a dirglielo, quando un altro movimento attira la mia attenzione.
Mi giro e vedo Max sgusciato di lato fra i due Motorhome vicini che non si attaccano per un corridoio largo un metro al massimo.
Mi fermo perché avendoli percepiti venirmi dietro penso che mi abbiano visto, così mi giro e mentre sento Daniel sussurrare qualcosa tipo: - Sai che non sei tu... - li vedo inevitabilmente infilarsi in quell’anfratto fra le due strutture mobili una rosa e l’altra blu scura col toro rosso stampato sopra.
Ma nonostante capisca che non mi stavano correndo dietro, mi fermo a fissare ebete perché vedo che Daniel avvolge Max fra le sue braccia e mentre questi si lascia abbracciare docile e amareggiato, anche se probabilmente ancora rabbioso, i due si baciano. Mentre lo fanno si muovono andando più in profondità nel corridoio stretto in modo da nascondersi ed io so che dovrei darmela a gambe in fretta, ma non ci riesco proprio; rimango qua shoccato a fissare totalmente scoperto dal mio riparo di prima.
È come se un pugno mi colpisse allo stomaco e non capisco perché mi sento così. Nemmeno respiro. Rimango piantato a fissarli con occhi sbarrati e so che dovrei filarmela, ma non riesco a staccare gli occhi da loro.
Max è arrendevole e docile ed è chiaro che per loro quegli atteggiamenti sono la normalità.
È questo il loro vero rapporto, dunque? In un istante ripenso alle impressioni che avevo avuto su quanto Max fosse cambiato rispetto a quando correva nelle categorie inferiori ed in particolare con me in go-kart. Avevo pensato che arrivare in F1 e separarsi un pochino da suo padre gli avesse fatto bene, ma in realtà è stato Daniel a fargli bene.
Ed ora capisco come e perché.
Stanno insieme!
Ma proprio mentre lo shock mi attanaglia e mi colpisce con una potenza inaudita bruciandomi da matti - e non so perché io mi senta così ora davanti a questa rivelazione - Max si scioglie dalle braccia di Daniel ed esce dal corridoio dei due Motorhome suppongo per rientrare dentro al loro, ma è qua che nota inevitabilmente la mia presenza e schizza veloce come un cane da guardia che punta un intruso. Rimango paralizzato, non credo di saper controllare bene la mia espressione che per tutti gli altri giorni è stata particolarmente abbattuta. Adesso però mi sento vivo, vivo più che mai. E rinato, in qualche modo, anche se nel peggiore dei modi.
La faccia di Max si avvicina paurosamente alla mia, mi prende per il colletto della maglietta Sauber che indosso e mi strattona avvicinandosi pericolosamente.
Rimango immobile, rigido, le braccia lungo i fianchi, nessuna reazione immediata, ma l’adrenalina scorre, il cuore batte impazzito e la testa è spenta. La mia testa non funziona più.
- Se dici qualcosa in giro ti distruggo Leclerc!
Mi chiama per cognome, è la prima volta che lo fa perché ci conosciamo da quando eravamo bambini e so perfettamente che lo fa per minacciarmi e mettere le distanze. In questo momento capisco che il non-rapporto che c’era fino ad ora fra noi, sta per diventare disastroso e la cosa mi dispiace.
È come uno schiaffo che segue quel pugno.
Mi dispiace, non voglio che si rovini tutto fra noi. Non voglio. Anche se in realtà non era niente.
Alzo le mani e lo calmo senza mutare nemmeno un minimo la mia espressione. Forse riesco ancora a controllarmi. Forse la mia faccia risponde ancora ai miei ordini.
- Ma cosa vuoi che me ne freghi di cosa fate?
La mia risposta è più scostante e irritante di quel che volevo, ma lui ha reagito proprio male perciò devo dire che si meritava anche di peggio.
Daniel spunta da dietro e lo tira via.
- Dai Max, sei pazzo? È Charles, mica un estraneo! - cerca di calmarlo, ma le sue mani stringono ancora il mio colletto bruciandomi. Non mi fa male, ma brucia lo stesso. Forse non brucia ciò che mi sta facendo, ma ciò che ho visto. In qualche modo scava.
- Appunto, so com’è questo qui!
Ma a questo punto reagisco con stizza e con un gesto secco del polso mi tolgo la sua mano di dosso, poi con durezza gelida rispondo fissandolo dritto negli occhi, passandolo da parte a parte: - Ma piantala, non sai proprio un cazzo di me!
- Vaffanculo, Charles! - risponde come se avesse senso.
- Vaffanculo, Max! - rispondo io scendendo al suo patetico livello.
Poi scuoto la testa e me ne vado.
Al diavolo, Max. Come osi farmi diventare così stupido?
Mentre me ne vado, però, mi rendo conto di essere appena rinato. Il calore vibra nelle mie vene insieme all’adrenalina e alla vitalità. Non sono di certo felice di ciò che è successo, ma finalmente non cammino come un fantasma in un sogno. Finalmente sono tornato al mondo e posso affrontare le qualifiche e la corsa di domani come si deve. Finalmente sto bene.
**
Quella domenica, io da 13esimo sono finito sesto mentre Max e Daniel hanno avuto un incidente fra loro e sono usciti dalla gara. Mi ha riesumato in qualche modo, lui, il suo vaffanculo, il suo strattone ma soprattutto quella rivelazione.
Mi ha colpito, la scena ha scavato molto in me e ci ho ripensato a lungo ed insistentemente nei giorni e nei mesi successivi. Li fissavo, li scrutavo cercando di non farmi notare. Non so perché, non riuscivo a togliermeli dalla testa.
Max era gay o quanto meno stava con un altro ragazzo, con Daniel. Proprio lui. Su tutti del circuito sicuramente mai avrei detto lui. Nemmeno Daniel se devo essere sincero, ma Max mi ha colpito di più.
Poi ho chiarito con Daniel e gli ho detto con calma che anche se Max non ci crede, non sono uno stronzo e non ho problemi con quel genere di situazioni. Ognuno può essere ciò che vuole ed avere le relazioni che desidera, perciò alla fine lui mi ha ringraziato e si è comportato come al solito da persona in gamba e carina. Ha provato a spiegarmi un po’ la situazione senza andare nei dettagli del loro rapporto. Ha detto che in Red Bull le cose non funzionavano più e lui non si sentiva bene lì e che probabilmente comunque l’avrebbero mandato via a fine stagione, perciò si doveva guardare intorno e valutare con lucidità la propria situazione.
Non era tenuto a spiegarmelo, io gli ho detto che doveva fare ciò che era meglio per sé stesso e la sua carriera.
Ricordo bene quella conversazione, ma non abbiamo assolutamente citato Max.
Il viso sorridente di Pierre torna a sovrapporsi al suo e per fortuna non mi bacia. Non so perché, ma sento sarebbe stato un bacio stonato, sbagliato in qualche modo.
Mentre ripenso di nuovo a Max che se la fa con Daniel, mi rendo conto che non si sa davvero niente di qualcuno finché non ci si addentra nel suo mondo, finché non si va oltre la soglia della superficie. L’apparenza inganna.
Max è uno nato per stupire, l’ho capito dal primo momento che lo vidi da bambino. Su quello non mi sbagliavo. Penso che continuerà a stupirmi per il resto della mia vita.
Non ho mai detto a Pierre di Max e Daniel, non so perché non l’ho mai fatto. Di Pierre mi fido ciecamente, è come un allungamento di me, è il solo che tollero accanto quando ho i miei momenti, è il solo che sa come fare con me. Anche se quel giorno ad aiutarmi ad uscire da quello stato allucinato in cui ero è stato Max.
Daniel ha chiaramente aiutato Max a calmarsi e ad umanizzarsi.
Lo guardavo nei primi mesi della stagione e lo vedevo che rideva e scherzava con altri piloti, era felice, socievole, tutta un’altra persona. Mi era venuta voglia di conoscerlo meglio e approfondire, cioè approfondire quel nuovo Max. Fare amicizia con lui. Non ne avevo mai avuto voglia.
Ci sono quelli che vengono attratti e si innamorano della persona, non del genere, penso che Max sia fra questi, più che gay, ma chi lo sa? Penso che forse io sono fra questi, ma non mi conosco così bene da poterlo dire.
In realtà ho provato qualcosa solo per Jules. Quando ho baciato Pierre ero fuori di me, ma ho capito in qualche modo che non era la nostra dimensione. Anche se prima se l’avesse fatto non l’avrei allontanato, solo che non volevo. Istintivamente non volevo ed ho ripensato a Max e Daniel e a quella volta che li ho scoperti.
Strani giochi mi fa la testa.
Max sarà fuori di sé, sicuramente la prenderà male, perché lui prende sempre tutto male, è sempre esagerato e dubito che in questo sia mai cambiato.
Prende sempre tutto in modo sbagliato.
Sicuramente litigheranno ancora, lo metterà in croce e magari si lasceranno pure.
Improvvisamente l’idea che Max e Daniel si lascino scava come quel bacio quel giorno.
Scava e mi si pianta nel cervello, ma non capisco che dovrei fare di questo pensiero ossessivo che adesso sembra andare in voga nella mia testa che continua a farmi strani giochi.
E anche se si lasciano? Tanto era ovvio sarebbe successo, come si fa a stare con Max? Nemmeno un Santo ci riuscirebbe per troppo tempo!
Povero Daniel, mi dispiace per lui, sicuramente sta passando un brutto periodo e quel deficiente non lo aiuterà perché farà l’egoista ferito.
Vedrai.
Beh, raccoglierò i cocci.
Mi fermo mentre sto facendo un caffè ad una mitraglia di nome Pierre che parla a raffica spiegandomi com’è andata la telefonata più bella della sua vita.
Raccogliere i cocci di chi ed in che senso, Charles? Sei impazzito?
Beh, i cocci in senso di gare. Sicuramente guideranno male ed io dovrò approfittare. In che altro senso intendevo?
Fra l’altro sono giorni caldi, so che la Ferrari sta valutando cosa fare con Kimi che è in scadenza per il prossimo anno. Kimi è un gran pilota ed ha anche vinto l’ultimo mondiale della Ferrari, ma è comunque di una certa età ed io sono quello più affiancato alla Scuderia. Sognare è lecito, no?
Il cuore inizia a battermi impazzito all’idea e mi distraggo sia dal caffè che da Max.
Papà, Jules, sarà davvero arrivato quel momento?
Rientrare dal mese di vacanza è un po’ traumatico, specie in virtù di tutti i cambiamenti che sono appena successi nei team.
Beh, di fatto due.
Daniel in Renault e Pierre in Red Bull.
Viene passata come una scelta di Daniel e nel circuito le voci non si sprecano, c’è chi ci crede e chi no, ma Daniel giovedì ai media conferma dicendo che è stata una sua scelta. Di fatto però i mesi precedenti a questa ‘scelta’ erano sempre più difficili e si vedeva che faticava nel team, perciò diciamo che è vero che l’ha voluto lui, ma ha subito anche una bella spinta.
- La Red Bull punta a Max come primo pilota. L’hanno preso così presto per crescerselo come volevano, modellando il suo talento. Adesso Max è quasi pronto e Daniel non gli serve più. Chi starebbe lì sapendo di essere diventato seconda guida? Soprattutto secondo a Mad Max! Insomma, Daniel fa bene ad andarsene, ma non l’avrebbe fatto se non fosse stato per lui!
Esteban spiega in cosa consistono le voci che si sentono in giro attualmente su questa situazione e lo fa senza peli sulla lingua né paura di dirlo; non che lo pensi lui direttamente, probabilmente nessuno pensa niente di speciale in merito. Forse non a tutti Max piace, questo sì, ma molte cose non si possono sapere. Tante sono situazioni interne alla Red Bull.
Siamo in mezzo ad un certo numero di persone, tutti seduti nella sala conferenze per la consueta riunione piloti del venerdì sera, ma lui non ha avuto problemi ad esporre la situazione ‘per quel che si dice in giro’.
Io, dal canto mio, non dico mezza parola, mi limito ad ascoltare.
Oltre a Daniel e Pierre, ci sono altri cambiamenti, ovvero Carlos si unirà alla Renault e Fernando lascerà la F1, una notizia che shocca un po’ tutti, anche se forse era un po’ nell’aria.
Perciò si parla di questo e della fuga di Daniel, qualcuno esprime convinzione sul passaggio di Pierre in Red Bull accanto al sempre più ingombrante Max, qualcun altro preoccupazione per lo stesso motivo.
Dicono che Pierre è troppo buono e giovane per sostenere la pressione Red Bull e che il fatto che Max ci sia riuscito non è normale.
È vero, Max non è da prendere come parametro perché mi brucia ammetterlo, ma nessuno meglio di me sa quanto è dotato in molti aspetti e quello mentale primo fra tutti.
Il ricordo di come lo rimproverava suo padre quando andava male, si accendono nel mio cervello mentre tutti bene o male parlano di queste cose in queste giornate di ripresa del campionato.
Mi guardo bene dall’esprimere un parere, me ne sto zitto ed ascolto sapendo che Daniel soffriva della situazione e che ha fatto una scelta lucida per il proprio bene, ma so anche che se non fosse stato costretto dalle circostanze non se ne sarebbe andato di sua iniziativa.
Insomma, non ha torto Esteban a dire che se non fosse stato per Max, Daniel non sarebbe andato via, ma la situazione è più complicata di così.
- Ma poi magari non vanno nemmeno d’accordo fra loro... ricordo quell’incidente in Aprile... - fa qualcun altro.
Se li sente Max voglio proprio vedere come reagisce.
Come evocato dai miei pensieri, mi giro e lo vedo che passa proprio adesso per andare a sedersi davanti insieme agli altri della Red Bull già arrivati.
Lancia un’occhiata di fuoco ma stranamente fa finta di non aver sentito e non commenta, forse perché ci sono anche altri del suo team e vuole evitare sceneggiate, sa trattenersi perfettamente, se vuole.
Tutti si zittiscono e non dicono più niente girandosi in attesa che il briefing inizi.
Io non so cosa pensare, fisso la nuca di Max accanto a quella di Daniel con intensità. Per quanto sappia qualcosa in più di loro, non riesco ad esprimere un giudizio.
Però è vero, sono preoccupato per Pierre. L’ambiente Red Bull è un ambiente insano e di squali e non sono sicuro sia adatto a lui così buono.
Max ce la sta facendo, ma non senza difficoltà, infatti i soprannomi per lui non sono tanto carini, tuttavia alla fine sta salendo la scalata. Voglio dire, di fatto in un modo o nell’altro ha spodestato il primo pilota. So che non l’ha fatto apposta, ricordo com’era arrabbiato quel giorno all’idea che se ne andasse. Adesso sapere che tutti lo reputano il colpevole e che dicono addirittura che i piloti non andassero d’accordo lo manderà fuori di testa.
Mi dispiace, sinceramente, e non vorrei che pensasse che io sono d’accordo con loro. Insomma, non del tutto. Improvvisamente la sua opinione su di me conta, o meglio conta che non peggiori quella già disastrosa che ha nei miei confronti. Forse è meglio che dopo gli dica qualcosa.
Comunque il fatto che Max ce la stia facendo in Red Bull, non significa che sia facile. Significa solo che nella sua vita ha avuto a che fare con squali peggiori di Red Bull, per questo sta bene lì. Nuota nel suo mare. Uno squalo fra gli squali. Piccolo ed agli inizi, ma squalo è. Lo conosco abbastanza da poterlo dire.
Dò un’occhiata a Pierre vicino a me che è comunque un raggio di sole all’idea della promozione e gli faccio un breve sorriso mentre mi illumina con uno dei suoi. Spero proprio vada tutto bene, per lui.
Non si sente niente se non adrenalina. Quando stai per rischiare la vita più delle altre volte, non senti nulla di diverso.
È lo stesso senso del pericolo di sempre, quello a cui ormai sei abituato, quello a cui inizi anche ad essere dipendente. Non ci rinunceresti mai.
Perciò sei carico e teso, ma in senso positivo. Non vedi l’ora che i semafori si spengano e che si parta.
È la sola cosa a cui pensi.
Quei semafori, i motori ed i pedali. Non pensi a nulla. La mente si svuota e tu vai in pilota automatico sapendo perfettamente a cosa devi fare attenzione alla partenza. Sono tante le cose a cui devi pensare, specie se parti dietro. Per cui non puoi sbagliare, non puoi perderti, devi rimanere concentrato e fare tutto in modo esatto e preciso.
Per cui vai e non te ne accorgi, quando rischi la vita.
Non ti rendi conto che quell’impatto che ti sta spingendo fuori pista, ti sta facendo rischiare la vita. Non sai che qualcuno si sarebbe preso la tua vita.
Sul momento non senti nulla se non i battiti accelerare, ma non respiri, non pensi a nulla, proprio a nulla se non a tenere la macchina più che puoi cercando di ritornare in gara, perché è la prima cosa che ti insegnano quando passi alle monoposto.
Se esci di pista, cerca di tenere il controllo e rimetterti dentro facendo attenzione agli altri.
È questo che cerchi di fare, perché quando sei sulla macchina e la gara è iniziata, non pensi. Agisci e basta ed è tutto esclusivamente istinto.
Non mi sono nemmeno accorto della macchina di Fernando che mi passava letteralmente sulla testa.
Ho solo capito che mi avevano spinto fuori e che non potevo rimettere la macchina in gara, che era finita lì, al giro zero, nemmeno uno completo ne ho fatto.
Maledizione! Mi sono incazzato, questo sì che lo ricordo. Ancora adesso se ci penso ribollo perché non sono uscito per colpa mia, l’incidente non è stato provocato da me, io non centravo, ma è stata la mia gara ad essere rovinata.
Solo ora che riguardo la macchina una volta che viene riportata nel garage, me ne rendo conto.
L’halo è completamente danneggiato per via dell’impatto con le gomme di Fernando. Nel replay che il team sta guardando a ripetizione, si vede bene come mi è camminato sopra, ma non sono le immagini a raggelarmi e a farmi quasi piegare sulle ginocchia.
È la vista dell’halo quasi spaccato.
Se non fosse stato per quello, in quelle condizioni, se non peggiori, ci sarebbe stata la mia testa col casco.
Come un pugno allo stomaco ripenso a Jules, questo halo è stato introdotto obbligatoriamente quest’anno proprio come misura di sicurezza pensata in seguito al suo incidente mortale.
Ha subito un sacco di critiche perché è scomodo per il pilota e cambia l’estetica della macchina, ma alla fine è risultata la scelta migliore ed è stato inserito.
Fino ad oggi tutti erano contrari, tutti. Anche io stesso. Va male guidare con una sbarra verticale davanti alla faccia.
Eppure gli occhi bruciano, in questo momento, ma apro e chiudo prontamente per controllare questa stupida voglia di piangere traditrice, stringo, respiro a fondo trattenendomi, implodendo e nascondendo.
Senza questo halo, avrei raggiunto Jules, oggi. Jules e mio padre.
Ma so che è presto, non ho ancora realizzato nessuna delle mie promesse.
Non sono passato alla Ferrari, non ho vinto un GP od un campionato. Non sono ancora nessuno se non l’amico di Bianchi, un prodigio che non ha dimostrato niente se non come si muore bene in pista.
Ma no, non oggi. Non sono ancora morto. Grazie a Jules che mi ha protetto, in un certo modo. Nel modo in cui mi protegge da sempre.
Esco dal garage passando dal retro, sollevo gli occhi al cielo, bruciano ancora ma riesco a ricacciare le lacrime indietro. Cammino e saltello cercando di riappropriarmi anche dell’uso delle gambe. Per un momento ho pensato di piegarmi in ginocchio, ma sono ancora qua, dritto, in piedi, con gli occhi verso il cielo.
Grazie Jules. Non ti deluderò.”
Notes:
A Baku 2018 Daniel e Max hanno davvero avuto un incidente in pista scontrandosi fra di loro, ma chiaramente il litigio me lo sono inventata.
Ho cercato di risalire al Motorhome Red Bull di quel periodo e credo sia quello che ho messo in foto, in ogni caso era solo per avere un’idea della scena a cui assiste Charles. Non so se in quel lasso di tempo il paddock sia davvero tranquillo e se due potrebbero lasciarsi andare ad un momento intimo simile, sebbene poi si fossero comunque parzialmente nascosti, ma ho voluto fare così perché chiaramente Charles li doveva beccare, è una delle cose che ho sempre immaginato nella loro dinamica. Charles li doveva assolutamente beccare e Max doveva assolutamente reagire male.
Ad Agosto 2018 viene ufficializzato lo scambio fra Daniel e Pierre, sinceramente non so quando l’abbia saputo realmente Pierre, ma doveva comunque reagire in quel modo, non c’era scelta nella mia testa.
In Belgio 2018 Charles ha davvero avuto quel brutale incidente dal quale è uscito illeso solo grazie al famoso halo, ricordo quando all’epoca ne parlò davanti ai media ed ero rimasta colpita dalla sua calma, quasi che non ne fosse toccato molto, questo ed altri episodi mi hanno spinto a caratterizzarlo come ho fatto nella fic. Penso che soprattutto all’inizio della sua carriera in F1 lui fosse molto chiuso e rigido, nel senso che viveva tutto dentro di sé, mentre esternamente dimostrava sempre una calma quasi irreale, in certi casi. È sicuramente una delle persone che mi hanno colpito di più fra le moltissime RPF che ho scritto, è molto particolare e sfaccettato.
Grazie a chi legge la fic e commenta, mi fa molto piacere sapere che piace. Piano piano le cose si fanno più interessanti. Alla prossima. Baci Akane
Chapter 11: Un'inaspettata comprensione
Notes:
(See the end of the chapter for notes.)
Chapter Text
10. UN’INASPETTATA COMPRENSIONE
“Se solo potessi prenderli tutti a pugni e cancellare dalla faccia della Terra la loro esistenza.
Non li spiavo di certo, ma quando stavo per entrare ho sentito che parlavano proprio di me e visto che lo facevano in inglese mi sono fermato a sentire. Quale idiota non l’avrebbe fatto?
Tanto lo sapevo che sarebbe andata così, figurati se non avrebbero detto ste stronzate.
Brutte merde.
Riconosco tutte le voci, Esteban svetta fra tutti ha espresso il punto di vista che va per la maggiore, ne avevo già sentiti altri, che poi grazie a internet adesso è difficile rimanere fuori da ciò che gira. Per quanto a me non freghi e non cerchi stronzate simili, finisci per saperle comunque.
Lascio che sparino le loro cagate e quando hanno finito faccio il mio ingresso in scena. Gli passo vicino squadrandoli fiammeggiante, vorrei sputargli in faccia. Quando vedo che fra loro c’era anche Charles mi sale ancora di più il sangue al cervello. Siccome non avevo sentito la sua voce non mi ero accorto che c’era anche lui, è l’unico di quegli stronzi che non ha parlato. Beh, anche Pierre non ha detto nulla di brutto, si è limitato a raccontare la telefonata e quanto è felice, poi qualcuno gli ha detto in faccia che non sarà facile correre con me perché ho già fatto fuori Daniel.
Che diavolo c’entra, dannazione?
Daniel prima aveva ‘fatto fuori’ Seb, e allora?
Si chiama F1, siamo qua per correre, non c’è niente di personale, i sedili cambiano ed ognuno cerca di avere successo, non per questo se uno resta e l’altro va significa che c’è una guerra in atto. Non fra me e lui, per lo meno.
Mi siedo vicino a Daniel in prima fila, da come lo faccio capisce che ho le palle girate e mi lancia un’occhiata interrogativa poiché fino a prima stavo benissimo.
È stata dura superare la notizia, anche se lui era praticamente da mesi che cercava di prepararmi all’eventualità.
Ricordo quando me lo disse la prima volta, fu a dir poco traumatico, dire che l’ho presa male non rende. Quella volta ci ha visto Charles ed io ero così fuori di me che l’ho anche minacciato. Sono stato così male che forse solo quando mi ha confermato che aveva firmato con la Renault, è stato peggio. Poche settimane fa.
**
- Max, non voglio che perdi la testa.
Già da come esordisce mi girano le palle.
È come se mi pestasse il piede, sento che non mi piacerà nell’esatto momento in cui la sua voce mi dice questo ed ora tutto torna. Capisco in un attimo cosa è venuto a dirmi, perché ha insistito nel fare una giornata in barca.
All’inizio ero contento, ho pensato che volesse sistemare le cose fra noi che negli ultimi tempi erano state un po’ tese a tratti, che avesse cambiato idea e volesse rimanere, alla fine. Del resto non ho fatto altro che dirgli di non fare lo stronzo, ma oggi mi ha fatto venire qua in mare per fare lo stronzo.
Lui è in costume da bagno, col suo fisico ben allenato e abbronzato, i suoi tatuaggi in mostra e l’aria non più felice.
Ma forse quest’aria non felice ce l’ha da un po’. Se devo essere onesto è dall’inizio dell’anno che ho quest’impressione, perché ho perso la testa per la sua felicità ed ora temo che per colpa mia si sia veramente un po’ spento.
Sono così egoista da non rendermene conto? Mi rendeva felice e non ho notato la sua che invece svaniva per colpa mia?
Sono stato qua tutti questi mesi a rompergli i coglioni e fargli storie e gridargli contro tutte le volte che usciva il discorso di cambiare team e non ho mai notato che lui in realtà non era più felice.
È così che gli voglio bene?
Cerco di dirmi tutte queste cose, quello che il ragazzo di qualcuno dovrebbe pensare, ma appena lui mi dà conferma di quel che ormai ho capito, scatto.
Cazzo, se scatto.
- Mi hanno proposto un contratto con la Renault per il prossimo anno ed io ho intenzione di accettare e firmare.
Per fortuna non ha detto che l’aveva già fatto, penso gli avrei tirato un pugno.
Stringo convulsamente la ringhiera a cui appoggio, la barca oscilla leggermente, il mare è calmo; il mio umore, invece, cola a picco.
È un istante, ma io mi rendo conto che perdo la testa.
- Vaffanculo, Daniel! - ruggisco infatti duramente. Serro la bocca in una piega rivolta verso il basso, gli occhi diventano acciaio e respiro a fondo. Molto a fondo.
Sto tremando, vorrei davvero colpirlo.
- Dai Max, ne avevamo parlato. Sapevi che volevo andarmene. Se rimango devo accettare di essere il tuo secondo e qua in Red Bull credono tanto in questa strategia. Io non voglio sacrificarmi di già, mi sento di essere nel pieno della mia carriera, devo pretendere di più e spingere, non posso accontentarmi di stare sotto a qualcuno. Tu meglio di chiunque altro dovresti capirmi!
- E PENSI CHE LA RENAULT TI POTRÀ DARE LE SODDISFAZIONI CHE VUOI? - tuono fuori dal controllo che non ho mai avuto.
Daniel sospira profondamente cercando di rimanere calmo.
La giornata era davvero bella, fin qua. Il sole splendeva, ci saremmo bruciati ma saremmo stati felici. Abbiamo fatto alcuni tuffi e aveva noleggiato due moto d’acqua per divertirci.
Ero così felice di questa maledetta giornata, ed ora la ricorderò come quella della nostra fine.
Perché non c’è sicuramente scampo. È così che andrà.
È questo che è.
La fine della nostra storia.
Daniel mi viene davanti con le mani protese per prendermi le braccia e rabbonirmi, ma io scatto di lato per evitare mi tocchi. Alzo una mano come a dire di stare lì, lui lo fa ma a braccia aperte in attesa, la testa piegata di lato.
- No Daniel! Tu pensi davvero che starai meglio alla Renault? Non hai detto Ferrari o Mercedes! Anche McLaren forse poteva essere un’opzione più soddisfacente|
- Ma la Renault è stata un grande team, ha vinto dei mondiali, che diavolo dici Max?
- Ha vinto, hai detto bene! Adesso sta andando a picco! Sai bene che non troverai là quello che non hai qua!
- Ma cosa dovrei fare? Rimanere dove non sto più bene?
- Ma cosa avrai là?
- Importanza! Una prima guida! Poi non lo so, devo andarmene, Max. Devo smetterla di essere il tuo compagno di squadra!
Quando lo dice è esasperato, ci giriamo intorno, lui cerca di prendermi ed io scappo perché se mi tocca gli tiro quel famoso pugno, ma appena lo dice lo spingo istintivamente. Mi parte l’embolo, non riesco a frenarmi. La testa pulsa e suona i tamburi di guerra, vorrei gridare come un matto, mi sembra di impazzire e lo spingo.
Quando vedo che non cade solo perché finisce contro il parapetto della barca, il suo sguardo shoccato del mio gesto mi calma, ma non poi così tanto.
Sento nelle vene il sangue scorrere furioso, furioso come me.
Scuoto la testa e fa per allungare di nuovo quella dannata mano.
- Max... - fa piano e dispiaciuto. Implora con la voce e lo sguardo ed io ancora scuoto più forte la testa, alzo di nuovo il braccio schivando la sua mano e mi tuffo improvviso in mare.
L’acqua gelida mi avvolge prepotente e shoccante ed è il primo momento di sollievo che sento.
Rimango giù abbracciandomi le ginocchia sperando di trasformarmi in una palla di piombo che coli a picco, ma per mia sfiga torno a galla e allora per evitare di sentire ancora la sua voce mi metto subito a nuotare dall’altra parte rispetto a lui e alla sua cazzo di barca.
Giornata di merda.
Nuoto fino a non averne più, poi mi fermo e mi rendo conto che a parte lui che ora è piccolo, intorno a me non c’è niente e nessuno. Non è che nuotando arrivo a riva da solo e anche se lo facessi poi che farei? Chiederei un passaggio? Beh, sono un po’ famoso ed ho faccia tosta per cavarmela, potrei, ma non si vede la terra e non so da che parte dovrei nuotare e per quanto.
Dai, Max, non fare il bambino e torna indietro.
Cosa ti stavi dicendo, prima?
Se gli vuoi bene devi pensare alla sua felicità. Quest’anno non lo era più, ma tu eri troppo concentrato sui tuoi stupidi desideri per capirlo. Non devi fare il bambino.
Però ha detto che vuole andarsene da me, smettere di essere il mio compagno.
Alzo gli occhi al cielo mentre tornano a bruciarmi e non per il sale del mare.
Affondo ancora una volta, lascio che la superficie si richiuda sui miei occhi, vedo il cielo smerigliato e li tengo aperti finché non bruciano per il sale e non più perché voglio piangere e sto male.
Aprirmi e lasciar entrare le cose belle nella mia vita è stata una pessima idea. Adesso vedrai quanto male starò!
Riemergo sbuffando e mi decido a tornare indietro da lui. Quando lo raggiungo è seduto sul bordo con le gambe che pendono fuori dalla sbarra, le braccia infilate fra altre due e la faccia al di sopra, la fronte appoggiata sull’acciaio e l’aria che è un misto fra il paziente e l’indulgente.
Quando rimango in acqua letteralmente ai suoi piedi, ci scambiamo questo sguardo, io sono ancora imbronciato e mi muovo per stare a galla, lui è lì in attesa che mi calmi.
- Hai finito di fare il pazzo? - chiede sfacciato. A questo gli schizzo l’acqua in faccia, lo faccio con rabbia e non per giocare, ma lui ride e questo mi disinnesca definitivamente.
Maledetto stronzo. Sai proprio come fottermi, eh? In più di un senso.
Poi fa un cenno col capo indicando di salire, così io rassegnato eseguo.
Quando torno a bordo, lui si è girato verso l’interno e si è messo comodo su una delle sdraie su cui ci sono gli asciugamani, me ne tira uno e mi indica di mettermi con lui. Mi asciugo e ansimo perché la nuotata è stata lunga, ma non mi sento tanto meglio. Solo più rassegnato.
Ho lottato per tutto l’anno, ma alla fine ho perso. Ma forse era meglio così.
Meglio che finisca adesso che non sono ancora troppo preso, visto che tanto prima o poi finisce tutto. Tutto si rovina. Niente dura per sempre, specie le cose belle. Dovrei saperlo, visto che mio padre si è tanto prodigato per farmi capire che la vita è uno schifo anche quando va bene.
Mi siedo stanco e sfinito, più emotivamente che fisicamente. Non lo tocco e lui aspetta prima di farlo. Ci appoggiamo coi gomiti sulle ginocchia in posizioni simili, sotto il sole che ci riscalda e probabilmente ci ustionerà.
- Sento che se rimarrò tuo compagno di squadra, la nostra storia si rovinerà e fra noi finirà. Finirà perché inizierò ad odiarti, ti vedrò come la colpa della mia sofferenza, la mia rovina. Non voglio che fra noi si rovini per questo, Max. Se un giorno dovesse finire, voglio che sia perché non ci vogliamo più bene, perché non ci sopportiamo più, non perché ci odiamo per via della F1.
Spiegato così è decisamente diverso e gli occhi bruciano di nuovo, ma è più sopportabile. Non mi sento impazzire, non ho i tamburi di guerra e non voglio picchiarlo.
Lascio un po’ di tempo per realizzare e alla fine sospiro appoggiando la testa alla sua spalla nuda e calda. La mia testa bagnata e fredda lo fa rabbrividire, ma mi circonda col braccio e mi tira a sé. Mi lascio fare e finalmente mi arrendo.
- Mi mancherai da matti.
- Lo so, ma non cambierà niente fra noi. Anzi, migliorerà, vedrai.
Ma non lo so. Non so veramente se ha ragione. Lui è sempre stato quello ottimista fra noi, ma non significa che ottimismo sia realtà. A volte quella realtà è il pessimismo.
**
Ma che cazzo ne sanno loro di quanto sto male io all’idea che lui se ne vada da uno dei migliori team in circolazione per colpa mia? Se non fosse per me non se ne sarebbe andato. Daniel voleva essere prima guida e avere successo qua.
Seb ha aperto la strada dimostrando che è possibile, ha vinto 4 mondiali, qua. Chiunque dopo di lui sogna gli stessi risultati con questo team ed il fatto che io sono qua per riuscirci, un giorno, mette effettivamente fuori dai giochi Daniel. Non possono vincere in due nella stessa squadra. Mio padre ha fatto di tutto per farmi diventare il protetto di Helmut Marko ed ora che lo sono e che sto migliorando di gara in gara, sicuramente saranno sempre più concentrati su di me e sul portarmi al successo. È un investimento che hanno fatto da tanto, su cui hanno speso anche loro molto tempo e soldi. Mio padre non fa che ripetermi tutto questo in modo che io sia consapevole che se hanno pazienza con me ed i miei fin troppi errori, è solo perché sanno che li ripagherò un giorno e ne sono così sicuri che sacrificheranno tutti, senza esitare, per questo non ho scelta. Non posso guardare in faccia nessuno, nemmeno la persona per cui provo qualcosa.
Voglio troppo bene a Daniel per farlo soffrire, se sta male è ora che faccia qualcosa anche io per lui e lo lasci andare sostenendolo in questa fuga.
Una fuga da me.
È la cosa più brutta che potessi vivere, ma è vero che lo fa anche per noi, per non rovinare il nostro rapporto. Rimanendo finirebbe per odiarmi troppo e non riusciremmo più a stare insieme.
Ma è così? È davvero un investimento per il nostro futuro? E se in realtà siamo già a quel punto, al punto di odiarmi alla follia? Magari è bravo a nasconderlo ed in realtà non vede l’ora di scaricarmi...
- Ehi! - la voce chiara e familiare di Charles arriva alle mie spalle stupendomi, mentre la maggior parte dei piloti fa a gara a chi esce per primo dalla sala briefing.
Ormai è ora di andare a cena e stanno già tutti parlando di dove andranno. Anche io e Daniel avevamo pensato a qualcosa cercando di goderci al meglio questi ultimi mesi da compagni di squadra. Poi sì, lui dice che non ci lasciamo e non cambierà niente, ma io sento che è già cambiato qualcosa, anche se non so cosa.
Sono giù, dono dannatamente giù e penso che si veda, perché quando mi giro e lo guardo, Charles si irrigidisce e sgrana gli occhi. Del resto non sono mai stato bravo a trattenermi.
- Dì al tuo caro amico del cazzo che se ha qualcosa da dirmi, può venire a farlo in faccia che non ho paura di nessuno!
Lo dico ringhiando e con il mio tipico astio. Lui alza le mani come in segno di pace e calma.
- Dai, è quello che stanno dicendo tutti nel mondo in questo momento. Non puoi prendertela con tutti.
- Vuoi vedere? - rispondo subito di getto, le mani in tasca, posizione del corpo rigida, espressione dura. Lui fa un sorrisino.
- Meglio di no... - sta per dire qualcosa, ma però cambia idea. Vorrei sapere cos’era, ma se glielo chiedessi farei la figura di chi gli importa e a me non importa di niente e nessuno, solo di Daniel. E anche lui alla fine mi ha mollato. Perché è questo che sta facendo.
- Per quello che vale, io non la penso così. Non se ne va per colpa tua. È la Red Bull che non sa gestire due piloti senza farne soffrire uno dei due. Però si sa, è la F1. È da sempre che è così e non cambierà di certo ora.
Quando dice questo, qualcosa si apre nella mia testa e in mezzo al petto.
Si apre la mia corazza di rabbia che mi aveva letteralmente tenuto in piedi in questi giorni di merda.
Assurdamente quando sento che mi capisce e che lui, proprio lui, sa come funziona e sa che stavo male per questo, mi sento meglio. Sollevato. Quasi in pace.
Lo guardo sorpreso e smarrito.
- Lo passerai anche tu. Esattamente quello che sto passando io. Arriverai in Ferrari, sarai il compagno di Seb, un grande pilota come pochi in attività, e piano piano considereranno te come prima guida e lui soffrendone se ne andrà. Allora capirai come mi sento.
Non so perché glielo dico, lui rimane colpito per un momento perché dico chiaramente che credo in lui e nelle sue qualità di pilota, credo che avrà successo e che arriverà in Ferrari. Non ne ho mai fatto mistero. Beh, forse a lui nello specifico non gliel’ho mai detto, ora che ci penso.
Beh, l’ho appena fatto.
Le mani nelle tasche smettono di stringere i pugni e le spalle si rilassano così come il resto del mio corpo. Lui mi guarda con un sorrisino stupito e ironico che non arriva agli occhi come tutti gli altri suoi.
- Spero che tu abbia ragione perché significherà che sto raggiungendo il mio sogno. Ma penso che sarà comunque diverso. Per quanto ammiro e rispetto Seb, dubito che sarebbe la stessa cosa veder andare via lui. Per te è sicuramente diverso.
Per un momento penso d’aver capito male. Davvero ha detto una cosa simile?
Davvero?
Spalanco gli occhi, è la prima volta che non solo mi cerca per consolarmi in qualche modo, ma addirittura allude alla mia relazione con Daniel. Sto per ribattere qualcosa che non so nemmeno cosa potrebbe essere, ma lui si affretta ad aggiungere serio.
- Per questo so che non hai mai cercato di fargli le scarpe e che non sei felice di quello che sta succedendo. Ma se lui lì sta male, deve fare ciò che è meglio per sé stesso.
Non so davvero che gli succeda e perché sia venuto addirittura a dirmelo. Forse perché si sentiva in colpa perché prima non mi ha difeso.
Alla fine rimango inebetito a guardarlo, è un evento per me perché ho sempre la battuta pronta in qualsiasi caso, per me è una difesa, ma ora mi esce solo una semplice parola che mi fa effetto rivolgerla a lui.
- Grazie.
Per me significa molto che tu sappia la verità, che non sono lo stronzo che tutti credono. Ma questa cosa non te la dirò.
A questo punto Pierre torna a spuntare dalla porta e lo richiama, con lui c’è Daniel, i due stavano ridendo insieme e solo mentre li raggiungiamo noto quanto quei due si somiglino nei modi.
Solari, felici, contagiosi. Forse per due persone come me e Charles, solo due così vanno bene.
Io rabbioso, lui triste: poco conformisti, insomma.
Una volta che ci riuniamo alle nostre metà, mi rendo conto del pensiero.
Significa dunque che anche Charles sta con Pierre ed è per questo che mi capisce così bene?
Sul momento naturalmente non potevo sapere com’erano andate le cose, ma quando vedo le immagini da ogni angolazione nel monitor nel retro podio, rimango a dir poco shoccato.
- Cazzo, gli si è distrutta la macchina di Fernando sulla testa! - esclamo mentre per la prima volta sento qualcosa nel riguardare gli incidenti in pista. Non è il primo e non sarà l’ultimo, guardo e ne rimango colpito dei peggiori, ma adesso è diverso. Adesso il cuore mi va stupidamente in gola.
- Se non era per quell’halo sarebbe finita male... - commenta Seb, Lewis conviene con lui. Da quando hanno fatto pace, l’anno scorso, sono culo e camicia, non si separano mai e non sono mai in disaccordo.
È sempre bello stare con loro perché mi fa sembrare di essere un vincente come loro. È come se il destino mi dicesse che il mio posto è fra loro, fra i grandi, fra quelli veramente forti.
- Charles è stato fortunato, poteva finire male...
Parliamo ancora di quel brutto incidente all’inizio e più riportano le immagini, più rabbrividisco fra me e me. Seb cita Jules Bianchi, il motivo per cui è stato introdotto il tanto discusso Halo che io come tutti abbiamo sempre odiato, Bianchi che era un grande amico di Charles. È come se lui l’avesse protetto, oggi, replica Lewis sentimentale e filosofico come solo lui sa essere. Non sono uno romantico o fatalista, però questa cosa mi fa venire i brividi e mi zittisco mentre le immagini cambiano e fanno vedere altre scene della gara.
Sono arrivato terzo e da GP di merda che mi si prospettava, alla fine è andata più che bene. Non me l’aspettavo, ma mentre guidavo nel weekend mi sono reso conto di sentirmi sempre meglio, libero e leggero come da tempo non mi succedeva.
Correre è liberatorio, per me lo è sempre stato, ma questa volta è stato terapeutico.
Eppure quel dialogo con Charles... non posso che pensare che in qualche modo mi abbia aiutato.
Se nella mia vita privata le cose dovessero andare in merda, avrò sempre la F1 a salvarmi. È sempre stato così e sempre lo sarà.
Ma oggi sono felice che Charles stia bene. Fottutamente felice.
Non credo sarei rimasto indifferente se avesse fatto la fine di Bianchi, non so come avrei reagito, ma improvvisamente a questo pensiero mi sento strano; tuttavia non afferro bene perché veniamo chiamati sul podio per i festeggiamenti e le premiazioni e ben presto dimentico tutto. Ben presto c’è solo la mia rivincita sui perdenti patetici che parlano senza sapere un cazzo di me. Ma la vedranno. La vedranno tutti chi sarà il vincente. Ho solo appena iniziato.”
Notes:
scusate il ritardo con cui ogni tanto pubblico, motivi lavorativi ed impegni vari a volte i tempi si allungano, ma ci sono sempre perché sono arrivata a scrivere oltre i 100 capitoli (non ancora finita) perciò il materiale c'è, è solo da correggere e per questo dipende dal tempo a mia disposizione. Per rimanere aggiornati c'è la mia pagina su FB. Ringrazio chi legge e commenta, soprattutto la versione in inglese noto che è apprezzata e mi fa tanto piacere. Siamo ancora nella fase della conoscenza e dell'approfondimento dei personaggi e delle loro situazioni, ma finalmente le cose iniziano a muoversi per loro due e piano piano dei piccoli cambiamenti arrivano ad innescare l'inizio di un processo a catena. Grazie a tutti e alla prossima. Baci Akane
Chapter 12: Quando i sogni si realizzano
Notes:
(See the end of the chapter for notes.)
Chapter Text
11. QUANDO I SOGNI SI REALIZZANO
/Charles/
“Lo sguardo si perde nella superficie blu intenso del mare su cui la barca galleggia. Il sole picchia sulle mie spalle, ma io sono ipnotizzato guardando l’acqua che mi ricorda tanto gli occhi di Max. Mentre ci penso realizzo che è proprio questa la sua tonalità e quasi mi illumino per dirlo istintivamente a qualcuno, ma quando mi giro e guardo i miei amici sparsi in ogni angolo disponibile e utile per crogiolarsi al sole, mi rendo conto che a nessuno interesserebbe minimamente sapere di che colore sono gli occhi di Max.
Così torno a guardare davanti a me in questa posizione un po’ strana, dove le gambe e le braccia pendono oltre il bordo della barca, fra le due barre orizzontali in acciaio della ringhiera che mi permette di infilarmi e appoggiare il mento su quella di mezzo.
Lentamente torno a rilassarmi fissando la superficie calma di questo elemento che amo, così scuro vista la profondità del fondale che naturalmente non si intravede nemmeno ad occhio nudo.
La barca è di uno dei miei amici che ci aveva invitato oggi nel weekend libero, sono coi soliti e con Giada. Mi ha invitato sorpreso che non ne avessi già una mia, quando mi ha chiesto cosa aspettassi a prendermene una gli ho detto ‘la firma con la Ferrari!’
Non ci sono ancora certezze, solo voci e speranze.
Nicolas mi ha detto che la Ferrari sta seriamente valutando il mio profilo per il prossimo anno, ma non hanno ancora deciso nulla e di tenere il telefono sempre attaccato perché vorranno eventualmente parlare direttamente con me.
Fino a quel momento, se mai ci sarà, dovrò lavorare sodo per raggiungere il primo dei miei obiettivi. La Ferrari. Poi inizierò per l’altro. Il Mondiale.
Sono le promesse che ho fatto solennemente a mio padre e Jules, non c’è niente sopra di questo e non è solo per loro, ma anche per me stesso. È realmente ciò che voglio.
Questo genere di vita mi piace, il lusso, il divertimento, le vacanze, il mare e tutto quanto. È bello e sicuramente non voglio privarmi di questo lato della vita, ma non sto cercando di avere successo in F1 per la vita di lusso come è per molti piloti che tentano questa strada.
Per me è proprio una missione personale, oltre che esattamente ciò che voglio per me stesso, ciò che mi piace sopra ogni cosa.
Qualcosa viene spruzzato sulla mia schiena calda per via del sole e salto girando il capo, quando vedo il viso sorridente di Giada che mi posa un delicato bacio sulle labbra, torno a girarmi.
- Pensi di ustionarti? Non credo guiderai bene la prossima settimana con la schiena bruciata... - mi fa notare. Io ridacchio ed annuisco tornando ad appoggiarmi alla ringhiera, lo sguardo torna a girovagare sulla superficie blu del mare e torno a rilassarmi.
È strano che penso che il colore del mare è lo stesso degli occhi di Max invece che eccitarmi perché la mia ragazza mi spalma la crema sulla schiena?
Forse, ma è anche colpa del fatto che sto con lei da tanto. Saranno tre anni, ormai, e non ho mai trovato una ragione per lasciarla, ma nemmeno per progredire nella relazione. Non abbiamo mai parlato nemmeno di convivenza anche se vive a Monaco come me. Spesso passiamo molto tempo insieme, ma non sempre, per lo più sono occupato con le gare e mi sta bene così, non mi viene da chiederle di venire a vivere con me.
Ci penso, ogni tanto. Penso che dovrebbe essere qualcosa di più, ma non lo è. Non lo è proprio e non ci sono dubbi su questo. Per ora sto bene, ma la propria ragazza non dovrebbe essere solo colei che ti accompagna ogni tanto in giro, non è colei che ‘fa la tua fidanzata’ quando hai tempo libero. Ma di fatto credo sia così.
Anche Pierre cambia ogni tanto ragazza nonostante sia più consapevole di me della sua sessualità e mi chiedo se il ruolo di fidanzata sia appunto solo questo, in realtà. Un ruolo. Per poter condurre invece la vita che vuoi in segreto, quella che è tua realmente, che ti piace e ti fa sentire vivo. Ma anche se fosse, qual è questa vita reale segreta che vorrei condurre? Al momento non c’è niente da nascondere, ma so che questa che vivo in superficie è appunto solo questo. La superficie. Di questo ne sono sicuro, anche se non so cosa ci sia sotto. Suppongo che lo scoprirò vivendo, come si suol dire, no?
Chissà Max. Sta con Daniel, se ci sta realmente ancora, cosa di cui non sarei tanto sicuro, ma non mi pare abbia una fidanzata.
Quando diventi un personaggio pubblico penso sia normale pensare alla propria immagine, Pierre mi ha detto che ci tiene ad avere sempre una ragazza accanto per questo motivo, ma è innegabile che preferisca i ragazzi.
Per me è ancora tutto nebuloso e finché sto bene con Giada non mi preoccupo. Se dovesse finire con lei, penso continuerei ad avere una ragazza accanto se non altro perché è l’abitudine, oltre che una sicurezza. Sai che ti lasceranno in pace se ne hai sempre una accanto.
Ma per la verità non ci ho mai pensato seriamente, non ho progettato nulla, vivo semplicemente ciò che mi sento di vivere senza rifletterci molto. Tuttavia è la prima volta che mi chiedo di Max. Lui sicuramente ha qualcosa di importante da nascondere in quanto personaggio ben noto, sia lui che Daniel, ma non l’ho mai visto particolarmente interessato a farlo. Non esibisce fidanzate, né finte né vere.
È coraggioso e sicuro di sé, in questo, e lo ammiro. Non ha paura di essere scoperto. Non che si ostentino, non faranno di sicuro coming out da come ha reagito quando li avevo beccati, però credo che non sia poi così facile portare avanti una relazione come la loro, si capisce è seria.
Ha reagito troppo male alle voci che lo volevano responsabile e colpevole della fuga di Daniel. Quando insinuano che loro due non vanno d’accordo e che Daniel va via dalla Red Bull per questo, lui va in bestia. Quel giorno mi sono sentito di fargli sapere che non la pensavo così, sebbene in qualche modo credo che sia vero che è in ogni caso responsabile della decisione Daniel, ma non per quel che pensano gli altri.
Mi torna in mente quel giorno della settimana scorsa, quando gli ho detto che mi scostavo dalle voci che giravano su di loro. Sono stato gentile ed io lo sono con tutti per proforma, ma con lui non lo ero mai stato, penso. L’ho stupito.
Il colore blu dei suoi occhi torna a sovrapporsi al mare e mi rendo conto solo dopo un po’ che Giada ha smesso di spalmarmi la crema e si è stesa di nuovo al sole.
Della musica esce da una cassa, è un momento di relax totale ed è bello, ma penso che a momenti torneremo tutti a tuffarci e fare gli idioti.
Sorrido ricordando lo stupore di Max ed il suo ‘grazie’ a quella conversazione. Io e lui non abbiamo quasi mai parlato, specie da giovani, adesso forse succede un po’ di più ma siamo sempre molto distanti e formali. Più o meno.
Quando mi ha quasi dato un pugno per minacciarmi se avessi detto a qualcuno di loro non era molto formale, ma è stato sicuramente efficace.
A volte lo invidio per questa sua capacità di essere spontaneo in ogni circostanza. Non importa cosa, quando e come. Io se stessi con un ragazzo penso farei come Pierre, mi terrei sempre vicino una splendida ragazza come specchietto, per essere sicuro di non essere sospettato né scoperto e lasciare voci e rotture di palle lontani. Mentre lui sta attento ma non pensa a coperture, anche se forse dipende anche dal modo in cui sta con Daniel, dal rapporto effettivo. Magari stanno insieme ma non poi così tanto seriamente. Voglio dire, forse se fossero innamorati davvero Max cercherebbe una relazione di copertura per stare più sicuro, chi lo sa. Comunque lo ammiro per il coraggio che dimostra in questo momento. Non è facile vivere come lui.
È proprio adesso, mentre sto per proporre un paio di tuffi e nuotate per poi pensare al pranzo, che il telefono qua vicino a me suona e appena succede un colpo al cuore mi fa credere di avere un infarto.
Penso subito che sia Arrivabene, è normale quando aspetti da un momento all’altro quella notizia. Ogni volta che ti suona il telefono pensi a lui, l’ho già fatto venti volte, ma è la prima volta che i miei occhi leggono effettivamente quel nome sul display e per poco non crepo.
L’infarto non è solo un impressione.
Salto subito in piedi rovesciandomi all’indietro, rimbalzo sul lettino qua dietro e dopo che mi sistemo sulle ginocchia gridando isterico di abbassare la musica, rispondo a Maurizio.
La sua voce ormai familiare arriva alle mie orecchie. Non ci ho parlato tantissimo, ma ogni tanto è capitato.
Se mi chiama sarà per dirmi che mi ha preso, no?
È impossibile per me non pensare a quella possibilità. È logica, pura logica.
Il cuore mi uccide da tanto che batte. Mi saluta, i convenevoli, come va, che succede, ti disturbo, no tutto ok e poi finalmente la notizia.
- Senti, ti chiamo per dirti che alla fine abbiamo deciso di non prendere te. Volevo che lo sapessi da me in modo da evitarti possibili false notizie provenienti da altri.
Per un momento penso d’aver capito male, ma da come aggiunge che gli dispiace, realizzo che ho capito davvero bene.
Mentre comprendo che è un no, il primo no ad una cosa a cui tenevo davvero, il mondo mi crolla addosso e mi bruciano gli occhi. Ma perché mi chiama per dirmelo? Da quando qualcuno ti chiama per dirti che non ti prende?
Mio malgrado tiro fuori tutta la forza di cui sono capace mentre mi tappo l’altro orecchio con un dito che a momenti mi perfora il timpano da tanta forza forsennata che uso.
- Ok, va bene, grazie per avermelo detto comunque.
Cosa dovrei dire, del resto?
Un no è un no, devo essere adulto e prenderla con maturità. Lavorerò duro ancora in Sauber per farmi notare, prima o poi succederà.
Lui mi saluta e mette giù, io fisso ancora il telefono guardandolo inginocchiato sul materassino dove ero saltato. È così strano. Gli altri miei amici capendo che era una telefonata importante mi fissano tutti, Giada si è messa accanto a me e non sa se toccarmi e consolarmi o lasciarmi stare. Per fortuna mi conosce abbastanza da sapere che in certi casi è meglio non toccarmi e che non mi piacciono tanto i contatti fisici.
- Ha detto che non prende me. - mormoro piano, più deluso di quel che volevo apparire. Questa è maturità, Charles? Non dovevi essere più adulto? Dov’è la tua forza? È un no che avevi messo in preventivo, dopotutto.
Alla fine sospiro e proprio mentre sto per buttarmi giù di faccia lettino dove sono appollaiato, il telefono torna a suonarmi. Lo fisso di nuovo col cuore in gola, di nuovo il suo nome.
Maurizio Arrivabene.
- Ancora lui! - sussurro a fior di labbra, un altro infarto, non posso reggerne altri.
Senza più pensare a nulla, prendo su e rispondo ed è proprio in questo momento, in questo preciso momento che la sua voce adesso è allegra e squillante.
- Scherzavo, Charles. Abbiamo deciso di prendere te per il prossimo anno. Avrai un sedile accanto a Seb.
E niente, adesso non vedo più niente.
Niente.
Credo di ringraziarlo e credo mi dica che ci sentiamo per i dettagli, ma so per certo che sono totalmente sotto shock. Così tanto che nemmeno respiro, il cuore si è fermato ed il cervello è in tilt. Giuro, sono fuori di me.
Poso il telefono, mi tolgo gli occhiali da sole e senza guardare niente e nessuno, proprio come se fossi posseduto da un fantasma o qualcosa del genere, mi alzo, con una falcata veloce arrivo alla ringhiera e senza afferrarla con le mani ci poso un piede sopra e dopo aver fatto perno mi libero nell’aria gridando, scaricando in questo urlo tutti i nervi che si erano tesi allo spasmo.
Non so cosa fanno gli altri, l’acqua si chiude sopra la mia testa gelida e shoccante e mi schiaffeggia dopo che il sole mi aveva bollito la pelle.
Il mondo si cancella, ogni situazione, pensiero, paura, conversazione telefonica assurda.
Tutto va via, solo quella consapevolezza, rimane.
Quella più importante.
Sono qua sott’acqua abbracciato alle mie ginocchia e sprofondo ancora un po’ per la forza con cui mi ero tuffato.
Papà, ce l’ho fatta. Sono in Ferrari sul serio. Lo vedi? Non era una bugia, ma lo sapevamo tutti e due che non lo era.
Era solo un’anticipazione di ciò che sarebbe successo.
Lo sapevamo entrambi, ci siamo. Ci siamo riusciti davvero. Il nostro sogno è qua, inizia ora e giuro adesso, mentre risalgo fuori in superficie respirando a pieni polmoni, giuro solennemente che vincerò in Ferrari. Non andrò solo a scaldare un sedile.
Vincerò Gran Premi e mondiali. Giuro, papà.
Jules, hai visto? Magari avresti firmato tu oggi al mio posto se fossi stato vivo.
I miei amici mi vedono sorridere e così mentre alzo le dita a V fuori e le sventolo, loro capiscono e sul mio grido di ‘MI HANNO PRESO’ tutti si tuffano con me gridando allo stesso modo, impazziti di gioia. Arrivano a me e mi affondano per festeggiarmi ed io mi abbandono alla felicità e a questa nuova fase della mia vita che sta per iniziare. Sento che se dovessi definire la mia esistenza, la potrei definire da prima della Ferrari e da dopo.
Ne sono sicuro, sicurissimo.
Papà, Jules, ce l’ho fatta. Non vi deluderò. Lo giuro.
Dopo uno scambio di messaggi con Pierre dove ci mettiamo d’accordo per stasera, organizzo la sorpresa perfetta. Nemmeno farlo apposta avevamo comunque deciso di uscire, perciò ci incontriamo da me con quella di unirci alle nostre ragazze a cena.
Quando ha sindacato sul fatto che non solo Caterina e Giada avevano bisogno di prepararsi, ma anche lui, ho detto sbrigativo che poteva farlo da me e per poco non ho mangiato la foglia.
Perché Caterina doveva preparasi in albergo mentre lui da me?
Ovviamente ho dovuto dirgli ‘così parliamo’, ho fatto il misterioso ma è abituato ai miei metodi. Potendo scrivere ho mascherato bene il tono ma se lo sentivo al telefono figurati se non si capiva che ero su di giri ed emozionato.
Quando l’ho detto alla mamma e ai miei fratelli hanno tutti pianto e per poco non piangevo pure io. Non sono mai stato così emotivo dalla morte di papà, ma suppongo sia normale.
Appena sento il campanello mi parte la tachicardia. È una cosa stupida e so perfettamente che non riguarda Pierre ma è il fatto che dirlo di persona a qualcuno dopo che mi sono calmato, mi dà la giusta portata di quello che mi è capitato.
Mi rendo conto di cosa sto per dire, anche se l’ho già detto ai miei ma ero così fuori di me in quel momento che non me ne sono nemmeno reso conto.
Adesso è diverso.
Pierre sale in ascensore e contando mentalmente i secondi che si sta a salire in cima al palazzo, apro la porta di casa prima di farlo suonare.
Il cuore martella, gli occhi bruciano, credo di essere vivo.
È questo forse.
Sono di nuovo vivo e tutto per merito della Ferrari.
È il mio grande sogno e l’ho raggiunto.
È reale, non solo speranze e progetti.
È pura realtà.
Dopo che mi ero calmato mi sento di nuovo elettrico a dir poco e mentre spalanco la porta davanti a lui, credo di star vibrando di felicità.
Infine non riesco a dire niente, perché lo abbraccio forte e spontaneo come ha fatto lui qualche settimana fa.
Lo stringo e lo tiro dentro e non riesco nemmeno a parlare perché lui ricambia e grida perché già sa. Figurati se non lo capiva appena mi vedeva. Del resto non sono uno dall’abbraccio facile.
- ALLORA È SÌ? - strilla al mio orecchio e dannazione strillo anche io allo stesso modo, totalmente fuori controllo.
- È SÌ! MI PRENDONO IN FERRARI!
Dovevo dirlo, dovevo dirlo esplicitamente. Avevo bisogno di farlo perché è una cosa così grande che non ne avrò mai abbastanza a ripeterlo.
Mi hanno preso in Ferrari, sono dentro, sono con loro. È tutto vero.
Pierre si mette a gridare ed io grido con lui e non ho mai fatto così per niente in tutta la mia vita, ma cazzo quanto mi sento vivo adesso. Così tanto che non ce la faccio, mi sembra di scoppiare, sono incontenibile e non capisco più niente, ma proprio niente.
Infatti gli prendo il viso fra le mani e senza aprire gli occhi perché potrei calmarmi e non voglio perdere questo stato d’animo pazzesco, cerco la sua bocca e dopo averla trovata lo invado prepotentemente con la lingua.
Non capisco assolutamente nulla, solo che lui mi risponde quasi subito e finiamo per baciarci.
Il calore esplode, l’emozione mi dà il colpo di grazia e mi sento bollente in ogni parte del mio corpo, al punto che lo spingo contro la porta che ho appena chiuso e lascio il suo viso per scendere con le mani nei suoi pantaloni. Glieli apro ed infilo la mano dentro. Una volta che gli prendo l’erezione in mano, lo masturbo senza rifletterci nemmeno, ma faccio anche di peggio prima di svegliarmi e realizzare.
Con l’altra faccio altrettanto con me e senza smettere di baciarlo unisco nelle mie mani i nostri cazzi che presto si fanno duri allo stesso modo.
Il calore del suo contro il mio mi dà alla testa e ci mettiamo ad ansimare rimanendo solo con le labbra le une sulle altre a respirarci a vicenda. Gli occhi ancora chiusi perché è troppo bello e non ci vogliamo svegliare. Non io, per lo meno.
È tutto velocissimo, nella realtà. Un lampo che attraversa il cielo facendoci impazzire. O meglio, facendo impazzire me.
Dopo che veniamo entrambi, appoggiandoci lui alla porta alle sue spalle ed io a lui, mentre scivolo con la fronte sull’incavo del suo collo, lascio che i nostri inguini premano ormai pulsanti, bagnati e soddisfatti uno sull’altro. Le mie mani sulla porta di legno massiccio dietro di lui.
Poi restano solo i nostri respiri, entrambi affannati, quasi sincronizzati come lo siamo stati dal momento in cui ci siamo visti poco fa.
Eravamo sulla stessa lunghezza d’onda. Per la prima volta abbiamo reagito alla stessa maniera, voluto la stessa cosa. Per la prima volta eravamo vivi entrambi in modo uguale.
È stato shoccante e bello.
Vivo. È così bello esserlo. Ne voglio ancora, ne voglio di più, ma voglio che sia spontaneo così come lo è stato ora, non forzato perché è una cosa decisa da me, ponderata e mirata.
Voglio tornare ad essere trasportato così come ora, ma penso d’aver comunque sbagliato qualcosa.
È stato bello e lo voglio rifare, ma non con lui.
Ecco cosa c’è stato di sbagliato.
Mi ha forse contagiato con i suoi modi entusiasti ed eccessivi, o forse era nel posto giusto al momento giusto, ma probabilmente se fosse stato qualcun altro avrei fatto lo stesso.
O forse no. Forse è proprio il fatto che fosse Pierre, perché di lui mi fido e sono a mio agio.
- Scusami. Non so cosa mi sia preso. Non dovresti assecondarmi quando impazzisco. - dico dopo un momento infinitamente lungo durante il quale siamo rimasti appoggiati uno all’altro senza dire niente né muoverci.
Imbarazzato, continuo a blaterare: - Dovevi darmi un pugno e farmi volare via. Questa volta ho passato il segno, non so cosa mi sia preso. Penso di essere impazzito sul serio, ma ero così felice che non ho capito niente.
Mi stacco rimettendomi tutto a posto carico di vergogna e pentimento, sebbene prima fosse stato così bello e ricordo che cosa ho provato e desiderato.
Lo voglio ancora.
Voglio tornare a sentirmi così, ma di secondo in secondo, mentre cammino nervoso e nel panico nell’appartamento, mi rendo conto di una cosa essenziale.
Era stonato. Non l’atto in sé, quello è stato dannatamente bello. Ma lui.
Eppure, forse, non avrei potuto farlo con altri che con lui.
- Va tutto bene Charles. Sul serio. Eri su di giri, è normale...
- Non lo è perché ho una ragazza, se sono su di giri...
Non l’avevo pensato prima di dirlo e mentre parlo l’agitazione sale, il cuore torna a sentirsi nel petto ed io non so che fare. Per un momento qua in mezzo a casa mia, mi rendo conto che non so che fare perché ho agito d’impulso e me ne sono pentito, anche se una parte di me no. Una parte di me gli è piaciuto e sa che era ora.
Vedendo che non riesco a guardarlo, spunta alle mia spalle e mi cinge delicatamente le spalle con un braccio. Sempre dolcemente mi gira verso di sé ed io dopo un primo momento di opposizione, mi lascio fare e mi abbandono ad un abbraccio che questa volta non sfocia nel porno. Non è inappropriato, sconvolgente e vibrante come prima. È uno dei nostri abbracci. È di nuovo tutto normale.
Prima non ero in me o forse lo ero. Lo ero così tanto che non sono più riuscito a controllarmi. Ma qual è il punto alla fine?
Lui non dice nulla, continua solo a dire che va tutto bene ed io non riesco più a parlare.
La birra fresca fra le dita mi restituisce subito la sensazione di calma e lucidità, avrebbe funzionato anche con del ghiaccio puro, ma la bottiglia di vetro va bene.
Pierre dopo avermela messa in mano, si siede nel divano accanto a me e mi guarda in attesa, paziente, con una calma che non sembra appartenergli normalmente. È sempre molto esuberante e vivace, così tanto che lo invidio spesso, ma sa sempre come fare con me.
Adesso ho bisogno di calma e silenzio, perché se non ne vengo a capo è finita e non voglio incasinarmi proprio adesso.
Mi lascia il tempo che mi serve ma visto che non dico nulla, comincia lui.
- Sai, forse è solo che volevi provare da tempo e non osavi, ti serviva una spinta per sperimentare se i tuoi dubbi sono fondati.
Non mi stupisce che sappia così tante cose di me che nemmeno io so, mi stupisce che ogni volta riesca sempre a dire e fare le cose giuste con me.
Non mi merito una persona così accanto.
Quando alzo finalmente lo sguardo dalla bottiglia, lo poso sui suoi occhi chiari così belli, di questo bell’azzurro color cielo, e non ho dubbi. Improvvisamente capisco che ha ragione.
- Sono gay anche io?
Perché lui lo è ed è il solo con cui avrei potuto sondare il dubbio che ho da un po’ di tempo.
Jules mi piaceva ed avevo forti dubbi sul modo in cui mi piaceva, l’unico a cui ne avevo parlato era Pierre ed in quell’occasione lui mi aveva rassicurato con la sua tipica leggerezza dicendo che anche lui provava attrazione per i ragazzi e che non c’era niente di male. Poi però non sono mai riuscito ad accertarmene ed adesso, arrivando in F1, ho iniziato di nuovo a chiedermi se mi piacessero i ragazzi.
Come mai questi dubbi sono tornati proprio ora?
Mentre lui mi sorride dolcemente alzando le spalle in segno di ovvietà, io sospiro con un’aria più rassegnata che serena.
Evidentemente lo sono, quanto meno mi piacciono anche i ragazzi. O forse qualcuno e non tutti. Sicuramente riesco ad avere un orgasmo e a baciarne uno.
Eppure lo so, mi concentro sul suo bel viso sempre ben curato in ogni dettaglio, i lineamenti delicati al limite della perfezione.
Lo so che mi è piaciuto fare ciò che ho fatto, ma non è lui.
In qualche modo so che non è lui ad attivarmi, è stato il momento, il modo in cui mi sentivo e questo pensiero sempre più ossessivo che evidentemente nutrivo senza rendermene pienamente conto.
Lui è stato il veicolo col quale mi sono accertato della mia natura, ma sono altre sfumature di azzurro, che mi affiorano assurdamente nella mente, mentre fisso i suoi.
È un’intensità di blu simile al mare, il colore degli occhi che mi vengono in mente.
Appena lo realizzo concretamente, spalanco i miei e mi riscuoto scolandomi quasi completamente la birra in una volta.
Charles, sei impazzito, piantala di sragionare e torna in te!
Dopo che bevo, mollo un rutto di un certo spessore che fa ridere Pierre, successivamente attacco a parlare della telefonata di Arrivabene e della Ferrari e questo mi salva facendomi riprendere il controllo.
Pierre è l’unico sulla faccia della Terra che potrebbe capire certe cose di me che nemmeno io voglio capire. Perciò devo stare attento quando sono con lui, se non voglio ritrovarmi ad affrontare delle realtà scomode.
Molto attento.”
Notes:
il modo in cui Charles ha saputo che la Ferrari lo prendeva è vero, sono cose che ha poi raccontato lui, Arrivabene gli aveva davvero fatto uno scherzo e lui era in barca con amici e si è subito tuffato pieno di gioia. Naturalmente tutte le cose con Pierre sono mie personalissime aggiunte. Le foto che ho messo nel bannerino del capitolo sono tutte prese da settembre 2018 mentre quella sulla barca è solo per rendere vagamente la scena che ho descritto ed il colore degli occhi di Max, perché io visualizzo nitidamente nella mente ciò che scrivo anche se non sono un esperta di tutto ciò che metto e a volte invento completamente. Per esempio non so come siano gli yacht, ma uso l'immaginazione e cerco qualche foto online per scoprirlo. Alla prossima. Baci Akane
Chapter 13: Angeli e diavoli
Notes:
(See the end of the chapter for notes.)
Chapter Text
12. ANGELI E DIAVOLI
/Max/
“La notizia di Charles alla Ferrari dal prossimo anno arriva facendo immediatamente il giro del mondo e sebbene io non sappia tante cose, mi sento istintivamente felice per lui.
Non sono un gossipparo perciò a volte mi pare di vivere fuori dal mondo, solo che anche non volendo ascoltare ciò che dicono gli altri, e con altri intendo tutti quelli che in qualche modo hanno a che fare con il mondo delle corse, finisco comunque per sapere.
È la voce del momento, non si fa che parlare di questo ed è inevitabile che anche io alla fine senta quel che dicono di Charles e della Ferrari.
Su Charles alla fine fanno delle storie fantastiche e romantiche su come abbia mentito a suo padre in punto di morte dicendo che aveva già firmato per la Ferrari anche se era ancora in F2 e non aveva in vista nemmeno la Sauber all’epoca, raccontano di questo splendido esito dove alla fine in Ferrari ci è arrivato davvero realizzando quanto detto a suo padre. Raccontano anche cose super stucchevoli sulla sua predestinazione grazie a Bianchi del quale in un certo senso ha preso il posto in quanto la voce su di lui, prima che morisse, era che fosse il legittimo successore di Kimi in Ferrari e che alla fine sarebbe arrivato lui in rossa. Essendo che Bianchi come ormai anche i muri sanno è stato il garante per Charles, è una cosa strappalacrime il fatto che sia proprio lui ad esserci arrivato.
Parlano di lui come del Predestinato più che mai, non che non l’abbiano già fatto da molto prima, tanto che appunto pure uno come me che non ascolta gossip e stronzate sugli altri è finito per saperlo comunque, però adesso la Profezia è realizzata, no?
O meglio, se ci fosse stata una Profezia questo è il momento in cui verrebbe realizzata.
Insomma, da come ne parlano sembra la trama di una saga fantasy.
Sono una massa di cagate cosmiche!
Potevano chiedere a me di Charles, gli avrei detto già dai tempi del Go-Kart che sia io che lui saremmo arrivati in F1 in due grandi team rivali. Se non credi ad un bambino sognatore, adesso che sono qua e che ho dimostrato a fatti che era vero che ci sarei arrivato, significa che avevo ragione anche su di lui.
Io in Red Bull e lui in Ferrari. L’ho sempre saputo che sarebbe andata così, non serviva nessuna stronzata sulla Predestinazione. Non esistono quelle cagate. Era semplicemente ovvio che ci sarebbe riuscito, così come lo era per me, perché siamo fottutamente bravi, i migliori della nostra generazione, come Seb e Lewis lo erano della loro.
Adesso Charles è appena arrivato in F1 e deve ancora abituarsi al grande cambiamento che c’è dalla 2 alla 1, ma sta già andando alla grande considerando che corre con una macchina inferiore. Lo vedranno tutti come lo stanno vedendo finalmente con me. Il talento è reale e adesso gliela faremo vedere a tutti.
Però quel che mi brucia e mi irrita non è questo, la gente ha sempre parlato male di me come pilota dicendo che ero sopravvalutato, ma io sapevo che non era così e che correndo gliel’avrei fatta vedere; il punto che mi fa andare in bestia è che hanno tutti incolpato me per l’uscita di Daniel da Red Bull, mentre adesso con Kimi e la Ferrari che gliel’ha fatta sporca allo stesso modo, tutti zitti.
Con Daniel era colpa mia, mi hanno crocefisso come fossi un orco, la causa dei suoi problemi. Sono arrivati addirittura a dire che l’ho fatto scappare perché ci odiamo ed è impossibile essere mio compagno di team. Le più stronzate le hanno sparate su di me, di tutto pur di non ammettere che semplicemente la Red Bull mi preferisce perché sono più bravo, ma nessuno sa un cazzo visto che io non voglio che se ne vada.
Adesso con Kimi però non è colpa di Charles. Nessuno lo nomina nemmeno, la colpa è della Ferrari che ha trattato male Kimi scaricandolo in quella maniera ignobile senza nemmeno guardarlo in faccia. La Ferrari ha giocato sporco, ma Charles è l’angelo caduto dal cielo, il Predestinato che salverà le sorti della Rossa che da anni ormai fa sempre più fatica ad essere decente senza di fatto arrivare a niente di concreto.
Charles è il salvatore, io sono il demonio. Eppure siamo entrambi semplicemente due piloti straordinariamente dotati che si stanno facendo largo in F1, nei Team che contano. Niente di più, niente di meno. Né angeli né diavoli.
Ma che cazzo ne sanno loro? Tutti quanti, dal primo all’ultimo.
Che cazzo ne sanno tutti di noi?
Vadano a cagare, li odio.
Pieni di questi pensieri che caricano in me come un toro davanti al drappo rosso, me ne vado in giro per Singapore di sera da solo come un povero coglione.
Normalmente quando sono nervoso mi basta stare con Daniel e tutto passa, ma adesso è diverso. Oggi sono arrivato in città come sempre un giorno prima rispetto all’inizio degli impegni che sono sempre di giovedì e normalmente io e lui approfittiamo per girare in borghese da soli per la città e farci un po’ i cazzi nostri; se ci sono motivi per cui non possiamo me ne vado sempre con qualcun altro che mi accompagna.
Oggi Daniel aveva degli impegni con qualcuno del suo prossimo team, essendo che il giovedì è quasi sempre pieno è difficile trovare momenti per altri e non è strano si vada a rompere le palle il mercoledì che sarebbe una sorta di giorno libero.
Avevo bisogno di girare da solo per scaricare i nervi. Certo logisticamente non è facilissimo perché non è che posso mimetizzarmi confondendomi in mezzo a tanti simili a me. Sono un olandese a Singapore, mi si nota ed anche se non sono uno dei Top più conosciuti come Lewis o Seb, il rischio è che mi si noti ugualmente, specie nella settimana del GP di casa.
Potevo chiedere di essere scordato, a volte lo facciamo per evitare incidenti come assopimenti di fans, ma oggi proprio non ne avrei avuto per nessuno, non potevo sopportare nemmeno una mosca.
Ero davvero contento di sapere di Charles in Ferrari perché sapevo ci sarebbe riuscito, lo sapevo da quando la mia strada era finita verso la Red Bull. Non è questo che mi ha fatto girare tanto le palle, ma questa differenza di considerazione fra noi sulla base del niente. Nessuno sa un cazzo di noi, non sanno veramente ma veramente nulla, però vaffanculo, stanno lì a giudicare e a farci un profilo come se sapessero tutto.
Charles non ha colpe ed è un angelo, io invece sono un demone colpevole di qualunque male nel mondo.
È appena iniziata, rispetto a quello che si prospetta la mia carriera totale, ma non riesco a sopportare e gestire e non posso nemmeno pretendere che Dani mi aiuti, ne ha abbastanza per conto suo dopotutto. Lo capisco e non posso certo pretendere chissà cosa.
Così sono qua a girare per una città che ho già visto un po’ altre volte da quando corro, ma per la verità non la sto nemmeno guardando.
Sono qua e mi aggiro nella folla vestito normale in borghese senza alcuna maglia con sponsor che potrebbe farmi identificare facilmente, non sono tipo da trucchi per nascondere la mia faccia, ma senza nessuna maglia rivelatrice della Red Bull il primo colpo d’occhio è quello di un ragazzo comune, perciò mi salvo abbastanza, specie perché la mia popolarità non è ancora troppo elevata e siamo a Singapore, non in Olanda.
Vado nei posti che gli altri anni mi erano piaciuti, ma sinceramente non mi fanno lo stesso effetto. L’anno scorso con Dani mi ero divertito un casino, adesso è tutto anonimo. Dovevo rimanere in albergo a correre coi SIM. È solo che Dani mi dice sempre che corro troppo, che sia nella realtà o con le gare online sono sempre su una macchina di qualche tipo ed una pista.
Dice che mi fa bene distrarmi e fare altro ed è grazie a lui se ho scoperto che mi piace andare anche sulle moto d’acqua. Che poi sono corse anche quelle è un dettaglio.
Fanculo, sono patetico.
Adesso me ne torno in albergo a farmi i cazzi miei! Era l’ultima volta insieme qua da compagni, come ha potuto dire a chi l’ha reclamato che poteva andare con loro perché non aveva impegni? Certo che li aveva. Aveva me! Non sono un impegno?
Fanculo Max, quanti anni hai? Non esisti solo tu!
Ma figurati, si vede che non esisto solo io.
Sono voluto entrare di nuovo nel Gardens By the Bay perché mi era piaciuto da matti quando l’ho visto con Dani, eravamo in borghese e ci mimetizzavamo facendo finta di essere gente qualunque, ma facevamo la coppia. Non ci siamo vergognati, è stato divertente. È stato bello.
Oggi però percorrendo queste splendide passerelle in mezzo a scenari da sogno botanici, non è la stessa cosa. Mi sembra di essere fuori posto, un completo imbecille.
Sospiro scontento e scuoto la testa sedendomi in uno degli angoli di riposo a guardare questi super alberi enormi che di sera sono ancor più belli che di giorno.
Le luci iniziano ad accendersi col sole che scende e diventa tutto più suggestivo, ma a me ancora non fa per niente effetto.
Ero così felice l’anno scorso. Come sono finito a fare il depresso incazzato? Pensavo che uscendo di casa ed infilando la mia strada sarebbe andata meglio, ma mi pare che invece mi sbagliassi.
Mi basta allontanarmi un po’ da Daniel, la mia fonte di luce e gioia, per ridurmi quello straccio ambulante scontento che sono sempre stato. L’unica cosa che mi ha sempre fatto sentire vivo era correre, per questo lo faccio in tutti i modi e momenti. Ma io non sono solo un pilota, non voglio essere solo questo. Con Daniel ho fatto altre cose che mi hanno fatto capire che stavo bene anche giù da una macchina, eppure oggi mi sembra che i miei ultimi due o tre anni siano stati completamente cancellati.
- Max? - appena sento qualcuno che mi chiama con una voce incerta ed incredula, alzo gli occhi al cielo prima di girarmi e vedere chi è. Mi pare sia una voce familiare ma non ne sono sicuro.
Faccio finta di niente, se non mi giro non penserà che sono io. Però la voce ormai è al mio fianco e devo per forza girarmi, ma quando mi chiama di nuovo un guizzo mi attiva il cervello.
Aspetta, lo conosco.
Appena lo realizzo mi giro di scatto come se avessi una molla nel collo e senza nemmeno respirare lo fisso inebetito con un’aria da idiota.
- Charles?
Lui mi sorride gentile ed un po’ divertito della mia reazione spontanea, anche se non so cosa potrebbe avergli fatto pensare. Il suo sorriso, come sempre, non arriva agli occhi ma ormai l’ha studiato bene. È sempre così cordiale e perfetto. Perfetto come non saprei dire.
Mi guardo intorno meglio e allungo il collo per vedere con chi è, ma con stupore non noto nessuno. Nemmeno lui usa dei trucchi per nascondersi, nessun cappellino o cose strane, i capelli sono sparati in disordine gli stanno bene, ma ancor meglio gli stanno gli occhiali da vista ed i vestiti un po’ da strada, diversi dai miei più normali. Una felpa comoda bianca col cappuccio, dei jeans cadenti e larghi. Non gli avrei mai dato questo stile al di fuori delle corse, ma è la prima volta che lo vedo senza qualche tuta o maglia sponsorizzata. Mi fa uno strano effetto.
Comunque è vero, più uno veste strano e meno si fa riconoscere. A volte non servono nemmeno cappelli od occhialoni neri giganti o magari sciarpe o che diavolo ne so.
Lo fisso colpito dalla testa ai piedi sfacciato e compiaciuto. Devo dire che mi piace così, con questo stile diverso da come l’ho sempre visto; quel filo lieve di barba intorno alla bocca gli sta dannatamente bene ed in un istante penso che mi piace, ma che lo reputo un bel ragazzo non è una novità, lo penso da molto in realtà. Solo che così è... wow!
Non so perché sono improvvisamente di buon umore, sono contento di vederlo e alzo il mento mentre si siede nella panchina con me come se l’avessi invitato. Pensavo sarebbe scappato con una scusa fra i denti, ma mi sorprende che invece si metta qua.
- Sei solo? - mi chiede sorpreso. Io alzo le spalle tornando per un momento all’aria adombrata che avevo prima, ma svio abilmente. Non ho voglia di parlare di me.
- E tu?
Lui scuote la testa ed indica una direzione alle nostre spalle.
- Sono con Pierre che si è perso a fare foto. Gli ho detto che andavo avanti e di trovare qualcosa da bere che stavo morendo di sete!
Lo dice ridendo come se fossimo amici e ci raccontassimo spesso cose divertenti a vicenda. Mi sembra più rilassato delle altre volte che ci siamo incrociati, ma noi non siamo mai stati amici, non così da chiacchiere leggere.
Poi realizzo cosa ha detto.
- Sei con Pierre... - ripeto a fior di labbra con una delusione totalmente fuori dal mio controllo. Penso che si sia appena notato che lo ero visto che mi guarda sorpreso.
- Non ti piace? - chiede con pura semplice logica. Io spalanco gli occhi.
- No, ma che dici? Non pensavo che stessi con lui... o meglio, mi era venuto il dubbio ma non ne ero sicuro.
Penso d’aver parlato troppo. Credo che questo fosse un tipico pensiero da non esprimere ad alta voce, ma quando mai io me ne tengo per me?
Dalla sua faccia di mille colori capisco che davvero non dovevo dire quello che mi era passato per la testa, ma prima di realizzarlo l’avevo già fatto. Nemmeno sapevo di pensarlo io stesso!
Charles mi fissa simile ad un pesce rosso, il viso è bordeaux e gli occhi sono spalancati. Addirittura boccheggia perché vorrebbe dire qualcosa ma non ci riesce, così mi affretto a cercare di aggiustare il tiro, anche se conoscendomi finirò sicuramente per fare peggio. Sicuramente.
- No, cioè non intendevo dire... ma siccome sai di me e Daniel ho pensato che non avessi avuto reazioni strane perché anche tu avevi una relazione simile con qualcuno e sicuramente poteva essere solo Pierre...
Ma per la verità non avevo mai pensato così tanto. In generale non lo faccio, su di lui e Pierre men che meno. Mi era venuto un dubbio quel giorno che nemmeno ricordo quando era, ma tutto lì.
Charles ha l’aria di uno che si è amaramente pentito di avermi avvicinato e vorrebbe solo scappare, ma per gentilezza non può farlo. Non si fa, no? Non si scappa come dei conigli!
- Ma non stiamo insieme. Come ti è... - non riesce nemmeno a finire la domanda, è totalmente in crisi ed imbarazzato e fanculo, è dannatamente carino.
Mi viene da ridere e lo faccio senza freni, perché tanto ormai figurati cosa vuoi che sia.
Rido perché lui nel dramma è favoloso e mi piego in due in avanti chiudendo gli occhi.
- Scusa, non so perché! Mi sembrate intimi! State sempre insieme e siete una bella coppia, tutto qua!
Per me era facile. Forse era così ovvio e scontato che non ci ho mai pensato troppo per questo.
Lui sta seduto vicino a me rigido e fottutamente imbarazzato, le mani strette fra le gambe serrate, sembra abbia una scopa su per il culo e vorrebbe evaporare, ma finché non torna il suo non-ragazzo non può muoversi ed è costretto a stare con me. Dio, quanto cazzo si è pentito d’avermi avvicinato e per educazione non può nemmeno rispondermi male o scappare!
Vedi a fare l’angelo che bella inculata?
- Non è così, comunque. Siamo solo amici. - cerca di spiegare rigido ed io ormai sono sempre più divertito. Maledettamente divertito. Così tanto che finalmente me ne rendo conto. È la prima risata da quanto?
Avrò fatto dei sorrisi e sarò stato bene, ma quanto bene in realtà?
Oggi no di sicuro. È la prima volta che mi sento così e mi sto addirittura divertendo a sue spese. Mi dispiace, Charles, ma prenditi le tue responsabilità. Mi hai appena restituito il buonumore, per te era meglio se io rimanevo incazzato, forse mi sopportavi di più, ma è proprio colpa tua!
Finisco per aria al viso con le mani da tanto che ho riso e forse l’ho fatto di più di quel che serviva perché ne avevo bisogno.
Adesso mi sento decisamente meglio e sono molto più lucido.
- Così non state insieme, eh? - torno a sottolineare la cosa che adesso si evidenzia nella mia testa e come sempre non me la tengo per me.
Charles si gira indietro a vedere quando cazzo arriva Pierre, ma di lui ancora nessuna traccia ed intanto il cielo dopo il tramonto diventa di uno splendido crepuscolo violaceo. Questi alberi giganteschi che svettano nel cielo di Singapore si accendono di azzurro e lo spettacolo ci toglie il fiato.
Anche l’anno scorso io e Dani eravamo venuti e ci era piaciuto, ma oggi mi sembra che i colori siano diversi, più belli e suggestivi anche se forse è perché sono in una compagnia diversa.
Inaspettata.
- E Daniel? - mi chiede lui cercando di riprendere il controllo della conversazione, ci distraiamo dallo spettacolo che si estende innanzi a noi e su nel cielo. Io sentendolo nominare torno ad incupirmi per poi nascondere abilmente con un gran sorriso ed una pacca eccessiva sul suo ginocchio che lo fa ululare.
- Complimenti, comunque! - lui mi fissa come se fossi impazzito e vorrebbe davvero restituirmi il ceffone sulla faccia, ma non è una di quelle cose che un angelo farebbe perciò si frena.
- Per cosa? - chiede tirato e sul piede di guerra. Si chiede perché diavolo stia qua, però ci sta.
- Per la Ferrari!
Non siamo amici, non lo siamo mai stati, ma in questi dieci minuti è come se lo fossimo sempre stati. Ci siamo comportati come amici di vecchia data, ci siamo presi in giro, stuzzicati e derisi. Abbiamo riso insieme, anche se io di più e a sue spese. Ma lui è rimasto qua e ci sta ancora ed io sono contento.
Mentre mi guarda ricordandosi del motivo per cui lui invece è raggiante, anche se sempre nei limiti dei suoi raggi sbiaditi, mi sorride ed annuisce stringendosi imbarazzato nelle spalle.
- Grazie, sono felicissimo anche io. Un sogno che si realizza. - è quello che ha detto a tutti, ma da come lo dice piano e fissando in basso, capisco che è vero. È proprio un sogno che si realizza. Ci credo.
- È la Ferrari, difficile sia il contrario. - sottolineo. Quando lo dico mi fissa di nuovo da vicino ed è stupito.
Stupito che finalmente qualcuno capisca.
Solo lui sa perché e cosa è successo, a me non interessa, ma lo vedo contento di quel che ho detto.
Non ho idea di cosa ci sia dietro ma il sorriso che fa è più sereno. Un pochino di più.
- Ci speravo ma quando una cosa non accade, non ci credi mai realmente. - continua a parlarne sincero e mi stupisce che lo faccia. Soprattutto mi stupisce che rimanga qua con me e non mi chieda di nuovo di Daniel. So che si è accorto che ho cambiato discorso, so che aveva notato la mia faccia cupa, ma sta facendo finta di nulla e forse non gliene importa niente, forse sta bene così con me a chiacchierare in questo modo.
- Da qui inizia il difficile. La Ferrari è un ambiente impestato. Più della Red Bull e credimi che in Red Bull è dura. - cito involontariamente il dramma di Daniel, lui annuisce e torna a fissare gli alberi sempre più belli con queste luci che spiccano nella sera che avanza.
È tutto così splendido. Così semplicemente splendido. Questo giardino, questi alberi, quest’atmosfera e lui. Lui con questi capelli sparati e gli occhiali da vista ed i suoi lineamenti da angelo che celano un demonio.
Perché io so che lo è, in realtà.
- Lo so che sarà dura, qualunque cosa succeda intorno alla Ferrari o anche solo vagamente connesso, diventa una questione di Stato. So che sarà difficile perché non si tratterà solo di correre e già solo quello sarà difficile. Zero errori, lì. Non è facile.
Un po’ si sfoga e sembra dire queste cose per la prima volta. Io annuisco ed ascolto capendo perfettamente. Condivido. So cosa dice.
- Basta che tu faccia come con me ai tempi del go-kart. - dico poi tranquillo e deciso.
- Farti il culo? - risponde lui schietto. Io scoppio a ridere di nuovo e lui finisce che lo fa altrettanto, ma poi ci guardiamo smettendo lentamente mentre i nostri sguardi si incontrano a questa vicinanza. Siamo quasi spalla contro spalla.
- Tira fuori quel carattere da demonio che sta lì sotto quello da angelo e ce la farai alla grande!
Charles torna a piegare di nuovo le labbra in un sorriso che si stava spegnendo come preda di una magia. È sempre solo fin lì, non arriva agli occhi, ma lui è così bello che va bene comunque.
Il principe triste.
Ridiamo insieme ancora un po’ come se fossimo amici da sempre. Non lo siamo mai stati e forse non lo saremo mai, ma oggi si è innescato qualcosa di perfetto, forse perché eravamo per la prima volta fuori dal nostro solito contesto di tensioni e ansie e macchine.
Al di fuori cosa saremmo? Me lo sono sempre chiesto. Chissà, magari saremmo amici, fuori dalle corse. O magari anche di più.
Lo guardo attento mentre torna ad osservare gli alberi alti intorno a noi, cerco di capire se potrei stare con lui, se mi piacerebbe e la risposta è facile non solo perché è veramente bello, ma perché mi stimola così tante cose che penso proprio di sì. Mi piacerebbe stare con lui se ci fosse l’occasione e se entrambi non fossimo con altri ragazzi, né troppo coinvolti dalle gare. Perché il nostro rapporto è sempre stato influenzato negativamente dalle macchine, perché entrambi siamo troppo competitivi, ma adesso qua in un parco splendido come questo, fuori dai circuiti, senza impegni e nessuno che ci conosce... beh, eccoci qua a stare bene insieme, ridere e parlare.
Sì, mi piacerebbe stare con lui così di nuovo. Ci potrei proprio stare.
Penso che potrebbero andare avanti gli anni e le cose potrebbero rovinarsi fra noi, ma non dimenticherò mai questa sera, questo momento, questa chiacchierata. Questa sensazione.
La voce di Pierre arriva da lontano alle nostre spalle e Charles alza gli occhi al cielo allargando le braccia.
- Alleluia! Ti eri perso?
Quando lo dice polemico lo fa in francese alzandosi e girandosi verso di lui che arriva con due bicchieri grandi in cartone e due cannucce che contengono non so cosa. È una frase breve che capisco vagamente, niente di che, ma è di fatto la prima volta che lo sento parlare in francese e rimango totalmente catturato.
Parla ancora, ti prego!
Pierre arriva e prima di notarmi e riconoscermi, gli risponde qualcosa sul motivo per cui non arrivava più, qualcosa che non capisco nel dettaglio. Poi Charles gli risponde ancora nella loro lingua, parla di più e non so realmente che dica perché non capisco un cazzo ma so che è splendido. Splendido ed eccitante.
Adoro come pronuncia la erre, così come tutto il resto.
Adoro. Adoro letteralmente.
Charles che parla francese mi coglie di sorpresa e mi sconvolge a dir poco, ma penso che sia appena diventato uno dei miei nuovi feticismi. Così, come se avesse senso.
E proprio mentre mi accorgo di eccitarmi per un motivo tanto assurdo, Daniel mi scrive dicendo che mi sta raggiungendo e di dirgli dove sono.
Appena lo dice qualcosa stona, ma viene subito scacciato e sorrido.
Il feticismo di Charles che parla in francese ritrova una dimensione più accettabile e mi alzo come una molla dalla panchina che ormai aveva assunto la forma del mio culo.
Pierre mi nota e mi saluta allegro con delle strette di mano entusiaste. Dal prossimo anno saremo compagni di squadra. Lui che è così intimo con Charles.
Interessante. Proprio interessante.
- Ti unisci a noi? Stavamo pensando a dove andare a cena... - Pierre è spontaneo e allegro come sempre, ma io al momento realizzo alla velocità della luce che non voglio mescolare Charles e Daniel.
È un pensiero totalmente privo di senso, ma forse sono disidratato e fa troppo caldo, perciò mi limito a dire schietto: - Nemmeno morto, finalmente posso stare un po’ solo con Daniel e non lo condivido con nessuno! Senza offesa! - finisco ridendo e Pierre fa altrettanto divertito, dimostrando che come immaginavo Charles gli aveva detto di me e Daniel, ma non avevo dubbi di questo e mi sta bene, so di potermi fidare.
Charles invece arrossisce di nuovo. È semplicemente delizioso quando lo fa. Di solito con me o è indifferente o incazzato, è la prima volta che lo imbarazzo e non perché mi becca in condizioni strane e penso proprio che cercherò di stuzzicarlo di nuovo in futuro. Cercherò anche di farlo parlare di nuovo in francese.
Pensandoci, mi rendo conto d’aver tassativamente bisogno di Daniel, adesso, e non per mangiare.
Che diavolo mi sta succedendo?”
Notes:
Sproloqui sul banner del capitolo che non servono a nulla: so che le foto di Charles usate nel banner non sono del 2018, ma era comunque la sua versione a cui mi sono ispirata quando lo descrivevo. Posto che non so che temperatura faccia a Singapore nel periodo in cui sono loro a fare il GP, ma questi sono piccoli dettagli. Mi sono resa conto che non ho mai usato foto di Max senza cappellino, ma ho approfittato del fatto che era in borghese e nella foto usata era molto giovane.
Per il resto penso che se vogliono possano trovare il modo per girare da soli fingendo di essere persone comuni in giro per le città del mondo, ma non essendo famosa non so come funzioni! XD Alla prossima con la versione di Charles. Baci Akane
Chapter 14: Ognuno i suoi ruoli
Chapter Text
13. OGNUNO I SUOI RUOLI
/Charles/
“Mi ha preso alla sprovvista e appena l’ho riconosciuto non ci ho nemmeno pensato. È una delle rare volte che ho agito d’istinto e l’ho avvicinato finendo addirittura per parlare con lui.
Gli altri casi in cui ho agito d’istinto sono stati quando ho baciato Pierre ed ero in entrambi fuori di me, ma sono ancora su di giri.
Questa è la mia prima settimana di gara da futuro acquisto Ferrari. Ho firmato qualche giorno fa e questo è il primo GP dalla firma e mi sento elettrico. So che domani mi tempesteranno di complimenti e domande in merito ed io sono eccitatissimo. Normalmente sono abituato a prendere tutto con calma e a contenermi, razionalizzo su ogni cosa per comportarmi come devo ed è sempre come se avessi una patina addosso che mi protegge dal mondo, impedendomi di esagerare o farmi prendere troppo dalle cose che mi capitano, però questa cosa della Ferrari mi ha dato una scossa incredibile.
Un’enorme botta di vita.
Pensavo fosse finita col bacio a Pierre due settimane fa, ma adesso mi rendo conto che forse non è ancora finito l’effetto e mi chiedo se cesserà o devo semplicemente abituarmi ad essere così su di giri, elettrico e... beh, semplicemente pieno di vita.
La prima cosa che ho pensato nell’avvicinare Max è stata ‘Chissà cosa ne pensa? Mi farà i complimenti?’
Non so perché mi interessava tanto vedere la sua reazione, ma mi sono fiondato da lui senza realizzarlo realmente. Forse volevo vantarmi con lui, gongolare e fargli sapere che adesso ero arrivato anche io lì dove era lui. Ok, sono sempre un po’ indietro perché lui adesso si è abituato alla Red Bull, sia all’ambiente che alla F1. Io penso che avrò bisogno di un po’, ma mi sento pronto. Ho lavorato tanto prima di approdare in questo circuito e so che sono pronto e non voglio perdere più tempo.
Le altre volte che l’ho incontrato mi sentivo indietro ed inferiore ed ero irritato. Lo vivevo male. Vivevo male Max. Poi però mi sono reso conto, ad un certo punto, non so quando, che in realtà non c’entrava lui.
Probabilmente però lo tollero perché non ci ho mai gareggiato contro sul serio, ma dal prossimo anno prevedo di riprendere quel discorso interrotto in pista nei go-kart, quello che mi sta fortemente sull’anima.
Appena l’ho guardato bene, però, ho notato subito che era cupo e forse anche incazzato. Era solo ed è strano per chiunque nelle città straniere girare da soli; siamo piloti, alcuni più famosi e riconoscibili di altri, e girare da soli è anche un rischio a volte. Non ha risposto alla domanda, né se fosse solo, né quella su Daniel. Ha sempre deviato su di me, perciò penso che non stia bene, devono avere problemi anche se vedendo come è scappato per vederlo forse non ha problemi proprio con lui di per sé, ma probabilmente c’entrava lo stesso in qualche modo.
Del resto so che lui la sta vivendo male, non serve essere in confidenza per saperlo perché Max è un libro aperto, ha sempre dimostrato ciò che provava e spesso era rabbia o frustrazione, ma non si è mai frenato o filtrato. Io invece lo faccio anche troppo, anche se in questi giorni non ci sto riuscendo bene.
Spero di tornare in me.
Sono finito a girare da solo con Pierre proprio perché volevo vedere come funzionava fra noi.
Dopo quella sera non ci siamo più visti ed avevo paura che potesse essere strano e difficile.
Così ci siamo trovati qua a Singapore decidendo di andare in giro insieme da soli, mi sono inventato una scusa per cui dovevamo essere noi e basta e lui ha accettato felice e di buon grado. Tutta la giornata è stata bella e divertente anche se forse ha fatto effettivamente un po’ da appuntamento di coppia di fidanzati. Capisco perché Max l’abbia pensato, ma volevo essere sicuro che con Pierre non ci fossero problemi e tensioni, non potevo sopportarlo e sono felice che non sia così.
Io so che questo è il nostro modo di stare insieme, non ci sono mai stati imbarazzi o tensioni per cui sono molto più sereno.
È stato strano chiacchierare con Max, l’ho avvicinato impulsivamente e poi notando la sua faccia buia me ne sono pentito pensando volesse stare solo e d’aver sbagliato. L’idea di dargli fastidio, o peggio essere scaricato dalla sua maleducazione tipica, mi ha destabilizzato, ma ho visto che mano a mano che parlavamo lui si scioglieva e sembrava stare meglio. Mi ha fatto piacere, alla fine, quello scambio e mi è sembrato addirittura veramente contento per me.
Era quello che volevo vedere.
I suoi occhi mentre glielo dicevo. La sua faccia. O meglio, mentre ne parlavamo, perché l’ha saputo dal mondo che da giorni non fa che parlarne.
È stato maledettamente soddisfacente e anche se pensavo di volere la sua invidia o irritazione o qualcosa del genere, proprio quello che ho provato io quando ho saputo che era in Red Bull così presto, alla fine mi ha fatto piacere vedere che era contento per me.
Mi ha anche dato quel consiglio estremamente da lui e senza peli sulla lingua.
Faccia d’angelo che nasconde il mio carattere da demonio, no aspetta, cos’è che ha detto di preciso? Comunque il senso era quello.
Devo fare in Ferrari come facevo con lui ai go-kart. Tirare fuori il mio carattere, quello vero da demone che sta sotto quello finto da angelo.
Sì, credo abbia detto questo, di preciso.
Scuoto ancora la testa ridacchiando nel pensarci.
Penso che a parte Pierre che però conosce una versione di me nota solo a lui - insomma, non infilo la lingua in bocca a tutti solo perché sono su di giri, che lui sia speciale è assodato - Max credo sia forse quello che da un certo punto di vista mi conosce più a fondo, anche se mi sorprende dirlo, mi fa effetto. Ma è vero. Max conosce una parte di me che forse non ha visto nessuno. Quella competitiva. Quella realmente competitiva e forse anche un po’ cattiva. Da demonio, come dice lui. È il solo ad averla vista e ad essersi accorto che c’è.
In pista nessuno ha ancora visto niente, anche se sono molto combattivo e concentrato sul guidare e sul vincere, sebbene senza la macchina giusta sia difficile. Però quel che faccio quando salgo in macchina è puntare alla miglior prestazione e nella mia testa c’è la cima della fila. La vittoria. Sempre. Anche con la macchina con cui al massimo posso arrivare in zona punti.
Però nessuno ha visto il vero Charles competitivo. Solo Max.
Ridacchio di nuovo al suo paragone con il demonio.
- Insomma, che hai da ridere? - sbotta Pierre all’ennesimo risolino idiota che faccio pensando a lui. Scuoto la testa e decido stranamente di tenermi questa cosa per me.
Gli ho detto tutto, nella mia vita. Persino di Max e Daniel, ho pensato fosse il caso sapesse che il suo nuovo futuro compagno di squadra sta con un nostro collega. Ma questo dialogo me lo tengo per me, anche se non so perché.
Io e Max siamo sempre stati sul punto di ucciderci ed il meglio che abbiamo ottenuto uno dall’altro è stato una cauta tolleranza vicendevole, ma oggi c’è stato qualcos’altro che mi è piaciuto e mi ha colpito. Qualcosa che forse non si ripeterà più perché sicuramente torneremo a fare a gommate uno contro l’altro, dal prossimo anno, perciò torneremo ad odiarci come sempre.
A questo pensiero sorrido ancora come un idiota e Pierre mi spinge facendomi quasi cadere, la sua voce mi trapana il cervello ed io sono contento anche che sia tutto a posto fra noi e che non sia rimasta ansia.
Non sarei riuscito a sopportare un cambio di rapporto fra noi due. Ho bisogno di quello che ho con Pierre e sicuramente dal prossimo anno avrò bisogno anche del mio solito buon vecchio rivale psicopatico da detestare e cercare di superare per fare il mio meglio.
Ognuno i suoi ruoli. Decisamente.
Comunque peccato che alla fine si sia staccato da noi per stare da solo con Daniel. Insomma, non peccato che con lui vada tutto bene, di quello non ho pareri particolari, ma peccato che non siano venuti a cena con noi. Una cosa a quattro sarebbe stata divertente, ma forse imbarazzante per qualche motivo che non inquadro bene e non riesco ad afferrare il pensiero grazie a Pierre che strilla con un acuto che riconosco alla perfezione; mentre lo fa mi stritola il braccio che a momenti mi spacca.
Questo è l’urlo da Lewis. Quando lui vede Lewis fa così, perciò mi fermo, diversamente sarebbe difficile visto che mi strattona staccandomi il braccio, e cerco il nostro collega consapevole che se Pierre è qua impalato come un idiota in crisi mistica è solo perché ha visto il suo idolo. Non mi è minimamente d’aiuto, visto che sta qua e continua a fare gridolini isterici, ma per fortuna lo vedo anche io.
O meglio LI vedo.
Appena li metto a fuoco, istintivamente mi sposto tirandomi dietro Pierre ancora attaccato al mio braccio, per fortuna ho una certa prontezza e riesco a nasconderci in tempo dietro l’angolo di un edificio accanto cui camminavamo dopo essere usciti dal parco.
Pierre non capisce un cazzo e non sa perché mi nascondo, ma nemmeno me lo chiede nelle condizioni in cui è.
Mi sporgo cauto tenendolo schiacciato contro il muro, manco volessi farmelo.
Trattengo il fiato e occhieggio quello che ho visto di sfuggita. Eh no, non l’ho sognato.
Sono proprio loro due!
- Sono Lewis e Seb!
Ma appena lo dico faccio appena in tempo a mettere la mano sulla bocca di Pierre per evitare che strilli più forte e magari proprio i loro nomi.
Vederli insieme sarebbe troppo per lui.
Cerca di divincolarsi ma uso più forza per costringerlo a stare nascosto e zitto, mentre lo faccio scuoto la testa severo.
- No, non andremo a rompergli le palle perché sembra un’uscita simile a quella di Max e Daniel!
Pierre ci mette almeno 45 secondi interi prima di capire cosa intendo e appena i suoi occhietti azzurri si illuminano, io annuisco coi miei ammonitori e maliziosi insieme, una modalità che non pensavo avrei mai avuto.
Vedi la Ferrari che mi fa ancora effetto facendomi sentire vivo.
È bello, anche se forse tutte le espressioni che faccio mi illudo solo che arrivino agli occhi e che siano vere e profonde. Forse ancora non ci arrivano, ma io mi sento sufficientemente bene, stasera, e non voglio pensare ad altro.
- Non so se stanno insieme, ma sembra non vogliano seccatori.
Torno a sporgermi e Pierre si infila prepotentemente fra me e il muro che ci nasconde, spunta rimanendo con la mia mano sulla bocca ed in questo modo sembriamo noi la coppia imboscata.
Stanno camminando in una via minore e meno affollata, per quanto possibile, parlano insieme e sono vestiti in modo informale. Sembrano due turisti qualsiasi, Seb copre i suoi capelli biondi con un cappellino da pescatore buffo che potrebbe indossare solo lui, Lewis non spicca più di tanto fra la gente del posto.
Parlano insieme e sorridono con una dolcezza ed allegria visibilmente diversa da quella che riservano a chiunque altro. Rimaniamo così a spiarli senza volerlo e poi quando Seb dice qualcosa di fintamente cattivo offendendo Lewis che fa il broncio infantile, l’altro per farsi perdonare gli cinge il collo col braccio costringendolo ad attirarlo a sé. In questo gli scocca un bacio sulla guancia esuberante e tenero insieme che mi lascia spiazzato.
Sto ancora tenendo la mano sulla bocca di Pierre, ma lui nemmeno fa per togliersela. Tuttavia sento il palmo bagnato. Quando realizzo che non è la sua saliva ma sono le sue guance bagnate, mi raddrizzo, raddrizzo anche lui e finalmente tolgo la mano per guardarlo shoccato.
- Ma piangi?
Pierre è in un mare di lacrime di gioia, in totale crisi più di prima, ed annuisce stridendo di nuovo, ma questa volta piano per fortuna.
- Sono bellissimi! Stanno insieme!
Non so se ridere o convenire con lui, poi la mia parte razionale cerca di prendere il sopravvento automaticamente.
- Potrebbero anche essere solo molto amici... - gli faccio infatti notare calmo.
- E perché l’ha baciato? - insiste sicuro Pierre.
- Era sulla guancia... - puntualizzo ancora io più per sadismo che reale convinzione di quel che dico.
- Ma dai, baciami sulla guancia? - quello però parte più che mai pur di prendersi la ragione e si sporge con la guancia verso la mia bocca, per poco non ci scontriamo e faccio appena in tempo a deviare ridendo.
- Ti ho baciato sulla bocca, che centra... - gli ricordo mettendolo a posto con una mano sulla faccia che lo riporta appoggiato al muro. Siamo sempre come due fidanzati che flirtano comunque.
Lo dico senza riflettrici molto, ma sembra che Pierre lo ricordi solo ora e si ferma improvvisamente dal blaterare. Non so come interpretare quel suo dimenticarsi i nostri due baci, ma forse non è lui in errore nel pensare che il bacio sulla guancia di Seb e Lewis non fosse una cosa tanto da amici semplici, quanto io a pensare che lo sia.
Improvvisamente mi rendo conto non solo di questo, ma anche di noi due. A questo punto sono io che non ho capito niente del nostro rapporto?
Mentre me lo chiedo, Pierre riattacca a macchinetta a parlare di loro due e della sua teoria che mette in piedi in due secondi manco ci avesse pensato da mesi. E forse è così se non fosse che lo conosco e so che se avesse pensato a cose simili me ne avrebbe parlato molto prima ammorbandomi.
In un attimo prendiamo a camminare in una direzione diversa dalla loro per non rischiare di imbarazzarli e nel frattempo, per tutto il tempo, tutta la serata, lui parla. Parla di loro. Di quanto li adora separatamente e di quanto stiano bene insieme.
Racconta una storia da film secondo cui a Baku l’anno scorso loro due abbiano litigato per quella cosa in pista, perché Seb è un impulsivo che quando prende fuoco esagera, e poi da lì secondo lui hanno rischiato di rompere definitivamente, invece proprio da quello devono non solo aver fatto pace, ma anche stretto il legame. Secondo lui infatti devono avere capito cosa provavano realmente uno per l’altro in quella occasione e così ecco che si arriva a quest’anno con loro che stanno insieme davvero e sono bellissimi eccetera eccetera.
Tutta la serata così su di loro. Ed io che assurdamente per quanto inizialmente fossi divertito, lascio che il mio cervello vaghi verso Max e Daniel chiedendomi come staranno adesso che sono in questa fase delicata della loro relazione.
Chissà se dureranno quando saranno in team diversi? Max è particolare, non credo sia facile stare con lui. Ha reagito molto male alla notizia di Daniel, penso che gli stia rendendo la vita difficile. Aveva una tale espressione prima..
- Ma mi ascolti? - la voce acuta di Pierre torna a trapanarmi il cervello e a riportarmi nel variopinto mondo di Seb e Lewis e al loro straordinario amore che tutto vince.
Certo che la F1 è davvero diversa da come me l’aspettavo. Diversa e decisamente interessante.
- E tu il prossimo anno sarai il compagno di Seb! - sottolinea improvvisamente Pierre mentre nel frattempo abbiamo anche deciso cosa mangiare ed abbiamo consumato nel suo delirante sceneggiato.
- Non li spierò! - arrivo subito al punto sapendo cosa pensa. Perché io conosco il mio pollo!
- Come no? Certo che lo farai! Per me! - ed infatti eccolo lì!
- Te lo sogni! Mi farò i cazzi miei! Voglio concentrarmi solo sulle corse! - sostengo deciso incrociando le braccia e guardando di lato per non farmi deviare dalla sua follia.
- Ma nessuno si concentra solo sulle corse! - ribatte picchiando le mani sul tavolino e sporgendosi verso di me.
- E l’ho notato! Ma io sono diverso! - ma continuo a fingere di ignorarlo anche se naturalmente è impossibile visto quanto sa farsi ascoltare. Insomma, la sua voce non è proprio bassa e delicata e tutte le volte che parla sbatte le mani per attirare la mia attenzione.
- E lo vedo... tu mi infili la lingua in bocca solo se sei estremamente triste od estremamente felice! - ed appunto la sua voce che non è mai bassa mi spinge a girarmi a guardarlo di nuovo con occhi spiritati, avvampando stupito della sua sparata.
- E questo che dovrebbe significare? Che rivuoi la mia lingua in bocca? - lo provoco per pura reazione, non perché io voglia realmente provocarlo. Forse voglio capire cosa pensa realmente, perché mi pare che cerchi di nascondermi qualcosa ma visto che non è bravo a farlo, il risultato è che alla fine in un modo o nell’altro lo scopro comunque.
- Chi, io? E perché? - tuttavia la sua risposta sembra spontanea, come di chi non capisce perché dico certe cose e mi fa sentire un idiota.
- Ma se hai detto... - ed odio sentirmi un idiota.
- Ma sì, ma era per dire... che sei diverso dagli altri perché vai fuori dalle righe solo se sei fortemente preso da qualcosa... - adesso lo uccido. Pierre si è pure raddrizzato contento che adesso lo guardo, pensa d’aver vinto la conversazione. Povero illuso, io non perdo mai!
- E tu in compenso ci vai sempre fuori dalle righe anche senza motivi seri! - non ti lascio l’ultima parola, bello mio! Con questo mi sporgo io verso di lui battendo le mani sul tavolo come prima faceva lui.
- Ma non ti infilo la lingua in bocca! - ribatte ancora puntandomi col dito vittorioso, convinto d’aver trovato la battuta di chiusura perfetta.
- Senti, smettila! Potevi dirlo che ti aveva dato fastidio! - sto veramente per ucciderlo perché non è solo il vincere una delirante inutile conversazione senza senso, qua lui fra le righe e totalmente involontariamente mi sta dicendo qualcosa che non vorrebbe. Io lo so che sti baci l’hanno toccato più di quel che non vuole ammettere.
- E chi ha detto che mi ha dato fastidio? Trovo questo tuo aspetto bizzarro estremamente divertente! Tutto qua! - ed ecco infine come mi spegne. Brutto maledetto. Il mio cervello va in tilt e non so nemmeno cosa pensare, figurarsi cosa dire. Aspetto bizzarro cosa? Come osa? Mica sono una mascotte!
- Ma vaffanculo! - grugnisco offeso, anche se non sul serio.
- Magari! - e niente, mi sa che alla fine ha avuto lui l’ultima parola sto giro. Ma è solo per questa volta, perché temo che se continuassi finirei per dire qualcosa di troppo e non ho ancora ponderato a sufficienza per poter controllare la conversazione a riguardo.
Decidiamo di tornare in albergo chiamando un taxi, dirigendoci ad una delle loro stazioni per facilitargli la nostra ‘raccolta’, nel frattempo Pierre torna a parlare di Seb e Lewis ed io rido ed annuisco senza essere molto partecipe e forse nemmeno molto convincente, ma penso che ormai lui sia abituato a questa mia modalità smerigliata. Con la Ferrari ero stato più entusiasta e vitale, ma forse in fondo avevo sempre questa patina. Da dentro non lo so, non riesco a giudicarmi e non mi interessa molto. Non è che mi importa di apparire in un certo modo, solo che voglio essere lasciato in pace e se faccio notare qualcosa di particolare di me, magari fuori le righe, poi vengo tartassato e non voglio finire sotto i riflettori per le cose sbagliate, non certo quelle private e personali.
Non sono nemmeno uno che vuole vincere per le luci della ribalta ed essere ammirato. Voglio vincere perché è la sola cosa che conti per me.
Ma in questo forse l’unico a capirmi è Max, paradossalmente.
Il pensiero torna a lui inavvertitamente e mentre lo fa, il bacio a Pierre torna con un flash strano. Quando sono su di giri o particolarmente scosso perdo il controllo e cerco un contatto intimo che in condizioni normali non farei mai, ma per fortuna in quei casi ero sempre con Pierre con cui mi va bene fare qualunque cosa. Ma metti che una di queste volte io sia in compagnia di Max.
Che farei in quel caso?
Finirei per baciare anche lui?
La domanda rimane insoluta nella mia mente fino a finire in un angolino del mio animo, un giorno forse riuscirò a rispondervi, chi lo sa. Nel frattempo devo concentrarmi meglio sulle gare. Gli altri possono pure perdere tempo con storie nascoste e divertimenti vari, ma per me c’è solo una cosa che al momento conta.
Correre e vincere. Io adesso sono un pilota e basta, è questo il solo ruolo nella mia vita attualmente.
È solo perché gli tappo la boccaccia che non si è zittita per un secondo, se riusciamo a non farci sentire da tutto l’albergo. Altrimenti tutti saprebbero che siamo rientrati.
Non ci sono problemi, nella realtà. Siamo adulti e non ci sono veti, specie il mercoledì, ma più che altro non è il caso di svegliare quelli che già sono tranquilli nelle loro camere. Siamo tutti qua per fare la stessa cosa. La F1.
Anche se forse una volta che usciamo straordinariamente in silenzio dall’abitacolo, non è detto che siano tutti già a dormire.
Sicuramente qualcuno non lo è. Qualcuno che al momento sta parlando in corridoio, probabilmente arrivati qualche secondo prima di noi con l’altro ascensore.
Io rallento istintivamente riconoscendo le voci. O meglio. La voce.
Bassa, roca e graffiante. Così particolare. Così sexy a modo suo.
Charles, hai bevuto? No, non mi pare. Era acqua, no?
Sono stato troppo con Pierre, la sua follia dopo un po’ mi contagia, quanto meno nel cervello. Od in un’altra parte.
Sarà meglio che lo spedisco subito nella sua camera, voleva venire da me a guardare qualcosa ma sono ancora sotto l’effetto della firma alla Ferrari che ho fatto recentemente, che unito a quello di Pierre penso sia pericoloso.
Davanti a noi Max e Daniel camminano verso le loro camere, la distanza indica che sono usciti dall’ascensore accanto al nostro poco prima di noi ed i corridoi in penombra non permettono una visuale perfetta, ma è sufficiente per capire che Max ha un’espressione cupa e di nuovo tesa, in aggiunta il suo tono di voce secco e polemico mi dà conferma che ha qualcosa.
Non ci hanno notato poiché qualunque cosa dicano, sono presi dalla loro conversazione non molto serena. Vedere Daniel serio è raro e mi fa un certo effetto e perfino Pierre capisce che è una situazione delicata. Rallentiamo per non disturbarli e non ascoltarli involontariamente. L’ultima cosa che voglio è tornare in quello stato di tensione con Max. Io e lui siamo sempre su quell’orlo, basta mezzo passo sbagliato per finirci dentro e non mi va, non è fra le cose che mi piace fare, litigare con lui.
Il ricordo di prima, quando l’ho incontrato, torna in un flash velocissimo e mi mostra lui che mi sorrideva e parlava con una certa allegria. L’avevo trovato proprio con quell’espressione cupa che intravedo adesso.
Allora avevo ragione. Hanno problemi. Penso che alla fine sia inevitabile se uno vive male e sul personale una cosa che in realtà non lo è. Capisco perfettamente Daniel e lo sostengo, anche io al suo posto me ne andrei per la mia carriera in pericolo, non esiterei davanti a niente. Non capisco la crociata di Max e perché la debba prendere male. Mica si lasceranno.
Ma poi che ne so io? Non si è confidato con me e dubito lo farà mai.
Qualunque cosa si dicano, non sapremo mai come è finita perché siamo arrivati alla camera di Pierre dentro cui lo infilo malamente, fa per lamentarsi e dirmi che ne è stato del film, ma io lo liquido con gesti inequivocabili di stare zitto e andare a dormire e lui alla fine sbuffando lo fa.
Non so se sia deluso, ero concentrato sul non farci notare da loro due ormai quasi in fondo al corridoio rispetto a noi, ancora intenti a discutere.
Sto per raggiungere la mia camera quando mi cade la chiave magnetica con attaccata la medaglietta in acciaio col numero della mia camera. Impreco a denti stretti, ma il rumore ormai è arrivato fino a loro e così girandomi gli sorrido teso e di circostanza se non proprio imbarazzato.
Loro mi guardano da qualche metro più in là, fermi e stupiti di non avermi notato.
Io faccio un cenno e cerco di aprire nervoso la camera, ma solo quando non fa BIP capisco che c’è qualcosa che non va. Per un momento penso che sia smagnetizzata ed impreco questa volta ad alta voce. Non voglio fare il terzo incomodo. È fottutamente imbarazzante. Dovevo infilarmi nella camera con Pierre, non so perché non l’ho fatto, non ci ho nemmeno pensato, ma forse avevo paura di essere ancora sotto effetti strani non portati dall’alcool ma comunque da cose che poi mi fanno agire stranamente.
Mentre insisto con questa dannata chiave del cazzo che proprio non vuole saperne di aprirmi, Daniel chiude la conversazione con uno straordinariamente nervoso: - Va bene, ne riparliamo domani, dormici su e vedrai che ho ragione io! - che sicuramente non convince Max. Non perché dica qualcosa, semplicemente lo conosco.
Sento una porta che si apre e poi si chiude subito e prendo un respiro di sollievo che mi fa calmare brevemente, pensando che siano andati in camera.
Tuttavia la pausa dall’ansia è breve perché l’istante successivo percepisco qualcuno avvicinarsi proprio dalla loro direzione e quando alzo lo sguardo, il cuore torna a galoppare.
Max si sta avvicinando. Anzi. Max è già da me. Veloce, diretto e spedito.
È incazzato e forse lo è con me visto che mi arriva vicino fin quasi a toccarmi. Lo farebbe se non fosse che alzo la spalla ed il braccio pronto a respingerlo di riflesso, per mettere le distanze che voleva eliminare per motivi misteriosi.
Io lo guardo sorpreso ed incredulo, lui ricambia irritato. Irritato è dir poco. Siamo in penombra e non ci vediamo bene, ma la sua faccia resta sempre estremamente espressiva.
- Beh? - chiedo sempre col cuore dannatamente in gola. Spero di essere più bravo di lui a controllare la mia faccia, non voglio fare la parte dell’idiota patetico.
- Beh tu! Si può sapere perché diavolo cerchi di entrare nella mia camera con la tua chiave?
Quando lo dice spalanco gli occhi, il mondo intorno a me si ferma così come quello dentro, in altre parole i battiti rallentano di botto insieme al mio respiro ansioso, abbasso la testa ed il braccio col quale tentavo di allontanarlo, guardo la medaglietta e leggo il numero. Poi alzo la testa e guardo il numero sulla porta. È un altro.
Sgrano ancor di più gli occhi mentre mi sento letteralmente morire alla figura colossale di merda che ho fatto proprio davanti a lui.
Ma la sua? Non potevo confondermi con quella di qualcun altro?
Sono un idiota? Sì che lo sono, ma mi dà fastidio che proprio lui lo scopra! Cazzo!
- Merda! - dico in francese in modo assolutamente spontaneo. Appena lo dico percepisco nettamente Max rilassarsi e fare una risatina. Improvvisamente è come se avessi pigiato un interruttore per cambiare modalità da incazzato a... lo guardo meravigliato per capire cosa gli sia preso e vedo sufficientemente bene a questa vicinanza di meno di mezzo metro. Vedo divertimento e malizia.
Malizia? Sì, sì, malizia!
Ma perché? Posso averlo divertito per l’errore idiota, ma questa malizia che c’entra?
- Non volevo, non me ne ero accorto... - è ovvio che non l’ho fatto apposta, ma c’è qualcosa che si è innescato quando ho detto ‘merda’. Poi mi ricordo com’era incazzato poco fa. - E non volevo nemmeno sentirvi. In realtà non ho capito nulla, solo che discusavate. Mi dispiace, prima eri felice di sparire con lui ed invece...
Ed invece mi sono trasformato in Pierre che blatera quando è teso ed imbarazzato, non so perché diavolo sono ancora sotto il suo effetto, ma sicuramente c’entra ancora l’euforia Ferrari.
Quando passa quel dannato incantesimo? Odio sembrare stupido!
Max inarca le sopracciglia scettico. Siamo troppo vicini per non vedere le nostre espressioni e capirle.
Saprà che sono nel dramma. Lo saprà di sicuro.
Cosa penserà? Oh beh, ma che me lo chiedo a fare? Sicuramente me lo dirà subito.
- Sei più buffo e strano di quel che sembri normalmente! - ed eccolo infatti. Io avvampo ma almeno questo so che non lo può vedere. È troppo buio per notare le sfumature delle mie guance.
- Per-perché? - chiedo balbettando come un idiota. Però questo lo sente, stupido Charles balbettante!
Max scuote la testa ed alza le spalle fingendo menefreghismo, quando lo fa so che è tornato alla frase di prima, quando gli ho detto che non volevo spiarli.
Eppure non penso sia veramente disinteressato alla questione quanto piuttosto credo sia solo un modo per difendersi da chissà cosa.
È un momento brevissimo, ma lo capisco così bene che mi sorprendo e rimango inebetito ad ascoltarlo, ancora fermo immobile qua dove sono.
- Non importa. Comunque sembra tu abbia un enorme talento nel beccarci quando litighiamo.
Su questo gli do proprio ragione, ma quello che mi chiedo io è perché rimango piantato qua e non mi muovo? Forse perché penso a prima, quando mi sono chiesto cosa avrei fatto se mi fossi trovato in compagnia di Max in una delle volte in cui sono fuori di me o su di giri. Potrebbe essere uno di quei momenti? Sono ancora troppo su di giri?”
Chapter 15: Un passo avanti, due indietro
Notes:
(See the end of the chapter for notes.)
Chapter Text
14. UN PASSO AVANTI DUE INDIETRO
/Max/
“Mi infilo la mano in tasca alla ricerca della chiave magnetica, ma non gli stacco gli occhi di dosso. Siamo vicini, ci vediamo abbastanza bene eppure non troppo.
Inarco le sopracciglia in attesa, scettico. Non so mai le espressioni che faccio così come non so mai quel che sto per dire perché non pondero prima.
- Pensi di rimanere lì o vuoi entrare? - e questo mi esce come un invito carico di malizia. Me ne rendo conto solo dopo che gliel’ho fatto. Forse è perché prima quando avevamo scambiato quelle due parole insieme avevo pensato a noi due al di fuori delle corse come ad una coppia che poteva funzionare.
Ma ci sono Daniel e Pierre, sebbene in effetti il fatto che il francesino sia andato nella sua camera e non in quella di Charles mi fa pensare che sia vero che non stanno insieme.
Improvvisamente a questa eventualità una scintilla di buonumore arriva inattesa.
Il ricordo dell’ennesima discussione con Daniel viene per un momento messo da parte mentre infilo la mano fra Charles e la porta ancora fermo lì piantato come se non potesse muoversi.
Il BIP arriva, la porta si apre e lui rimane inebetito a fissarmi e non so perché, non so cosa pensi e non so cosa gli prenda, è sempre il solito strano illeggibile che cerca di trattenere e nascondere, come se fosse un dramma far sapere cosa prova o cosa pensa.
Appoggio il gomito allo stipite dopo aver aperto la porta dentro cui non posso entrare perché resta impalato come una statua. Una bella statua, devo dire.
Mi sta piacendo, credo che gli ho messo soggezione od imbarazzo e mi piace l’idea di avergli suscitato qualcosa del genere.
Mi chino verso il suo viso senza pensarci, come sempre agendo come mi pare, puro istinto. Lui spalanca gli occhi, per un momento non si muove, ma poi all’ultimo indietreggia e si fa da parte.
- Hai bevuto? - chiede come se questo mio gesto potesse spiegarsi solo con l’alcool.
Rido istintivamente. Evidentemente con lui funziona così. Scuoto la testa e rimango qua. Adesso la via per entrare in camera è libera, ma non mi muovo. Sto appoggiato allo stipite e lo guardo, ora meno vicini di prima. Peccato.
È stato breve ma intenso, come si dice. Faccio un sorrisino malizioso.
- Mi sembrava aspettassi qualcosa. - se vuoi ti dico anche cosa, sai che non mi faccio pregare a dire ciò che penso. Credo Charles sia nel dramma, ma scuote la testa forsennato e guarda di nuovo il numero della sua camera evidentemente in tilt. Adoro l’effetto che gli faccio. Vuoi vedere che gli piaccio, alla fine? Ho sempre pensato che mi odiasse e mi irritava la cosa perché a me lui invece piaceva, in qualche modo; non ci ho mai riflettuto molto, ma sapevo che mi piaceva. Se non altro correre contro di lui e la cattiveria che ci mette in pista.
- E tu dai sempre agli altri ciò che si aspettano o che vorrebbero? - chiede incredulo e con un pizzico di ironia, ma forse è più provocazione. Adoro anche questo. Così come il tuo ‘merda’ in francese di prima.
Da quando sto con Daniel non era mai successo, ma stasera mi è piaciuto inequivocabilmente Charles. Sia prima quando siamo stati brevemente insieme, che ora. Lui, la sua bellezza ed il suo francese. È una cosa che forse mi deve far pensare. Se non altro alla mia relazione con Daniel.
- Dipende... - rispondo ancora basso e malizioso, la testa appoggiata al braccio piegato sullo stipite. Lui sempre lì a meno di un metro da me. Spostato ma ben piantato. Sto flirtando con Charles?
- Cioè dipende se litighi o meno con Daniel? - ma il modo in cui lo dice non è di quel provocatorio eccitante che vuole spingerti a saltargli addosso, è di quello che sottintende un ‘mi deludi, così non mi piaci più, sei così poco serio’.
Appena lo realizzo anche la mia delusione parte insieme alla sua. Perché è questo che è stato. Delusione. Tutto si smonta in un istante.
Io ho deluso lui per la mia poca serietà, o presunta tale, e lui ha deluso me per questo lato da giudicante superficiale. Non sai niente di me, non ti azzardare ad infilare la tua splendida lingua francese in posti che non ti competono. Solo nella mia bocca, se vuoi, ma non per sparare sentenze di merda.
- Non sai un cazzo di me.
Senza rifletterci né farlo di proposito, sbotto con durezza quel che lui mi aveva detto quel giorno quando aveva beccato me e Daniel a litigare e poi baciarci.
Charles si irrigidisce e sembra svegliarsi dal sogno in cui era, immediatamente si mette su una maschera illeggibile ed alzando il mento, risponde gelido: - Già, non so proprio un cazzo di te. Buonanotte Max.
Non mi chiede di Daniel, né prova a dare preziosi consigli come fanno tutti.
Se ne va e basta, questa volta nella camera giusta, poco distante dalla mia.
Entra senza nemmeno guardarmi più ed io rimango qua davanti alla mia a fissarlo deluso, bruciante e anche furioso per un momento.
Ma che diavolo era quello che è appena successo? Flirtavamo o ci giudicavamo a vicenda?
Era un avvicinamento od un allontanamento?
Io e lui facciamo sempre un passo avanti e due indietro. Sempre. Puntualmente.
Ma faccia quel cazzo che gli pare.
Una volta che entro sbattendo la porta, mi chiedo all’istante cosa sarebbe successo se avesse tenuto la bocca chiusa e non avesse nominato Daniel. Non volevo baciarlo davvero, volevo solo vedere se ci sarebbe stato, ma si è allontanato e mi ha pure fatto la morale fra le righe.
Se solo fosse stato zitto. Beh, si era spostato. Sì, ma rimaneva lì in attesa, quasi come se volesse che ci riprovassi, come se si fosse pentito di essere indietreggiato.
Sto vedendo troppe cose?
Ma poi alla fine che importanza ha? Sto con Daniel, non lo volevo baciare davvero!
Va bene, mi piace in qualche modo, ma penso che mi piaccia solo perché è un bel ragazzo ed ha questo carattere intrigante da demone mascherato da angelo. È stuzzicante, ma non potremmo mai funzionare insieme.
Sto con Daniel. Anche se è sempre più difficile, sto ancora con lui. Anche se non so per quanto ancora.
Ma che vada al diavolo anche Charles, sono abbastanza incasinato da solo, non mi serve anche lui adesso!
Il giorno dopo finisco alle sette di mattina in camera di Daniel a rompergli le palle con una svenevole e potente colazione dolce. Girando tanto il mondo proviamo tante usanze diverse e finisce che a volte le adottiamo se ci piacciono o se ci va.
Oggi volevo qualcosa di dolce e speciale per farmi perdonare. Oltretutto trasportare due caffè e dei croissant è un conto, farlo con le colazioni che normalmente facciamo noi è un altro. Potevo ordinare la colazione in camera, ma non vogliamo mettere i manifesti e far sapere che stiamo insieme. Fare una colazione in camera insieme credo potrebbe essere strano, fin qua ci arrivo anche io.
Quando entro con la mia copia della sua chiave, lui dorme ancora della grossa.
Faccio in silenzio più che posso, o per lo meno ci provo. Fino a che non sbatto col piede contro una sedia che si ribalta ed ovviamente la sedia aveva la sua valigia sopra, la quale si ribalta a sua volta e fa un gran chiasso ed io impreco in olandese e per poco non rovescio pure i caffè.
E vaffanculo al mio risveglio dolce e romantico.
La luce del comodino si accende e la sua faccia corrugata più morta che viva mi fissa come se fossi finito nel suo incubo.
Faccio una smorfia e alzo il sacchetto della colazione ed i porta caffè nell’altra mano.
- Buongiorno? - tento consapevole di aver peggiorato tutto.
- Me lo stai chiedendo? - risponde lui incerto e ancora rauco. Poi con gli occhi ancora mezzi chiusi ed un gran sonno, guarda l’ora sul cellulare per poi tornare a fissarmi sempre insonnolito.
- Max, ma stai male?
In effetti sono uno che si addormenta tardi e si sveglia altrettanto tardi, sono notturno, perciò è comprensibile rimanere sorpreso della mia presenza qua a quest’ora.
- Beh, non riuscivo a stare nel letto da solo... - lo dico con aria colpevole ed a questo punto Daniel sospira, scuote la testa alzando gli occhi e si decide a tirarsi su a sedere, appoggiando la schiena contro la spalliera.
È a torso nudo, i capelli ricci sono incasinati come al solito e forse anche di più e non riesce ancora a tenere gli occhi aperti, ma mi fa un sorriso lo stesso, anche se pieno di sonno pure quello.
Io contento mi avvicino a lui, mi chino e lo bacio facendo la pace che avrei dovuto fare stanotte invece che cercare di baciare Charles solo per metterlo alla prova.
E se ci stava? L’avrei baciato davvero?
È questo che ho pensato tutta la notte. Tutta. Ed è per questo che non ho dormito un cazzo. Perciò alle sei mi sono svegliato stufo e sono andato a correre per un’ora per poi prendergli la colazione e decidere che si poteva svegliare così facevamo pace e trombavamo e tutto passava.
Tutto, sì.
Ma tutto cosa?
Per cosa diavolo avevamo litigato?
Non lo so, so solo che non sono pronto a rinunciare ancora a lui e soprattutto che ne ho voglia. Ho voglia di lui e di scopare, perciò visto che stiamo ancora insieme non ha scelta che accontentarmi.
Gli ho portato pure la colazione, queste sono le mie scuse. Anche se continuo a non ricordare per cosa gli avevo fatto il muso stavolta.
È da quando mi ha detto che se ne va dalla Red Bull che me la prendo con lui per ogni stronzata, ma poi facciamo sempre pace e finiamo comunque per ridere insieme. Resta la mia fonte di sfogo e rilassamento e serenità.
Faccio il giro del letto passando ad aprire i tendoni da cui entrano le luci del sole che sta sorgendo in questo momento.
L’alba ci colora di un oro rosato e rimango un po’ ad osservare questo bello spettacolo sulle acque che circondano Singapore.
È splendido, qua.
- Hai già mangiato? - chiede lui con la bocca piena, mi giro scuotendo il capo per poi ridere perché si è praticamente infilato in bocca una brioche intera senza morderla e stava attaccando anche la seconda.
- Oh. - fa infatti fermandosi in tempo dal pigiarla dentro insieme all’altra. Io rido ancora più forte gettando la testa all’indietro, mentre lo faccio mi sento già meglio, come se il nuvolone che stava sulla mia testa si fosse di nuovo dissipato.
Ieri che ce l’avevo per colpa di Dani, me l’ha tolto Charles per poi rimettermelo di sera prima di andare a dormire ed adesso me l’ha tolto lui.
Sono un po’ incasinato, credo. Forse confuso. Ma visto che non so proprio come si fa a pensare, gli indico col mento la brioche che ha riposto nel sacchetto.
- Mangiala pure... - dico senza esitare.
- Davvero? - chiede incredulo.
Io annuisco e salgo sul letto gattonando, quando arrivo ai suoi piedi tiro via il piumino scoprendolo, gli afferro le ginocchia e gliele apro brutalmente, con questo mi tuffo verso il suo inguine rispondendo allegro: - Davvero, io mangerò te!
Mentre gli mordo l’interno delle cosce, lui ride con la bocca piena finendo poi per squittire e gemere e forse soffocare, non per questo mi fermo dal prendere la mia colazione.
Mentre lo ‘mangio’, penso a Charles di nuovo.
Ho tentato di baciarlo per finta per vedere che faceva e capire se gli piaccio o no, non volevo tradire Daniel, non l’avrei fatto sul serio e se lui invece avesse accettato e mi fosse venuto incontro, beh, mi sarei allontanato io.
Sì, è così che voglio immaginare sarebbe andata. Ma tanto non è successo nulla ed alla fine è questo che conta. Charles è un bigotto che non ha ancora capito che sta tanto tempo con Pierre perché è gay e gli piace, ma non è un mio problema. Io non sono di certo bigotto, sono bisessuale e mi piace il cazzo di Daniel.
Bello, grande e perfetto.
Mi piace lui perché è semplice e sincero, è esattamente come appare, non ha maschere che coprono degli aspetti di cui si vergogna. Lui non si vergogna di niente e mi fa stare bene.
Il suo cazzo cresce nella mia bocca mentre succhio, la sua mano non mi tocca perché è sporca di cibo, altrimenti accompagnerebbe la mia nuca; mentre ci do dentro senza remore, mi sparo una sega. Il mattino perfetto, quello che volevo, quello che mi raddrizzerà la giornata, oltre che il cazzo. Quando li sento pulsare, poco prima di sentire lo sparo della gloria, mi fermo sia con la bocca che con la mano e mi giro con il bisogno di sentirlo dentro per avere un piacere più intenso. Bisogno, è proprio questo che è. Così come prima ho deciso di far pace con lui perché ne avevo bisogno. Bisogno di lui, del suo cazzo e di questo piacere che mi ottenebra il cervello fino a spegnerlo.
- Max, ho le mani sporche... - dice perplesso.
- Non importa, scopami!
Così mi prende per i fianchi e finalmente arriva.
Quando lo sento dentro il mondo si sfoca e il viso di Charles prende lentamente di nuovo forma insieme alla scenetta di ieri sera, così come poteva essere.
Lui che non si spostava, noi che ci baciavamo e che poi entravamo dentro la mia camera già aperta e pronta, finendo per rotolare sul letto e trombare proprio così come stiamo facendo io e Dani ora. Non so perché ma lo immagino a scoparmi con prepotenza tirando fuori quel lato da demone sotto quel bel visetto d’angelo e mi scoperebbe senza dolcezza, tirando fuori il suo vero aspetto.
Un aspetto che mi fa letteralmente impazzire.
Mentre lo immagino vengo senza troppi complimenti, dopo pochi colpi da dietro. Lascio che Daniel finisca mentre mi accascio con la faccia contro il materasso e ad occhi ancora chiusi, rimango aggrappato alla fantasia mia e di Charles.
È la prima volta. La prima. Non doveva andare così. Che mi succede?
Con Daniel non va bene e sto cercando una via di fuga per non stare di merda quando finirà sul serio? È questo che è? Sento che sta finendo con lui e sto cercando il prossimo cazzo che non mi farà stare solo con l’inferno che ho dentro?
Oh, ma fai proprio schifo, Max.
Daniel viene con un gemito più forte, mi stringe ancora i fianchi fra le mani e poco dopo mi si accascia sopra da dietro, le sue labbra si posano dolcemente sul collo e risalgono fino ad arrivare all’orecchio.
- Sei perdonato... - mormora ansimante, lo sento sorridere.
Oh, non lo diresti se sapessi per cosa stavo cercando realmente il tuo perdono. Non per qualcosa che ho fatto, ma che avrei voluto fare e che forse farò.
Beh, insomma. Credo che Charles mi odi e mi disapprovi e anche se gli piaccio in qualche modo non ne è nemmeno consapevole o forse non lo vuole accettare e lo rifiuta perché è un bigotto di merda giudicante, perciò forse no.
Forse alla fine tutto sommato andrà bene e riuscirò a non ferire Daniel.
Forse.
Il suo ignorarmi quando mi rivede mi conforta assurdamente.
Ci contavo, in realtà, perché se invece avesse cercato il dialogo per sistemare le cose, sarebbe stato un casino, ma lo conosco e sapevo che mi avrebbe tenuto il muso ed ignorato, perciò mi raffredda subito.
È successo qualcosa, lo ammetto, ma solo nella mia testa che si è scaricato nel mio cazzo. Ho fantasticato sessualmente su me e Charles e non sarebbe quello il problema quanto il fatto che l’ho fatto mentre scopavo con Daniel.
Persino io che non ho una bussola morale mi rendo conto che questo è sbagliato, ma la mia fortuna sfacciata è che Charles mi odia.
Potrebbe comunque esserci altro; ho percepito qualcosa, ieri, e forse l’ho associata a quel gesto stranamente corretto nei miei confronti, quando in Belgio ha voluto scostarsi dalle voci che giravano su di me.
Non mi ha difeso davanti agli altri, figurati se l’avrebbe mai fatto, ma è venuto da me a dirmi che non la pensa così. Il vecchio me, quello prima di Daniel, gli avrebbe chiesto acidamente se voleva un premio, ma il Max post Daniel è diverso ed ho apprezzato il tentativo di mantenere una sorta di rapporto almeno decente. Forse ha paura che in pista poi lo butto fuori di proposito imitando il suo ‘just an inchident’.
Ieri ero ancora sotto quell’effetto e vedevo chissà cosa nei suoi sorrisi e nel fatto che non ha fatto finta di non vedermi per evitarmi. Avrebbe potuto e penso che il vecchio Charles l’avrebbe fatto. Ma vecchio in che senso?
Per me esiste un Max prima e dopo Daniel, ma Charles? Lo vedo diverso da prima che mi odiava apertamente e senza fare mistero, ma adesso ha improvvisamente mostrato delle aperture.
Ieri sera era lì che mi guardava imbarazzato ed in attesa ed ho pensato che volesse lo baciassi, ci ho provato per capire se era davvero quello, perché avevo avuto un’intuizione veloce. E se invece gli piaccio, alla fine? Come fai a capire se è così? Baciando qualcuno, ovvio! Ma era solo una prova che non è andata a buon fine. Ecco cos’è stato.
Magari aspettava che lo baciassi davvero ed alla fine semplicemente ha avuto più controllo che voglia.
Ha avuto diversi momenti in cui era imbarazzato con me ed è normale pensare che forse fossero perché io gli piacevo e magari è così, ma il suo odio per me è sempre lì e a quanto pare è più spiccato di qualsiasi altro presunto sentimento nascente, sempre che ci sia realmente stato ed io non abbia visto cose che non esistevano.
Tuttavia adesso è tornato al vecchio sistema di ‘ti odio e ti ignoro, stammi alla larga’. Mi fa ridere, ma non sono idiota da spararmi sui coglioni da solo. Approfitterò di questa sua marcia indietro, per me è la cosa migliore. Sto con Daniel, sto bene con lui e mi ha migliorato la vita, perciò anche se sono nervoso perché se ne è voluto andare e mi sento comunque responsabile, alla fine quel che provo per lui è più forte delle mie stupide paturnie egoiste.
Il fatto che abbia avuto fantasie su Charles non c’entra niente, non ha importanza. Le fantasie sono fantasie. Non ne avevo mai avute e averle d’improvviso mi fa strano, ma è un po’ come farsi una sega guardando un porno. Non l’ho mai fatto da quando sto con Daniel, non ne ho proprio avuto bisogno, ma penso che dopo un po’ che stai con qualcuno forse arriva l’abitudine e il rapporto inizia... non so, a cambiare d’intensità, magari. Le relazioni non restano mai uguali all’inizio, ma non significa che qualcosa si stia rovinando o stia finendo.
Ad ogni modo è inutile pensarci tanto visto che Charles tira dritto per tutto il weekend facendo come se non esistessi proprio. Se succederà di nuovo una cosa simile, cioè una fantasia su di me ed altri ragazzi, inizierò a preoccuparmi seriamente, ma fino ad allora sarà stato solo qualcosa di isolato di cui non devo preoccuparmi.
Punto.
Con le dita percorro lieve la superficie della pelle di Daniel ricoperta di tatuaggi, ne ha diversi sparsi in giro per il corpo, cosce, braccia. Non sono un fan dei tatuaggi, ma alcuni mi piacciono sugli altri.
Quel che mi piace in particolare dei suoi è tracciarli col dito come se glieli stessi ripassando io.
Lui è steso sul letto a pancia in giù nella pace dei sensi, fuori infuria una tempesta di fine autunno classica che sembra debba portare via il mondo intero. sDi solito mi piacciono le tempeste perché tendono a rispecchiare il mio animo, in qualche modo, ma oggi ci hanno costretto a starcene rintanati dentro invece che uscire in barca e giocare con le moto d’acqua.
Non c’è nemmeno la Moto GP questo weekend e mi sembra di sprecare il poco tempo libero che abbiamo, ma mentre lo penso con un certo fastidio traducibile forse più in depressione e malinconia, mi rendo conto che fino a qualche mese fa facevo la firma per starmene chiuso in casa con Daniel a fare niente se non trombare e cazzeggiare insieme.
Adesso è come se mi stesse stretto, se non mi bastasse. Sento il bisogno di uscire e fare altro, riempirmi le giornate ed il tempo.
Con mio padre era sempre tutto sui motori anche quando non c’erano gare. Mi faceva studiare vecchi Mondiali per imparare manovre o chissà cosa. C’era sempre qualcosa da fare, ma la verità è che adesso che sono libero, grazie a Daniel ho imparato cosa significa vivere e mi piace. È solo che mi sento stretto, è come se sentissi la necessità di ampliare qualcosa nella mia vita o forse... forse non so, cambiarlo.
Sono inquieto e nervoso ed ultimamente questo cresce in me, lo sono sempre di più. È come se il miracolo della salvezza di Daniel si stia affievolendo ed ora io necessiti di un altro.
Un altro che mi salvi?
Ma cos’è andato storto con me?
- Cosa vorresti fare? - chiede Daniel improvvisamente. Pensavo dormisse mentre ridisegnavo i suoi tatuaggi, di solito si rilassa fino ad addormentarsi ma forse percepisce la mia inquietudine in qualche modo. Beh, mi conosce bene ormai.
Faccio un mezzo sorriso ed alzo le spalle come se mi guardasse. Siamo entrambi nudi stesi a pancia in giù tutti storti sul letto, il riscaldamento a 25 e la musica che piace a lui, rock, che riempie casa.
- Non so, qualcosa...
Non ho mai detto così quando stavo con lui. Mi piaceva anche la sua sola semplice compagnia, anche guardare qualche saga o serie tv o non fare nulla se non stare insieme. Mi piaceva farlo cucinare perché lui è bravo e mi divertivo così, stare con lui mi dava un gran senso di calma e tranquillità, era come se mi staccasse una spina costantemente inserita, ma era una spina che faceva contatto e mi mandava in corto circuito.
Adesso quella spina la sento di nuovo inserita e lui lo sa. Non mi basta più avere tempo da passare con lui senza fare nulla.
- Ma cosa facevi prima di stare con me, nel tempo libero?
Alzo le spalle e piego le labbra all’ingiù senza saper cosa dire perché di fatto è questo il punto.
- Niente. Prima nel tempo libero c’erano sempre le corse in qualche modo. Mio padre mi faceva studiare i vecchi GP oppure qualcosa sui motori o chissà cosa! Non c’era ‘altro’ per me. Non c’è mai stato.
Daniel si gira verso di me torcendosi con una certa difficoltà per la posizione, questo mi fa perdere il tatuaggio che stavo disegnando col dito e mi guarda sorpreso, cerca di capire se io sia serio.
- Non facevate niente altro? Solo cose inerenti ai motori e alle corse?
Annuisco e quando lo faccio lui realizza qualcosa che non aveva mai capito realmente, ne rimane colpito e penso di sapere di cosa si tratta.
Sono diverso dagli altri, molto più di quel che pensavo e chiunque altro abbia mai capito. Nessuno sa quanto io sia diverso e fino a che punto. Queste cose ormai non si cambiano, si possono modificare, ma questo solco che mio padre ha creato con me con tanta cura ormai è indelebile.
Ho un buco dentro che è stato sempre riempito solo dalle macchine e dalle gare, infatti anche il mio unico passatempo sono le gare online. Comunque corro anche per hobby.
Daniel è riuscito a farsi strada ed è questo che mi ha fatto diventare così dipendente da lui, mi ci sono attaccato per questo. Mi ha fatto scoprire qualcos’altro al di fuori delle corse, ma adesso sapere che in qualche modo per colpa mia cambia team mi ha fermato.
Forse mi sono limitato a riempire il buco che avevo con Daniel, ma adesso che mi sembra se ne stia per andare mi rendo conto che quel buco è ancora là, vuoto, e se non voglio riempirlo di nuovo con le macchine come prima, devo trovare una soluzione ma non penso di esserne capace da solo.
Daniel si gira del tutto e si tira su con le spalle sulla testata del letto, allarga il braccio indicandomi di salire e così strisciando a pancia in giù lo raggiungo, mi accoccolo contro il suo petto e mi bacia la fronte.
Sto sempre bene con lui, però questa malinconia interiore è lì e mi rendo conto che razionalmente non ha senso di esserci.
Non ci stiamo lasciando e non ci lasceremo, viviamo sempre nello stesso palazzo e se ne va per motivi personali di carriera ed anche per non finire per odiarmi e non rovinare il nostro rapporto. In un certo senso lo fa per salvare la nostra relazione, fra le altre cose.
Perché sono malinconico?
Prima non sapevo di essere difettato, adesso stando con lui l’ho capito, ma ero felice perché mi aveva tirato fuori da quel posto orribile e solitario in cui ero.
Adesso però se lui se ne andasse o se ci lasciassimo io tornerei lì con la differenza che adesso so di essere difettato.
- Sei solo meteoropatico, in molti lo sono. Quando tornerà il sole vedrai che sarai di nuovo di buon umore!
Lui la mette semplice e vorrei che avesse ragione, ma sento che non è tutto lì.
Sto vivendo questa come la fine della nostra relazione, ma mi rendo conto che non è così solo perché lui andando via dalla Red Bull va via anche da me. In realtà penso che fra noi stia semplicemente finendo, punto e basta, e non ci sono altre ragioni che questa per spiegare questo mio stato lento, costante e crescente di inquietudine ed insoddisfazione. Ma non posso farci nulla.
Nessuno dei due può.
Ripenso a quando ho avuto l’impulso di baciare Charles e a quando poi ho fantasticato di scopare con lui. Mi sono sentito attratta da lui, mi è piaciuto. Non posso negare che è un sintomo e forse è ora di iniziare a considerare la cosa.
Da parte mia sta finendo qualcosa, ma so che avrò bisogno di tornare a riempirmi di qualcos’altro appena Daniel se ne sarà andato, solo che non ho proprio idea di cosa potrebbe essere e l’idea di non avere nulla da metterci in quel mio dannato buco mi terrorizza, perciò per il momento sto qua accoccolato contro il suo petto e non faccio nulla. Assolutamente nulla. Gli bacio la clavicola su cui appoggia il mio viso e sbuffo, lui sorride e mi bacia ancora la fronte. Ma non basta. Niente basta più.”
Notes:
Scusate se ogni tanto aggiorno in più tempo, ma la fic è prevalentemente già scritta, il materiale c'è ed è molto, perciò salvo impegni vari i capitoli arrivano sempre con una media di uno a settimana circa.
Per i lestappen c'è ancora da aspettare, ma le cose come si vede hanno iniziato a muoversi in quella direzione nonostante i maxiel.
In questa prima parte di fic si continua ad approfondire a dovere i due personaggi principali perché ritengo sia molto importante il loro background visto che la fic parla anche delle loro crescite personali che si intrecciano alla loro relazione. Le cose di Max sono ispirate alla sua vita e a ciò che si sa di lui, naturalmente poi ho anche aggiunto della mia immaginazione per arricchire e magari certe cose le ho esagerato (o mancate). Alla prossima. Baci Akane
Chapter 16: In cerca di emozioni
Notes:
(See the end of the chapter for notes.)
Chapter Text
15. IN CERCA DI EMOZIONI
/Charles/
“L’immagine della sua bocca carnosa che si avvicina alla mia è incisa nella mente. Per un momento sono rimasto imbambolato come un coglione, mi sono svegliato all’ultimo con un grido nel cervello che mi diceva ‘CHARLES CHE CAZZO FAI?’ e mi sono allontanato di riflesso. Era quasi arrivato a me.
Ma che diavolo gli era preso? Io sono così shoccato che non riesco nemmeno a pensare anche al mezzo litigio successivo.
Ho il cuore in gola come uno stupido adolescente. Gli ho pure fatto la radiografia delle labbra. Che sono piuttosto carnose per essere di un ragazzo. E rosse. Non sempre hanno quel colore, le sue sì.
Forse voleva solo prendermi per il culo, vendicarsi perché pensava l’avessi spiato. Vai tu a capire che cazzo gli passa per la testa, quello è pazzo, siamo troppo diversi, non potrò mai comprendere nemmeno una delle sue azioni. È un alieno, ecco cos’è.
Però sono fermo appoggiato alla porta della mia camera, in piedi, al buio. Il cuore va ancora esageratamente veloce e sto respirando volutamente a fondo per calmarmi, ma non ci riesco bene.
Che senso ha cercare di baciare qualcuno per punirlo di qualche presunta anche se non reale colpa?
Forse è il suo modo di reagire quando litiga con Daniel. Che cazzo ne posso sapere io di cosa fa normalmente? Appena l’ho nominato è diventato una bestia, ma è lecito pensarlo. Litiga con lui e prova a baciarmi. Se non è per quello doveva essere più chiaro ed esplicito. Se si metteva a ridere e fare battute magari capivo che scherzava. Avrei detto scherzo di merda, gli avrei fatto una battuta acidissima e l’avrei chiuso fuori dalla mia vita di nuovo, non che io l’abbia mai fatto entrare in realtà, ma oggi ero su di giri e così ho semplicemente agito istintivamente.
Oggi siamo stati bene perché non ero in me, era colpa mia. Evidentemente è solo uno stronzo psicopatico come ho sempre pensato, provare a capirlo è inutile.
‘Non sai un cazzo di me!’
La sua voce mi torna in mente, le sue parole mi rimbombano roche e dure mentre sto ancora qua fermo al buio sulla porta.
‘Sei tu che hai provato a baciare me. Io se sto con qualcuno non tento di baciare qualcun altro!’
Dovevo rispondergli così, ma poi perché? Discuti con qualcuno se ti interessa risolvere, chiarire e sistemare le cose. A me non interessa. Il mio essere su di giri è bruscamente stato spazzato via, adesso sono di nuovo in me. Normale, razionale, che non vuole niente da certa gente, specie averci a che fare.
Alzo la mano di lato e cerco l’interruttore ma prima di trovarlo strisciando sul muro mi rendo conto che tremo. Tremo per cosa?
Così mi fermo e resto al buio.
Non ero tornato in me?
Mi muovo verso il letto che intravedo nella penombra, le luci della città notturna entrano dalle finestre di cui solo i vetri sono chiusi. Mi siedo sul letto rivolto verso quelle luci e penso a poco fa come se alla fine fosse realmente successo qualcosa.
Qualcosa che non voglio capire perché non voglio che mi piaccia. O perché non è andata come volevo.
Se mi avesse baciato davvero? Forse giocava, ma se non mi spostavo cosa sarebbe successo? Mi avrebbe baciato veramente? E come sarebbe stato?
La mia mente trasmette una fantasia che non riesco a comandare, va per conto proprio. Ogni cosa va per conto proprio, mentre immagino di rimanere fermo lì e ricevere quelle labbra straordinariamente morbide per essere di un uomo. Le nostre che si intrecciano, le lingue che si incontrano e il suo sapore che si mescola al mio. E lui che mi prende per la nuca e mi tira dentro in camera sua aperta lì per me.
Lui che mi conduce sul suo letto e mi fa stendere sopra, mentre ci penso mi lascio cadere all’indietro sul mio. Nell’immaginare le sue mani che scorrono sul mio corpo lo faccio su di me senza controllarmi.
Le sue arrivano senza esitare sul mio inguine, mi apre i pantaloni, si infila dentro i boxer, mi afferra l’erezione e me la tira fuori. Mi masturba senza imbarazzo, non esita un istante mentre ancora ci baciamo ed io faccio altrettanto con lui, gli apro i jeans e glielo tiro fuori toccandolo alla stessa maniera e finisce che si strofina su di me, mi fa sentire il suo duro contro il mio fino a mandarmi fuori di testa e con la lingua scende sul collo a leccare e succhiare lì dove sono sensibile e non arrivo al resto perché vengo prima, qua e ora.
Il resto si dissolve prima di arrivarci, ma lui non si fermerebbe lì. Oh, no che non si fermerebbe. Mi spoglierebbe e mi prenderebbe completamente, o ci proverebbe, perché col cazzo che gli farei fare tutto quel che vuole.
Immaginando i nostri ruoli a letto un ghigno affiora sulle mie labbra che mi succhio avido come se avessi le sue fra le mie.
Non ti farei fare tutto quel cazzo che vuoi, caro Max, perché tu vai messo al tuo posto. Ti servono delle lezioni per smettere di gasarti troppo e non montarti la testa.
Alzo la mano dopo essermi liberato nel piacere, guardo nel buio della stanza a cui i miei occhi ormai sono abituati, intravedo lo sperma viscido e col cuore ancora che va a mille, io tutto sudato come se l’avessi fatto sul serio con lui, lascio cadere il braccio di lato avendo attenzione a non sporcare le coperte.
Dannazione, ti sei bevuto il cervello, Charles?
Forse hai bisogno di un ragazzo?
Insomma, ho fatto certe cose con Pierre perché i miei istinti ormai stanno venendo fuori e credo che a questo punto sia chiaro. Sono gay. O per lo meno mi piacciono anche i ragazzi ed in questo preciso momento della mia vita ne voglio. Sono in quella fase, magari un giorno passerà e tornerò a preferire le ragazze, ma per il momento è così.
Fasi, sì. È solo una fase, ma non rovinerò mai le cose con Pierre solo per questo, siamo troppo amici. Voglio dire, potrei farlo senza problemi con lui, è evidente, ma poi ho paura che si rovinerebbe qualcosa e non voglio. È prezioso così com’è.
Max è solo uno su cui ho avuto una fantasia erotica, forse me lo farei, ma il problema è che appena apre bocca mi irrita e litighiamo, magari non sempre, non al 100 % delle volte, ma prima o poi succede sempre. Abbastanza in fretta, per la verità.
E quindi?
Ho voglia di andare con un ragazzo per motivi a me ignoti, perché sì, perché non c’è sempre un motivo per volere qualcosa o qualcuno. A volte lo vuoi e basta e forse ci metti un po’ a capirlo, ma prima o poi ci arrivi. Ma alla fine conta ciò che fai nella realtà e la mia è che non ci penso minimamente ad andare col primo che capita.
Intanto perché anche se sono circondato da un sacco di ragazzi, Pierre e Max sono stati gli unici con cui io abbia provato o voluto, significa che non mi sta bene chiunque. E poi perché sono esigente. So di esserlo. Non credo di essere tipo da una botta e via squallida con uno scelto su una di quelle app del cazzo o chissà chi incontrato chissà dove.
Adesso torno in me.
Pensavo di esserlo già, ma mi sbagliavo.
Basterà comunque ignorare Max e stargli lontano. A prescindere da tutto sta con Daniel; anche se volessi provare per togliermi lo sfizio con quella che tanto alla seconda volta litigheremmo e ci scanneremmo, sta con Daniel, una persona meravigliosa di cui sono anche amico e non ci tengo a ferirlo.
E comunque penso che faremmo a pugni per chi sta sopra.
È stronzo e lo odio, non c’è proprio modo per fare questa cosa, perciò se mai incontrerò qualcun altro in grado di accendere i miei ritardati istinti sessuali omoerotici, spero che sia libero e nemmeno mio amico.
Ognuno ha i suoi ruoli, l’avevo già detto e lo ribadisco con estrema convinzione.
Pierre è il mio migliore amico, Max il mio rivale. Non possono essere altro.
Adesso fatti una doccia fredda e calmati. Anche se devo dire che ora dopo questo bel trattamento solitario sto straordinariamente meglio, sono molto più calmo.
Devo ricordarmi questo metodo. Se mi sembra di stare per impazzire con troppi istinti inappropriati, una mano è momentaneamente sufficiente.
Arrivo al bagno pensando a questo e accendo finalmente la luce che mi dà un po’ fastidio, apro il rubinetto della doccia che lascio volutamente tiepido tendente al freddo, poi mi giro verso lo specchio e prima di spogliarmi mi guardo.
Sì, ma quanto penso che mi basterà questa soluzione momentanea? E se torno in queste condizioni di arrapato allucinato che a momenti salto addosso a Pierre o peggio a Max?
Il fatto che io sia in queste condizioni nonostante Giada dimostra esattamente quel che è piuttosto ovvio. Non è una questione di sesso in generale, ho una voglia specifica che non posso soddisfare. La mia mano è un palliativo e un giorno non basterà.
Ma come diavolo si fa ad avere una voglia simile così improvvisamente? Da quando sono morti papà e Jules ho vissuto come in un sogno costante, ma non di quelli belli. Non era nemmeno un sogno. È solo che ero costantemente nella nebbia e non riuscivo né a stare bene, né male. Perciò quando mi capitavano emozioni potenti, belle o brutte che fossero, mi ritrovavo improvvisamente sveglio e a non saper gestire queste emozioni. E fin qua va bene. Magari devo solo trovare una valvola di sfogo normale o qualcosa che mi scuota.
Ma il punto sono le mie reazioni in quei momenti di brusco risveglio.
Perché il sesso? Perché specificamente con un ragazzo, fra l’altro nemmeno casuale?
Non riesco a trovare risposte e come al solito penso troppo senza riuscire a fermarmi.
Magari basta che mi distragga. Devo mettermi a fare altre cose, trovare hobby, passatempi, distrazioni. Finora è sempre stato tutto incentrato sulle corse per arrivare là dove volevo. Dovevo realizzare le promesse solenni che avevo fatto a papà e Jules, adesso che ho firmato con la Ferrari e che ci sono, forse mi posso calmare o impazzirò davvero. Un giorno finirò per fare qualcosa di cui mi pentirò da matti, come baciare sul serio Max.
Perciò devo trovare qualcos’altro che mi distragga da questi strani risvegli brutali e da queste voglie così maledettamente specifiche. Più che altro devo trovare qualcosa che non mi faccia arrivare a questi livelli.
È come se io non mi fossi mai concesso di vivere l’adolescenza come tutti perché pensavo ai doveri e ai sogni e alla carriera e alle promesse. Avevo altro a cui pensare e non potevo concedermi niente che mi distraesse, prendevo tutto super seriamente, come fosse questione di vita o di morte, specie le gare.
Ora invece ho bruscamente realizzato che le tappe che ho soffocato sono ancora lì e necessitano di essere vissute; oltretutto non servono a un cazzo le ragazze, in questo momento.
Abbasso ulteriormente il livello dell’acqua che mi ricopre e mi dà un immediato shock per poi darmi sollievo mentale e schiarirmi le idee improvvisamente.
Mi passo le mani a coppa sul viso lasciando stare i capelli che non bagno.
Ok, bella analisi giusta, completa e lucidissima, ma non serve comunque ad un cazzo sapere che avrei dovuto rendermi conto prima di essere gay e che volevo andare coi ragazzi e vivere la mia adolescenza in modo normale. Anche se adesso so che voglio fare una cosa o ne ho bisogno non è che la faccio perché sì.
Non sono un bambino e nemmeno un adolescente, quel tempo è andato, non l’ho vissuto ma io sono comunque cresciuto. Sono un ragazzo di ventun anni, ormai sono adulto. Le cose si fanno se si può, altrimenti si archivia e si passa oltre.
Chiudo il rubinetto e mi appoggio l’asciugamano sul viso e sul petto rimanendo per un momento così, con gli occhi chiusi.
Farò altro, semplicemente. Altre cose, proprio come dicevo prima. Mi distrarrò e cercherò di vivere senza rimanere in un costante sogno nebbioso. Cercherò di rimanere sempre sveglio e cercherò le emozioni per viverle normalmente, senza farmi sconvolgere quando ogni tanto mi investono quelle troppo forti che poi mi distruggono.
Ecco cosa farò.
Invece di scappare dalle emozioni o di soffocarle, le cercherò per viverle e abituarmici.
Lascio l’asciugamano in bagno ed esco tornando in camera, abbasso le serrande lasciando qualche spiraglio da cui domani mattina entrerà un po’ di luce e vado a letto così come sono, completamente nudo. Senza accendere la luce mi butto sul materasso aprendo le coperte, mi giro e mi lascio addormentare lentamente pensando al concetto finale che mi è venuto in mente.
Come si vive di emozioni? Mentre me lo chiedo, il viso allegro e piacevole di Pierre mi affiora ed un sorriso dolce con esso.
Se c’è qualcuno che lo sa, è sicuramente lui. Ma non gli dirò di Max. Il prossimo anno sarà suo compagno ed è un chiacchierone, non sa tenere la bocca chiusa. Finirebbe sicuramente per dirgli qualcosa che non deve.
No, questa cosa di stasera con lui e di tutte le mie paturnie assurde, non gliele dirò. Che ho voglia di soddisfare i miei istinti con i ragazzi magari sì, non c’è niente di male per quello.
Ma di Max no, decisamente no.
Pensandolo, mi addormento.
Sono ancora a rotolarmi fra le lenzuola con Max con cui ho rigorosamente fatto l’attivo, che un rumore si insinua nei miei sogni. Un rumore che stona perché non proviene da dentro la mia testa, ma da fuori.
La mia coscienza riemerge e le immagini ripetute del sesso più selvaggio con Max sfumano con dispiacere. Rimango ancora fermo immobile con gli occhi chiusi rifiutandomi di capire che mi sto svegliando e di accettarlo, spero di riprendere da dove ho interrotto, dalla sua lingua sulle mie natiche incurvate per lui, ma al rumore che mi fa capire la presenza di qualcuno in camera, si aggiunge un gridolino per nulla mascolino facilmente riconoscibile e nell’associarlo immediatamente a Pierre, apro un occhio per capire che diavolo ci faccia in camera mia.
La mia seconda chiave l’ho data a Joris e Andrea che stanno in camera insieme e mi gestiscono in tandem come una coppia di genitori alloggiando rigorosamente nello stesso hotel, anche se nelle camere meno VIP.
Senza nemmeno dovermi muovere per vederlo, lo metto a fuoco lì dov’è: immobile davanti alla porta, il vassoio della colazione e l’aria di chi ha appena beccato uno spettacolo porno dal vivo.
Pierre è la creatura più espressiva e spontanea di questo pianeta e si capisce immediatamente cosa prova e pensa, per me è ancora più facile perché lo conosco da quando era piccolo.
È rosso come un pomodoro, fermo rigido come se gli avessero appena infilato una scopa fra le natiche e rimane letteralmente impalato col vassoio in mano a fissarmi. Gli occhi spalancati, la bocca pure ed il dramma più plateale mai visto.
Volevo vedere che diavolo pensava di fare, ma penso che se non faccio io qualcosa lui ci resta lì secco per sempre, così apro anche l’atro occhio e mi giro supino strofinandomi la faccia per svegliarmi e togliere il sonno che era ancora un po’ su di me.
Sbadiglio pigramente e piego una gamba sinuosamente, non lo faccio apposta.
- Che hai? Che ci fai qua? - chiedo rauco.
Pierre non risponde così mi tiro su con la schiena appoggiandomi alla spalliera del letto e solo quando lo faccio mi accorgo di essere completamente nudo e con ancora il ricordo del sogno erotico su Max.
Da oggi lo ignorerò e mi allontanerò e tutto tornerà a posto, specie le mie condizioni intime.
Col secondo treno da appena svegliato realizzo che deve essere rimasto impressionato dalla mia erezione dura e con un: - Oh. - colpevole e consapevole, prendo il lenzuolo e me lo tiro sull’inguine coprendomi. Resta la montagnetta, ma almeno non è senza veli.
- Scusa. - aggiungo poi. Non credo mi abbia effettivamente mai visto nudo, anche se quando ho ricevuto la famosa chiamata di Arrivabene qualche settimana fa, ho fatto un certo lavoretto con entrambi i nostri peni, ma non credo lui mi abbia fatto qualcosa né abbia guardato.
È un po’ offuscato quel momento, specie perché adesso ho in mente solo Max ed il sogno. Un gran bel sogno devo dire, penso che se facessimo sesso sul serio sarebbe così. Una lotta a chi sta sopra. Con me ovviamente che lo addomestico per bene grazie a quel lato demoniaco che a quanto pare gli piace tanto.
Con un sorrisino malizioso che non so nemmeno io se è rivolto più a Max o più a Pierre, sventolo una mano mentre l’altra me la passo sui capelli corti spettinandoli ulteriormente.
- Ci sei? - lo richiamo. Lui è ancora fermo impalato a fissarmi shoccato, ma a questo richiamo lui annuisce e fa un saltino sul posto facendo quasi cadere quel che c’è sul vassoio.
- Non dormi mai tutto nudo! - esclama. Abbiamo dormito insieme altre volte, in effetti ha ragione, ma niente spogliarelli, i boxer li tengo sempre su. Non posso dirgli che ieri pensavo a Max e mi è venuto da dormire nudo, sarebbe un’associazione strana.
Alzo le spalle come a sminuire una cosa che non ha importanza.
- Avevo caldo. - ma è ovvio che non era possibile vista l’aria condizionata, Pierre comunque sembra prendere per buona la mia finta spiegazione e finalmente mi raggiunge posando il vassoio sul materasso, si guarda bene dal sedersi con me, passa alle finestre da cui entrano dei raggi solari che illuminano parzialmente la stanza e dandomi le spalle le apre. Probabilmente approfitta per respirare.
Faccio un altro sorrisino divertito.
Gli piaccio in quel senso? È difficile non capire Pierre anche se forse essendo gay magari mi trova un bel ragazzo e semplicemente non è insensibile alla bellezza. Magari rientro nei suoi gusti, ognuno ne ha. Anche lui penso rientri nei miei canoni, tutto sommato.
- Che ci fai qua?
- Ho intercettato casualmente Joris che ti portava la colazione in camera. Ti trattano come un principino, eh? - fa prendendomi in giro per stemperare la sua tensione.
Io invece mi aggrotto a questa informazione e solo ora realizzo che stavo ancora dormendo mentre lui è addirittura già pronto per uscire.
Guardo l’ora e vedo che è tardi, poi cerco il telefono e scopro che si è addirittura spento perché mi ero dimenticato di caricarlo. Alzo gli occhi al cielo imprecando.
- Ieri sera ho dimenticato di caricare il telefono e inserire la sveglia! Fortuna che ho loro due! Penso che sarei morto senza! Perderei il lavoro sicuramente! - Pierre ride.
Non parlo tanto per mio personale imbarazzo, per la verità sono perfettamente a mio agio nudo a provocargli certe reazioni. L’idea di piacergli fisicamente mi stuzzica sorprendentemente, ma penso sia colpa del discorso che facevo con me stesso stanotte.
Ho bisogno di vivere la mia adolescenza da ragazzo gay maniaco come tutti gli adolescenti che si scoprono gay, anche se non sono più adolescente. Ritengo di essere bisessuale visto che riesco ad andare anche con le ragazze senza dovermi sforzare, anche se finché non provo coi ragazzi non posso sapere se è la stessa cosa, però di fatto questo lato di me c’è e non l’ho mai vissuto ed ora che ho iniziato a rilassarmi avendo raggiunto lo step più importante della mia vita, uno dei miei grandi obiettivi, penso che scalpito per realizzarmi anche in altri sensi. È una fase, come dicevo stanotte.
Pierre ha vita breve se non sta attento. So che con Max non ci sono problemi, voglio dire... piuttosto che fare qualcosa con lui mi sparo, ma Pierre è troppo tenero e carino e queste sue reazioni spontanee mi nutrono troppo.
Si appoggia alla finestra che apre arbitrariamente, le spalle all’esterno e mi osserva con le mani nelle tasche che allargano i pantaloni in modo strategico, per impedire che si noti quanto gli stringono.
Wow, gli piaccio proprio!
Non l’avevo capito prima di ora, è sempre stato lo stesso con me. Molto amico e affettuoso. Non ha mai avuto cambiamenti nel comportarsi, niente che mi facesse capire qualcosa. O gli sono sempre piaciuto o si è appena reso conto che sono un bel ragazzo ben sviluppato. Può essere.
Ma ci sto pensando troppo e ricordo bene d’aver deciso di non rovinare la nostra amicizia, perciò torna a cuccia Charles.
- E quindi? - fa improvvisamente dopo un po’ che ho iniziato a fare colazione.
Inarco le sopracciglia mangiando il croissant. - Hai capito perché litigavano Max e Daniel?
Quando li nomina il boccone mi va di traverso e per poco non soffoco. Bevo il succo di arancia che c’era tutto in un colpo e mi sento il viso in fiamme.
- Come diavolo posso saperlo? - chiedo con una certa ansia evidente. Pierre mi fissa sorpreso come se fosse ovvio.
- Beh, la tua camera era vicino a loro, sicuramente hai sentito qualcosa prima di entrare! Cosa hai sentito?
La mia mente cerca di ripropormi quello che ho sentito fra loro, ma l’ho praticamente cancellato subito. Non sono nemmeno sicuro d’aver sentito qualcosa di fatto, ma ricordo benissimo quello che è successo dopo.
Sta zitto Charles. Non dirgli che ha tentato di baciarti! Non azzardarti!
- Non ho sentito niente, era solo incazzato con lui. Non hanno dormito insieme, sono andati ognuno nella propria camera.
Bravo. Sei bravissimo. Sei ancora eccezionale a controllarti se ti impegni. Torna in te o non sopravvivi. Lui è Pierre, ti capisce troppo bene.
Lui infatti mi fissa inquisitore, come se sapesse perfettamente che c’è qualcos’altro.
- Che mi nascondi? - chiede poi diretto e accusatore. Gli occhi sottili che cercano di leggermi il pensiero. Per fortuna non ne è capace.
Alzo le spalle riprendendo a mangiare distogliendo vigliaccamente lo sguardo.
- Niente.
Gli parlerò dei miei istinti ma se lo faccio adesso mangio la foglia. Ci sarà un momento migliore, gliene voglio parlare.
- Dai, ti conosco. - insiste Pierre. E cazzo, come lo distraggo ora? È estenuante, quando fissa la preda non molla l’osso.
Cerco di rimanere tranquillo e mangio la mia colazione in modo totalmente encomiabile, come non ci fosse assolutamente niente.
- Pierre, guardi troppi telefilm! Vedi misteri ovunque!
Insisto sulla mia linea e lui sulla sua fino a che non finisco e finalmente ho l’occasione giusta per farlo scappare.
Al suo ennesimo: - Guarda che non mollo finché non me lo dici! - io sposto il vassoio, mi apro il lenzuolo e mi alzo dal letto volutamente sinuoso e sempre nudo come prima.
Appena lo faccio Pierre si zittisce di colpo tornando bordeaux e con gli occhi fuori dalle orbite mi manda apertamente a cagare e dicendo: - Vaffanculo! Ci vediamo dopo, stronzo! - scappa letteralmente via lasciandomi solo.
Bene, se avevo bisogno di una conferma eccola qua.
Entro in bagno con un sorrisino divertito e assolutamente compiaciuto.
Gli piaccio, se non altro fisicamente. La cosa mi allieta parecchio ed ecco improvvisamente un’altra cosa di me stesso che non sapevo perché non sono mai stato un adolescente normale.
Mi piace piacere e sono vanitoso.
Quanto meno.”
Notes:
mi immaginavo molto un Charles pensatore, per me è uno che si fa un sacco di seghe mentali, che pensa e si analizza, programma, fa e distrugge. Magari poi mi sbaglio, di sicuro comunque quello impulsivo che non riflette mai è Max. Ho adorato psicoanalizzare Charles, è un personaggio particolare e complesso anche se ovviamente questa è solo la mia versione di lui e siamo appena all’inizio del suo lungo complicato viaggio. Alla prossima. Baci Akane
Chapter 17: Ispirazione
Notes:
(See the end of the chapter for notes.)
Chapter Text
16. ISPIRAZIONE
/Max/
“Ma tu guarda questo stronzo francese del cazzo!
Mi ha rovinato la gara, fottuto idiota spara sentenze che non sa nemmeno guidare. Potevo vincere, ero in testa e grazie a lui che mi ha spinto fuori proprio mentre lo stavo doppiando, Lewis mi ha superato!
Sto coglione!
Si devono fare da parte le retrovie che vengono doppiate! È così che si fa, cazzo!
Cosa diavolo gli è saltato in testa di gareggiare con me come se fossimo noi due in gara uno contro l’altro?
Brutto idiota!
Scendo dalla macchina da secondo classificato che sono furibondo e nero come da molto non mi capitava.
Io quando guido sono sempre in versione predatore, ma se uno mi rovina la gara impedendomi di vincere divento un assassino.
Quando mi ritrovo il coglione proprio davanti alle pese insieme agli altri piloti tutti in fila, sono ancora troppo furioso e gli chiedo a muso duro che cazzo gli sia saltato in testa di guidare così contro di me in quel momento.
Ocon mi guarda calmo come non avesse fatto niente di male e ha la faccia di uno che non capisce perché me la prendo tanto e qua mi si chiude la vena. Sento le mani che prudono, sento i nervi che ormai sono tesi da mesi sul punto di spezzarsi. Sta zitto, stronzo di merda spara sentenze che non si fa problemi a sparare stronzate sugli altri senza sapere niente. Mi ricordo di quella merda che hai tirato fuori in Belgio su di me.
- Sei tu che non mi hai lasciato spazio e mi sei venuto addosso!
La sua risposta del cazzo mi fa saltare definitivamente tutti i nervi e mi si chiude la vena nel cervello, prima che me ne renda conto lo spingo insultandolo.
- Che cazzo dici, stronzo? Mi hai toccato tu, mi hai fatto fare testa coda!
- Sono incidenti di gara!
- Ho perso la mia per colpa tua, stronzo! Ti stavo doppiando! - ringhio spingendolo ancora, lui non alza mai la mano ed io più di spingerlo non faccio, ma vorrei che lo facesse. Toccami, dai, spingimi anche tu.
Ma lui è un cagasotto e a parte che usare la lingua come fosse un serpente, non ha le palle di spingermi e venirmi contro perché sa che lo distruggerei. È solo quello che voglio, uno che mi spinga e che si faccia prendere a pugni.
Mentre ci litigo davanti a tutti, veniamo separati e redarguiti, ma continuo a non sapere realmente che cazzo sto facendo. Non capisco che è grave venire alle mani con un pilota e che non c’entrava davvero tanto il fatto che mi ha impedito di vincere la gara, quanto che in Belgio aveva fatto lo stronzo alle mie spalle. Nemmeno le palle di dirmelo in faccio. Come ora. Ha alzato le mani come per dire che lui non sta facendo niente e che faccio tutto io.
Un incidente di gara un cazzo!
Ancora uno che mi dice questa frase di merda e lo uccido!
Non sono mica idiota! Che abbiate il coraggio di metterci la faccia e dire le cose come stanno! Se avete le palle di rompere il cazzo a me e rovinarmi la gara, poi dovete anche averle per ammetterlo e dire la verità.
- Coglione! - Concludo rabbioso andandomene.
Ribollo. Ribollo davvero, sono fuori di me e mentre cammino veloce verso la cooldown room dove mi aspettano il primo ed il terzo nel retro podio, Lewis e Kimi, mi sento ancora tremare di una rabbia furiosa.
Lo so, lo so perfettamente che non è tanto la gara che mi ha fatto perdere quanto quel che ha detto quel giorno. Quel dannato giorno. Non solo quel giorno, ma tutte le altre volte che sicuramente avrà continuato a parlare di me, visto che è tanto intelligente da pensarlo e dirlo alle mie spalle a tutti ma mai in faccia a me. Che sono io che ho rovinato Daniel e se ne va per colpa mia, perché è difficile essere il mio compagno di squadra. Fottiti, stronzo. Non sai niente di me, un cazzo. Ma non hai le palle di dirmi queste stronzate in faccia, non hai le palle di assumerti le tue responsabilità del cazzo. Fanculo!
In cooldown spiego a Lewis cosa è successo poiché gli è venuta voce che ho litigato con Esteban e siccome lui ha visto in diretta l’azione incriminata di cui ha approfittato per superarmi, ne parliamo e cerca di calmarmi e farmi capire che non era vietato fare quel che ha fatto lui, è solo che l’ha fatto male. Questo non mi aiuta minimamente perché mi ha rovinato la gara e Lewis aggiunge che tutti fanno stronzate in pista e che non si può perdere la testa per questo. È maturo e sta cercando di calmarmi e penso abbia anche ragione a dire quel che dice con tutta questa tranquillità, però voglio ancora colpire Esteban con un pugno, ma mentre mi parla capisco che ha oggettivamente ragione.
Una parte di me lo realizza ed in qualche modo ottiene ciò che cercava e mi calma. La voglia di spaccargli la faccia è sempre lì, ma in realtà adesso i nervi sono più calmi. Forse è l’effetto del campione che cerca di calmarti e magari è anche perché lo ammiro, ma finisce che la smetto e lascio veramente perdere.
- Tu non hai mai esagerato e perso la testa subendo un evidente torto in pista che poteva essere evitabile e che ti ha rovinato la gara impedendoti di vincere? - chiedo a Lewis mentre andiamo alla conferenza post gara. Puzziamo ancora di champagne come distillerie e siamo appiccicaticci, ma sto decisamente meglio e non perché ho bevuto, è solo che ho scaricato un po’ i nervi festeggiando, ma li sento sempre lì sotto la pelle. Tesi. Sul punto di esplodere di nuovo.
Lewis mi guarda sempre con aria estremamente controllata e serena, alza le spalle camminando accanto a me per i corridoi verso la sala conferenze.
- Certo, ma siamo diversi. Io e te reagiremo sempre diversamente, non puoi fare paragoni.
- Non hai mai esagerato nelle reazioni? - insisto stupito. Sono convinto che non può essere così come dice, tutti reagiscono male a qualcosa. Ricordo nel 2016 grandi litigi con Nico Rosberg e sembra pensare proprio a questo, glielo leggo nei suoi occhi neri che hanno un guizzo di dolore e rimpianto. Per un momento il suo leggendario controllo si fa sottile e sembra quasi facile leggerlo.
- Sì, ma più per questioni personali. E comunque siamo diversi, le nostre reazioni esagerate sono comunque differenti. Tu vai di rabbia, io chiudo completamente i ponti o al massimo sbotto davanti ai microfoni.
Continuiamo a camminare verso la sala affiancati da Kimi che è ben davanti a noi e si fa i cazzi suoi come sempre. Io non so perché, ma mi sento di aver bisogno di questa conversazione con lui e a questo punto mi viene in mente un’altra cosa che forse dovevo tenermi per me.
- Con Seb però non li hai chiusi, i ponti.
So che intendeva Nico, la loro storia è di dominio pubblico ed anche se io non sono interessato agli altri, ho avuto Daniel che lo è anche per me e mi ha spiegato tutto. Perciò so anche se non mi interessava.
Però mi è venuto in mente il famosissimo scontro fra lui e Seb a Baku 2017, non hanno litigato davanti a nessuno, ma ai microfoni si sono sparati merda a vicenda, a modo loro e con una certa diplomazia, ma era chiaro che erano totalmente in rotta e si davano le colpe a vicenda. Poi dopo mi pare almeno una gara di gelo, come per magia sono tornati adorabilmente amici. È stato inevitabile non notarlo, anche se non avessi avuto Daniel a farmi notare ogni dettaglio perché è un chiacchierone ed è amico di entrambi, me ne sarei comunque accorto.
Ormai siamo arrivati in sala e prima di entrare lui fa un sorrisino stranissimo, consapevole ed enigmatico. Non mi fa capire un cazzo, ma so che alludeva a qualcosa che non mi dirà mai.
Questo sorriso strano mi rimane piantato nel cervello e mi stupisce, ma infine entra e non risponde a questa cosa di Seb.
Perché con Seb non hai chiuso e con Nico sì? Era Nico il tuo amico d’infanzia, se c’era qualcuno da perdonare era lui, no?
Ma non ne so proprio un cazzo ed anche se di solito non me ne frega, è la prima volta che vorrei invece sapere, ma penso che non otterrò mai risposta a questo.
Perché mi colpisce questo dettaglio?
Forse perché ho percepito qualcosa, non l’ha detto, ma è come se l’avesse fatto.
Seb è Seb, è diverso.
Mentre ci penso sedendomi nella sedia dietro al tavolo piloti, mi viene in mente Charles che ancora mi ignora o mi evita, anche se è un’associazione che non ha razionalmente senso.
Seb e Lewis non si erano mai odiati, hanno avuto un problema che sembrava serio, ma poi hanno superato la cosa e hanno stretto ulteriormente il rapporto. Io e Charles ci siamo sempre odiati, non ci sono rapporti da rovinare o ripristinare e non ha senso migliorarlo. Perché dovremmo migliorare qualcosa che non c’è mai stato e non ci è mai fregato un cazzo?
E senza rendermene conto, sono tornato a pensare a Charles.
La stagione 2018 finisce ad Abu Dhabi con una sensazione strana, quasi che fosse la fine di un capitolo della mia vita e l’inizio di qualcos’altro. Qualcosa di nuovo, ma anche di potente. Non me lo so spiegare bene, sento che dal 2019 le cose inizieranno a cambiare in qualche modo che non riesco ad inquadrare bene.
Il 2018 è finito, si andrà in vacanza e dal prossimo anno reset. Un altro anno, un’altra stagione, un altro compagno di squadra.
Pierre, il migliore amico di Charles. È in un certo senso come avere lui con me, sento la sua presenza all’idea di essere il collega di Pierre e la cosa mi stimola un entusiasmo che mi elettrizza.
Forse è questo.
Dall’altro lato Daniel sarà in una squadra diversa, ma sempre in F1. Non è che la lascia e non lascia me.
Ho vissuto gli ultimi mesi cercando di convincermi di questo e ripetendolo come un mantra, nonostante questo il nervoso è salito scaricandosi contro tutto e tutti costantemente. Ho litigato od ho avuto momenti tesi con chiunque ed in ogni circostanza e so che alla base di tutto c’è questa convinzione che Daniel in qualche modo mi stia lasciando.
Ma forse non è lui che sta lasciando me, ma io che mi sto allontanando, anche se non voglio e provo sempre qualcosa per lui. Mi piace lui, fare sesso con lui, passare il tempo con lui. Eppure mi sento di starmi allontanando e questo l’ho realizzato solo quando ho provato istinti e voglie verso qualcun altro.
Mi è piaciuto un altro ragazzo, ho avuto fantasie su di lui. Che poi il ragazzo in questione sia uno stronzetto bigotto e snob è un altro discorso, però se ci sarebbe stato, davvero non avrei tradito Daniel? Oppure se avessi avuto l’occasione giusta con la persona giusta?
Non posso rispondermi realmente perché finché non ti trovi in una certa situazione non puoi davvero sapere che faresti, perciò è inutile pensarci ora a posteriori.
Però è un fatto che ha scavato in me nella mia consapevolezza.
Sii onesto, Max.
Stai vivendo questi ultimi giorni con Daniel in Red Bull come se fosse la fine della vostra storia non perché pensi che lui si sia stufato di te ed abbia solo cercato un modo per andarsene senza lasciarti veramente, ma sei tu che inizi ad avere bisogno di altro. Non necessariamente Charles, lui è stato solo il mezzo che mi ha aperto gli occhi.
Con la testa piena di adrenalina per la fine dell’ultima gara, il mio cervello mi trasmette verità scomode e rivelazioni inutili da ignorare, mentre espleto i doveri da terzo classificato. Le solite cose, insomma. Cose che mi piacciono e che non sono infastidito di fare.
Festeggiare con la squadra che mi aspetta appena scendo dalla macchina, pesarmi, l’intervista in pista, la cooldown room con Seb e Lewis e poi dopo la festa sul podio.
Lewis ha vinto tecnicamente il suo quinto mondiale in Messico, ma oggi che la stagione si conclude lo vince ufficialmente ed avendo anche vinto la gara è felicissimo e su di giri come ci si aspetterebbe, come è normale.
La fine perfetta per una stagione encomiabile. Nulla da dire.
È impossibile non ammirarlo, non solo per la guida assolutamente perfetta e la forza schiacciante che deriva da un insieme di fattori che si sono perfettamente incastrati fra loro, fra cui macchina mostruosa, team formidabile che per il proprio campione è disposto a tutto e pilota fortissimo. Lo ammiri anche perché ha sempre una sorta di aura che lo distingue dalla massa e dagli altri campioni. Non so come spiegarlo bene, è differente in qualche modo.
Qua nella cooldown room con i due campioni più vincenti degli ultimi 10 anni di F1, finisco per sognare mentre chiacchiero con loro della gara e scherziamo insieme tutti felici. Sogno ad occhi aperti di essere qua fra loro, un giorno, con anche i miei mondiali vinti.
Certa gente ti contagia, l’avevo già visto con Daniel che ha avuto un impatto positivo nella mia vita, ma adesso qua con questi due che si guardano con una complicità spiccata, è impossibile non lasciarsi coinvolgere.
Mentre bevo e mi asciugo il sudore seduto nella mia sedia, in attesa di essere chiamati sul palco, li osservo che parlano con abitudine ed intimità che rivela un rapporto che va decisamente oltre quello che mostrano in giro. Non so come spiegarlo, è una sensazione che si insinua velocemente ed è precisa. Davanti al mondo sembrano due rivali che si rispettano e vanno d’accordo, ma qua c’è ben altro. C’è un rapporto davvero troppo complice e intimo. Non sono solo gli sguardi ed il modo di parlare, ma anche questo sfiorarsi continuo mentre chiacchierano allegramente. La sensazione è che se non ci fossi io farebbero ben altro. Mi torna alla mente in un flash veloce quella conversazione con Lewis in Brasile della settimana scorsa.
Il suo sorriso enigmatico riaffiora facendomi capire che c’era una ragione precisa al suo non aver tagliato fuori Seb dopo che l’aveva fatto infuriare in pista, una ragione che non poteva dirmi.
Adesso mi rendo conto di qualcosa che non so tradurre precisamente, ma fra questi due c’è un rapporto ben diverso da quello che hanno con chiunque altro e che mostrano in giro.
L’intuizione è un istante e non va oltre perché veniamo chiamati fuori per la premiazione finale e tutto torna ad accendersi di entusiasmo, gioia ed ispirazione.
Ispirazione è il termine giusto perché appena ci danno il via libero per gli champagne, Lewis prende ed inizia a spogliarsi nel gradino più alto del podio e nessuno di noi due sa che diavolo ha in testa, ma io e Seb agiamo totalmente in sincronia e girandoci verso di lui, iniziamo a lavarlo in tandem e quando Lewis si toglie la parte superiore della tuta e la maglia e si gira di schiena indicando un tatuaggio fra i mille che ha sulla sua bella schiena scura ben allenata, noi ci occupiamo di lavarlo con cura e wow, caro Lewis. Questa scena è quasi porno, credo. Mi viene sete, sete di bere questo champagne ma non dalla bottiglia. Per un istante fatico a trattenermi dall’appiccicarmi nella zona lombare della sua schiena e leccare l’alcool dalle sue fossette sopra il culo.
Però penso che Seb mi spaccherebbe la sua bottiglia in testa, ho questi pensieri che si susseguono velocissimi sotto forma di istinti inspiegabili che non so da dove derivino e perché io li abbia. Il più delle volte penso, dico e faccio cose che non so perché, ma le faccio comunque. Ad ogni modo non faccio niente se non continuare a bagnarlo e diciamo che me lo godo in prima fila contribuendo alle fantasia erotiche che in molti avranno dopo di questo.
È la prima volta che guardo Lewis in questo modo e mi viene in mente quella volta con Charles a Singapore, ma poi tutto passa in secondo piano e subentra qualcos’altro, mentre lui si gira rimanendo a torso nudo e ci bagna a sua volta con lo champagne.
C’è ispirazione.
Ispirazione perché giuro a me stesso, mentre vivo questo momento che sa di epico e che mi dà alla testa anche per l’adrenalina oltre che l’alcolico che ho addosso, che un giorno sarò lì al posto di Lewis. Non a spogliarmi e farmi lavare da altri due piloti, ma a festeggiare un mondiale vinto da me. E non uno solo. Tanti, proprio come lui.
Non sarò mai un pilota perfetto come lui perché so bene di avere una guida aggressiva e sporca ma efficace, però sarò vincente come Lewis e proverò quel che sta provando lui.
È questa l’ispirazione che ho in questo momento.
È questo il mio solenne desiderio per me stesso, il primo che io provo veramente.
So che l’ho desiderato altre volte, ma adesso è diverso. Adesso sono io a volerlo sul serio e non c’entra mio padre che non mi ha mai lasciato scelta spingendomi a correre perché semplicemente dovevo e basta. Adesso lo voglio anche io, come non l’ho mai voluto. In modo assoluto.
Guardo Seb e Lewis che si bagnano a vicenda ridendo come se per un momento il mondo intero non esistesse e mi sento di nuovo il terzo incomodo, come prima, e penso a me e Charles e ci sovrappongo a Seb e Lewis che in due hanno 9 mondiali e c’è questa alchimia speciale fra loro mentre festeggiano insieme. È un’immagine che il mio cervello non si tiene per sé.
Charles ed io un giorno saremo proprio come Seb e Lewis.
Ecco l’altra ispirazione che mi regalano.
È un’assurda consapevolezza che forse ho perché sono su di giri fra la gara e lo champagne, anzi, è sicuramente così, ma è anche normale dopotutto. Charles è sempre stato il mio unico reale rivale. L’unico ed il solo sin da piccoli, perciò so che andrà così. Lo so e quando succederà, quando sarò su questo stesso palco a bagnarmi di champagne con lui e guardarlo con gli stessi occhi con cui Seb guarda Lewis, mi ricorderò di questo momento e penserò che avevo ragione, che lo sapevo che ci saremmo arrivati.
E sarò felice.
Non vedo l’ora di esserlo.
L’abbraccio con Daniel è bello e sentito e mi stringe forte in mezzo agli altri della squadra per questa ultima festa insieme dopo la foto di gruppo di rito. È impossibile non adorare questo ragazzo, è solare e fondamentalmente buono. Lascia il segno nelle vite di tutti e non credo esista una persona sulla faccia della Terra a cui lui non piace.
Mi stringe con entusiasmo e gioia come se per lui fosse finalmente un’enorme liberazione andarsene da qua, mentre per me è l’inizio della fine, ma non per colpa sua. Solo mia.
Lo so che è colpa mia, ma lui mi stringe così forte come se lo sentisse e volesse dirmi che invece non è come penso. Che non sta finendo. Che va tutto bene e continuerà ad andare bene.
Io sono ebbro della gioia del podio e di quello che ho vissuto con Seb e Lewis e di un sogno strano ad occhi aperti con Charles, ma il suo abbraccio mi riporta alla realtà, qua in mezzo ad un sacco di gente dei nostri team riuniti.
Sta finendo qualcosa in ogni caso.
Che non sarà forse la nostra storia, o forse sì. Ma a prescindere, oggi qualcosa finisce e non è solo la stagione e la nostra collaborazione.
Quando ci separiamo dopo un tempo infinito a stringerci con una tale forza da scuotermi sin nelle viscere, capisco che Daniel ha paura. È un lampo velocissimo, così tanto che appena mi separo pensandolo perché lui non mi ha mai stretto così tanto e c’è qualcosa di diverso in questo abbraccio, vedo che invece sorride solare e radioso e credo sia una stonatura.
Questa sua espressione allegra stona con l’abbraccio profondo che mi ha dato, ma in un attimo veniamo strappati via perché altri ci abbracciano e si festeggerà un bel podio ed un finale di stagione che comunque ha portato a buone soddisfazioni.
La cosa viene solo messa momentaneamente da parte, la tirerò fuori dopo, quando alla fine di tutta questa festa di fine anno saremo di nuovo io e lui da soli. Lo tirerò fuori e gli chiederò cos’ha, di cosa ha paura, perché sarò uno stronzo insensibile, ma certe cose le sento perfino io e se le sento significa che sono proprio evidenti.
Glielo chiederò, anche se lui risponderà con uno splendido sorriso dei suoi che mi dirotterà dove vuole. Probabilmente fra le sue gambe, sul letto, in orizzontale.
In quella posizione ci arrivo dopo numerose ore, varie mangiate, bevute e divertimenti che sono andati avanti per gran parte della nottata qua ad Abu Dhabi per chiudere la stagione e festeggiare il mio ultimo podio dell’anno.
Fra le sue gambe a succhiare il suo meraviglioso cazzo perfetto che è anche mio e poi a divorargli la schiena dopo che l’ho prepotentemente girato senza ragionarci un secondo.
Come sempre quando sono con lui mi lascio trasportare, in certi momenti più di altri. Dipende dalle mie condizioni mentali, se sono alterato o particolarmente eccitato.
Oggi non so da cosa dipenda, ma quando lo metto a pancia in giù gli salgo sopra ed inizio a leccargli la schiena e mordicchiarla sulle parti più sporgenti come le scapole per poi concentrarmi nella zona lombare, sulle sue fossette. È mentre sono qua a leccargliele, che sento per la prima volta il bisogno di prevalere e di entrare.
Ma succede per un motivo preciso. Ho un déjà-vu che non catturo bene, ma non mi fermo di certo. Lo prendo per i fianchi e lo tiro in modo da farlo sistemare a carponi davanti a me, una volta che mi occupo bene anche del suo buco inviolato, Daniel sussulta e dice qualcosa che non registro. Forse è un ‘Wow!’ O qualcosa di simile.
Finché vado di lingua e dita è bello, lo so che è bello. Sono sempre stato straordinariamente passivo, ma stavolta voglio fare di più.
Me lo voglio mangiare proprio, così lo faccio fino a che non mi sembra sufficientemente bagnato, aperto ed in godimento. Perché so che questo buco è in realtà un interruttore e quando te lo premono ti dà alla testa, perciò lo sento gemere e contorcersi perché vorrebbe toccarsi e venire, ma al tempo stesso vuole venire scopando, ma quando si è qua a questi livelli, quando hai la lingua e le dita di qualcuno dentro so bene cosa succede nel proprio cervello e nelle proprie viscere più profonde. Vuoi che quello che ci ha messo le dita e la lingua, dentro di te ci metta anche il suo cazzo, così dopo essermelo strofinato con la mano bagnata di saliva, lo prendo ed entro con una spinta decisa e senza esitare.
È la mia prima volta da attivo e mentre mi sistemo meglio lasciandogli il tempo di abituarsi a me, perché so che serve, il mio sguardo si fissa sulla sua schiena allenata e ben formata grazie alla palestra che fa e alla sua struttura fisica ben dotata.
Di nuovo il deja-vu, veloce ed incandescente. E poi realizzo che non è un deja-vu, ma un ricordo preciso.
Sul podio, poche ore fa, ho fantasticato pornograficamente sulla schiena di Lewis, sul leccare lo champagne da lì. Mi chino mentre aspetto si rilassi e di potermi muovere, gli lecco e gli mordicchio di nuovo la sua e quando lo faccio lo sento finalmente sospirare e rilasciare le natiche che stringeva come un matto fin quasi farmi male.
Quando lo fa lascio cadere della saliva per lubrificare ancora e inizio a muovermi sempre continuando a fissare la sua schiena a cui sovrappongo quella di Lewis scura, tatuata e a dir poco perfetta, dove il bianco della schiuma dello champagne contrastava magnificamente.
Che voglia di bere da lì. Che voglia. Mentre ci penso aumento le spinte e finisce che chiudo gli occhi ed immagino di stare scopando con Lewis. Non riesco a frenarmi e come ogni volta faccio e basta e aumenta tutto, le mie spinte, il ritmo, la foga e l’intensità. Aumenta tutto al punto che Daniel viene sotto di me, fra le mie mani, e poco dopo vengo anche io, sempre con il cervello fisso su Lewis.
È la prima volta che fantastico su di lui, anche se devo dire che probabilmente è in questo momento al massimo della sua forma fisica. Ha avuto un’evoluzione netta e sempre migliore. Un giorno forse sarà meglio di ora anche se mi sembra difficile, ma adesso è semplicemente impossibile non notare che è un gran pezzo di ragazzo, così come Charles.
Ripensando a lui mi torna l’altra volta che ho fantasticato su qualcun altro scopando con Daniel e il senso di colpa mi investe come una trave che mi si spacca in testa e mi traumatizza.
Rimango fermo sfinito su Daniel e sulla sua schiena, lo cingo da dietro e gli respiro sudato ed ansimante addosso. Daniel è qua fermo in condizioni non migliori, entrambi più di là che di qua.
Ci prendiamo del tempo per respirare, per tornare in noi, per capire.
Capire che ormai sta diventando sempre più frequente il mio pensare ad altri mentre scopo con lui, il mio desiderare altri, il mio notarli.
Non avevo mai guardato nessun altro, né considerato bello o attraente. Figurarsi immaginarmi a trombarli e poi addirittura venire mentre lo faccio con Daniel.
Sta cambiando qualcosa, mi dicevo prima tagliato il traguardo e con l’adrenalina a mille.
Ma non ero preciso. È vero che sta cambiando qualcosa, ma non è qualcosa. Sono io.
Io sto cambiando e penso che quel che percepivo prima da Daniel, quell’incertezza in un abbraccio troppo forte, sia questo. Lo sente anche lui che sto cambiando. Perché dopotutto mi conosce meglio di chiunque altro e se sono riuscito a piacergli quando al mondo non sono mai piaciuto a nessun altro, significa che è un asso nell’andare oltre le apparenze, di qualunque tipo e di chiunque. Lui ha sempre visto in me quello che c’era qua sotto, cose che sono un mistero perfino a me. Perciò lui semplicemente è avanti. Sa già cose che io inizio ad intuire solo ora.
Improvvisamente realizzo che è meglio che non ne parliamo. Prima volevo farlo, volevo finire a letto con lui e poi costringerlo a dirmi di cosa aveva paura, perché prima ce l’aveva.
Ma adesso che ho capito da solo, realizzo che non voglio saperlo, non voglio sentirlo, non voglio parlarne.
Perché non saprei cosa dirgli e non mi piacciono i cambiamenti o forse non sono pronto. È che lui mi ha restituito la vita in un modo così fantastico che pensare a cosa sta per succedere, a quel che sta per finire non certo per volontà precisa di qualcuno, ma solo perché è così che sta andando e basta... beh, mi rattrista e scivolando giù dalla sua schiena, mi lascio cadere sulla mia allargando le braccia e respirando a pieni polmoni. Gli ormoni del piacere in circolo mi mantengono in pace ed in estasi; Daniel si gira e mi si mette accanto, con fatica sposta il braccio in modo da agganciare la mia testa, me lo sistema sotto il collo e mi attira a sé baciandomi la tempia. Io mi lascio fare docilmente capendo che non siamo ancora del tutto pronti per parlarne e affrontarlo, ma che accadrà. Ormai presto o tardi accadrà.
Fra noi sta finendo.
E forse quella frase banale alla fine è tale perché è vera.
Le cose belle prima o poi finiscono.”
Notes:
Il litigio con spinte fra Max ed Ocon è reale, tutto il fastidio che Max nutre per lui l'ho aggiunto io sia per caratterizzare ulteriormente Max, sia perché mi serviva qualcuno che lui in quel momento odiasse più degli altri e che l'usasse come capro espiatorio per sfogare il suo nervoso crescente (cosa che fa parte della caratterizzazione di Max). Oltretutto questo è il modo in cui Max nella fic vede Esteban, ma non è detto che la sua visione sia attendibile ed oggettiva. Questo per dire che non considero il povero Esteban uno stronzo, era solo una cosa ai fini della fic.
La questione del parallelismo con Seb e Lewis mi serviva per ovvie ragioni future, mentre questo trip sessuale che Max ha per Lewis è una cosa che ho voluto inserire perché quando guardavo la famosa scena dello champagne pensavo di voler essere lì a berlo dalla sua schiena ed invidiavo Max e Seb che lo bagnavano, così mi piaceva l'idea che Max avesse la stessa fantasia e l'ho usato per fargli capire che iniziava ad allontanarsi da Daniel.
Tutta la prima parte serve a due cose: caratterizzazione dei personaggi iniziale (che nelle mie long fic tengo tanto a fare bene) e innescare qualcosa fra loro.
Scusate l'attesa, ogni tanto ci metto di più a postare perché dipende dai miei impegni. Grazie dell'attenzione. Alla prossima. Baci Akane
Chapter 18: Cercando di uscire dalla nebbia
Notes:
(See the end of the chapter for notes.)
Chapter Text
17. CERCANDO DI USCIRE DALLA NEBBIA
*2019*
/Charles/
“Quando avevo detto che volevo abituarmi a rimanere ‘sveglio' e provare emozioni per sentirmi vivo e non impazzire quando mi capitava di averne di improvvise e forti, non intendevo questo.
Che diavolo ci faccio a scalare una montagna alle quattro di mattina in pieno inverno?
Maledetto sia io quando ho detto ad Andrea che avevo bisogno di provare qualcosa di più forte, di scuotermi per iniziare a svegliarmi un po’.
Non sono andato nel dettaglio, anche se qualcosa gli ho dovuto dire. Lui però mi ha preso in parola, mi ha detto ‘ho capito, ci penso io!’ E così la preparazione alla nuova stagione, questa volta è stata diversa.
Ben diversa, devo dire.
Mi ha portato a metà montagna, mi ha avvolto come un salame in una tuta super imbottita e con mille cose termiche dentro, messo in mano delle racchette da trekking e poi mi ha detto: - Adesso saliamo lassù! - indicando la cima ben distante da noi!
Era così sadicamente contento quando me l’ha detto. Io sono rimaste inebetito a fissarmi le racchette in mano senza capire che diavolo voleva che facessi ed alla fine mi ha letteralmente trascinato iniziando a gridarmi ordini a cui non ho potuto sottrarmi. Fondamentalmente camminare, se si può definire così questa cosa che faccio più in verticale che orizzontale.
Così eccomi qua, alle quattro ormai passate di mattina verso la cima di una montagna innevata a faticare come un dannato perché il dislivello sarà mille!
Perché?
Perché?
PERCHÉ?
Mentre lo faccio guardando con cura dove metto i piedi, come cammino e come mi muovo per non rotolare giù per il monte, mi rende anche noto che non è nemmeno una salita complicata, ce ne sono di peggiori ma questa è per i principianti. Mi dice tutto baldanzoso: - Ehi, non preoccuparti, il prossimo anno faremo qualcosa di più complicato e divertente!
Al che io ho detto fra i denti: - Se sono ancora vivo!
Però devo dire che mentre procedo col freddo che mi punge quel po’ di viso scoperto e sudo dentro questa tuta ignifuga, mi sento ben ‘sveglio’ anche se affaticato da morire.
L’adrenalina scorre a fiumi, è simile a quando corro in pista, ma al tempo stesso diverso. È diversa la sensazione d’insieme e poi anche i dettagli.
Cammino con fatica ed il fiatone, procedo nella lentezza e non nella velocità. Ho un freddo cane, non un caldo da svenire come il più delle volte capita in macchina e nelle tute da corsa.
C’è un paesaggio enorme intorno a me e ben definito, ci sono un sacco di cose da vedere e ammirare se mi guardo intorno; mi rendo conto di essere in mezzo a qualcosa di colossale. Mentre guido invece non esiste niente, il mondo viene cancellato totalmente dalla velocità, non si può ammirare assolutamente nulla. Anche perché se lo facessi mi schianterei.
Adesso devo andare piano, con cura, fare attenzione a dove metto i piedi e a respirare bene, poi devo usare forza, specie nelle gambe, e precisione nei passi per non scivolare. Devo usare le racchette per fare perno e salire, mettere bene i piedi, non posso andare di fretta, anche perché finirei il fiato e sverrei.
Calma, forza, precisione al posto di velocità, foga e potenza.
Mentre lo faccio, mentre salgo sempre più su seguendo Andrea davanti a me, con la luce intorno che percepisco aumentare via via sempre più, dentro le mie stesse vene sento quell’adrenalina a me cara che mi fa sentire vivo. Vivo più che mai.
La particolarità è che non sono in una macchina, non sto correndo, ma io sono qua e sono ‘sveglio'.
Quando arrivo in cima, dopo che mi metto in sicurezza in una zona dove riposare, mi siedo bene lasciandomi cadere sulla neve che qua in alto ovviamente c’è anche se non la sento fisicamente per quanto sono imbottito.
Sono sudato ed ansimante e mi scopro la faccia cercando aria fresca. Arriva pungente ed in poco mi asciugo trovando sollievo, ma ogni dettaglio sfuma appena i miei occhi mettono a fuoco ciò che mi sta davanti, o meglio, intorno.
Il fiato torna a mancarmi, ma non perché ho perso i polmoni nella salita.
Adesso sono qua, letteralmente in cima alla montagna raggiunta con fatica, l’aria è pulitissima e rarefatta ed è tutto silenzio, immacolato splendido silenzio, al contrario del casino che c’è sempre in pista. Non c’è puzza di gomme e motori, l’aria è pura.
Quello che si apre davanti ai miei occhi non è solo lo spettacolo dell’alba che si estende magnificamente intorno a noi, ma è anche l’enormità che mi circonda completamente.
Svariate cime, alcune anche molto più alte della nostra, si estendono per chilometri intorno, picchi di ogni tipo si aprono in vallate profonde e scenari mozzafiato pieni di neve, illuminati dall’oro del sole appena sorto.
Non è solo bello, ma è grande. È così enorme che mi sento piccolo.
Tutto si ridimensiona, io stesso, i miei problemi che mi tormentavano, ogni pensiero presente o passato.
Tutto assume una prospettiva diversa, è come se ogni cosa fosse insignificante.
Questo senso di grandezza che mi colpisce e mi spegne la mente, è la cosa più bella che io abbia mai provato. Non credo che proverò mai una cosa simile in un altro modo e momento.
Qua, davanti a tutte queste cime una più immensa dell’altra, io sono nulla ed è semplicemente meraviglioso.
Non capisci cosa significa grandezza finché non sei in cima ad una montagna, circondato da tante altre.
Andrea e l’accompagnatore che ci hanno guidato sono in silenzio come me, non dicono niente e solo dopo un po’ mi rendo conto di essere emozionato al punto che mi esplode il petto. Mai provato niente di simile senza lutti o notizie straordinarie di mezzo.
Adesso non è successo niente, solo il mondo meraviglioso che mi sta intorno, la fatica ed io sono finalmente vivo e ‘sveglio' più che mai e felice di esserlo.
Non so quanto ci metterò a sentirmi così sempre anche senza stimolarmi con esperienze straordinarie, ma lentamente ci riuscirò e così avrò il controllo di me stesso in ogni istante.
La vita è ancora degna di essere vissuta, vale la pena provarci e buttarsi, ogni tanto.
Sono contento d’averne parlato ad Andrea, ha capito alla perfezione quel che gli ho detto anche se non sono sceso nei dettagli della mia sessualità risvegliata che mi fa diventare matto quando sono su di giri.
Gli ho detto che ho bisogno di sentirmi vivo, sentire emozioni senza farmi investire da esse come dei treni quando mi arrivano per via di notizie meravigliose o terribili.
Credo abbia capito, perché mi ha portato qua dimostrandomi che ci si può sentire vivi anche senza nessun motivo specifico, solo perché il mondo è davvero enorme, bellissimo e tu ci hai faticato un sacco dentro. Mi giro verso di lui e gli sorrido ancora senza parole, non mi esce nemmeno mezzo concetto, non so cosa dirgli, la mia mente non mi trasmette niente e lui sorride annuendo, capendo da solo come mi sento e cosa volevo dirgli, anche se io stesso non lo so.
Sono in buone mani, mi devo fidare di più delle persone di cui mi circondo. Non devo avere paura né di vivere, né della gente, né delle emozioni.
Un giorno farò pace coi miei sentimenti e le mie sensazioni.
Oltre alla scalata avevo approfittato per fare una parte delle mie vacanze invernali in montagna a sciare visto che mi piace, sono venuto con le mie varie metà, che sono Andrea, Joris e Giada. È normale fare le vacanze con la mia ragazza, non viene a fare tutte le splendide attività da preparazione alla stagione che mi sciorina Andrea, ma per il resto stiamo insieme.
È più un obbligo, una cosa ovvia che facciamo da quasi 4 anni ormai, ma diciamo che mi fa sentire più vivo l’allenamento speciale di Andrea che ha inserito nel mezzo della mia vacanza. Abbiamo fatto anche quelle normali al mare ed in barca, è stato tutto bello e perfetto, mi è piaciuto, ma quel che devo dire è che stare con lei ormai è sempre più privo di senso.
Mi sono messo con lei perché all’inizio ci stavo bene e mi piaceva, ma la nostra relazione è sempre rientrata nel raggio della normalità.
Pensavo che fosse così la vita di coppia. Stare bene con qualcuno, farci sesso quando ci andava senza una frequenza notevole, ma questo non mi ha mai turbato perché il sesso sono sempre soggettivi, ci sono coppie che ne fanno un sacco ed altre che lo fanno di meno. Per me è sempre stato così, un fattore aggiunto, non una cosa essenziale. Se c’era la voglia da parte di entrambi e il momento giusto, si faceva, altrimenti non perché si dormiva insieme eravamo obbligati. Non siamo mai stati di quelle coppie da sesso ogni giorno e a lei è sempre andato bene così. Semplicemente siamo fatti in questa maniera e pensavo che fosse la mia normalità.
Non sono uno di quelli sempre col sesso in testa, o per lo meno pensavo di essere così, ma entrando in F1 piano piano ha iniziato a muoversi qualcosa in me, ho iniziato ad uscire ogni tanto dalla mia vita nebbiosa e nei pochi momenti in cui è successo mi sono reso conto che non è esattamente come pensavo. Non è che io sono un tipo così, tranquillo e poco interessato ai vari piaceri. Semplicemente non sono mai stato stimolato a viverli, il che è diverso.
Già solo i baci con Pierre e quello scambio di orgasmi breve ma intenso sono stati più di quel che ho mai provato con Giada.
La fantasia gay con Max, poi, mi ha solo aperto più gli occhi.
Sono semplicemente entrato in una nuova fase, una fase dove necessito di vivere ciò di cui mi sono sempre privato. Fondamentalmente la mia adolescenza.
In altre parole, non è che non mi piace il sesso, mi piace invece. Solo che non l’avevo mai fatto nel modo che mi piaceva, non avevo mai capito come doveva essere per volerlo sul serio.
Adesso non voglio diventare uno fissato, anche perché provando con Giada, specie in queste vacanze insieme, ho capito che non potevo più tenere gli occhi chiusi.
Non è lei di per sé, è proprio il genere sbagliato. Tutto qui.
Per fortuna non ho fatto le vacanze a 4 con Pierre e la sua ragazza attuale come volevamo fare, abbiamo avuto un’intuizione di cui non abbiamo parlato.
Entrambi siamo cambiati uno nei confronti dell’altro e nella fase in cui sono entrato, la fase gay se vogliamo darle un nome, o la fase del sesso, saremmo finiti per saltarci addosso. Anche perché penso che anche lui si sia recentemente reso conto che gli piaccio in quel senso, ma presumo che come me non voglia rovinare la nostra amicizia, di conseguenza nessuno vuole spingersi oltre.
Se avessimo fatto una vacanza insieme come avevamo ventilato qualche tempo fa sarebbe stato un casino, lo so benissimo.
Adesso ho avuto modo di schiarirmi ancor di più le idee con Giada. Sto bene come lo sono sempre stato ed il sesso c’è se proprio ci deve essere anche se non è entusiasmante, altrimenti non è un bisogno impellente né una voglia costante. La vita sessuale per quanto vari da coppia a coppia è comunque un fattore indicativo per capire la relazione.
Non so se questa mia fase sarà duratura o se passerà e se può passare non so come fare affinché succeda, forse dovrei solo soddisfarmi e basta. Provare, fare tutto e togliermelo dalla testa. Temo comunque che anche insistendo testardamente sulla strada che ritengo migliore e più facile, ovvero quella con le ragazze, Giada in questo caso, faccio solo peggio.
Più faccio sesso con lei e più penso a Pierre o a Max, che sono gli unici due sui quali ho avuto certi istinti. Ormai riesco ad averlo duro quasi solo se penso a loro e non va bene. Non ha senso.
Magari dovrei lasciarla e prendermi del tempo per me stesso, stare solo, capire lucidamente che voglio e perché no, sperimentare questo lato di me che ho sempre ignorato. Probabilmente finché non gli darò retta, non mi passerà. Sempre ammesso che possa passare.
Potrei anche andare avanti così per sempre, stare con lei o con un’altra ragazza senza entusiasmarmi né vivere di passioni folli, ma sarebbe vita? Adesso che ho deciso di uscire dalla mia nebbia per non dare di matto quando mi ci ritrovo fuori per forza maggiore, rimanere con Giada od un’altra ragazza che mi fa lo stesso effetto penso che sarebbe controproducente. Più che altro mi spinge a rimanerci dentro a quella nebbia.
Giro lo sguardo su di lei stesa nel nostro letto nello chalet in montagna che abbiamo affittato per questa settimana con Andrea e gli altri. La musica deprimente che ascolto ormai quasi sempre mi suona nelle orecchie dagli AirPods, non importa tanto il genere quanto il fatto che sia deprimente, come la chiamo io. Ballate tristi, che siano pop, rock o chissà cos’altro non importa. Devono essere malinconiche.
Sono in questa modalità depressa da quando è morto Jules, mi ci ha gettato lui e non ne sono mai uscito. Mi piace tanto la musica e ogni volta che posso la sento isolandomi, ma se provo a mettere su qualcosa di più ritmato o allegro devo subito cambiare. La sola cosa che ha presa è questa roba strappalacrime.
Rispecchia il mio animo. Lo so che la musica funziona così. Quando avrò voglia di qualcosa di più allegro e movimentato saprò che sto bene. Per il momento no. Non sto bene.
Sospiro e volto il capo, lei dorme dopo il giro che abbiamo fatto oggi per Passi e Altipiani vari, meno impegnative di quelle che Andrea mi ha fatto fare in notturna, io non riesco a riposare e sono rimasto su a sentire musica e pensare. Il paesaggio che vedo dalla finestra mi riporta la calma e la serenità di quando ero in cima.
La fatica è stata atroce, ma alla fine la meraviglia di quell’immensità, sul tetto del mondo, mi hanno aperto la mente e l’anima. Se non fosse così massacrante lo farei più spesso, ma mi fanno ancora male i muscoli delle gambe, infatti oggi non ho fatto molto e me ne sono pentito.
Con la scusa della stanchezza, non abbiamo fatto sesso e a lei è andato bene. Non ha provato a convincermi.
Finirà così, senza troppi drammi. Al momento non trovo sensato rimanere con lei e devo vedere di me stesso, dei miei reali bisogni. Se un giorno farò pace con me stesso e sistemerò i miei casini interiori, forse troverò anche il modo di stare con una ragazza e perché no, farci una famiglia, avere dei figli. Sono cose che tutti vogliono, è la natura umana, ma al momento no. Non ci penso proprio. È assolutamente un pensiero out.
Avevo sottovalutato la questione Ferrari per concentrarmi su me stesso ed il mio percorso, ma appena finiscono ufficialmente le vacanze e si comincia la nuova stagione, inizio realizzando un sacco di cose che non avevo preso in considerazione.
Prima fra tutte, Sebastian Vettel.
Pierre aveva cercato di dirmelo, ma quella volta l’avevo zittito perché voleva che facessi da spia su lui e Lewis, ma il suo concetto base non era sbagliato. Non avevo capito bene.
Adesso che metto piede per la prima volta a Maranello come pilota ufficiale Ferrari, capisco cosa intendesse.
Da quest’anno sarò il collega diretto di Sebastian. Non è una cosa da poco.
Tralasciando il fatto che sarò nell’ambiente Ferrari che mi ha fatto tanto uscire di testa al momento della firma e ci sarò spero per un po’. Tralasciando che questo potrebbe dunque significare che io probabilmente sarò su di giri molto più di quel che io sia mai stato in 21 anni e che dovrò imparare ad abituarmi più in fretta di quel che immaginavo alle emozioni forti e che magari sì, alla fine ci riuscirò proprio grazie a questo, all’essere in Ferrari, il posto dei miei sogni, il posto delle promesse, il posto dove i sogni si realizzano.
Ma Sebastian Vettel è uno di quei piloti, come Lewis Hamilton, che non solo sono fra i più vincenti della F1, che hanno fatto un sacco di record e che sono ancora in attività, ma hanno quell’aura speciale che ti mettono qualcosa dentro.
Non lo vedo ora per la prima volta ovviamente, l’anno scorso all’inizio della stagione l’ho incontrato subito in hotel e comunque eravamo entrambi in F1, per esempio. Poi a fine stagione ci sono stati i test finali con i nuovi team per tutti, per la stagione successiva, perciò non è come incontrarlo per la prima volta, ma è sempre stato tutto un po’ veloce e caotico e poco reale. L’ho sempre vissuto da ospite, da esterno o di sfuggita.
Adesso sono qua a Maranello per preparare ufficialmente e veramente la stagione da protagonista e dare il mio contributo e lo farò con lui, gomito a gomito, con uno che ha vinto 4 mondiali di F1 e ha fatto record su record di ogni tipo.
Vederlo ogni tanto di sfuggita è un conto, essere qua accanto a lui con la stessa maglia rossa è un altro.
È diverso, molto diverso, ma non lo immaginavo proprio e la nuova botta di vita che ricevo è proprio per lui. Inavvertitamente ed inaspettatamente.
Quando arriva lo sentono tutti, fa un gran chiasso perché saluta con un’allegria contagiosa in italiano anche se con un forte accento tedesco. Porta un vassoio di dolci e croissant per tutti dicendo di venire a fare colazione insieme e di mettere su il caffè. Sembra abituato a tutto questo, sembra sia la sua consuetudine, ma non è solo questo che mi colpisce, quanto proprio l’allegria e la luminosità che ha portato appena ha messo piede nella sede ufficiale della Ferrari.
Tutti hanno mollato qualunque cosa facessero e gli sono andati incontro a salutarlo e abbracciarlo e lui ha sorriso gioioso a tutti andando a cercare chi invece non veniva, lo guardo mentre si destreggia a suo agio fra la gente che gli si fa avanti, mani, abbracci, sorrisi e pacche.
È entusiasta ed ha passato lo stesso entusiasmo a tutti, da che erano concentrati sui loro lavori e a stento mi notavano, a che si sono accesi. È come se avesse inserito una spina.
Non pensavo mi sarei trovato a fissarlo ebete e quando arriva a me e mi nota, si accende notevolmente. I suoi occhi blu mi schiaffeggiano ricordandomi in un attimo ciò che avevo notato l’anno scorso a Melbourne guardandolo, sono più luminosi di quelli di Max, ma comunque estremamente simili. Inebetito gli stringo la mano, ma lui mi abbraccia di punto in bianco. Mi irrigidisco istintivamente perché non mi piacciono gli abbracci in generale. Li tollero solo da pochissimi. Seb mi lascia subito ma mi tiene per le spalle e mi fissa con più cura, sempre con un bellissimo sorriso.
- Benvenuto in Ferrari, Charles! Scusa per l’abbraccio, sono un tipo molto fisico! Cercherò di non molestarti! - mi parla in inglese e la mette subito sul ridere, ma ne parla immediatamente, chiarisce e trasforma in una sciocchezza una questione che poteva mettere tensione. Invece viene tutto spazzato via ed io mi ritrovo instupidito a sorridere timidamente e stringermi nelle spalle.
- Non importa, non devi scusarti. Benarrivato a te. Sono contentissimo di essere qua!
Ma forse non sembro convincente. Appena lo dico e provo a sorridere, mi rendo conto che la mia faccia ha qualcosa di strano perché lo vedo nei suoi occhi cristallini. Non ho mai visto uno sguardo più limpido e sincero di questo. Seb parla onesto a tutti, ma i suoi occhi lo fanno ancora di più.
Non ho sorriso con gli occhi, lo so che non ci riesco, non per questo non lo faccio. È educazione, devo sorridere, specie ad un’accoglienza così calorosa.
- Dai, vedrai che ti abituerai. Scoprirai presto che questa è una famiglia, se hai problemi di qualsiasi genere o dubbi devi parlarne subito. Io sono qua per qualunque cosa! Faremo grandi cose. - così parlando mi conduce verso una sala dove si sono radunati tutti per la colazione e suppongo la prima riunione ufficiale del team al completo, aspettavano solo lui che si è fatto attendere, ma dal vassoio è chiaro il motivo. In tanti lo prendono in giro dicendo proprio questo e mi fa ridere.
È così carismatico che qualunque cosa dica, anche la più idiota, tutti pendono dalle sue labbra ed anche io mi rendo conto di essere in quelle condizioni. L’ascolto come se fosse un guru anche se non è lui il Team Principal o un Capo Ingegnere. È solo il primo pilota Ferrari, un grandissimo campione, ma mi ci è voluto veramente pochissimo, forse nemmeno 5 minuti, per capire che è anche una splendida persona.
Non è solo l’ottimismo contagioso e la positività che trasmette a tutti, è che semplicemente lui risplende ed è una caratteristica che non hanno in molti.
Prima che la riunione inizi realmente, si fa colazione e c’è chi sforna caffè nella macchina espresso che suppongo in una fabbrica italiana non può mancare.
Seb tiene banco un po’ con tutti e mi spiega qualsiasi cosa, come per esempio il caffè di cui lui è un accanito fan e guai se qualche hotel anche dall’altra parte del mondo non gli fa un espresso italiano.
Gli vogliono tutti bene, tutti lo fissano come se fosse un Dio, non c’è uno che sia sulle sue o che sia esasperato da questi suoi modi esuberanti ed io mi ritrovo qua, in questo momento, mentre cerco di stare dietro a loro mostrando di mia iniziativa il mio buon italiano che spero di migliorare, lieto di sorprendere Seb in particolare.
È qua in mezzo che penso: ecco cosa voglio diventare.
Non caratterialmente, ma parlando di carisma e personalità. Voglio essere così. Quel pilota vincente e positivo che riesce a mettere insieme tutto e tutti. Quella persona che ha fatto così tante cose ottime come pilota che viene ascoltato qualunque cosa dica.
Quella persona che tutti aspettano e che quando arriva cambia l’umore in generale.
L’ispirazione che ricevo da Seb mi colpisce inaspettatamente e mi vedo così, fra qualche anno, primo pilota Ferrari che affianca un altro, magari più giovane, sono il centro gravitazionale intorno cui tutti gli altri ruotano. Non per egocentrismo o voglia di successo, ma perché è semplicemente la persona che voglio diventare.
Così come lui, vincente e carismatico, ma soprattutto vivo e felice.
E chissà, magari anche innamorato.
Il flash di lui e Lewis in giro per Singapore di nascosto come una coppia che si scambiano un tenero bacio sulla guancia, mi ritorna alla velocità della luce.
Stavano così bene insieme, voglio stare anche io così bene con qualcuno, essere felice così come lo erano loro. Voglio essere così.
Voglio uscire dalla nebbia.
Chissà se ci riuscirò magari facendomi influenzare un po’ dalla sua positività.
Chi troverò lì fuori dalla nebbia ad aspettarmi quando ne uscirò?
Altri due occhi blu mi vengono in mente. Blu mare profondo, cupi, tendenzialmente incazzati o maliziosi.
Riscuotendomi, torno a quelli più chiari e luminosi di Seb che mi chiede lezioni di italiano, cosa a cui gli altri italiani commentano che le può pure chiedere a loro ed in breve si intavola una conversazione delirante senza né capo né coda, a cui comunque tutti ridono allegri.
Da qui si comincia e penso che una delle mie ‘terapie per vivere’ sia proprio qua, a Maranello.”
Notes:
ancora nel mondo nebbioso di Charles, un Charles sempre più consapevole e che cerca di reagire e curarsi. Tuttavia non sa che è ancora all'inizio del suo lungo percorso e che l'aiuto lo troverà in tante cose e persone e che alcune di queste non le immaginerebbe mai. Per chi mi legge per la prima volta: nelle long fic all'inizio mi dilungo un po' sulla caratterizzazione e sulla resa dei personaggi, ma ovviamente non tutta la fic è così, quando li avrò dipinti bene arriveranno le cose interessanti ed i casini connessi. Sto scrivendo il capitolo 115 e non sono alla fine, ma è assolutamente certo che avrà la sua conclusione. Non penso mi manchi ancora tantissimo da scrivere sinceramente, appena concludo lo saprete. Nel banner del capitolo: lei è Giada, la sua ragazza di quel periodo e le foto della montagna se non sbaglio dovrebbero essere di quel periodo (inverno 2018/19). Le foto in Ferrari e con Seb sono prese dai test, non ho trovato niente del primo giorno a Maranello di Charles ma ci accontentiamo. È oltretutto vero che Andrea fa fare a Charles la preparazione alla stagione facendogli scalare le montagne di notte, ma non so da che anno hanno iniziato, ho supposto con l'arrivo in Ferrari potrebbe essere plausibile una preparazione più severa. Poi come dico sempre: prendo cose dalla realtà, ci aggiungo altre e romanzo il tutto perciò non sto scrivendo di cose vere anche se qualcosa di esso lo è. Grazie dell'attenzione. Baci Akane
Chapter 19: Pezzo dopo pezzo
Notes:
(See the end of the chapter for notes.)
Chapter Text
18. PEZZO DOPO PEZZO
“Avere davanti Pierre è la cosa più strana che mi sia mai capitata.
Ho corso contro Charles per la gran parte della mia infanzia ed adolescenza, è sempre stato lui il mio diretto rivale se non l’unico, ai tempi del karting, però poi una volta passati alle monoposto ci siamo persi di vista professionalmente parlando. Adesso siamo entrambi qua, ma l’anno scorso non l’ho quasi mai incrociato, lui in Sauber ha fatto miracoli, ma non è mai stato competitivo con me. Quest’anno che passa in Ferrari sarà sicuramente un’altra cosa.
Più si avvicina il momento di affrontarlo, più ne sono contento ed esaltato. Non vedo l’ora di riprendere i nostri discorsi interrotti. L’ultima volta l’ho battuto io e so che non l’ha dimenticato, perché può ignorarmi quanto vuole perché non gli piaccio, ma so che detesta che io gli stia sopra e appena avrà l’occasione mi metterà i bastoni tra e ruote.
Non vedo l’ora che arrivi concretamente quel momento, lo voglio da matti.
Ho avuto tante gare interessanti e lotte serrate in F1 e sono contento di correre, sono anche finalmente convinto di percorrere questa strada per me stesso, per realizzare il mio sogno e non quello di mio padre.
Però quest’anno che c’è Charles in Ferrari per me è diverso. So che in pista mi tornerò a divertire come ai tempi del karting.
L’esaltazione giorno dopo giorno che si avvicina la prima gara ufficiale dell’anno è elevata e quando in Milton Keynes incontro Pierre come mio nuovo compagno di squadra, mi ritrovo a ripensare di nuovo a Charles desiderando solo di riaverlo davanti nella sua bella macchina rosso fiammante a tentare di superarmi e battermi mentre io faccio altrettanto.
È inevitabile pensare a lui stando con Pierre, per lo meno per me.
È da Singapore che quell’idiota non mi parla e mi ignora e se capita lo fa solo con parole di circostanza. Una fastidiosa cordialità che rifila a tutti. Ma io non sono tutti e so benissimo cosa è successo quel giorno.
Non so perché, ma lui era diverso e ci siamo guardati in un altro modo. Ci siamo piaciuti, c’è stata attrazione ed imbarazzo da parte di entrambi e lui quella sera, davanti alla mia camera, aspettava che lo baciassi, ma quando ho tentato Charles si è spostato e si è cagato sotto. Però il fatto che non abbia avuto le palle di rimanere fermo e farsi baciare, non significa che non lo volesse. È solo scappato da quel desiderio.
Magari quella sera era su di giri. Era fuori con Pierre, magari festeggiavano la firma recente con la Ferrari.
Il fatto stesso che fossero fuori da soli come una coppietta e che negasse di esserlo, mi ha lasciato perplesso. Inizialmente non ci credevo. Si vede che hanno un rapporto speciale, anche un cieco lo vedrebbe, però ricordo che quella sera poi non sono entrati nella stessa camera. Può essere che l’abbia fatto apposta. Io e Daniel eravamo lì. Anche se Charles sa di noi, non significa che voglia magari farci sapere di loro.
Con Pierre prendo subito mano, in realtà è difficile il contrario, è l’opposto di Charles.
È assolutamente socievole e allegro, molto alla mano e finisci per chiacchierare facilmente con lui. Il rapporto è da subito bello e si capisce che è del tipo che se gli fai una domanda non riesce a non rispondere sinceramente.
Se glielo chiedessi, potrei credere a quel che dice. Non è uno stronzetto rigido e controllato come Charles. Pierre sicuramente non tiene la bocca chiusa.
Ci metto poco ad attaccare e a fare la mia mossa.
Approfitto di una delle cose organizzate da Red Bull prima dell’inizio effettivo della stagione, in questo caso siamo in quello che si chiama ‘Bulls on Ice’ un evento del 4 febbraio a Biddinghuizen, in Olanda. Credo che sarà divertente perché si tiene su una pista ghiacciata in mezzo alla neve e correremo sui go-kart. Perciò prevedo di tornare facilmente quel bambino che non è mai cresciuto, specie perché dall’altra parte non c’è una persona che mi sembra invece tanto più adulta.
Mi ci vuole poco per capire Pierre anche se non abbiamo mai avuto particolarmente a che fare uno con l’altro. Io frequentavo più le gare di Charles nei karting, mentre Pierre era su altre, poi quando sono passato di categoria non l'ho mai incrociato.
Quando è passato in Toro Rosso ci sono state più occasioni in cui siamo stati insieme perché Red Bull e Toro Rosso organizzano spesso eventi insieme per i loro piloti, non è frequente ma capita, perciò sapevo già che tipo è e ci eravamo già trovati a ridere insieme demenzialmente, aiutati ovviamente ampiamente da Daniel.
Perciò è facile connettermi con lui per quel che è necessario, specie perché siamo ‘fuori casa’ e com’è consuetudine per certi eventi di giornata siamo arrivati il giorno prima pernottando insieme nella stessa camera.
In F1 non si dorme quasi mai insieme, ma può capitare se ci sono eventi extra al di fuori delle settimane di gara. Tanti di questi io e Daniel ne abbiamo approfittato, lo farò anche con Pierre sebbene non nello stesso modo in cui ho approfittato con Daniel.
Penso inevitabilmente a lui, alle volte in cui ci mettevano in camera insieme perché erano cose da due giorni e ci rifilavano un’economica camera matrimoniale al posto di una con due letti singoli. Ci è capitato di tutto in questi anni insieme, pochi rispetto a quelli che avrei voluto fare.
Era divertente, eravamo spensierati, eravamo matti ed incoscienti e ci buttavamo. Quante scopate in quelle occasioni.
Sorrido malinconicamente con tanto di sospiro rumoroso, mentre guardo la camera così simile a quelle che usavamo noi. Il letto grande al centro, la porta finestra che si affaccia su un balcone a vista sul paesaggio circostante che sa di montagna. Oggi c’è la neve ovunque, è stupendo, anche se fa freddo. Con Daniel saremmo a tirarci la neve addosso e congelarci per poi fare un bagno caldo insieme.
- Tutto ok? - la sua voce gentile mi arriva a riscuotermi e lo guardo spalancando gli occhi con evidente shock nell’avere lui qua con me e non Daniel, sorrido forzatamente e forse sono come sempre troppo espressivo.
- Sì... ripensavo alla prima volta in una camera simile a questa con Daniel... - colgo al volo l’occasione. Mi siedo sul letto senza guardarlo, poi al suo silenzio mi giro e lo guardo, presumo con aria un po’ di sfida, come a spingerlo a criticarmi o a fare facce derisorie. Sono pronto a tutto, per un momento. Ma lui sorride lieve e si stringe nelle spalle sedendosi dalla sua parte.
- Immagino ti manca... - dice con delicatezza saltellando sul letto per vedere quanto è morbido. La sua voce non tradisce impressioni negative, anzi. È davvero gentile. Così, senza rendermene conto, mi sembra di cadere io nella sua trappola anche se non penso che l’avesse progettata.
- Un po’... non pensavo, in realtà. Non ci siamo lasciati, ma è da quando ho saputo che voleva andarsene che l’ho presa sul personale pensando che volesse scappare da me. Ci siamo detti che non è così, ma penso che in realtà la sto vivendo proprio male.
Non volevo fargli pietà né essere compatito, appena parlo mi rendo conto d’averlo fatto troppo e mi maledico per non aver pensato un cazzo prima di aprire la mia maledetta bocca troppo grande che fa dei pompini grandiosi.
- Penso avete solo bisogno di abituarvi al nuovo assetto, no?
Dovrei approfittarne, dovrei proprio, è il momento giusto, ma mi sento messo all’angolo. Sono un idiota. Mi sento come uno lasciato dal proprio ragazzo, ma sento che sarò io a lasciarlo appena troverò il coraggio. Perché una volta che capisco una cosa, non riesco a trascinarmi. Finirò per parlare con Daniel anche se non voglio ferirlo.
- E tu? - sbotto improvvisamente cambiando drasticamente discorso com’è nel mio stile quando non voglio parlare troppo di me.
Lui è dietro di me e non lo guardo, ma al suo silenzio mi giro torcendomi tutto come facessi stretching per la schiena, contemporaneamente si gira anche lui, più lentamente e con un’espressione stranita e cauta.
- Io cosa? - chiede circospetto. C’è qualcosa da dire che non sa se può dire e sta cercando di capire se ormai già so, perciò dipenderà da come me la gioco.
- Con Charles? Ti manca? Non siete mai stati compagni di squadra, perciò so che è diverso, ma... - ma mi sto fottutamente incartando, brutto idiota!
Sto pensando a come rimediare ma per fortuna lui casca facilmente nella mia trappola avvampando.
La sua faccia assume così tante colorazioni di rosso che ho appena trovato la mia risposta e scatto in piedi come una molla per guardarlo meglio pronto ad attaccare, ma dalla porta bussano. Appena sento la voce di chi ci ha accompagnato e che sta contribuendo all’evento della Red Bull, impreco alzando gli occhi al cielo e Pierre approfitta per scattare a sua volta ed andare ad aprire. Com’è ovvio ci dicono che è ora di cena e di andare se siamo pronti, al che Pierre annuisce svelto dicendo che lo siamo, prende il telefono e sfila via come se l’avessi appena molestato.
Io rimango a guardare la porta aperta davanti cui c’è Marina che ci fissa perplessi.
- Ma che gli hai fatto? - mi chiede.
Io mi stringo nelle spalle.
- Assolutamente niente! - ma mi rendo conto da solo che non sono convincente e lei scuotendo la testa mi precede fuori.
Beh caro Pierre, è solo rimandato il discorso. Sappilo!
La notte è anche meglio perché ci vede dopo cena seduti in terrazza a sorseggiare una birra del posto. Non sono un alcolizzato o non potrei avere certi rendimenti e soprattutto mio padre mi truciderebbe, ma non disdegno una bevuta ogni tanto se si può e c’è l’occasione.
Adesso si può visto che domani dobbiamo salire sui go-kart per un evento senza importanza e che comunque parliamo solo di una birra.
Ci sistemiamo nel terrazzino dove ci sono due sedie comode con lo schienale che scende un po’, un tavolino in mezzo per appoggiare le bibite e noi qua, insieme, con le gambe allungate davanti a noi a guardare il buio che si estende con un’intensità inquietante.
Siamo con le giacche perché ai primi di Febbraio in Olanda fa freddo eccome. I fiati si condensano ed intorno a noi non si vedono luci. Non c’è vita qua e di conseguenza è tutto nella più totale tranquillità. Diversamente saremmo usciti, forse, anche se non so se Marina ce l’avrebbe permesso. Domani si comincia presto perché viene buio presto e poi il freddo ci demolisce. Già adesso mi rendo conto che senza la luce del giorno è impossibile stare, infatti ridendo commento l’idea della birra fresca.
- Forse era meglio un thé caldo!
Pierre ride, mi sembra più rilassato. Forse pensa che io mi sia dimenticato di quel discorso interrotto; a cena sono stato sorprendentemente allegro e l’ho fatto ridere e lui ha contribuito senza tirarsi indietro.
- Forse sì! - ridiamo entrambi e così dopo che ho stemperato la tensione che comunque già non c’era più da un po’, faccio i cerchi con il fiato condensato. Ovviamente mi vengono delle palle informi che gareggiano con quelle ancora più informi di Pierre.
- Ma perché diavolo siamo qua fuori, si può sapere? Non si vede un cazzo che è tutto buio per distese infinite, il freddo ci uccide...
Pierre attacca a lamentarsi ed io non posso che dargli ragione, così abbandono la birra fuori, che seppur buona è davvero troppo fredda in questo freddo e finirebbe che ci viene una congestione, e mi alzo di corsa entrando come se facessi una gara. Vedendo che scappo dentro Pierre non si fa pregare e con un: - Oh finalmente! - mi imita chiudendosi la porta vetri alle spalle.
Il caldo della camera ci schiaffeggia e ridiamo come idioti rimanendo fermi per un po’ a scaldarci le guance ed il naso rossi, lo facciamo scuotendo la testa come ad insultarci.
- Non so, mi sembrava una bella idea la birretta finale! - mi difendo ridendo e lui scuote la testa.
- La prossima buona idea la tiro fuori io, ok?
Con questo annuisco e gli tendo la mano che lui colpisce con un cinque mentre ridiamo ancora.
Alla fine riattacco solo una volta che siamo a letto e che sono completamente sicuro che lui ormai si è rilassato e che ha dimenticato quella bella domanda tattica.
Entrambi col pigiama e stesi sotto il caldo piumone del letto, mi giro verso di lui e lo guardo mentre cambia canale in televisione nella speranza di trovare qualcosa di interessante da guardare, magari una partita del suo adorato PSG. Per il resto è tutto buio nella camera, c’è solo la flebile luce del televisore. Sono totalmente disinteressato a quello, sto fissando impunemente Pierre ed il suo bel profilo regolare, i suoi lineamenti delicati e gradevoli. Lo trovo un bel ragazzo e gli piace curarsi. Adesso si è fatto un po’ di maches chiare sui capelli castani, si tiene un filo di barba sul viso che gli dona ed è davvero un bel ragazzo. Sicuramente più di Daniel. Ma è a lui quella volta a cui sono saltato addosso.
Ed è Charles che ho provato a baciare senza successo. Beh che non è un paragone attendibile, Charles è bello. È veramente bello. Non fa testo. E nemmeno Lewis perché è bello anche lui, ma forse sono solo gusti.
In ogni caso concordo sul fatto che anche Pierre sia bello, ma non me lo farei.
- Sei inquietante Max. O mi dici che diavolo vuoi da me o ti soffoco col cuscino! Sappi che non posso dormire se uno mi fissa!
Ma lui non è decisamente Charles anche se è culo e camicia con lui, perché Charles avrebbe ignorato il mio fissarlo, lui invece lo sottolinea e lo prende di petto.
A questo punto faccio un sorriso maledetto mentre rimango steso sul fianco rivolto sfacciatamente verso di lui. Mi rendo conto che sembra ci stia provando con lui, ma non è così.
- Stai con Charles?
Diretto. Più diretto che mai, più di prima, più di quello che pensavo di essere.
Eh, sono fatto così. Non mi controllo mai, non filtro.
Pierre spalanca gli occhi molto spontaneo ed io rido, nemmeno lui ad auto controllo è messo bene!
Alla fine gli prendo il telecomando e chiudo la televisione gettandolo poi sul comodino, mi tiro su sul gomito e appoggio la testa per guardarlo meglio. Lui rimane ancora un po’ a fissare lo schermo spento sperando in un miracolo, ma questa volta non arriva.
Pierre dopo un po’ di silenzio si gira con gli occhi, ha l’aria terrorizzata ed io ho questo sorriso malefico stampato addosso.
Per un attimo mi rendo conto che sono letteralmente a letto con Pierre anche se vorrei esserlo con Charles e mi chiedo come reagirebbe lui a sapere di noi così.
- No, perché ti sei fissato con questa cosa? - finalmente mi risponde.
- Oh, e ci voleva tanto a dirlo? - rispondo divertito come se non fosse niente di che. Per me non lo è davvero, ma leggo talmente bene nel suo viso espressivo che capisco anche quel che non vorrebbe dirmi. Ma finirai per farlo.
- Non tutti parlano facilmente di certe cose.
- Ben se in realtà sei cotto di lui e non vuoi che nessuno lo sappia!
SBAM! MAMMA MIA COME SONO BRUTALE!
I suoi occhi sono ancor più nel dramma ed ora si gira del tutto verso di me per capire se sono serio. Lo sono. Il fatto che rido come un idiota non significa che non lo sia.
- Ma... ma che diavolo stai dicendo? Mica ti sei bevuto tutto quella birra?
- Oh andiamo, perché se dico o faccio certe cose tutti pensano che io sia ubriaco? - salto su fintamente offeso, Charles quella sera aveva detto la stessa cosa quando ho provato a baciarlo.
- Perché sembri ubriaco! La gente normale non dice e non fa certe cose! - mi rimprovera lui isterico più per spegnermi che altro. Ma io rimango tranquillo steso sul fianco a fissarlo senza mollare il punto della questione.
- Dunque fammi capire bene. Siete amici d’infanzia, tu hai una cotta per lui ma non state insieme, giusto? - e questi sono solo i fatti concreti. Poi ci sono quelli che Charles non rivela a nessuno e non possiamo saperli.
Pierre si morde il labbro e quando sta per lesionarselo, attacca col le unghie che forse finirà per farsi sanguinare. Sta un po’ ad annuire e ammetterlo.
Ma non riesce a parlare, perciò continuo io molto soddisfatto di questo mio risultato.
Almeno ho chiarito che a Pierre piace Charles ma che non stanno insieme.
Sì bravo, ed ora che ci faccio con questa informazione preziosa?
Sto sempre con Daniel e poi Charles non ci starebbe mai con me, mi detesta. Ha avuto alcuni brevi sprazzi di ben disposizione nei miei confronti, ma forse era su di giri.
- E lui? - glielo chiedo lo stesso anche se so che è stupido farlo.
- Che cazzo ne so, chiedilo a lui! - la sua risposta è stridula ma penso che spera lo faccia. Io ridacchio e mi immagino l’ipotetica scena.
- In realtà l’ho già fatto. A Singapore quando vi ho beccato insieme in giro gli ho chiesto se stavate insieme e lui ha detto di no.
Ricordo vagamente la conversazione, ma so che il succo era questo. Mi ha risposto in modo per nulla convincente.
Pierre spalanca gli occhi ancora e smette di torturarsi le unghie e le pellicine che sanguinano ed ora succhia.
- E perché glielo hai chiesto? - non si stupisce della sua risposta, lo noto subito.
- Perché lo sembrate. Avete un rapporto che spicca. - spiego subito con estrema facilità.
Non so se arrossisce, ora è davvero tutto buio, ci vediamo come delle ombre con dei contorni, ma non ci vediamo realmente. Stiamo fermi così come siamo finché Pierre non scivola giù con la schiena e si mette sul fianco verso di me. Abbasso il braccio e mi metto più comodo con la testa sul cuscino. Intravedo la luce dei suoi occhi chiari, deve essere emozionato a questo discorso.
- Davvero lo sembriamo?
- Non sei stupito della sua risposta?
Pierre scuote il capo.
- So bene cosa prova e pensa Charles. Non è pronto per fare questo passo con me. È vicino a buttarsi, una parte di lui vorrebbe, ma poi è sempre frenato ed io non posso forzarlo. Sono cose che devono avvenire da sole.
Intanto non sono d’accordo, io sono uno che forza la mano, ma è questione di modi di essere. Comunque quel che mi fa drizzare i peli del corpo è la rivelazione sul fatto che ci sono andati vicino.
Vicino in che senso?
In un istante io devo saperlo. Devo assolutamente sapere cos’è successo.
- Vicini quanto?
La mia bocca si muove prima di poter realizzare se sia veramente il caso di fargli queste domande indiscrete. Chi cazzo siamo uno per l’altro? Perché dovrebbe dirmelo?
Pierre però non è così ostico e si apre facilmente, quasi che non vedesse l’ora di poterlo fare.
Se solo sapessi che in realtà ho provato a baciare il tuo non-ragazzo.
- Beh, qualche bacio, ma solo in momenti in cui lui era fuori di sé per notizie che l’hanno sconvolto. Una volta quando ha avuto il lutto di suo padre e l’altra quest’anno quando gli avevano detto che lo prendevano in Ferrari.
Quando lo dice mi si accende una lampadina. Pierre sta parlando molto più di quel che avessi sperato e non devo nemmeno incentivarlo, ma nella mente tutto si apre, il quadro si sta formando e sto capendo quello che finora era un mistero.
Quella sera era davvero su di giri come avevo immaginato. Per la Ferrari. Aveva appena firmato.
- Ah, perciò Charles è così. Se è fuori di sé diventa molesto? E come mai? Anche se fosse gay questo non mi sembra normale...
Non so come fa Pierre a non chiedermi che cazzo mi interessa, non si fa domande, semplicemente risponde.
- Sta iniziando a conoscere questo lato di sé. Non ha mai vissuto la sua adolescenza perché è sempre stato concentrato sulle corse, voleva rendere orgoglioso suo padre e Jules e così si è sempre soffocato. Ma ha sempre avuto il sospetto di avere tendenze, gli piaceva Jules in quel senso ma non ha mai voluto approfondire la questione. Lo sospettava, ma poi... beh, sai com’è andata.
Quando lo cita e mi rivela questo dettaglio, è come se un altro tassello andasse al suo posto.
- E sta realizzando di avere tendenze solo ora? - mi sembra strano, ma evidentemente ci sono quelli tardivi. Non che io sia stato più precoce. Forse non c’è un’età giusta per capire certe cose di noi stessi.
- Quando allenta la tensione perché partono le emozioni forti, perde la testa e non si controlla. Si lascia andare. Una parte di sé vuole vivere questo suo lato che ha sempre represso, ma la testa non lo lascia mai in pace.
La spiegazione di Pierre su Charles è così bella e completa che mi risparmia probabilmente mesi e mesi di studi, ma poi mi rendo conto che mi sto comportando come se avessi individuato una preda da attaccare. Non sarà mai così perché io a lui non piaccio.
Quella sera ero solo nel posto giusto al momento giusto. Tutto qua.
- Che tipo strano... - commento a fior di labbra vagando con lo sguardo nel buio della stanza, oltre la figura stesa di Pierre. Lui fa un sorrisino.
- Puoi dirlo forte.
Poi mi rendo conto di com’era iniziata.
- Ma dunque con te solo qualche bacio e basta? E poi?
Lui si stringe nelle spalle abbattuto sull’argomento, è pieno di speranza in merito e mi fa tenerezza. Anche se avessi l’occasione con Charles forse non dovrei.
Comunque sto con Daniel, per ora, perciò è tutto un discorso inutile. Specie ora.
- Beh, ha fatto un lavoretto di mano a tutti e due.
Quando lo dice con un filino di voce imbarazzata mi chiedo per un momento perché non mi manda a cagare, ma poi il senso di quel che ha detto prevale e mi tiro su sul gomito shoccato.
- Davvero? Ma allora lo sa benissimo di esserlo, non è che lo sta realizzando ora! E poi come fate a dire che non state insieme?
Pierre mi spinge con la mano sulla faccia atterrandomi bruscamente in stile wrestling e mi zittisce con la mano sulla bocca.
- No, non stiamo insieme, è complicato e se non stai zitto ti soffoco! - finalmente mi mette a posto. Non che mi piaccia, ma mi chiedevo quanto ci avrebbe messo. Credo avesse veramente bisogno di parlarne con qualcuno e non sapeva con chi. Ma caro mio, l’hai fatto con quello che un giorno potrebbe essere il tuo rivale. Perché mi conosco e so che quando mi fisso su una cosa o una persona finisco prima o poi per farmelo ed ottenerlo.
Mi tolgo la mano dalla faccia ridendo e rimango.
- E tu invece sai benissimo di avere tendenze?
- Io sono gay. Lo so molto bene da sempre credo. So gestirlo, ho sempre una ragazza accanto. Non farò mai coming out, ma per me non è un problema. È lui che pensa di non poter vivere certe cose di sé.
Alzo gli occhi in alto e scuoto la testa.
- Del resto è diverso per ognuno, non possiamo certo sindacare. - aggiunge subito. Io annuisco e alzo una spalla.
- Sì, sì certo... però mi sembra abbastanza chiaro che gli piaci e che sta solo cercando il coraggio di saltarti addosso sul serio e mettersi con te. Si vede che avete un certo rapporto.
Ripeto quel che gli avevo detto prima come a dire che avevo ragione, lui sospira sognante e mi fa sorridere per poi concludere con un emozionato: - Chissà!
Da qui in poi cerchiamo di dormire e non ne parliamo più, non gli dirò mai che quella sera era scattato qualcosa fra noi e aspettava che lo baciassi e che l’ho quasi fatto. Lo ferirei ed improvvisamente Pierre non è fra quelli che vorrei ferire, così come Daniel. Perciò alla fine non è successo niente ed è andata bene così.
Ma mentre mi volto dall’altra parte fingendo di dormire, mi rendo conto che questo bruciore nel petto è gelosia e fastidio.
Perché con Pierre non ci sono stati problemi? Charles l’ha baciato, era su di giri e l’ha fatto. Con me quella sera lo era, lo stavo per baciare e non ha accettato. Ma poi come funziona?
Sarà mica normale che solo se gli capita qualcosa che lo fa uscire di testa si arrende ai suoi reali istinti. Beh, istinti che lo portano verso Pierre e non verso di me.
Arrenditi Max. Anche se non stessi con Daniel, con Charles non accadrà mai niente. È una sua scelta precisa. Nemmeno se è fuori di testa, ci sta con te. È così e basta.
Perciò fa pace con te stesso e va oltre che altrimenti ti ricopri di ridicolo.
Sì, è proprio quello che farò. Anche perché poi a me che me ne fotte?
Io ho Daniel!”
Notes:
La strana coppia, messi insieme solo per parlare di Charles. Avevo bisogno che Max scoprisse un po' di particolari intimi su Charles e poteva saperli solo da Pierre approfittando di quel periodo in cui sono stati compagni di squadra. Ho pure cercato se avevano avuto un evento insieme prima della stagione ed ho avuto fortuna. Ho cercato di scrivere il POV di Max con coerenza e considerare le cose che Max sa di Charles e di vederle come le vedrebbe lui, perché noi sappiamo che anche Charles ha avuto fantasie erotiche su Max, ma Max non lo sa e pensa che lo odi ed è una cosa essenziale. Alla prossima. Baci Akane
Chapter 20: Isolamento
Notes:
(See the end of the chapter for notes.)
Chapter Text
19. ISOLAMENTO
/Charles/
- Oh, sai che ho dormito con Max?
“Il bruciore è un istante e divampa inaspettato insieme alla voce di Pierre che mi raggiunge col suo tipico entusiasmo; subito dopo sputo nel bicchiere quel che stavo bevendo. Dopo che lo faccio lo metto da parte per nulla intenzionato a proseguire con il cocktail.
Lo guardo sgranando gli occhi diventando bordeaux e sicuramente più espressivo che mai.
- Tu cosa hai fatto con lui? - chiedo più stridulo di quel che volevo.
Appena mi rendo conto di aver reagito più esageratamente del necessario, mi pento amaramente. Mi guardo in giro nel locale in cui siamo usciti con le nostre ragazze per un’uscita a quattro. Ogni tanto la facciamo, sono gli ultimi giorni di libertà perché sta per iniziare la nuova stagione ed abbiamo deciso di passare la giornata e poi la serata insieme. Finché le nostre ragazze sono tali.
Al momento sono in bagno perché fortunatamente si muovono sempre in coppia e, sempre fortunatamente, vanno d’accordo.
Così io e lui siamo rimasti soli al tavolino e lui ha avuto la bella idea di sparare la sua rivelazione.
Tutt’intorno c’è gente che si fa i fatti propri, il locale è uno dei nostri preferiti dove gira gente di un certo tipo che ci fa passare abbastanza inosservati. Basta sapere dove andare o magari basta essere in tanti. Quando la folla è elevata chiunque tu sia non ti notano sempre, al massimo qualcuno di troppo ti saluta e ti stringono le mani, ma più di questo non succede ora come ora.
- Ho dormito con lui, sai a quell’evento organizzato dalla Red Bull... Bulls on Ice. Siccome eravamo in Olanda e si correva sul ghiaccio lo si poteva fare solo di giorno e di conseguenza siamo arrivati la sera prima, abbiamo pernottato lì e siamo stati insieme. Non so perché il letto era matrimoniale, forse volevano risparmiare...
Pierre è logorroico ma anche nel suo parlare un sacco non mi dice le cose che mi interessano.
- E come diavolo siete finiti a scopare? - il cuore mi batte così forte, improvvisamente, che per un istante le centinaia di persone che ci circondano svaniscono, la musica diventa un sottofondo che a momenti nemmeno percepisco. Tutto scompare, ci sono solo lui e Max a letto insieme che scopano ed io brucio.
È un attimo talmente veloce che è quasi indistinguibile, ma io so che sto bruciando, perché di solito sono nella mia stramaledetta nebbia e lì ci sto davvero bene.
Pierre mi guarda senza capire.
- Scopare? E chi ha scopato? - mi dice come se fossi impazzito. Ma ora lo strozzo. Batto la mano sul tavolino fra i quattro bicchieri, uno dei quali col mio sputo dentro, e mi sporgo verso di lui minaccioso ed irritato.
- Tu, cazzo! - ringhio a denti stretti.
- Ma ho detto che ho dormito con lui, non... oh! - esclama improvvisamente realizzando. - Tu hai capito dormire in senso andarci a letto! No, io intendevo proprio dormire nello stesso letto! Non abbiamo scopato! - e si mette pure a ridere, lo stronzo!
Assottiglio lo sguardo che diventa quello di un assassino, infatti lo sto per trapassare con la cannuccia che si succhia con le sue labbra rosso ciliegia per la bevanda alla fragola che sta sorseggiando. Fra quella e il profumo dolce sembra una fragola lui stesso.
- La prossima volta parla chiaro! Mi hai fatto prendere un colpo! Tu e Max a letto insieme! Va bene tutto, ma c’è un limite alla follia!
Non so perché sto marcando tanto sul fatto che sarebbe una pazzia, ma Pierre prima ride e poi mi occhieggia volutamente malizioso.
- E cosa ci sarebbe di male? È un bel ragazzo, a modo suo. Più che altro, sai... è un tipo. Ha così tanta personalità che finisce per piacere quando ci hai un po’ a che fare. Comunque in generale non è male. So che tu lo odi, ma se approfondissi penso che alla fine ti ricrederesti.
Il suo parlare di Max in questo modo mi irrita di nuovo, sento bruciare ancora quella parte dentro il mio petto ma lo ignoro evidenziando solo disapprovazione e astio.
- Personalità da psicopatico! Se ti piace scopatelo, sicuramente riusciresti a portartelo a letto! Sei un bel ragazzo, sai come piacere agli altri! Fra lui e Daniel non so come va, ma non mi sembra uno fedele.
Il ricordo di quella sera che ha provato a baciarmi, torna spedito e mentre lui ride più divertito di quel che vorrei fosse, visto che mi sembra mi prenda per il culo, necessito di sapere di cosa hanno parlato.
- E che vi siete detti, comunque? Perché dici che non è male?
Fingo indifferenza, come se parlassimo tanto per fare, ma in realtà mi interessa eccome.
Non voglio che Max mi rovini Pierre.
Lui fa un risolino sempre troppo divertito e malizioso e poi continua, vorrei sapere cosa pensa ma mi rendo conto che è meglio non saperlo.
- Dice che ha preso male la partenza di Daniel anche se stanno ancora insieme. Mi pare che non vada benissimo. E poi voleva sapere se noi stiamo insieme, perché sembriamo una coppia.
Per un momento fissandolo accuratamente negli occhi per capire quel che dice, percepisco qualcos’altro che alla fine si tiene per sé. So quando non mi dice tutto, per me Pierre non ha segreti e come minimo hanno parlato di me, ma il fatto che gli abbia chiesto se stiamo insieme dopo che l’aveva chiesto anche a me, mi colpisce.
- È davvero sicuro che siamo una coppia, eh? - faccio più fra me e me. Lui sembra sapere di cosa parlo.
- Sì, mi ha detto che gli avevi già risposto, ma era convinto.
Alzo le spalle e fingo che non me ne freghi nulla e per fortuna arrivano le ragazze a salvarmi in corner, penso che la conversazione sarebbe finita male. Anche se avessi indagato spingendolo a dirmi cosa si erano detti, penso che mi sarei scavato la fossa. Io sono il primo a non volergli dire che Max ha tentato di baciarmi. Non so perché glielo nascondo e non so cosa mi nasconda Pierre su lui e Max. Dubito sia successo qualcosa dello stesso tipo visto che me lo direbbe senza problemi, conoscendolo; più che altro penso abbiano parlato di me ma sa che non mi piace che lo facciano alle mie spalle, così forse non me lo vuole dire per questo.
Però va bene così. Tanto conoscendolo prima o poi verrà fuori perché poi si dimentica di cosa mi dice o non mi dice.
Quando le ragazze tornano, io sparisco a prendere un altro giro di bere con la promessa di andare poi a ballare in pista e ci rifletto brevemente. Quel bruciore quando pensavo che fossero andati a letto insieme mi ha quasi sconvolto.
So bene cos’era.
Quella era gelosia. Ma per Pierre o per Max? Magari entrambi?
Siano benedetti gli occhiali da sole effetto specchio. Nemmeno se si impegnano possono vedermi gli occhi.
Grande invenzione.
Tutte le mie fatiche per abituarmi alle emozioni e non perdere il controllo vanno nel cesso. Vorrei sapere che diavolo è andato storto con me, cosa ho sbagliato nella mia vita per essere così idiosincratico verso le emozioni forti.
Forse pretendo troppo da me, forse mi ci vuole semplicemente più tempo per fare qualcosa che non è facile come pensavo, anche se giusto, ed intanto sono arrivato qua nel primo GP ufficiale con la Ferrari.
Melbourne mi accoglie col mio solito team composto dagli immancabili Joris e Andrea, ma sono così teso che per tutto il tempo è come se fossi solo. Mi isolo tantissimo e mi do dell’idiota.
Si inizia, caro Charles.
Se l’anno scorso ero emozionato perché ero in F1, quello che provo ora che sono in Ferrari sul serio è abissale. Non ho termini di paragone.
L’emozione mi colpisce mangiandomi da dentro e siamo solo a giovedì, stiamo facendo le prime cose con la Ferrari: mi prendono, mi danno le cose da indossare, mi dicono dove andare e cosa fare. Filming day, sessione autografi, momento coi tifosi e coi media. Riunioni col team al completo, la track walk. Tutto un insieme di impegni che sono sempre gli stessi di ogni giovedì di weekend di gara.
Stamattina ci sono stati i primi scatti ufficiali da pilota Ferrari ed io ero lì che dovevo posare con la divisa e mi dicevano ‘Charles, sorridi’ ed io pensavo davvero di farlo, ma quando mi han fatto vedere gli scatti mi hanno dimostrato che non ero per niente sorridente ed allora le abbiamo rifatte ed ero ancora lì a tentare di sorridere.
Perciò adesso che sono nel paddock per altre foto, autografi e le altre cose coi tifosi, benedico profondamente gli occhiali scuri e Seb.
Seb lo benedico perché accentra tutta l’attenzione su di sé, per fortuna. È letteralmente un animale da palco e di questo gliene sono grato. Lui ride e fa ridere, è a suo agio con un microfono davanti ed è perfetto in ogni cosa che fa. Anche se lo desideravo, non so se sarò mai così.
Io sto lì e vivo della sua luce riflessa mentre mi chiedo se si capisca da fuori che sono un pesce fuor d’acqua e che sto male. Male non fisicamente e forse nemmeno emotivamente. Ma in qualche modo sto male.
Non è che odio queste cose, mi stanno piuttosto indifferenti e forse devo solo far pace con questo aspetto mediatico, diciamo, ma non è questo che mi turba realmente. È piuttosto che mi sembra di annegare e non so perché.
Ho bisogno di isolarmi, di stare solo, di estraniarmi e so che succede perché sto venendo investito da troppe cose tutte insieme e troppo forti ed ancora non è niente perché mi ripeto in continuazione che è solo giovedì.
Le urla e le acclamazioni mi devastano in modo particolare.
Sorridi Charles. Sorridi e sii simpatico perché è questo che si aspettano da te ora che sei un pilota Ferrari e sei qua vicino ad uno che ha vinto 4 mondiali.
Tutta questa attenzione mi soffoca e per fortuna gli impegni del mattino finiscono dandomi la possibilità di prendermi del tempo per conto mio.
Tempo che mi prendo ben volentieri per raccogliermi in un angolo nel Paddock.
Non so nemmeno dov’è il ‘qua’. Ma sto ‘qua’ comunque, percepisco il via-vai e il chiasso intorno a me, ma è un contorno che non mi raggiunge realmente. Sono seduto su dei gradini e mi apro la cerniera della maglia rossa mentre mi appoggio con i gomiti sulle ginocchia strofinandomi il viso con le mani, le dita sotto gli occhiali che ho cura a non togliere.
Sto sorridendo? Non credo di starlo facendo.
Non so proprio se ce la farò. Dovrò riuscirci, prima o poi mi accuseranno di non saper sorridere, di non essere in grado di avere a che fare coi tifosi, di non essere gentile e amabile. Mi daranno dello stronzo e mi romperanno tutti le palle.
Mi manca il respiro, eppure non fa tanto caldo.
Pensavo che realizzare quali erano le mie mancanze ed i miei problemi con le emozioni e cercare di superarli, mi avrebbe aiutato. Ma mi sbagliavo. Non mi sento migliorato per niente ed adesso che sono qua in mezzo a questa cosa chiamata Ferrari, che non è solo una macchina da guidare ma qualcosa di molto più grande, di enorme, mi rendo conto che non ero realmente pronto nonostante tutta la preparazione proprio per questo momento. Un momento che sogno da quando ero un bambino e guardavo il GP di Monaco dal balcone di casa mia.
Che razza di arrogante presuntuoso che sono, eh papà? Se fossi qua cosa mi diresti?
Mentre cerco di capirlo, sento qualcun altro che si siede nei gradini dove sono io, mi si mette accanto e non mi tocca né nulla. Giro lo sguardo ed un radioso Seb mi accoglie con una tale gioia da farmi credere d’aver detto qualcosa di buffo senza rendermene conto. Ma in realtà non ride di me, mi sorride, e devo dire anche con una dolcezza incredibile. Paterno oserei dire.
- La prima settimana andrà così. Qualunque cosa farai per la prima volta in rossa sarà così. Non aspettarti di riprenderti in tempi brevi. Ma dal prossimo GP andrà molto meglio. Non pretendere di riuscire già da oggi o domani di abituarti a questo palcoscenico. Perché è un palcoscenico, non è solo una macchina. Te ne renderai conto ancor meglio, ma vedrai che dal prossimo andrà già meglio. Non avere pretese su te stesso, per questo. Nessuno di noi le ha, non perché non pensiamo che tu non sia pronto, lo sei e sicuramente appena salirai in macchina starai meglio, ma è tutto il resto che c’è oltre al guidare in pista, che è difficile, qua. Se un giorno cambierai e proverai altri team ti renderai conto che nessun ambiente sarà come questo, te lo dico perché lo so.
Seb parla con una calma incredibile ed anche se penso che sia logorroico, la sua tranquillità mi concilia e mi rendo conto che le mie spalle sono meno tese e le mie mani non cercano di spaccarsi le dita fra loro.
Respiro pure meglio. Lo guardo scrutandolo attraverso le nostre lenti scure e lui mi sorride e mi parla paterno. Ecco cos’è. Paterno.
Perché lo dovrebbe fare?
Chi glielo ha chiesto? Non che non sia contento, ma è il primo pilota Ferrari e tutti sanno che io sono qua per rubargli la prima guida, che la mia ambizione è quella, che tutti mi additano come il nuovo futuro eroe campione di F1. Non è tenuto a farlo. Dovrebbe farlo il mio capo ingegnere oppure il Team Principal che da quest’anno è Binotto.
Perché lo fa lui? E soprattutto come l’ha capito?
- Era così evidente? - chiedo con un tono più infantile ed abbattuto di quel che volevo. Lui sorride incoraggiante alzandosi gli occhiali scuri, i suoi occhi blu con questa splendida giornata sono più chiari e sono proprio belli e vitali.
- Eri così teso che pensavo di prendere un archetto e suonare il violino usandoti come corda, ma non sono bravo a suonare!
La battuta fantasiosa mi fa ridere un po’ scaricando parzialmente il nervoso. Continuo a non capire perché lo faccia, ma sono contento l’abbia fatto.
Seb è un mistero, un incredibile mistero carismatico, ma cercherò di imparare da lui tutto quello che posso,
- Do fastidio se sto qua? - chiedo poi senza rispondere niente riguardo al suo consiglio. Lui sorride ancora alzando le spalle.
- Puoi stare dove vuoi, hai anche una splendida stanza personale di sopra se vuoi.
Annuisco.
- Sì, lo so, ma ho bisogno di un po’ d’aria e di tranquillità. Mi riprenderò e mi abituerò, come dici tu. Solo mi sere un po’.
Lui annuisce e quando si alza sorride e non mi tocca, sebbene vedo che lo fa con tutti - una pacca, una stretta di mano, un mezzo abbraccio ed in certi casi anche un abbraccio vero. Ma ha visto che non mi piacciono i contatti. Ci ha messo così poco a capirmi.
Penso che in qualche modo mi influenzerà più di quel che penso, nel tempo. Non sarò mai allegro, esuberante ed affettuoso come lui, forse, ma penso che assorbirò molto di lui cercando di assimilare il più possibile. Perché se io voglio diventare un campione, devo imparare dai campioni e non è solo una questione di guida. Non basta guidare bene. C’è molto di più ed avendo a che fare con Seb me ne rendo conto.
Invece di entrare nel Motorhome alle nostre spalle, scende scrivendo a qualcuno sul cellulare per poi andare verso quello Mercedes, l’unico che è a destra di quello della Ferrari poiché è il primo dall’ingresso del Paddock.
Con un sorrisino divertito mi metto gli AirPods alle orecchie e attivo la mia playlist preferita, quella depressiva con canzoni una più strappalacrime delle altre. Per il momento sono ancora così. Un giorno penso che riuscirò a cambiarla, così come riuscirò a non aver bisogno degli occhiali scuri per sorridere. Un giorno so che sarò convincente perché sorriderò sul serio con tutta la faccia, perché sarò davvero felice. Avrò quel qualcosa in più che adesso mi manca e che non mi permette di uscire completamente dal mio nebbione che continua ad accompagnarmi nonostante i miei sforzi.
Papà direbbe che pretendo troppo da me stesso. Ecco cosa direbbe. Praticamente quello che mi ha detto Seb ed è vero, hanno ragione.
Devo essere più clemente, darmi più tempo. Non posso pretendere di arrivare a 100 senza passare dal 50.
Poco dopo del chiasso attira la mia attenzione e quando giro la testa per vedere da dove venga, trovo dei volti noti che sapevo di poter incontrare oggi.
George e Alex quando mi vedono mi corrono incontro ridendo e sbracciandosi, per un momento mi sembra di non essere cresciuto, mi pare di essere ancora nelle categorie inferiori dove correvamo insieme e non ci separavamo mai. Per un momento mi sembra di uscire dalla nebbia. Da quest’anno sono passati in F1 anche loro; lo sapevo, ma non ero ancora riuscito a beccarli. Senza pensarci troppo mi alzo e gli vado incontro salutandoli con delle strette di mani e delle pacche, ci tocchiamo con le spalle come d’abitudine. Mentre li saluto sento il loro entusiasmo e realizzo che non mi sembrano cambiati di una virgola dai tempi in cui facevamo le gare insieme fino a poco tempo fa.
Con loro c’è Lando Norris, quando io poi sono passato in F1 lui ha corso con loro e so che stavano sempre insieme, anche lui è passato da questo lato della barricata quest’anno.
Lando non lo conosco molto, ma so chi è e nel giro di poco si fa conoscere con molto entusiasmo e partecipazione ed anche se pensavo di poter isolarmi da qualche parte, pare che non sarà questo il caso.
Per quanto io ci abbia provato attaccandomi ad Alex e gli altri, i soli momenti in cui mi sono sentito di nuovo vivo e sereno sono stati quando ero sulla macchina, ma me l’aveva detto Seb che sarebbe andata così perciò cerco solo di stare tranquillo consapevole che il prossimo GP andrà meglio.
Quello che mi fa rilassare veramente è sapere che quando guido, anche se è una Ferrari, sto bene e sono padrone di me. Finché non salgo sulla mia monoposto rosso fuoco non mi sembra nemmeno di essere sveglio. Cerco di partecipare a qualsiasi attività con il massimo impegno, anche se si tratta di semplici chiacchiere.
Ho fatto tutto quello che dovevo fare, di qualsiasi cosa si trattasse, sia personale che per la Ferrari, sia per la gara che per le altre cose al di fuori, ma mi rendo conto di essere tornato in me, vivo e sereno solo quando ho ripreso il volante in mano, lì tutto si è schiarito e la nebbia si è dissolta. Solo quando succede mi rendo conto di essere stato in apnea e di essermi sforzato di continuo di fare ciò che mi sentivo in dovere.
Ci vuole tempo, mi ripeto. Ma devo continuare a provare. Provare ad uscire a tutti i costi ed in tutti i modi da questa nebbia che insiste ad accompagnarmi.
So che ce la farò perché lo voglio e se mi metto in testa una cosa, ce la posso fare.
Solo che mi stupisce una cosa, mentre mi preparo per la mia prima gara ufficiale, mentre mi vesto dopo i soliti riti pre-gara con Andrea.
Mi stupisce che l’effetto della Ferrari che pensavo mi trasmettesse follia facendomi perdere più spesso il controllo com’era capitato in autunno, sia in realtà svanito in poco lasciandomi più spaesato che mai, come un pivello fuori dal rifugio sicuro.
Non voglio dare questa idea, ma se avevo paura di non sapere gestire le emozioni finendo per perdere il controllo e fare qualche cagata, forse in realtà posso stare tranquillo.
Quel controllo temo di non poterlo perdere così facilmente. Forse adesso questa nebbia è diventata più forte di prima e mi protegge da quello che mi spaventava, uscire dalle righe, eccedere, esagerare.
Perciò forse non serve che io faccia niente se non guidare. Forse devo solo smetterla di essere chi ritengo io debba essere, ciò che gli altri si aspettano, ciò che dovrei, ciò che mi dicono o che pensano io dovrei essere.
Forse devo solo smettere e basta.
Forse devo solo guidare.
So dov’è Max, proprio accanto a me solo nella fila davanti, spostato in su di qualche centimetro rispetto a me. So chi ho davanti, dietro e chi c’è al mio fianco, leggermente più indietro rispetto a me e alle spalle di Max. So dove sono tutti, li fisso nella mente perché dovrò evitarli appena si parte. Dovrò evitarli e superare più possibile, ma in particolare uno su tutti. Perché è quello che so come si muove, specie alla partenza e se non parte in pole. Ha altre macchine intorno a sé, proprio come me, perciò sarà costretto a fare certe cose ed io so quali sono e ne approfitterò. Lo supererò subito, so come fare, so di poterlo fare.
Pensando a questo l’adrenalina mi fa tremare e respirare veloce, sento i battiti furiosi in gola che sembra debbano uccidermi. Sto morendo?
Ma ecco che finalmente i semafori si accendono uno ad uno indicando che la gara sta per iniziare, il cuore va furioso in gola, non riesco a respirare, ma poi i semafori si spengono e tutto si ferma, il mio cuore, il mio respiro, la mia ansia.
Tutto si blocca e si distende, per un millesimo di secondo è addirittura silenzio, ma subito dopo l’inferno esplode fra motori che ruggiscono, gomme che stridono emettendo puzza, il calore che incendia e le vibrazioni. Quelle arrivano in massa da ogni parte, forse dall’asfalto stesso e non solo dalla mia macchina, ma non penso più a niente, non noto più nulla.
Appena si parte il mondo accelera e sfuma e scompare e c’è solo Max nella mia testa. Max, Seb e tutti gli altri qua intorno a me. Ma è Max il mio riferimento. È lui che devo superare. Prenderò la scia di Seb e lo metterò immediatamente dietro di me, perché è la sola cosa che conta per me e mentre mi fisso su questo e mi muovo per realizzare il mio obiettivo, l’adrenalina mi scorre di nuovo nelle vene furiosa e con essa la sensazione di essere vivo, l’eccitazione e la gioia.
La gioia vera.
Sono qua. Sono solo qua in pista. Non devo fare altro che correre, superare curve, stare in pista, evitare macchine e superare. Superare, correre e gareggiare.
E superare Max.
Come da me progettato, riesco a metterlo dietro per una frazione di secondo, è difficile, siamo ruota a ruota e se non stiamo attenti ci toccheremo come facevamo una volta, ma siamo cresciuti, abbiamo accumulato esperienza e per evitare un incidente in apertura, non è troppo aggressivo e così riesco a passarlo. È un attimo brevissimo, ma ce la sto facendo. Se non ci fossero tutte queste macchine intorno ce la farei meglio. So che non è fatta, lo so bene, siamo ancora tutti qua raggruppati che cerchiamo di uscire dalla parte iniziale, ma appena riconosco la macchina di Max che arriva da dietro, sempre appiccicata come se non l’avessi realmente superato, è come se mi svegliassi improvvisamente.
Il mondo non è né sparito, né pieno di nebbia.
Appena lo vedo nello specchietto e poi qua di nuovo accanto a me, appena capisco che sto di nuovo realmente gareggiando con lui per la prima volta dopo anni, qualcosa esplode in me ed improvvisamente tutto si riduce a lui. Solo a lui.
Il mondo è composto solo da Max Verstappen che mi sta superando di nuovo, cerco di impedirglielo ma per evitare stupidi incidenti alla mia gara d’inizio in Ferrari, non posso fare molto e purtroppo riesce a passarmi, ma da qui in poi nel mio sguardo c’è solo il culo della sua Red Bull a cui starò attaccato a tutti i costi per riprenderlo.
Devo riuscirci. Devo superarlo di nuovo.
Gliene devo restituire una o due. E pure questa.
Gli devo dare delle lezioni e mettere in chiaro che non gli sono inferiore.
Devo assolutamente stargli dietro e mettergli pressione, prima o poi sbaglierà perché sbaglia sempre ed io sarò lì ad approfittare.
Ma la gara prosegue nella sua lunghezza e difficoltà e nessuno dei due sbagliamo. Gli sto appresso senza mai cedere, faccio sempre il possibile, il massimo delle mie possibilità per non sbagliare ed avere la possibilità di superarlo, ma purtroppo ad un certo punto lo stronzo davanti a me supera Seb che gli era davanti e da lì in poi non ho più possibilità di raggiungerlo. Il pezzo di merda riesce a finire sul podio in terza posizione. Contando che partiva quarto e che è finito terzo mentre io ero quinto e finisco sempre quinto, è fottutamente inaccettabile e vergognoso.
Non per la posizione in sé o il mancato miglioramento, ma perché lui in questa gara ha fatto fottutamente meglio di me. Questo mi brucia. Il mio unico obiettivo per questa gara era superare Max e tenerlo dietro. Questo mi ero prefissato consapevole che non avrei potuto fare grandi cose. Una volta superato potevo puntare al podio, forse, ma considerando che davanti c’erano le due Mercedes e Seb, sapevo che poi non sarebbe stato facile, ma ero consapevole che la quarta posizione era un mio dovere, alla mia portata. Soprattutto doveva essere mio per toglierlo a Max.
Maledetto bastardo, sei migliorato davvero, alla fine!
Ma non sei comunque perfetto, il tuo stile è sempre quello di un pazzo che guida contro un demonio e non contro altri piloti. Sei un po’ migliorato, te lo concedo, e non me l’aspettavo. Normalmente avresti sbagliato qualcosa ed io contavo di approfittare di questo, ma questa volta sei stato perfetto, però so che non sarà sempre così. La prossima sarò io a farti baciare il mio culo.
Quando scendo dalla macchina e rimetto i piedi per terra, mi rendo conto che solo lui mi accende come un isterico.
Mi sento ubriaco anche senza esserlo, tremo ancora tutto, sono sudato, stanco e non so che altro, ma c’è questa frenesia, ora. Questa frenesia assurda che non riesco a capire e prima di realizzare di cosa si tratta, lo sto cercando con gli occhi istintivamente.
Lui è là davanti con gli altri vincitori, insieme a Lewis e Bottas. Li saluta, si complimenta, festeggia una prima gara straordinaria.
Maledetto. È solo rimandata la mia vendetta, non credere che me ne sia dimenticato.
Sento la faccia che tira in un sorrisino divertito dentro al mio casco dove sto morendo di caldo, il cuore batte fortissimo nel petto, sento l’emozione che scorre in ogni parte del mio essere, lasciando entusiasmo e voglia di riprendere questo discorso con lui, ma una mano mi batte sulla schiena girandomi, quando mi volto vedo Seb che mi tende la mano e mi fa i complimenti, lui è quarto, davanti a me. Quarta o quinta posizione non conta niente, non mi pesa questo. Quel che mi pesa è non essere lassù, primo. Per la precisione davanti a Max.
Ma ci arriverò. Cazzo, se ci arriverò.
Gli stringo la mano e lo ringrazio per i complimenti sulla mia prima gara straordinaria, io dico con delusione che speravo di riprendere Max, commentando severamente il suo sorpasso all’inizio, Seb sminuisce dicendo che sono stato bravissimo e di non pensarci. Andiamo insieme a pesarci e sì. Mentre sono qua che parlo della gara con lui ed incrocio altri piloti che mi fanno i complimenti, mentre cerco di capire se uno di questi è Max, mi rendo conto di una cosa.
Sono di nuovo vivo. La nebbia non è più tornata. Forse tornerà a casa, ma ho il dubbio che mi basterà pensare a come infliggere a Max le lezioni che merita. Che sia davvero lui ad avermi aiutato, che mi ha tirato fuori dal mio isolamento forzato?”
Notes:
ancora nel mondo di Charles, un Charles che all'epoca era davvero molto chiuso ed isolato, stentava a lasciarsi andare ed era sempre parecchio teso negli eventi pubblici, ma che trovava sollievo solo salendo sulla macchina. La loro prima gara quell'anno andò così, con Charles che per un momento era quasi riuscito a superare Max ma che poi è stato ripreso e che l'ha inseguito per tutta la gara. Mi sono immaginata un momento fra Charles e Seb, sempre perché ogni tanto ho bisogno di inserirlo. Vedendo le cose ora dopo tanti anni, mi rendo comunque conto che in qualche modo Charles sembra aver assorbito un po' dei modi di Seb, quel suo sorridere e divertirsi in mezzo agli altri e alla folla tipico di Seb, il suo carisma, il suo sentirsi a suo agio in ogni situazione. Ed è una cosa che gli è venuta col tempo, poiché all'inizio lui era davvero molto rigido. L'equivoco con Pierre all'inizio del capitolo era assolutamente doveroso, ho praticamente scritto quello precedente solo per questa scena. Così come il pezzo finale. Max ha un certo potere su Charles e finalmente inizia a rendersene conto. Alla prossima. Baci Akane
Chapter 21: Consapevolezza
Notes:
(See the end of the chapter for notes.)
Chapter Text
20. CONSAPEVOLEZZE
“Da quando ho iniziato in F1 ho avuto l’impressione che ogni stagione fosse una preparazione per quando sarebbe iniziata davvero. Quando ho finito lo scorso anno ho avuto una sensazione diversa, sul 2019 che stava per iniziare. Come se finalmente la preparazione fosse finita.
La vera competizione è iniziata quest’anno, per me, ma c’è un motivo per questo.
Il mio rivale è finalmente pronto per riprendere il nostro discorso.
Mister ‘just an inchident’ è in Ferrari, ha una macchina sufficientemente competitiva e starà finalmente fra le palle a rompermi i coglioni e non riesco a pensare a niente che mi diverta di più.
Quanto diavolo avevo aspettato il suo arrivo? Non me ne ero reso conto, quando è arrivato l’anno scorso ero contento, ma è ora che so di cosa si tratta. È ora che capisco cosa aspettavo.
La competizione.
Per me le corse sono belle perché sono competizioni, ma l’unica che io abbia mai considerato realmente degna di questo nome è quella con Charles perché è sempre stato lui il mio unico vero rivale, per tutta la vita non ne ho avuti altri ed ora qua in F1 naturalmente ne sono stato pieno, ma per me ormai è lui, è solo lui, è lui da sempre il mio vero rivale. Gli altri sono secondari, dei sostituti.
Io so che è lui.
Quest’anno si comincia, magari non sarà sempre battaglia fra noi, magari a volte nemmeno ci incroceremo. La Ferrari non bazzica bene, così come la Red Bull, ma siamo più o meno sempre lì entrambi, pronti se c’è l’occasione e a spingere per trovarla.
Adesso che lui è su quella macchina per me la F1 si dipinge di rosso, un rosso vivo, un bel rosso acceso che mi anima sin dentro.
È stato fottutamente bello ricordargli che ero io il più forte e che lo sono ancora, ma so che lui pensa che sono vittorie effimere e non realiste. Non serve che mi parli, lo so bene cosa pensa.
Lo guardo da lontano mentre Seb si complimenta con lui per la sua prima ottima gara, arrivare quinto non è male, è stato nelle prime 4/5 posizioni tutto il tempo, appresso al mio culo come una mosca fastidiosa, ma non mi aspettavo niente di diverso.
La cosa più bella è stata la partenza.
Non avevo altro in testa, sapevo che mi sarei dovuto totalmente concentrare su di lui che era praticamente accanto a me e così è stato, ha subito cercato di superarmi e per poco non ci è riuscito, ci è andato molto vicino, ma quando stava per passarmi l’ho superato io ed è stato fottutamente esaltante. Ho dovuto mettere dentro tutta la mia ferocia stando attento a non sbagliare perché so che lui non si sposta se siamo sullo stesso spazio. Gli altri con me tendono a stare attenti e a mollare un po’, è una cosa che so di cui approfitto per superare, ma so anche che con lui non ha mai attaccato. È stata una partenza maledettamente bella e so che non è stata la mia più bella in assoluto, eravamo quarto e quinto, ma è quella che mi è piaciuta di più perché era con lui.
Non vedevo l’ora di averlo ruota a ruota e riprendere da dove ci eravamo interrotti e dimostrargli che sono diventato più bravo nel frattempo.
Sapevo benissimo che non avrebbe mollato mai. Durante tutta la gara è stato lì ad inseguirmi finché ha potuto ed io sapevo di dover puntare a Seb che mi stava davanti, altro con cui lottare non è mai facile, ma ero consapevole che dovevo farlo per raggiungere almeno il podio, però avendo sempre lui dietro di me non potevo distrarmi perché sapevo che non avrebbe mai mollato. Ci sono piloti e piloti.
Alcuni gareggiano con te e se li superi ci riprovano a prenderti nell’immediato ma se non ci riescono se ne fanno una ragione e pensano alla loro gara, a non essere superati da altri, a fare tutto bene e magari sperano in un’altra occasione.
Ma io lo conosco e so bene com’è fatto, il caro Charles.
Gli è stato fottutamente sulle palle che io l’abbia superato all’inizio e che poi non sia stato in grado di riprendermi.
Poi quando ho superato Seb che si è messo fra noi, non c’è stata più competizione e paradossalmente la mia gara è diventata normale, anche se dovevo sempre dare il massimo per non essere ripreso.
È stato bello, è stato così bello che mi ha acceso la fottuta lampadina che mi ha fatto capire di cosa si trattava.
Quella sensazione a fine stagione era lui.
Adesso che è in Ferrari sapevo che avremmo ripreso coi nostri discorsi esaltanti e non mi ha deluso, anche se so che sarà anche meglio. Che deve solo abituarsi alla macchina, alla squadra e alle gare che si fanno da davanti, che sono diverse da quelle fatte con altre macchine, altre squadre e da dietro.
Perciò se è già così buono alla prima con un bolide simile, so perfettamente che sarà anche meglio ed io sarò pronto a dimostrargli che anche io sono migliorato.
È fottutamente bello, era quello che aspettavo appena arrivato in F1 e forse anche da quando ci siamo lasciati nel go-kart.
Aspettavo lui, il mio unico vero rivale di sempre. Ognuno ne ha uno, la propria nemesi che rende più interessante la vita. Il mio è lui.
Ti aspetto in Bahrein, Charles.
Nel frattempo mi fiondo da Daniel e lo costringo a farsi consolare da me per la sua gara di merda.
Non so se abbia fatto bene ad andarsene dalla Red Bull dove era una merda per lui ed andare in Renault dove è comunque una merda, almeno qua eravamo insieme. Nello stesso team hai un sacco di cose che fai insieme al tuo collega, specie i giovedì. Si può anche viaggiare insieme, spesso. L’abbiamo sempre fatto, era bellissimo.
Non ne valeva la pena?
Capisco che sei un pilota, prima di tutto, ma non è che ha lasciato per un posto migliore dove ha più soddisfazioni. Spero per lui che sia solo la prima gara e che mi sbaglio, ma mi sa tanto che non sarà così. Che si è messo dalla padella alla brace.
Tuttavia con la mia tipica prepotenza gli salto addosso e me lo tiro nel primo posto utile, prima di permettergli di dileguarsi per conto suo.
Non è vero che era uguale per noi e che non cambiava nulla.
Cambia, cambia eccome. Anche se ripensando a Seb e Lewis, sempre che poi sia vero che sono una coppia e che non ho avuto in realtà solo le visioni, non sembrano soffrirne.
Cambia realmente la separazione di squadra oppure è solo una scusa che sto accampando?
Magari c’entra il fatto che mi sono eccitato dopo la gara e pensando a Charles nello specifico.
Mentre Daniel mi sbatte da dietro con poca voglia e ancora depresso e seccato, mi sento una merda a scaldarmi ancora una volta pensando all’altro.
Un altro che non mi guarda in quel senso o che comunque non vuole, con cui non succederà mai niente per sua testardaggine e stupidità. Ma essere stupidi e testardi a quanto pare non mi smonta, specie se in gara mi dai tanto filo da torcere.
Su questo vengo senza capire a che punto sia Daniel, né se alla fine ce la farà ad avere anche lui il suo orgasmo. Mi dispiace, Dany.
Ti sto facendo male senza che tu lo sappia. Sono una merda, sono proprio una merda. Com’è possibile? Come siamo arrivati a questo punto?
Quando Daniel impreca e ci rinuncia, esce e si ricompone dando un colpo col palmo contro la parete su cui appoggiavo io. Non è riuscito a venire ed ha deciso di porre fine al suo ‘supplizio’. Tanto io ero venuto.
Mi giro rivestendomi in fretta e cerco di fermarlo dall’andarsene, devia il mio sguardo carico di rabbia e vergogna che capisco, mi sgancia il braccio e scuote la testa.
- Lascia stare, per oggi va così. Non fa niente. Ho solo bisogno di un po’...
Perché non sta andando come pensava, ha fatto una scelta difficile per sé stesso e sta già andando in merda. Purtroppo non posso fare nulla per lui se non sospirare e lasciarlo andare mentre i miei ormoni mi lasciano più tranquillo. Sono un fidanzato di merda.
In Bahrein per la verità non mi stupisce la pole di Charles, la prima per lui in F1 ed in Ferrari che arriva appena alla sua seconda gara di quest’anno.
È pazzesco di per sé, ma io sapevo che sarebbe successo perché è maledettamente pronto, molto più pronto di come lo ero io quando sono arrivato in F1 e poi in Red Bull.
Ci ho messo tanto ad abituarmi e a perfezionarmi, lui ci ha messo praticamente un cazzo.
Ha già fatto la Pole. Al momento la Ferrari va forte, ma non è la macchina che vincerà il mondiale, tutti sanno che sarà ancora una volta la Mercedes, nessuno si aspetta che la Ferrari rimanga così buona a lungo, ma lui e Seb hanno fatto prima fila e per il momento significa che la macchina funziona quanto meno nel giro secco. Non è questo a sorprendere quanto che il più bravo dei due sia stato l’ultimo arrivato, Charles, e non il più esperto, campione mondiale, Seb.
Per quanto sia stato un distacco minimo, è davvero sorprendente. Non solo questo, ma proprio che lui è di fatto al suo secondo anno qua in F1.
È pronto, cazzo se è pronto.
Ha sempre avuto un approccio alle corse diverso dal mio, ma il mio l’ha stabilito mio padre, non ho mai avuto voce in capitolo. Il suo ha deciso per qualcosa di più graduale che gli permettesse di essere pronto una volta arrivato.
Io di fatto se non avessi avuto le spalle coperte da Marko Helmut mi avrebbero scaricato da tempo, però grazie alla sua protezione ho mantenuto il posto nonostante all’inizio non andassi bene ed adesso devo dimostrare che non hanno sbagliato a credere in me.
So perfettamente cosa devo fare e com’è la mia situazione, ma Charles con la sua Pole finisce per distrarmi.
Cerco di capire mentre fa le solite foto ed interviste con gli altri due classificati, Seb e Lewis, se sia felice. Parlano di record. Il pilota più giovane ad ottenere una pole in Ferrari ed il secondo in assoluto in F1, il primo per inciso era Seb. Queste cose non le so perché sono io a saperle, ma le stanno ripetendo a macchinetta gli altri intorno stupiti perché il risultato è notevole.
Charles come sempre è lì che sembra un pesce fuor d’acqua e sulle prime nemmeno fa finta di sorridere. Non so se nella sua testa crede di farlo ed in realtà non ci riesce ma non se ne accorge, oppure se ci ha direttamente rinunciato.
Mi perdo a fissarlo mentre si mettono insieme per le foto e solo quando Seb gli parla e se lo stringe orgoglioso con un braccio intorno alle spalle super contento per lui, finalmente lo fa.
Rimango colpito dal sorriso, è quasi perfetto ed è incredibile.
Per un momento invidio Seb, ho un’invidia impossibile da spiegare, però è netta. Non è per la sua pole, e nemmeno perché sta lì in mezzo ai due migliori piloti dei nostri anni che voglio assolutamente superare. È un’invidia specifica e mirata a Seb.
Perché l’ha fatto sorridere. È un sorriso decente, molto carino, in realtà.
Non il suo migliore, ma è come se finalmente l’avesse svegliato dal suo sonno e gli avesse fatto capire che ha ottenuto un risultato straordinario e che deve esserne felice.
Per un momento mi torna in mente il suo sorriso ai tempi del karting. Era un bel sorriso, ben lontano da questo, ma non so se tornerà.
Turbato da quanto penso a lui ed al suo sorriso, anzi, da quanto mi ci sono proprio fissato, vado oltre richiamato ai miei doveri dopo essermi imbambolato.
Charles è bello, non ci sono dubbi, lo penso da tempo ormai e ne sono consapevole. Per di più quel carattere da demonio sotto l’apparente angelico mi eccita molto. Ma forse il più lo fa proprio il suo rifiutarmi senza nemmeno dirlo. Questo suo ignorarmi per me è come un drappo rosso davanti al toro e più le cose con Daniel si raffreddano, più con lui si accendono nella mia fantasia. A frenarmi è questo.
È solo la mia fantasia.
Stanotte cercherò di coccolarmi Daniel come si deve, la volta scorsa è andata male e questa settimana era nervoso anche se cercava come sempre di mascherarlo col suo sorriso, ma anche se finge che vada tutto bene, io so che non è così.
A rovinare i miei piani ci pensa mio padre, appena finito con la consueta riunione finale del sabato, quella dove si stabiliscono tutte le strategie per la gara di domani e dove si parlano di problemi, dati e soluzioni, il telefono mi suona e quando vedo il suo nome alzo gli occhi al cielo imprecando apertamente.
Pierre, che mi sta vicino, non può non sentirmi e guardando sicuramente vede che si tratta di una chiamata di mio padre.
Dovrò spiegargli una cosa, se vuole sopravvivere accanto a me.
Prima di tutto, però, esco dalla stanza delle riunioni andando direttamente sul Paddock che al momento è abbastanza affollato perché in tanti come noi stanno finendo le ultime cose e se ne stanno andando. Prima di andare nella mia stanza a raccogliere le mie cose e andare in albergo da Daniel, sto qua fuori col sole al tramonto che rende tutto più suggestivo. O lo farebbe se fossi dell’umore per ammirarlo, ma quando mai lo sono quando mi chiama mio padre?
Non so chi mi stia intorno, chi sta ascoltando e che succede.
Appena sento la sua voce, tutto sparisce ed il nervoso aumenta come di consueto.
La faccia mi si indurisce, sento i muscoli facciali tendersi, la bocca piegata all’ingiù è dura e si apre solo per parlargli ed è come se mi estraessero dei denti a freddo.
- Complimenti! - esordisce così, ironico. Alzo gli occhi al cielo.
- Vabbè, è solo una qualifica, la gara è domani! - cerco di rispondergli sforzandomi di non essere irritato o polemico perché so che è peggio.
- E a cosa ti serve correre domani se in qualifica hai fatto un anonima quinta posizione? Ormai sei sempre lì, eh? Ma ti sembra bene? Lo sai che la Red Bull punta su di te, pensi che Marko di proteggerà per sempre anche se continuerai a non dare risultati?
Lui non si risparmia, mi aspettavo questo discorso già la volta scorsa ma deve aver pensato che era la prima gara. Che clemenza. La volta scorsa ho fatto comunque il podio, ma lui si riferisce alle mie qualifiche. È lì che fai parte della gara.
Dò un colpo alla parete esterna vicino cui sono rimasto.
- Cosa posso fare? Tiro fuori il massimo dalla macchina, se non è ancora al livello di Ferrari e Mercedes io non faccio miracoli!
Mi è uscito il tono polemico e lui non aspettava altro. La sua voce si alza e penso che se c’è qualcuno qua vicino che capisce l’olandese, potrebbe sentirmi ma nemmeno me ne fotte.
Se fosse qui mi darebbe un pugno in testa. Anche se sono adulto, lo farebbe lo stesso.
- Leclerc ha fatto la Pole ed è alla sua seconda gara con la Ferrari. È arrivato lì l’anno scorso, in F1. Lo sai che c’è il tempo per ambientarsi e poi la Ferrari non è la Mercedes. Dovrebbe essere dello stesso livello di Red Bull, no? Ma lui ha fatto la pole. Charles Leclerc, Max. Ti ricordi chi è, vero? Il tuo peggiore incubo del karting. Pensi di dimostrargli che tanti anni più di lui in F1 siano stati buttati nel cesso? Quando la macchina non è abbastanza è sempre il pilota a fare la differenza. Quante volte te l’ho detto che non puoi basarti solo sulla macchina? Sei tu che devi far vedere che meriti più di chiunque altro. Per ora non lo stai dimostrando!
Non commento che Pierre ha fatto una tredicesima posizione perché replicherebbe che è normale che i nuovi arrivi ci mettano un po’ ad abituarsi alle macchine nuove, specie se tanto diverse da quelle di prima. Per giunta anche lui è in F1 dall’anno scorso. Ha delle scusanti.
Il fatto che Charles, che ha proprio queste scusanti, sia in Pole, lo manda più fuori di testa di quanto non mandi me.
Io ero stupidamente felice.
Ma forse mi serviva questo, no? Il suo solito calcio in culo cattivo per ricordarmi come si fa a vincere, per cosa sono nato e che diavolo ci faccio in un cazzo di circuito invece che a casa a fare altro.
- Hai ragione, devo svegliarmi o mi lascerà indietro. Sono pronto, lo sanno tutti che lo sono.
- E tu Max? Tu lo sai che sei pronto? - mi chiede arrogante e provocatorio.
Con la sua stessa durezza che maschera un nodo in gola che mi sta serrando le vie aeree e mi fa mancare l’aria, rispondo alzando la testa. Fisso il paddock, la gente che si muove ancora trasparente, li trapasso come se davanti a me non ci fossero motorhome, garage e persone.
- Sì, lo sono.
- Vedremo.
Quando lo dice, chiude la conversazione ed io alzo gli occhi al cielo imprecando in olandese a denti stretti, poi mi giro per dare un calcio alla parete d’acciaio che circonda l’ingresso al motorhome e mi fermo perché proprio lì sulla porta c’è Pierre con aria dispiaciuta. Così limpida e cristallina, come me si capisce subito cosa pensa.
Ha sentito e capito, per quanto possibile visto che parlavamo nella nostra lingua.
Ma penso che per capire che stavo litigando non ci vuole molto.
- Non volevo sentire, mi spiace. Volevo uscire ma sentivo che parlavi proprio qua davanti e non volevo passare, ma... scusa, alla fine ho capito solo che stavi litigando con tuo padre. Non capisco l’olandese.
Per essere uno imbarazzato e mortificato parla troppo, invece che scappare a gambe levate come farebbero tutti. So che faccia ho quando parlo con lui.
Spaventosa.
Scuoto la testa ed alzo le spalle fingendo che non me ne freghi un cazzo.
- Non fa niente, con lui è sempre così.
- Era tuo padre, no?
C’era la sua foto quando mi chiamava oltre che ‘papà’ in olandese, ovvero ‘paus’.
- Non andiamo d’accordo, anche se a volte ci tolleriamo e forse è anche utile a modo suo. Dopotutto se non era per lui non sarei qua.
Ma mi rendo conto, mentre lo dico amaro con un terribile sorriso in faccia, che sto convincendo me stesso.
Pierre fa ancora un’espressione dispiaciuta e sto per reagire male perché non voglio la pietà di nessuno, ma la sua mano che finisce sulla mia schiena mi sembra veramente sincera. Come se avesse capito fin troppo nonostante la lingua sconosciuta.
Sono così leggibile, eh?
Beh, ma lo so di esserlo.
Spontaneo, aperto. Troppo.
Fa poi un cenno con un sorriso incoraggiante.
- Andiamo a mangiare insieme, ti va?
Inarco sorpreso un sopracciglio a questo invito e per un momento penso di accettare solo per fare una bella sorpresa di merda a Charles e rovinargli la sera prima della sua grande gara da pole-man, ma il messaggio di Daniel mi arriva proprio in questo momento.
‘Ti sei perso? Mangiamo insieme?’ All’idea di occuparmi di lui sento qualcosa che non so decifrare.
Quando sono così incazzato per mio padre è il solo che mi aiuta a rilassarmi, sicuramente mi farà bene stare con lui stasera. Oltretutto era già nei miei piani e finché non ci lasciamo, che tanto succederà prima o poi, siamo comunque noi la coppia.
Perciò sospiro e scuoto la testa.
- Sebbene io sia veramente tentato di rovinare la serata del nostro eroe, ho comunque un impegno. Ceno con Daniel. - a lui lo posso dire apertamente e penso sia bello avere qualche complice in gamba che non mi disapprova severamente dall’alto del suo piedistallo del cazzo.
Pierre ride capendo che parlavo di Charles e prima di sparire nella sua stanza a prendere le proprie cose nel nostro motorhome, replica: - Se cambi idea sei il benvenuto! Il signorino sa comportarsi bene, se vuole!
Il modo in cui ne parla mi fa ridere anche quando poi sono solo in stanza, mentre lo faccio sospiro scuotendo la testa.
Pierre è il mio collegamento indiretto con Charles. Non so come prendere la cosa, ma è un fatto e pensandoci mi sento stranamente elettrizzato. Sicuramente meglio di prima che parlavo al telefono con quello stronzo. Stasera parleranno di me, spero non gli dica quanto è patetica la mia vita privata. Non voglio la pietà di nessuno, specie la sua.
Stasera va molto meglio, finalmente.
Daniel sembra essere più sereno, non certo per il risultato in qualifica visto che è undicesimo, ma per tutta la settimana è stato teso e faticava a sorridere. Stasera mi sembra meglio o forse vuole solo scacciare ogni pensiero legato alla F1 e alla Renault e rilassarsi approfittando di me.
O, forse, quando gli ho proposto cena in camera ha capito da solo che avevo sentito mio padre.
- Hai sentito tuo padre, eh? - fa lui andando sul sicuro.
Scoppio a ridere forse per allentare o allontanare la mia tensione e a questo punto rimandiamo la cena per occuparci di noi.
Ognuno lecca le ferite all’altro e mentre mi ricopre col suo corpo atletico, io lo stringo a me come se cercassi più contatto, come se avessi più bisogno. E credo sia così, anche se è strano, questa volta.
Daniel comunque riesce ad eccitarsi, gli viene duro e prima di perdere l’entusiasmo lo faccio entrare stringendogli le gambe intorno ai fianchi.
Continuo a tenerlo premuto su di me alla ricerca di qualcosa. Forse di quello che c’era all’inizio e che mi aveva fatto perdere la testa.
Chiudo gli occhi e lascio che si soddisfi completamente senza cercare di accelerare lasciando vagare la mente o la mano su stimoli vari. Daniel dopo un po’ prende trasporto e lo sento che si ingrandisce dentro di me, spinta dopo spinta. La sua voce riempie l’aria e sono contento che riesca a venire.
Totalmente concentrato su di lui per la prima volta da quando stiamo insieme, non mi rendo conto che invece non sono venuto.
Vengo sempre prima di lui o con lui.
Daniel ansimante si abbandona dopo l’orgasmo, mi crolla addosso e gli ci vuole un po’ per riprendersi e solo quando realizza che sono asciutto, si solleva sulle braccia e mi guarda stupito e preoccupato. Maledizione, non volevo che si preoccupasse. Ho faticato a farlo stare bene, per una volta mi sono impegnato solo su di lui senza pensare a me.
- Non vieni? - sta per riprendere a muoversi, ma appena lo fa, esce spontaneamente senza volerlo perché ormai è ovviamente moscio. Io ridacchio e stringo le braccio intorno al suo collo, baciandogli la bocca.
- Non importa, per una volta non è un dramma!
Lui si lascia sistemare col viso contro il mio collo e si stende meglio allungando le gambe. Lo sento che non è convinto, ma continuo a carezzargli la schiena e la nuca, mentre gli bacio la tempia e la fronte con una dolcezza che non ho mai avuto.
Nessuno dice nulla, per la prima volta fra noi si crea un silenzio che è più rumoroso di qualsiasi discorso.
Entrambi pensiamo alla stessa cosa, lo sappiamo e non serve dirlo. Non ne parleremo, ma sappiamo comunque.
Mi sono sempre detto che finché il sesso era fantastico, sarei stato con lui e non importava niente altro. Che non ero pronto a lasciarlo e rinunciare a lui, a come mi faceva stare bene e ai nostri orgasmi e alle risate.
Ma è la prima volta o forse da un po’, in realtà, che le nostre risate insieme non sono più tanto convincenti e vere ed è sicuramente la prima volta che non vengo, mentre la volta scorsa era lui a non essere venuto.
Per tutta la settimana fino ad ora non ci siamo cercati, pensando entrambi ad altre cose, altri impegni, altre scuse.
Sapevo che avrei capito quando sarebbe arrivato il momento, e mi sa che il momento è arrivato.
Solo, non voglio farlo soffrire, ma non lo guardo proprio perché so che non vedrei serenità e felicità nel suo viso, ora.
Anche se il sesso è andato meglio e siamo stati bene insieme, so che non sarebbe come una volta. Penso che anche lui, finalmente, se ne sia reso conto e l’abbia ammesso con sé stesso.
Perciò non ne parliamo, ora, ma sappiamo perfettamente che dovremo farlo, prima o poi.”
Notes:
La presenza di Pierre nella vita di Max in questo momento ha un motivo ben preciso ed è facilmente intuibile, come infatti Max stesso si rende conto, Pierre è il suo collegamento indiretto con Charles. Lentamente in lui si radicano istinti e sensazioni legate a Charles, mentre contemporaneamente le cose con Daniel arrivano alla loro naturale conclusione (naturale in quanto questa è una fic lestappen e nessuna orgia sarà scritta, né threesome o foursome!). I riferimenti specifici alle gare sono reali, quella gara Charles fece veramente pole con tanto di record annesso. Grazie a chi segue e legge la fic. Scusate se ogni tanto ritardo nella pubblicazione, ma è colpa del lavoro (sempre detto che fa male alla vita). Alla prossima. Baci Akane
Chapter 22: Gare
Notes:
(See the end of the chapter for notes.)
Chapter Text
21. GARE
/Charles/
“Solo quando Seb e Lewis si complimentano con me, sorpresi e contenti, mi rendo conto di cosa è successo e appena lo realizzo un’ondata di felicità mi invade.
Nella mia seconda gara in Ferrari ho ottenuto la Pole.
Sopra a Sebastian Vettel e Lewis Hamilton.
Ho sempre saputo quali erano le mie ambizioni, i miei sogni erano sempre ben chiari e non ho mai avuto dubbi su cosa avrei fatto.
So anche che ho le possibilità di riuscirci, credo in me stesso e nelle mie doti. Sono oltretutto ben motivato grazie a mio padre e a Jules.
Ma quel che vivo ora è una cosa ben diversa. È come una rivelazione che mi colpisce in piena faccia e mi lascia piacevolmente stordito.
Voglio stare qua fra loro perché questo è il mio posto.
Questo DEVE essere il mio posto.
Sono tutti e due molto contenti per me e mi fa ovviamente piacere, sono contento anche io, ma qua mentre faccio le foto in mezzo a loro dopo che mi hanno tutti e due stretto le spalle con orgoglio, io ho la certezza che voglio lasciare il segno nella F1 così come lo stanno lasciando loro. Voglio fare la mia storia come l’hanno fatta e la continuano a fare loro.
Il senso di esaltazione che mi prende mi fa di nuovo sentire vivo come mi ero sentito la settimana scorsa a Melbourne e capisco che anche se al di fuori della F1 non ho niente, al momento, che mi faccia sentire così felice e su di giri, quel che conta è che qua dentro invece ci sia.
Non ha importanza che cosa sembro o cosa dovrei fare, importa solo che quando corro io sono felice, lentamente il resto verrà.
Cercherò di non pensarci molto, di non farmi ossessionare e se mi capiterà di nuovo qualcosa che mi farà perdere la testa e andare fuori dalle righe, magari facendomi fare qualcosa di cui poi mi pento, pazienza. Reagirò in quel momento, prima o poi mi abituerò.
Continuerò col mio percorso personale alla ricerca di quel qualcos’altro al di fuori delle gare in grado di emozionarmi e farmi sentire vivo. Vivo e sveglio. Ma sicuramente senza pensarci troppo.
Mi rendo subito conto che non vincerò e nonostante io sia un fanatico delle vittorie, specie quando faccio quasi tutta la gara in testa, sono comunque straordinariamente realista.
Appena il motore perde potenza e capisco che non è passeggero e che non si può fare niente nell’immediato per rimediare, lo accetto in un battito di ciglia perché rimuginarci su mentre corro mi costerebbe la gara intera. Uscire per una stronzata è un attimo, in F1.
Non ho scelta che farmi da parte per far passare Lewis che mi era dietro e successivamente anche Bottas.
Cerco di mantenere la terza posizione, ma quando mi dicono dell’avvicinamento di Max mi sale su il nervoso.
E no, eh! Non mi supererai tu!
Vada per le Mercedes, anche Seb ad un certo punto se fosse stato il caso, ma tu no, Max!
Mentre ero preda della mia lucida realistica realizzazione sul fatto che non avrei vinto nonostante l’avessi letteralmente annusata per tutta la gara, improvvisamente mi sveglio di nuovo ed uno scatto d’orgoglio, rabbia e fuoco mi invade come un’onda potente.
Tutti ma non Max!
Immerso nella velocità della gara, anche se hai la prontezza di comprendere cosa succede e lo accetti per il tuo bene, non lo realizzi seriamente nel senso che lo vivrai realmente solo quando ti fermerai e scenderai dalla macchina. Perciò sul momento corri e cerchi solo di prendere il meglio che puoi da una situazione che sai è una merda.
So che appena mi fermerò vivrò la mia delusione, la mia rabbia e chissà cos’altro. Perché mi conosco e perdere quando sto per vincere mi urta nel profondo. È forse la cosa peggiore in assoluto, per me, perché sono competitivo e vivo per le corse e le vittorie. Toglimi questo o rovinamelo, divento un miscuglio di sentimenti negativi devastanti e potenti, ma finché corro non li posso vivere. Non posso sentire. È come se corressi via anche da quel che provo, le mie delusioni, i miei shock, le mie emozioni. Tutto ciò che non mi piace provare. Corro e scappo da tutto, a volte me stesso.
Perciò ero così fino a quando non ho capito che Max poteva superarmi, macinava chilometri e si avvicinava sempre più. Lo stronzo mi aveva puntato ed in quel momento è stata l’ennesima scossa provocata da lui.
I sentimenti da cui scappavo e che avevo messo in ghiaccio per viverli eventualmente solo dopo, a fine corsa, sono arrivati tutti in una volta e mi hanno investito malamente.
Rabbia, foga, negazione e orgoglio.
Tu, dannato, non mi prenderai.
Questo stramaledetto podio è mio.
Quando finalmente la gara finisce con me in terza posizione mantenuta con unghie, denti ed un po’ di fortuna, mi sento per un momento sollevato dal non essermi fatto passare da quello stronzo che non meritava di sicuro più di me oggi.
Per un istante c’è solo questo ed è sorprendente perché è quasi una bella sensazione. Quasi.
Finché Lewis non mi stringe la spalla consolandomi con un’inattesa delicatezza. I miei occhi attraverso la visiera incrociano i suoi liberi dal casco e leggo sincero dispiacere.
I campioni sono tali perché hanno sete di vittorie, per loro non è mai abbastanza, anche se ne hanno vinte mille, ne vogliono sempre un’altra. Perciò questo che leggo nei suoi occhi neri è esattamente quello che è.
Dispiacere non per la sua vittoria, ma per la mia mancata.
Capisco precisamente il tipo di sentimento che prova e capisco che è sincero, sorride incoraggiante e dice che la prossima volta andrà meglio, di non pensarci troppo perché sono stato straordinario.
Per un momento rimango stordito da questo. Sono ancora preda del mio scatto d’orgoglio nei confronti di Max che per lo meno non mi ha superato, come se fosse l’unica consolazione di oggi, ma a dar man forte a Lewis, una volta che mi tolgo casco e sottocasco, è Seb che con ancora il suo armamentario addosso, la prima cosa che fa appena scende dalla macchina è cercarmi e consolarmi.
Mi mette la mano sulla guancia con fare paterno ed una dolcezza straordinaria, a questo punto è come se mi desse il colpo di grazia.
Fino a questo momento c’era ancora l’adrenalina della gara e lo stordimento tipico, la sensazione di star ancora correndo e forse in certi casi anche scappando. La velocità era ancora dentro di me, ma ora con la mano di Lewis prima e di Seb poi, tutto si ferma di colpo ed è come se tramite i loro tocchi, mi consegnassero la realtà della mia situazione.
Stavo per vincere la mia prima gara in F1 e in Ferrari, e l’ho persa.
La delusione ed il bruciore mi investe tutto in una volta, inaspettatamente e come non volevo, nonostante in questo momento mi sento il figlio di una coppia di grandi campioni.
Penso di essere invidiato da molti, adesso, se non altro da Pierre.
È una merda e grazie a loro lo realizzo meglio, preferivo rimanere nel mio mondo sospeso nella velocità che mi impedisce di pensare, provare e capire.
Fermarmi è proprio una merda, ma penso che anche questo faccia parte del pacchetto ‘essere vivi’.
Anche la delusione è un’emozione con cui devo fare i conti e che devo imparare a sopportare senza farmici mangiare. Non è il male, ma solo una delle parti dell’esistenza di ognuno, qualcosa che spesso ti fa crescere più delle belle cose.
Mentre si procede con le solite cose da fine gara come le interviste in pista ai primi tre, nella quale Lewis mi stringe teneramente a sé cercando di tirarmi su, capisco da come insiste a consolarmi che forse da fuori ho l’aria di uno ancor più depresso e deluso di quanto io non mi senta realmente da qua dentro.
Perché? Perché non riesco a far vedere da fuori come sto? Perché la mia faccia è bloccata?
Mentre Lewis scherza con me con l’intervistatore, finisco per ricambiare il braccio intorno a lui, solitamente evito di farlo perché non adoro i contatti fisici con chiunque, ma con lui mi viene da farlo e forse è solo per dimostrare a me stesso e al mondo che riesco anche ad avere espressioni e reazioni normali, di qualunque tipo, ma che ci sono.
Sorrido con lui e spero veramente di far capire che sto bene, che non sono fatto di vetro, non sono fragile come credo di sembrare, visto come mi trattano tutti e che fanno a gara a tranquillizzarmi e tirarmi su.
Ubriaco di queste sensazioni e stupito dello sforzo immane che faccio volontariamente per far vedere di me ciò che voglio si veda, serenità e non della stupida scontentezza infantile, mi chiedo se il mondo se la beva.
- MA SEI STATO ADOTTATO DA LORO E NON ME L’HAI DETTO?
La voce di Pierre questa volta supera moltissimi decibel e mi devo tappare l’orecchio in cui ha strillato per non diventare sordo, successivamente cerco di non subire un infortunio sulla spalla visto che mi si è appeso addosso e mi ha strattonato. Mi ha fatto un agguato mentre mi spostavo verso la cooldown room e invece di farmi salire le scale con loro, mi ha letteralmente placcato per strillarmi all’orecchio le sue isterie.
Sapevo che mi avrebbe detto una cosa simile e finisco per ridacchiare.
- Sì, adesso li chiamo mamma e papà. - rispondo prontamente, a questo punto mi lascia ed ha un guizzo che so gli farà uscire qualche stronzata.
- Mamma Lewis e Papà Seb! Non sai quanto ti invidio... - fa infatti mentre mi accingo a salire le scale da cui per poco non sono caduto per colpa sua. Scuoto la testa con ancora il sorriso divertito stampato. Sto meglio grazie a loro e questo scemo qua.
Lo scemo però prima di farmi sparire al piano di sopra, si affaccia da sotto e strilla: - CHIEDIGLI SE VOGLIONO ADOTTARNE UN ALTRO!
Chiudo gli occhi e mi fermo prima di fare il mio ingresso con Lewis e Bottas che sono già seduti nelle loro sedie nella fresca cooldown room, scuoto la testa, faccio un altro risolino e poi riprendo la mia compostezza. Sia mai che si veda troppo di me.
La mia pole in Austria mi riporta con la mente inevitabilmente all’altra che ho fatto questa stagione, in Bahrein, che però non è andata bene ma non per colpa mia o di qualcun altro, solo della macchina.
Oggi scarico il tempo migliore, ma quel che mi rende assurdamente euforico non è il secondo che partirà accanto a me domani, cioè Lewis, ma bensì è il terzo.
Max partirà letteralmente dietro al mio culo, domani, e la cosa mi trasmette un’irragionevole e sconveniente eccitazione.
Eccola qua, la sensazione che temevo da mesi e alla quale tentavo di prepararmi per non perdere la testa facendo stronzate.
Con stronzate intendo cose di cui poi potrei pentirmi, perché da quando ho realizzato queste mie tendenze sessuali che una parte di me vuole vivere come non ha mai potuto fare, se mi eccito troppo per qualcosa o perdo la testa, mi parte letteralmente l’ormone ed andrebbe bene se tale ormone mi spingesse fra le braccia di Giada, che non sempre mi accompagna nei GP ma spesso c’è.
Purtroppo, però, mi spinge fra le braccia delle persone sbagliate.
Ragazzi. E non ragazzi in generale.
Pierre o Max. Ma con Max sono sempre frenato dal fatto che lo odio e mi irrita, perciò sono abbastanza sereno. So che anche se dovessi ritrovarmi come a Singapore in una delle mie rare predisposizioni nei suoi confronti e fantasticare sessualmente su di lui, sicuramente appena aprirebbe bocca saprebbe farmi rinsavire.
Quel che temo quando sono in questi stati è Pierre perché credo che anche lui sia combattuto fra l’attrazione e l’amicizia nei miei confronti, perciò le nostre situazioni non sono facili, ma so cosa devo fare. Adesso lo so perché memore delle volte precedenti, so che quando mi eccito così per qualcosa che mi capita inerente alla F1, basta evitare Pierre come la peste.
Lo eviterò e tutto andrà bene. Con Max basterà sentirlo parlare e so che tutto tornerà nella mia confortevole normalità e non farò cose irreparabili.
Ci stringiamo la mano, ma mi parte pure un dannatissimo occhiolino e credo pure di essere malizioso mentre lo faccio. Non ho una grandissima consapevolezza delle mie espressioni perché ho imparato che mentre mi sento in un certo modo e penso di fare determinate facce, da fuori poi appaio sempre diversamente.
Ma so che gli ho fatto l’occhiolino e so che sto facendo un sorrisino tremendamente fuori luogo, come se fossi contento.
Dannazione Charles, non appartarti con lui. Non finire da solo con lui. Attaccati a Lewis. Mamma saprà aiutarmi!
Oddio che sto dicendo?
Il lato di Pierre che sta in me, il lato folle e fuori dalle righe, esce nella mia testa. Per fortuna solo nella mia testa, ma è esattamente quel genere di cosa di cui avevo paura.
Perché, perché sono così su di giri?
Per una pole? L’ho già fatta alla mia seconda gara in Ferrari, qualche mese fa.
Torna in te, Charles!
- Finalmente torniamo a lottare direttamente uno contro l’altro, eh? Come ai vecchi tempi!
Eh appunto, l’altra volta lui non era dietro alle mie chiappe, né accanto. Ecco la differenza.
Max è eccitato esattamente quanto me, me ne rendo conto in questa frazione di secondo che mi stringe forte la mano. Mi trasmette una scarica che mi ricorda quella fantasia erotica che ho avuto a Singapore, fra l’altro io e lui non ci parliamo sul serio da quella volta, penso. Ci siamo incontrati in una press quest’anno ma so che ci siamo quasi ignorati, abbiamo avuto un breve scambio del tutto regolare e poi credo d’averlo visto in qualche parata piloti e potrei aver scambiato qualche frase insieme agli altri, ma questo non è parlarci veramente.
Stavo bene, benissimo. Ero equilibrato ed in controllo, poi arriva la mia pole seguita da lui che mi partirà appresso ed un vaso ben chiuso viene riaperto.
La verità è che siamo entrambi straordinariamente felici della stessa cosa, è inutile negarlo.
Io e lui uno contro l’altro come ai tempi del karting, come non fossero passati anni in mezzo. Una partenza simile è un po’ diversa dalle altre in cui eravamo magari vicini in griglia, ci sono state gare in cui abbiamo avuto momenti di lotta, ma domani è diverso.
Davanti a me non ho nessuno, lui ha me. Gli sto davanti e sopra.
Cioè davanti. Solo davanti. Non sopra.
È bello, non pensavo potesse piacermi così tanto e sento la mia voce rispondere autonomamente senza che il mio cervello si sia riconnesso.
- Era ora! Mi ricordo ancora che ti devo restituire una o due!
Charles ma che cazzo dici, sei impazzito? Non so nemmeno che espressione io penso di fare nella realtà, ma Max ride e poco dopo lo faccio anche io. Beh, ridere forse è una parola grossa. Sorrido. Sorrido divertito, ecco. O per lo meno mi sento così.
- Vedremo chi dà la lezione a chi! - ribatte lui sempre allegramente, improvvisamente scendiamo sullo stesso livello infantile e siamo contenti sia di questa posizione che di gareggiare domani insieme.
Continuiamo a parlare in modo normale della qualifica smettendo di dire cavolate da bambini, mentre Lewis risponde alle sue domande di rito in pista post qualifica, e penso sia bello, questo momento fra noi.
Lui è sempre un libro aperto, si capisce cosa pensa e prova. È eccitato e contento all’idea di combattere contro di me domani, io da un lato so che è rischioso, dall’altro so che non è una vera vittoria, per me, se non la faccio dopo averlo superato o tenuto dietro in una lotta strenue e alla pari. Con alla pari intendo partire dalla stessa fila o vicini. Non avrebbe la stessa valenza per me vincere se lui fosse indietro in griglia.
Se domani ci riesco, e sottolineo SE visto che accanto mi sta Lewis e che l’ultima volta che ho avuto l’occasione di vincere è andata in vacca per colpa della macchina, sarà fottutamente soddisfacente perché l’avrò fatto sicuramente dopo una dura lotta con questo stronzo eccitante su cui sto ancora fantasticando ad occhi aperti ed in diretta mentre ci parlo.
Meno male che non riesco a dimostrare ciò che provo. A volte i difetti sono i pregi migliori!
Dopo quella bella dose di spacconeria, abbiamo anche la press post qualifica, perciò prima di riuscire a ‘liberarmi’ di lui devo subire almeno un’altra mezz’ora di sua vicinanza. Mi sta proprio accanto perché sono io il poleman e sto in mezzo a Max e Lewis. Prima in foto mi sono appiccicato alla mamma e Max non l’ho nemmeno sfiorato, ma anche se non sono in condizioni pietose e pericolose lì sotto, insomma, non è che voglio saltargli addosso come un arrapato maniaco fuori di testa, mi dà un senso di soffocamento stargli troppo vicino.
Per fortuna durante la press lentamente tutto torna ad una buona normalità. Non ho più il bisogno di toccarlo in modo frenetico che prima a stento ho frenato. Nessun occhiolino o battuta strana poco da me.
Diciamo che in realtà quello stato allucinato è durato poco, ma è stato decisamente scaturito da Max. La mia fortuna è stata di non essere solo con lui, ero all’aperto davanti ad un sacco di gente e con le telecamere a riprenderci. Poi tutto quel che abbiamo fatto è stato con Lewis. Penso che mi ci sarei appiccicato anche se avesse osato andare al bagno da solo e piantarmi là con Max.
Fra l’altro contavo che se mi fosse ripartito l’ormone con lui l’avrei gestito grazie al fatto che lo detesto, ma oggi è stato piacevole ed accettabile. Non si è mai fatto odiare!
Alla fine è andata bene, ma mi chiedo che combinerò domani se dovesse andare come spero.
Se dovessi vincere dopo una strenue lotta con lui vinta dal sottoscritto, saprei stare al mio posto?
Prima di lasciare il circuito mi faccio una doccia fredda shoccante in Motorhome, non che faccia veramente un caldo da soffocare, specie perché venivo dalla sala conferenza che è condizionata, perciò non ero in acqua, ma essendo stato con Max tutto il tempo avevo bisogno di una rinfrescata. Dopo di questo mi cambio e faccio per dirigermi da solo verso l’hotel dove ho mandato avanti Andrea e Joris, e solo quando arrivo al parcheggio di piloti e staff, dopo aver cercato mezz’ora la chiave della macchina assegnatami per questa settimana di gara, realizzo che a mancare non è solo quella, ma anche la macchina stessa.
Allora un fulmine mi illumina il cervello ottenebrato dai miei fottuti ormoni e battendomi la fronte con la mano, mi insulto ad alta voce in francese.
- Che idiota! Li ho mandati avanti con la macchina dicendo che avrei trovato un passaggio! Ma che imbecille!
Sto ancora fustigandomi prima di capire come fare per tornare in hotel, se tornare indietro a cercare qualcuno oppure se chiamare un taxi, quando una voce ilare, graffiante e familiare, mi fa attraversare tutta la spina dorsale di brividi. Quelli che avevo appena scacciato con la doccia fredda.
- Hai perso la macchina? - Max mi arriva alle spalle facendo girare la chiave nel suo indice mentre punta una delle macchine rimaste.
Spero di mantenere una faccia decente perché dentro di me mi sento inorridito dalla mia sfiga, solo che da fuori potrei sembrare inorridito da lui e so che non è carino.
- Avevo dimenticato di aver mandato avanti Andrea e Joris... - mormoro scontento, già mi pregusto con terrore il suo passaggio in hotel. Che cazzo faccio? Non sapevo quanto tempo avrei perso in circuito fra le varie cose che abbiamo dovuto fare, ma avrei dovuto farli andare via con qualcun altro. Noto infatti che Max è da solo ma non è privo di macchina, non lo dirò mai nemmeno sotto tortura, ma è stato più intelligente di me!
- Che succede? - la vocina gentile di Lewis ci arriva alle spalle e quando vedo che c’è anche lui con la sua fedele personal trainer Angela, mi illumino d’immenso dentro di me.
La mia salvezza! Mi darà lui il passaggio! Finire in macchina con Max manderebbe a puttane la mia doccia fredda.
- Non è abituato alle prime tre posizioni in qualifica che il sabato ti fanno perdere più tempo del solito... - il riassunto di Max è maledettamente derisorio e fastidioso e gli lancio un’occhiata inceneritrice che so per certo è decisamente chiara.
Ti odio, Max Verstappen, e non credere di essermi superiore solo perché sei più abituato di me a certe cose!
- Non dire stronzate, le 2 gare precedenti ero terzo in qualifica, non sono mai rimasto a piedi. Questa volta ci siamo capiti male con Andrea e Joris! Punto!
Il fatto che lo specifico con voce piccata mi fa sentire come un idiota che si scava la fossa, perché mentre io sono seriamente scocciato e offeso da come mi considera un bambino stupido, lui ride di me credendo che scherzo o ritenendomi divertente.
Fottiti! Se vuoi te lo dico facendoti capire che invece sono seccato.
Odio essere deriso in generale. Sono permaloso, e che cazzo!
Da te, poi, non ne parliamo!
Lewis fa un sorrisino di circostanza mentre Angela carica la loro roba in macchina e la apre.
- Vuoi un passaggio? Siamo tutti nello stesso albergo. - e proprio come speravo, Lewis fa la mamma e mi salva la vita. Mi aggrappo emotivamente a lui illuminandomi con occhi carichi di speranza ed annuisco frenetico.
- Magari, mi salveresti la vita!
Lewis ride, ma non in modo derisorio, in ogni caso non mi dà fastidio come Max che continua a farlo mentre apre la sua auto. Vedo che non ha nemmeno fatto finta di proporsi per il passaggio.
Ti sei ben pentito di aver tentato di baciarmi quella sera, eh?
Meglio per me!
Sicuramente anche i miei ormoni staranno meglio, da ora in poi.
- Sicuro che non ti secca? - dico con gentilezza e per pura forma; ti costringerei a farlo lo stesso, cara mamma.
Seguo Lewis alla macchina e con un gesto della mano mi tranquillizza sminuendo la cosa.
- Non preoccuparti, sono cose che succedono. Sei stato gentile a lasciare la tua macchina a loro.
Per me era assolutamente normale, loro sono come i miei due guardiani, non mi separerei mai da loro.
Ripensandoci sono pieno di genitori adottivi, mentre salgo sulla sua macchina nel sedile posteriore, noto che Lewis va davanti ma nel lato del passeggero lasciando invece guidare Angela. La cosa mi stupisce, ma so perfettamente controllarmi perciò non glielo chiedo sfacciatamente.
Lui però pare leggermi nel pensiero e ridendo mi spiega: - Non guido quasi mai al di fuori dei circuiti. È una cosa che odio molto! Seb mi prende in giro dicendo che sono una principessa!
Finisce ridendo allegramente in quel suo modo coinvolgente, ma appena ha citato Seb si è illuminato in modo davvero evidente. Oltre che inserirlo casualmente in quasi ogni dialogo. Dio, come si vede che stanno insieme!
Ok, Pierre esci dalla mia testa!
Alla fine rido anche io, ma Lewis non se la prende e prima di dire di partire, saluta Max abbassando il finestrino; solo appena lo fa mi ricordo di lui e girandomi gli faccio un gelido cenno col capo. Lui mi stava proprio fissando, i suoi occhi si puntano sui miei a distanza di pochi metri. Li vedo bene anche se il sole è ormai sceso e c’è penombra nel parcheggio poco illuminato.
Mi guarda e fa un sorrisino divertito.
Che cazzo ti ridi, stronzo? Ti odio e si vede!
Tu però la proposta potevi farmela. L’avrei rifiutata, ma il gesto sarebbe stato carino, ma figurati.
Sì, bravo, e se te la faceva e Lewis non si proponeva? Non eri costretto ad andare con lui?
Beh, tanto è andata bene e comunque il fatto che è stato maleducato resta.
Fanculo Max! Domani ti batto!
Che poi... posso anche riuscire a controllarmi e gestirmi nei momenti in cui parto e non fare stronzate, come è successo prima in pista, ma il problema di base rimane.
Finché non calmerò l’ormone soddisfacendolo, sarò una bomba ad orologeria. Non posso arraparmi con ogni scusa idiota! Dovrò trovare una cazzo di soluzione!”
Notes:
le gare di cui parlo sono andate così come ho scritto, ma chiaramente i retroscena li ho inventati, specie quelli di quando Charles rimane a piedi. Non penso che possa succedere ed in caso so che dopo le qualifiche e le press ci sono anche briefing e si troverebbe facilmente un passaggio, ma era ovvio che quella scena dovesse andare così. So che Lewis ha sempre una guardia del corpo con sé ma a quelle ore potrebbe non esserci, so anche che non si separava mai da Angela, l'unica di cui si fidasse ciecamente, e sarebbe plausibile la scena che mi sono inventata perché spesso l'ho visto muoversi esclusivamente con lei. Comunque che lui non guida le auto al di fuori delle monoposto nelle piste è vero, salvo qualche eccezione lui detesta guidare e si fa sempre portare. Ricordo la gara in cui Charles era rimasto in testa per tutto il tempo, ma poi aveva dovuto abdicare per problemi alla macchina e ricordo che poi Lewis e Seb se lo sono coccolato un sacco. Ricordo anche che ero rimasta colpita dall'aspetto di questo giovane principe triste. Le foto che ho messo nel banner dervano tutte dalle gare di cui ho parlato. Alla prossima. Baci Akane
Chapter 23: Conta solo farlo
Notes:
(See the end of the chapter for notes.)
Chapter Text
22. CONTA SOLO FARLO
“Corsa. È così che si chiama. Altrimenti è meglio stare a casa.” - Max sulla sua lotta con Charles in Austria 2019
“[Max] Aveva fatto un tentativo nella stessa curva il giro prima, mi aveva lasciato spazio, nel secondo tentativo non mi è sembrato sportivo. (...) Dalla macchina mi è sembrato ingiusto ma adesso devo vedere le immagini da fuori.” - Charles sulla sua lotta con Max in Austria 2019
/Max/
“La sua bocca si piega con tale amarezza e schifo che per un momento penso si metta a vomitare.
Cazzo, quanto è espressivo Charles quanto si tratta di me!
Mi capita di osservarlo spesso, anche se non lo faccio di proposito, e noto che quando sorride ha sempre lo stesso tipo di sorriso spento o di circostanza. A volte sembra bello e radioso, è quasi convincente, ma i suoi occhi hanno sempre quella luce triste e quando pensa di non essere notato, quando magari si isola, ha delle espressioni apertamente cupe e malinconiche.
Sono solo cose che mi trovo a notare per caso. Comunque a parte quando è isolato che è sempre serio e pensieroso oppure quando cerca di sorridere, per il resto la sua faccia resta molto pacata e mono-espressiva, fatica a dimostrare emozioni particolari. Dà l’idea di essere una persona tranquilla e timida, ma io lo conosco bene e so che non è così, in realtà.
In ogni caso quando il signorino si approccia a me, seppure non succede spesso, non ha il minimo controllo della sua faccia e sfodera sempre espressioni amare, acide o cariche di odio e fa capire enormemente cosa pensa.
Tranne prima. In pista, appena finite le qualifiche, quando abbiamo avuto quello scambio infantile divertito lui era contento, gliel’ho letto negli occhi anche se avevano la solita luce spenta in fondo, ma lui sorrideva, era eccitato e contento. Ha fatto quella battuta che non mi aspettavo e volevo solo che quell’istante durasse di più.
Una scarica elettrica mi ha attraversato, proprio come quella volta a Singapore.
Penso che fosse su di giri e che abbia perso il controllo facendo così uscire per un momento quella parte di sé a cui io in qualche modo, anche se non razionalmente, piaccio; in quell’esatto istante si è visto quel suo profondo istinto che soffoca sempre perché mi detesta troppo e razionalmente non vuole assolutamente che io gli piaccia.
Ma se non vuole, che si fotta con la sua mano, visto che con Pierre ancora non ha il coraggio!
Represso del cazzo! Vediamo quanto andrai avanti così!
Per un momento avevo pensato di dargli io il passaggio e vedere se riuscivo a innescare quello che era partito prima in pista, quella voglia, quell’impulso, quell’eccitazione da parte di entrambi.
Eravamo contenti, fottutamente contenti di essere lì insieme, lui davanti io direttamente dietro al suo grazioso culo vergine.
Poteva essere divertente, ma che stia là dove vuole, che faccia quel diavolo che gli pare. Che si spari seghe, vada pure via col mio sogno erotico segretissimo e super nascosto.
Dannazione quei due insieme non va bene. Sono gli unici due su cui ho avuto fantasie da quando sto con Daniel. Vorrei proprio sapere perché mi devono torturare in questo modo. Maledetti bastardi!
Beh, non è colpa di nessuno, in realtà quello difettoso sono io. Mi piacciono le sfide, ma questo l’ho sempre saputo.
Uno è inarrivabile perché sì, Lewis ti dà sempre quell’idea; oltretutto Daniel sostiene che sta con Seb, ma siccome lui ha troppa fantasia e penso che ogni tanto faccia troppe feste, non gli do mai realmente retta.
L’altro è Charles e mi detesta, perciò anche se forse in certi momenti lo attraggo, resta comunque troppo razionale perché prevalentemente mi allontana. Ma sono sfide. Charles più che altro. Su Lewis non oserei.
Ma Charles potrebbe essere una sfida interessante: istigarlo fino a fargli perdere il suo famoso leggendario controllo, chissà se riuscirò mai a togliergli la scopa che ha infilata nel culo?
Mentre ci penso, accelero scrivendo a Daniel dicendo che sto arrivando e di ordinarmi la cena che consumeremo mentre trombiamo.
Lui mi manda una faccina che ride, ma non mi manda un selfie nudo come fa di solito per dirmi che mi aspetta pronto.
Mi sa che sarà un’altra di quelle volte che sarà difficile avere un orgasmo.
Dannazione, ma come siamo finiti così?
Pensandoci vado ancora più veloce consapevole che anche se mi fermano al massimo mi chiedono un autografo. Purtroppo arrivo troppo presto all’hotel poiché non era realmente lontano e frustrato sospiro alzando gli occhi in alto come se già fosse successo quel che sta per succedere, quel che ormai succede praticamente sempre.
Dopo interminabili minuti e svariate posizioni, impreco pesantemente in olandese e mi alzo dal letto rinunciando, pianto in asso Daniel che sospiro scuotendo il capo gettandosi steso.
Entro in bagno sbattendo la porta. Non arrabbiato con lui, più con me stesso.
- Dai Max, magari sei troppo preso dalla gara di domani... non pensarci, capita.
Mi dice da fuori la porta cercando di tranquillizzarmi per l’ennesimo cilecca.
Apro il rubinetto dell’acqua fredda e do un colpo al bordo del lavandino con rabbia.
Per me è così, ma per te qual è la scusa? Non si è drizzato decentemente nemmeno a te, mica solo a me!
Eravamo così mosci che stavo per aprire un porno sul telefono, ma avevo paura di finire per aprire qualche foto di Charles e Lewis senza rendermene conto.
Io ero eccitato, dannazione! Ero arrapato come una bestia, prima, che se eravamo in una situazione migliore ci provavo con Charles di nuovo. Se non l’ho fatto è solo perché eravamo sempre con qualcuno intorno.
Cazzo.
Eppure ora arrivato qua mi sono smontato ed era quasi un dovere. Di solito faccio così.
Trombo con Daniel. Prima alla sola idea mi eccitavo, magari ero incazzato per le mille cose storte della mia vita, ma poi mi bastava stare con lui e mi si alzava subito. Poi ho iniziato ad usarlo come alternativa alle fantasie sulle due maestà, ma funzionava. Funzionava bene.
Ero eccitato per loro, specie Charles, e mi buttavo su di lui e andava alla grande.
Mi infilo sotto il getto freddo e trovo sollievo invece che shock.
Non è normale. Non doveva andare così.
Non doveva deteriorarsi a questo punto.
Quando ho finito per non eccitarmi più?
E comunque non sono solo io. Se ero solo io bastava farmi scopare, lui si soddisfava e si andava avanti. Ma nemmeno lui riesce più a venire.
Chiudo il rubinetto dopo la doccia lampo e rimango fermo con la mano sul rubinetto. Le gocce dal manico cadono sul piatto della doccia ai miei piedi, nella pozzanghera che sta scendendo nello scarico. Quelle sul mio corpo corrono solleticandomi, alcune si staccano dal mento e dai capelli.
Gli occhi fissi sulle piastrelle che rivestono una parte del box, è come se trapassassi il muro per andare nella camera accanto che potrebbe benissimo essere di Charles, per quel che ne so. Ma non lo so realmente.
È solo che fantastico così, a volte, e mi si drizza.
Mi guardo in basso. Funzionerebbe se insistessi su questa fantasia, ma poi all’idea di andare di là da Daniel sono sicuro che finirebbe lì.
Non è che sto male con lui, sto sempre benissimo. Ridiamo insieme, scherziamo un sacco e parliamo di tutto.
È davvero la persona in assoluto con cui sto meglio. Ma sessualmente non c’è più niente, non c’è quello che c’era. Non so perché.
È semplicemente andata così. Non essendoci mai stato del sentimento romantico, la cosa non si è evoluta in quel senso e dopo la passione iniziale, una volta subentrata l’abitudine, il desiderio non è bastato. Anzi. È svanito.
Penso che lui senta questo. Non so se prova lo stesso, forse sì, o forse sente solo che io sono diverso, che mi sono appiattito sessualmente. Sente che non provo più quello che provavo prima.
- Sente che lo sto per lasciare. Come fai a trombare se sai che il tuo ragazzo ti deve lasciarE? È assurdo trascinarmi così.
Sussurro piano come se dicendolo ad alta voce io potessi trovare il coraggio di dirlo a lui.
Mi giro e spero di trovarmelo lì ad ascoltare, ma il bagno è vuoto, lui è rimasto di là. Non ha cercato di unirsi a me sotto la doccia come faceva sempre.
Sospiro e scuoto la testa.
Lo sa benissimo che è finita, ma penso che non abbia il coraggio di dirlo e di fare quel passo.
Dovrò trovare io le palle di farlo.
Mi avvolgo un asciugamano alla vita, scuoto la testa scrollandomi i capelli corti che si spettinano e torno in camera da lui così come sono.
Daniel è steso sul letto sul fianco, con il telecomando cerca pigramente qualcosa da guardare su Netflix, l’aria spenta, infelice. Quando apro la porta sposta gli occhi su di me e si apre in un sorriso che sembra molto convincente. È davvero bravo, molto più di Charles. Dovrebbe prendere lezioni da lui per confondere gli altri.
Ma penso che la tristezza sul fondo degli occhi di Charles derivi dai suoi lutti.
Sospiro arrendendomi, mi butto sul letto con lui come un elefante, gli arrivo direttamente accanto e mi prolungo baciandolo, lui continua a sorridere per poi allontanare la mia testa fredda e gocciolante ed io in risposta la scrollo di proposito verso di lui, finiamo per spingerci e farci dispetti a vicenda. Ridiamo come sempre e torno a stare bene con lui senza più dire nulla sul solito problema, che per me è enorme visto che a muovermi è sempre il sesso, da quando sono entrato in questo mondo di adulti, per così dire.
Ma è tutto qua, alla fine.
Sto bene con lui perché siamo solo amici.
Ma quanto penso di riuscire ad andare avanti così io che sono diretto come un aereo da guerra?
La verità verrà fuori molto presto, perché mi conosco. Sono pessimo a tenere i miei segreti. Quelli degli altri sono bravissimo, sono una tomba, ma se si tratta di non esprimere qualcosa che penso o provo è impossibile.
Perciò dal momento in cui realizzo lucidamente che con Daniel è finita e che devo solo trovare il modo di lasciarlo, per me è una sorta di tortura e sono nervoso, così nervoso e allucinato che appena vedo Charles prima della gara, nel camion della parata dei piloti, fatico a stento a non dargli una testata. Non è realmente colpa sua, ma indirettamente sì.
Perché lui sta lì splendido in piedi e parla fintamente allegro con la gente che lo circonda, fra cui casualmente anche io, ma so benissimo che se potesse mi butterebbe giù dal camion. Mi parla, sembra sorridere ed è pure gentile perché è così che si fa, bisogna essere normali, parlare con tutti senza essere cafoni. Lui è quello sempre corretto, una battuta pronta perché è così che fanno le persone normali.
Ma io so che si sforza. Sforza le emozioni che esprime. Quasi tutte e quasi sempre.
L’unica cosa che non sforza è il fastidio che sprigiona appena nessuno lo nota o magari non è in mezzo alla gente. Specie quello verso di me.
Ma non è solo quello, perché in quei casi, ogni tanto, gli parte anche qualcos’altro, nei miei confronti.
Però io mi sono rotto di te. Non dico che hai rovinato tu la mia relazione con Daniel, ma da quando ti sei messo indirettamente in mezzo è tutto andato in vacca. Avevamo qualcosa di bello ed eravamo felici, adesso lo dovrò ferire e non è colpa di Charles, realmente lo so, ma io ho bisogno di prendermela con qualcuno e visto che oggi guarda caso gareggiamo vicini per le prime posizioni, mi sfogherò superandoti e dandoti una bella lezione.
Ti credi migliore di me come pilota da quando sei nato e sei proprio convinto che io sia pessimo, rispetto a te. Ma guarda caso in un modo o nell’altro ce la faccio sempre a spuntarla. Perché non conta come lo fai, conta solo farlo.
Devo dire che è decisamente il modo migliore per combattere il nervoso e la rabbia e questa merda che ho dentro.
Non parlo solo di vincere una gara, ma di farlo in questo modo. Battendo sua maestà Charles.
Sono stato dannatamente bravo, non importa come è andata, so che stanno indagando sulla mossa con cui l’ho dolcemente accompagnato fuori pista mentre ci superavamo, ma se mi penalizzano che si fottano! Non era una mossa terribile da sanzionare!
Siamo in F1, cazzo, stiamo correndo a velocità assurde su piste non da go-kart!
Che ci lascino correre!
È stato fottutamente soddisfacente, comunque, superarlo tutte quelle volte e batterlo, e devo dire che è stata la gara più bella che io abbia mai fatto in F1 finora. Se dovessi scegliere una, sceglierei questa.
Senza dubbio.
Non solo per la vittoria, ma anche per come ho lottato con lui. È stato dannatamente difficile batterlo, è straordinario, è migliorato un sacco da quando gareggiavamo da bambini, ma so come spuntarla in un modo o nell’altro.
Sento il suo sguardo che mi trucida e mi trapassa mentre parlo con l’intervistatore in pista e ovviamente non mi ha stretto la mano, mi ha bellamente ignorato come se non esistessi.
Per un momento mi dimenticavo che diavolo dovevo dire, sentivo proprio che mi fissava e quando ho finito di parlare e mi sono girato subito verso di lui ho visto le sue lame.
Penso che non mi abbia nemmeno mai guardato così, nemmeno nelle gare peggiori nei karting.
Questa gli brucia, lo conosco, e se la legherà al dito.
Ma caro Charles, questa mi serviva proprio.
Adesso sì che sto meglio, non sai quanto.
Fanculo, me lo meritavo.
Se mi tolgono la vittoria sanzionandomi faccio una cazzo di strage!
Che vengano loro a correre al nostro posto! Non si può fare sempre in modo pulito, solo Lewis può, ma non è che ne nascono tanti come lui.
Alla fine contano i risultati e quello di oggi mi mette in cima alla griglia, sul podio del primo classificato, davanti a questo principe incazzato.
Sto bene, sto fottutamente bene, qua. Sì cazzo!”
/Charles/
“Io adesso lo uccido.
Perché se non lo faccio continuerà a rovinarmi le gare in F1 come faceva nei Go-Kart.
Ma lo sapevo. Cresciuto un cazzo! È rimasto un incapace come da piccolo!
Tutti sono bravi a vincere così come fa lui! Va dritto investendo gli altri come se non esistessero, li accompagna fuori perché la pista è sua! Così sono bravi tutti poi a vincere!
Corri pulito e corretto, cazzo, vediamo se vinci ancora!
Non sei cresciuto! Eri migliorato, forse, ma non sei veramente cambiato. Sei sempre la solita testa di cazzo!
Non sa guidare, suo padre ha cresciuto uno stronzo che pensa solo a vincere senza considerare che non è solo in pista. La vera vittoria è quando gareggi contro gli altri, perché se corri contro nessuno, quello non è vincere. Quello è correre e basta ed è diverso!
Ma lui non sa gareggiare con gli altri, sa solo correre veloce!
Vorrei dirgliene tante fino a perdere la voce, lui è lì contento che parla agli intervistatori tutto contento per la sua gara, commentando che non ritiene d’aver sbagliato nella mossa che è investigata con me, che sono cose da gara che succedono ed è convinto d’aver fatto una grande prestazione.
Certo, tu ritieni di non aver sbagliato perché sei un incompetente che non sa nemmeno cos’è consentito e cosa no! Il tuo livello è davvero scarso!
Dopo sul podio è anche peggio perché festeggia contento quella che in realtà è la mia fottutissima prima posizione.
Era mia, oggi, la vittoria.
Dannatamente mia.
È da tanto che non mi sentivo così infuriato. Probabilmente è peggio perché è lui, un recidivo che fa così da quando è salito sui go-kart e non ha mai smesso.
Non solo mi ha rubato una vittoria, la mia prima vittoria in F1 ed in Ferrari, ma anche ha osato mettersi primo barando.
Quella manovra era contro il regolamento, Seb la volta scorsa è stato punito proprio per una identica su Lewis! Se un regolamento del cazzo non ci fosse non mi lamenterei, se sono gare dove tutto è concesso mi adeguo, ma adesso quel regolamento di merda c’è e deve essere rispettato!
Ma me ne devo stare zitto, non posso dirgli quello che penso. Tengo la bocca ben chiusa, mentre il nervoso monta dentro di me.
Vorrei dire e fare tante cose, ma mi mordo letteralmente la lingua e taccio.
Taccio e lo ignoro tutto il tempo, non lo guardo nemmeno per sbaglio, non interagisco in alcun modo. Fanculo pezzo di stronzo. Fanculo davvero.
Chissà se la mia faccia è controllata e gelida come spero che sia o se ho, come sempre con lui, perso il controllo e dimostro tutto l’odio che nutro?
Non è ancora detto.
Sono nell’ufficio della commissione di gara insieme a Mattia Binotto per esporre la mia versione dei fatti poiché la manovra in questione è indagata, perciò nonostante le cerimonie di premiazione e tutti i suoi stramaledetti festeggiamenti, potrebbero darmi la vittoria come sarebbe giusto. Dopo di noi entrano Max e Horner, faccio un cenno cordiale al Team Principal della Red Bull mentre ignoro totalmente Max. Nemmeno gli lancio uno sguardo assassino. Per me in questo momento non esiste.
Dopo aver parlato, capendo che ci avrebbero messo un po’, andiamo nel nostro Motorhome a prepararci per andarcene, in attesa che ci richiamino per il verdetto finale.
È assurdo che la volta scorsa con Seb e Lewis per una mossa identica abbiano penalizzato immediatamente Seb togliendogli la vittoria, non si sono nemmeno dovuti riunire, hanno deciso prima che la gara finisse, mentre oggi addirittura ci devono pensare in una riunione post-gara.
Il tempo si dilunga troppo e non sono un illuso, so che se ci devono mettere tanto significa che la prenderò nel culo, so che è così.
Seb la volta scorsa in Canada ha fatto il matto, incazzato perché non possono penalizzare ogni dannata mossa di gara durante le battaglie con gli altri piloti, ma non ha ottenuto nulla. Io sarei anche d’accordo, ma bisogna essere coerenti e giusti, è questo che dico io.
Adesso siamo nella stessa situazione, ma a ruoli invertiti e dovrebbero darci ragione, la volta scorsa l’hanno data a Lewis la vittoria.
Ormai stiamo arrivando alla mezz’ora. Di norma non ci mettono così tanto a decidere, Mattia è arrabbiato perché come me sa che visto quanto tempo stanno a decidere è un brutto segno.
Andrà male, me lo sento.
È assurdo. Il regolamento esiste e anche se non lo condivido in tutte le parti e ritengo come Seb che sono troppo rigidi, non dovrebbero esserci dubbi nel momento in cui bisogna applicarlo.
Ma non posso dire niente, non posso fare niente. Perché in questi casi se fai casino è peggio e non ottieni niente, l’ho visto in Canada; e poi comunque non sono un bambino.
Non si fa casino, non si insulta, non si spacca tutto come ha fatto Seb o come farebbe Max.
Sono simili in certe cose, anche se sono diversi in altre.
Io so come ci si comporta, so cosa posso dire e cosa posso fare e sto qua ormai pronto per andarmene, in attesa di un verdetto di merda che so quale sarà.
Come lo dovrei prendere?
Ah se fossi Max farei una piazzata, ma sarei infantile. Le cose di merda capitano, devi accettarle. Ne ho accettate già tante, nella mia giovane vita, so bene come si fa.
Più passano i minuti, più mi sento sconfitto.
Ormai sono andati via praticamente tutti. Io e Mattia, che andremo via insieme, guardiamo l’ora nervosi, c’è una tabella di marcia da rispettare perché non prendiamo voli privati e con noi ci sono altri che vanno a Montecarlo nello stesso volo convenzionato con la Ferrari. Stiamo rallentando tutti che ci aspettano già in aeroporto. In accordo con Mattia decidiamo di andarcene consapevoli che la lunga attesa in questi casi ha un solo significato, è anche un modo di dare un messaggio, a sua detta. Che non condividiamo e non accettiamo la sentenza, ma proprio in questo momento veniamo chiamati per il fantomatico verdetto. Era ora! Mezz’ora? Davvero? Non è troppo per una decisione presa in 3 minuti la volta scorsa?
A questo punto io e Mattia decidiamo di andare a sentire la sentenza di persona, pur consapevoli di quale sia. Ci avviamo all’ufficio di prima.
Entrando incontriamo Max e Horner, anche loro ormai in borghese pronti per andarsene.
Solito cenno a Horner, solita indifferenza a Max che almeno ha la decenza di assecondarmi. Se mi salutava gli sputavo in un occhio anche se non è nel mio stile. Rimango con lo sguardo gelido fisso davanti a me, lo punto subito sulla commissione, un gruppo di persone seduti ad un tavolo con uno schermo da cui avranno visto e rivisto le immagini incriminate.
Dritto, rigido ed impettito, il mento alto, lo sguardo fisso sul loro. Respiro piano, le mani dietro la schiena, l’aria fiera, in attesa, i muscoli del viso duri.
Non so cosa faccia Max, né come sia. Se è spavaldo o preoccupato, né se mi guarda. Non me ne fotte un cazzo. Ho evitato di guardarlo per tutto il tempo: vederlo contento della sua gara e della sua vittoria mi ha irritato troppo, prima; stavo per perdere il controllo perciò ho deciso di evitarlo.
Maledetto stronzo.
Come immaginavamo io e Mattia, la commissione lascia le posizioni invariate e non penalizza spiegando che dopo aver visionato accuratamente le immagini non hanno riscontrato una maggiore colpevolezza di uno dei due piloti e valutano la situazione come un contatto di gara, perciò hanno deciso di non procedere con alcuna sanzione.
In altre parole, in seguito ai fatti del Canada hanno deciso di accontentare le richieste della Ferrari di lasciare più libertà ai piloti di gareggiare fra loro, visto che lo stesso identico contatto fra Seb e Lewis è stato invece punito su due piedi.
Ma che vadano a fanculo.
Da oggi decidono di lasciare più libertà ai piloti, eh? Proprio quando puoi penalizzare di nuovo la Ferrari. Ma che caso!
Mattia dice qualcosa che sinceramente non registro, il mio cervello si stacca. Io, livido, rimango zitto come una statua senza dire mezza parola.
Continuo a fissarli come per trapassarli, ma non muovo un muscolo, non fiato, non faccio e non dico niente.
Non so con che forza ci riesco visto che vorrei gridare e insultare tutti. Mi hanno rubato la fottutissima mia prima vittoria in F1.
Max me l’ha rubata, come sempre gareggiando slealmente. Figurati, se mi batte è solo grazie a questo.
Ma vedrai, caro il mio rivale, che la mia maledetta lezione te la posso dare anche io. Se non capisci il mio linguaggio, capirai il tuo. Perché ricordo bene come ragioni tu, come fare per infilarti nella tua testaccia dura del cazzo le nozioni che rifiuti di apprendere, e cioè che la pista non è solo tua.
Lo so fare anche io, sai.
Correre come te.
Bene, vogliono dare più libertà ai piloti? Perfetto.
Basta che sia uguale per tutti e soprattutto che usino lo stesso metro sempre, non solo quando fa comodo. Saprò approfittarne.
Ti parlerò nell’unico linguaggio che conosci, quello che parli tu, quello brutale, prepotente e scorretto.
Così vedrai se ti piacerà avere la gara a puttane perché il pilota contro cui corri è scorretto e ti butta fuori. Vedrai se ti andrà bene o se lo capirai una volta per tutte.
Puoi fare lo stronzo in pista con chiunque, cazzo, ma non con me.
Non con me.
Ribadisco il concetto appena sono fuori quando qualche giornalista mi intercetta, ripeto quello che ho pensato mentre là dentro sono stato fottutamente encomiabile. Non ho detto niente, ho salutato la commissione perché sono una persona gentile che sa stare al proprio posto ed ho ignorato Max che non esisteva più per me.
Ai giornalisti mi limito a dire poche semplici cose dimostrandomi superiore. Non sono un bambino capriccioso che punta i piedi e si lamenta.
- Basta che da adesso si usi lo stesso metro di giudizio per tutti, saprò regolarmi.
Sono criptico e molto corretto anche nel parlare dopo la delusione. Sarei giustificato dal dire che non lo trovo giusto e che mi sento derubato della mia vittoria, ma dimostro di essere adulto, cosa che nessun altro al mio posto avrebbe fatto. Forse solo Lewis, ma lui è inglese, è normale.
Sento che Max poco distante dice con la sua tipica arroganza qualcosa sul fatto che si chiamano corse, diversamente si deve stare a casa.
Oh, ma io sono d’accordo, però deve essere la stessa gara per tutti.
Te lo ricordo ben io al prossimo GP, caro Max.
Lo vedrai se non te lo faccio capire.
Appena siamo verso l’aeroporto con il buon Joris che era andato a recuperare le nostre cose in hotel per sbrigarci, ricevo subito la chiamata di Seb. Quando vedo il suo nome nel display rimango sorpreso, ma ovviamente rispondo.
La sua voce è come sempre gentile e sa già tutto.
- Ho saputo. - esordisce. Io stringo le labbra soffocando il mio reale stato d’animo.
- Già... - faccio solo un po’ più abbattuto di quel che volevo sembrare. - È assurdo che la volta scorsa ti abbiano penalizzato proprio per questo ed ora guarda caso decidano di lasciare più libertà ai piloti...
Ripeto con ironia quel che hanno spiegato in ufficio e ciò di cui poi si è parlato fra noi, finisce che parlo più di quel che mi aspettavo io stesso, ma penso di mantenermi sempre piuttosto calmo.
- Beh, se davvero non puniranno più quel genere di contatto, è una conquista importante. - so che Seb ci teneva molto a questo traguardo, non mi stupisce il suo pensiero e nemmeno mi ferisce.
- Ma vedremo se lo faranno davvero. - replico amaro. Sappiamo tutti come vanno certe cose, anche se sono appena arrivato in F1, ho capito che è ben più complicata delle altre Formule inferiori.
- Hanno creato un precedente. Non importa se credono di farlo solo ora. Una volta che crei un precedente ti obblighi ad agire allo stesso modo in situazioni uguali, ci si può appellare.
Seb ha ragione e come mi fa riflettere capisco che realmente la prossima gara ho una grande opportunità. Un’opportunità che mi devo creare, ma che mi prenderò con unghie e con denti.
Gli ricambierò la mossa e mi prenderò un’ottima rivincita per fargli capire quanto dà fastidio essere trattati così in pista.
Essere superati in modo corretto e pulito è un conto, lo accetti, non hai scelta. Te la metti via, insomma. Lui ti è superiore, pazienza, farai meglio.
Ma in questo modo sporco è insopportabile, anche se il regolamento si fa meno rigido e certe cose sono permesse. È comunque uno che ti spinge fuori pista mentre vi superate in curva e tutto perché non sa guidare bene. Perché è questo.
La pista è la pista, i sorpassi devono avvenire al loro interno. Insomma, le cose si fanno in una certa maniera, non come se guidassi un trattore!
Ma Seb ha ragione, hanno creato un precedente importante e si può sperare che dal prossimo GP ci sia più libertà in certi momenti.
Io, di sicuro me le prenderò comunque se non altro per mettere un paletto importante con Max. Deve capire che con me certe cose non le può fare.
Razionalizzo ogni cosa molto facilmente ed è una delle mie doti di sempre, ma mentre me ne vado a casa ho la sensazione di aver ingoiato cose che non avrei dovuto, cose che mi faranno male, in qualche modo. Non subito, ma prima o poi, se continuerò così, ne risentirò.
Perché non è giusto cosa mi è successo e non doveva andare in questo modo ed avevo ragione ad infuriarmi ed insultare tutti, ma non l’ho fatto perché pensavo che non dovevo ed ora penso d’averne bisogno e fremo nell’attesa del prossimo GP dove mi prenderò la mia rivincita.
Non è solo la questione con Max a scavarmi dentro. È che di nuovo ho fatto quello che pensavo fosse giusto fare, quello che ritenevo corretto. Ho sentito la voce di mio padre dirmi di comportarmi bene, di non fare il bambino ed accettare le cose brutte come quelle belle.
Così l’ho fatto, ma dentro di me gridavo e non volevo accettarlo così serenamente.
Volevo solo gridare, dannazione, ma non l’ho fatto e non so quanto potrò continuare così a fare quel che devo.
Sorridere perché so che devo sorridere, essere gentile e socievole perché so che devo esserlo, stare zitto ed ingoiare perché sì. Non so quanto cazzo potrò andare avanti così.
Alzo il volume della musica che esce dagli auricolari, cerco di spegnere il cervello e dimenticare tutto, ma la rabbia è sempre lì. Il bruciore, è sempre lì.”
Notes:
quella famosa gara (Austria 2019) va esattamente così come la descrivo, ho voluto inserirla e manipolare le cose per arricchirle e romanzarle. Nei primi anni in F1 Charles tendenzialmente aveva un'espressione sempre 'politicamente corretta' in generale, moto pacata, poco coinvolta e anche quando rideva aveva sempre un fondo di malinconia, ma in certi casi con Max gli partivano certe espressioni molto vive e spontanee, in queste foto si vede tantissimo cosa provava e cosa pensava. Successivamente ha dichiarato che all'inizio non riuscivano a separare i piloti dalle persone, ma che poi hanno imparato a farlo ed è lì che il loro rapporto poi è migliorato, ma all'inizio non si piacevano. Però io, ovviamente, ho sempre la mia versione dei fatti. Questo è il primo capitolo, forse, che i pov sono condivisi, ma in realtà per lo più saranno così nel resto della fic. Nella realtà il rapporto fra Max e Daniel non è mai deteriorato, però chiaramente per ragioni di copione dovevo scriverlo, anche se nella fic è una cosa che si verifica sempre e solo nel loro privato e mai in pubblico. Alla prossima. Baci Akane
Chapter 24: Dichiarazione di guerra
Notes:
(See the end of the chapter for notes.)
Chapter Text
23. DICHIARAZIONE DI GUERRA
/Max/
“Io non so come fa, al suo posto avrei fatto un casino.
La volta scorsa il mio collega viene penalizzato per una mossa identica ed ora decidi come per magia di essere meno rigido sulla stessa manovra?
Ma siamo matti?
La situazione in cui si trova Charles è allucinante e riconosco che dal suo punto di vista è ingiustizia pura; ovviamente io non mi lamento e sono convinto che era ora che lasciassero più libertà in certe manovre di sorpasso, ci lamentiamo da sempre che penalizzano per ogni cagata e si finisce per non poter fare un cazzo, perciò per me è giusto com’è andata. È stata una lotta aggressiva da parte di entrambi, ma come ho detto subito ai giornalisti è la F1, stiamo facendo una gara. Se non siamo pronti a tutto si deve stare a casa.
Però dal punto di vista di Charles è allucinante, io li avrei mandati a cagare, altro che ‘grazie e arrivederci’.
Cioè, la volta scorsa Seb fa la mia stessa manovra su Lewis e senza pensarci due secondi lo penalizzano levandogli fondamentalmente la vittoria. Oggi solo perché Seb ha fatto casino la volta scorsa, anche se di fatto non lo dicono apertamente ma si sa che è così, decidono di non penalizzare me che ho fatto la stessa manovra, togliendo di fatto la vittoria a Charles.
È assurdo.
Io ne sono felice, ma al suo posto penso sarei andato fuori di testa, non so come diavolo fa, davvero.
Sento che ai giornalisti dice con una calma assurda che se questo è il nuovo metro di giustizio si adeguerà, conta solo che le regole ora siano uguali per tutti.
La frecciata la lancia, ma è davvero diplomatico.
Per il resto capisco che sia incazzato con me, voglio dire, si mantiene correttissimo con i giudici di gara che gli hanno fatto la bastardata, ma in cambio se la prende con me anche se dovrebbe avercela con loro.
E ce l’ha con loro, perché lo conosco.
Io so che lui è l’essere più competitivo sulla faccia della Terra, più di me.
Io sono un fanatico della vittoria a tutti i costi, ma lui è proprio competitivo. Non è la semplice vittoria che conta, che è sicuramente ciò per cui corre, ma per lui conta principalmente la competizione in sé.
Se lotta con un altro per una posizione o peggio per la vittoria, lì lui si accende. Lì vedi il vero Charles e solo io lo so, solo io l’ho visto.
Qua in F1 capiterà che altri lo vedranno, perché sicuramente succederà che si giocherà la vittoria con altri e lì vedranno il vero Charles, quello cattivo che non guarda in faccia nessuno e che è disposto a tutto pur di passare.
Io so quanto è furioso per questa situazione ed è veramente pazzesco che si trattenga dall’insultare quei pagliacci, perché è questo che sono.
Però trovo incredibile che riesca a trattenersi contro chi è il reale responsabile della sua mancata vittoria, mentre con me no. Con me non si trattiene. Mi dimostra apertamente il suo odio profondo nei miei confronti.
Certo è che se prima eravamo sul filo dell’incertezza, ovvero potevano esserci momenti di tolleranza nei miei confronti, adesso ci sono solo certezze.
Mi odia, stop.
La cosa mi fa anche ridere, non mi ha guardato, era come se non esistessi. Ha salutato Christian, i giudici, ma io non c’ero. Era così evidente che era furioso con me, che mi reputa il male supremo del suo problema di oggi.
Certo, perché anche se non me lo dirà mai perché il suo stile è il silenzio ed il far finta di nulla, io so cosa pensa.
Che sono io lo stronzo che non sa guidare. Che se io guidavo bene, non l’avrei superato. Che l’ho passato perché ho fatto una mossa sporca.
Lo so che pensa questo, non lo dirà mai, ma lo pensa eccome, ecco perché la mia risposta ai giornalisti è stata ‘Si chiama gara, altrimenti si sta a casa’. Perché per me la gara è la gara.
Si lotta, cazzo. Con unghie e con denti. Con cattiveria e calci in culo. Tutto è lecito per superare, i regolamenti li hanno messi dei pagliacci. Non mi interessano. Per me in una gara tutto ciò che conta è superare e vincere.
Ma mi rendo conto che non si può buttare tutti fuori, perché allora sì che esagererei, ma quello che faccio io è guidare aggressivamente e al limite.
Mi rendo conto che è colpa di mio padre che è qua ora e fa la strada con noi verso casa, il modo in cui mi ha cresciuto lui sin da piccolo mi impone che tutto conta solo vincere, che se non lo faccio sono una merda, però al tempo stesso mi distruggeva se facevo degli errori in gara. Tuttavia se sbagliavo qualcosa ma comunque vincevo, alla fine mi diceva di tutto ma non mi picchiava e non mi puniva. Se invece superando toccavo gli altri perché ero prepotente e questo finiva per farmi perdere posizioni e quindi non vincevo, lì potevo scordarmi di tornare a casa in macchina o senza lividi in testa.
In testa, poi, coi capelli che non facevano vedere nulla.
È lì che mi dava giù. Perciò tenevo il casco finché non si sbolliva, spesso funzionava.
Prima mi ha tartassato dicendo che sono sempre il solito idiota che non sa correre bene e rischio come un imbecille di perdere le gare. Quando imparerò a fare i sorpassi in curva?
Sono davvero così ritardato!
Sono così abituato ai modi di mio padre che ormai quando non fa lo stronzo mi sento demotivato, quasi. Fa parte della mia stessa essenza, la sua voce di merda che mi insulta.
Mio padre ci aspettava per tornare a casa, di conseguenza è qua con noi in aereo verso Monte Carlo, ma per fortuna sta zitto perché a parte le corse, non abbiamo altri argomenti di conversazione.
Io e lui non parliamo di altro, in pratica, e questo oggi l’abbiamo già viscerato bene.
Se sta zitto io sto bene, la sua merda me l’ha già tirata. Per fortuna ho vinto, altrimenti dovevo sentirlo. Me lo posso immaginare. ‘Ecco, sei sempre il solito rincoglionito imbecille! Non hai mai imparato a correre! Come diavolo ti tengono in Red Bull non capisco proprio!’
Mentre sono perso nei miei viaggi mentali di merda portati proprio dalla sua presenza qua accanto a me, il telefono mi vibra e so già chi è. Normalmente mi salverebbe l’umore, sorriderei e starei meglio, ma oggi non aiuta, anzi.
‘Allora si festeggia?’
Il messaggio di Daniel mi fa sorridere brevemente per poi spegnermi e distogliere lo sguardo subito, cerco di non fare nulla che faccia capire a mio padre che ho qualcosa. Non dovrei avere niente, in realtà. Guardo fuori dall’aereo attraverso l’oblò, siamo ancora in aeroporto.
Sto per usare la carta dell’essere offline, ma mi rendo conto che avrà visto che ho ricevuto il messaggio così alzo gli occhi al cielo, sbuffo e gli scrivo.
‘Sì, ma ormai mi è passata la voglia! Sono vicino a mio padre, sai com’è...’
Sì che lo sa. Forse è l’unico a saperlo un po’.
Alla fine mi è comodo, mio padre. Serve pure a qualcosa. Grazie a lui la risposta è abbastanza facile.
Daniel mi risponde che gli dispiace e che faremo qualcosa insieme domani, normalmente sarebbe un bel giro in barca, una corsa in moto d’acqua, un adorabile gin tonic dei miei e lui che mi prende in tutte le posizioni.
Una volta era così. Adesso quest’ultima parte non sta più nel pacchetto.
Lo adoro, mi diverto un sacco con lui, rido e parlo di tutto. Sto davvero bene, ma non c’è più l’intesa sessuale e non è solo una cosa che sento io, anche lui non riesce più a concludere tanto che facciamo sempre finta di niente e tentiamo sempre di meno.
Non ha il coraggio di ammetterlo, ma anche per lui è così e non posso continuare a fargli male, non lo merita. È la persona migliore che io conosca.
All’annuncio che il volo parte, metto in offline il telefono per poi abbassare il sedile e stendermi, giro la testa verso il finestrino, guardo mentre l’aereo si muove preparandosi per decollare e la mente si alza insieme al veicolo.
Non è che mi sono sessualmente spento perché mi sono soddisfatto, se per caso io e Charles avessimo preso lo stesso aereo mi sarebbe diventato durissimo all’idea di potergli saltare addosso. Magari non l’avrei fatto consapevole di rischiare di essere morso, ma mi sarei acceso da matti.
Non è che mi sono spento, non mi sono spento per un cazzo.
Ero ben interessato prima all’odio che ho provocato in Charles mentre cercava di ignorarmi con scarsi risultati. Il non guardarmi ed il non parlarmi non è ignorarmi sul serio, non quando lo fai solo con me.
Quello è un cartello enorme con su scritto che nessuno al mondo ti fa incazzare tanto quanto ci riesco io e questo è un sentimento.
È un sentimento fortissimo che ti provoco io e mi eccita, la cosa.
Perché sono così.
Sono un cazzo di arrapato, io sono eccitato di continuo, solo che prima Daniel mi soddisfava, adesso no perché è rimasta solo l’amicizia. Una bella, splendida amicizia.
Solo che non so come fare, non riesco a ferirlo, così come lui non riesce a guardare la realtà.
È così dannatamente difficile.
Non voglio, cazzo. Non voglio ferire Daniel.
Il cartello luminescente al neon di Charles diventa un messaggio nel cielo trasportato da un aereo quando lui il giorno dopo toglie il follow al mio account Instagram.
Quando mi arriva la notifica sto per non dargli retta come al solito visto che ne ricevo mille, ma notando che si tratta di Charles leggo stupito e realizzando che si tratta dell’avviso che ha smesso di seguirmi, per poco non cado dalla sedia sporgendomi con troppo impeto.
Sto facendo colazione alla bellezza delle 13 del lunedì, praticamente un brunch come dicono gli snob fra cui mi immagino proprio Charles. Sono solo perché non ho detto ad anima viva che sono sveglio, Daniel sa che il lunedì post gara, specie se sono arrivato tardi a casa e a prescindere dal mio risultato, dormo fino a tardi. C’è in programma la barca domani mattina presto per fare tutta la giornata fuori con gli amici, le moto d’acqua ed un adorabile gin tonic che non vedo l’ora di sorseggiare sotto il sole.
E Daniel. C’è in programma anche lui.
Ma il lunedì è solitamente per me, è per fare lo zombie.
Diciamo che ieri per me è stata una grande vittoria e normalmente avrei festeggiato fino a notte fonda, ma fra l’indagine e mio padre ci si sono messi tutti a rovinarmi l’umore, perciò siamo solo andati a cena, non potevo scaricarlo così anche se avrei voluto. Di conseguenza sono andato a casa senza cercare Daniel né nessun altro. Oggi ho ancora un po’ questo umore strano, ma mentre faccio la colazione/pranzo guardando il telefono con un mucchio di congratulazioni varie per la vittoria, per poco non soffoco su Charles.
Di primo impatto fisso shoccato il telefono, la notifica è chiara ed inequivocabile.
‘Charles Leclerc ha smesso di seguirti.’
Tutte le altre mille notifiche le ignoro, ma quella la fisso come se fosse uno scherzo.
Ci metto un po’ a realizzare.
Ha smesso di seguire il mio account social come i bambini, ma non è questo lato infantile che mi fa ridere improvvisamente come se fossi un pazzo schizofrenico.
A raddrizzarmi bruscamente l’umore è la consapevolezza che io sto in qualche modo in cima al suo mondo.
È venuto allo scoperto. Mi odia, mi odia ufficialmente, specie dopo questo gesto pubblico plateale che poteva essere secondo solo all’annunciarlo ai giornalisti!
Provoco a mister ‘tutto è uguale, niente è degno di interesse’ qualcosa di estremamente forte. Sicuramente nessuno gli provoca dei sentimenti così violenti come faccio io, anche se di fatto sono negativi, ma sono comunque sentimenti e reazioni.
Lui che da ragazzo aveva detto che speronarmi con il go-kart era solo incidente di gara e non un’azione di stizza nei miei confronti per farmela pagare, lui che non ha mai dimostrato turbamento in nessun caso, toglie il ‘follow’ dal mio profilo social.
Non solo è infantile per la prima volta, che penso solo quando mi ha spinto quella famosa gara dell’’inchident’ è sullo stesso piano, e lì aveva quindici anni comunque, ma è pure plateale e pubblico. Non si nasconde, non lo maschera.
Mi odia così tanto che lo dice ufficialmente, in pratica.
Io odio Max Verstappen.
Trattandosi di Charles, è una delle conquiste più significative del nostro rapporto, se non proprio in generale di lui stesso.
Con un gran sorriso radioso mi torna il buonumore e non vedo l’ora che arrivi Silverstone. Chissà che farà quando mi vedrà? Devo fare di tutto per piazzarmi bene in qualifica, sicuramente farà un weekend fantastico, lo conosco e so che quando si arrabbia guida benissimo ed io devo stargli davanti.
Già mi pregusto un’altra gara favolosa.
Mi alzo dal tavolo saltellando e fischiettando diretto al bagno con quella di prepararmi e andare da Daniel. Da quanto non mi divertivo così nelle gare? Dai tempi del Go-kart, ecco da quanto.”
/Charles/
“È stato impulsivo. Stupido ed impulsivo. E molto accentratore.
Nel senso che ho attirato non poco l’attenzione e non è una cosa che mi piace fare, anzi. A volte penso che più passo inosservato e meglio sto, per questo ho la fissa del fare ciò che la gente si aspetta da me o che in qualche modo è più indicato. Come essere allegro, sorridente, cordiale e non sbottare mai, non rispondere mai male, non dire mai quel che si pensa se ciò che si pensa sono peste e corna.
Insomma, cerco di controllarmi per non attirare l’attenzione, per stare in pace, perché è così che si fa. Ci si deve saper comportare, si deve andare d’accordo, non si deve essere sconvenienti. Sono insegnamenti di mio padre, per la verità, ma sono parte di me. O per lo meno credo. Penso però che ci sia in me una forte componente ribelle che ogni tanto viene fuori. In particolare sono competitivo e quando questa cosa di me viene calpestata o stuzzicata, finisco per perdere il controllo.
Sono cose che non voglio fare, ma che non riesco ad evitare.
Guardavo Instagram ed ho visto il suo post di merda che festeggiava la gara dell’Austria e mi è andato il sangue al cervello.
Era mio, mio quel GP.
Maledetto stronzo!
Ho tolto il follow senza riflettere, semplicemente stavo per lanciare il telefono e per evitarlo ho pensato fosse meglio cancellare lui.
Magari funzionasse così nella realtà. Un tasto e lui sparisce dalla tua tesa. Non mi interessa che venga cancellato dal mondo, non sono un sociopatico, però vorrei che mi fosse indifferente come cerco sempre di sembrare quando sto con lui, ma mi rendo conto che non è così. Quando ho rivisto le foto di ieri quando lo guardavo come se volessi ucciderlo, mi sono reso conto che lì il mio controllo era andato ben a puttane.
Insomma, tendenzialmente vivo nella mia famosa nebbia e sono d’accordo con il cercare di uscirne per essere più normale e non stare male in determinate situazioni, però so che è difficile e non ci riesco sempre. A volte mi rendo conto che è sempre tutto uguale anche se mi sforzo e vorrei essere più allegro e spigliato con gli altri o avere più la battuta pronta come Pierre o Seb.
Però quando sono con Max è sempre così. Esco dalla nebbia ma non in modo lieto. Ci esco perché sono preda di istinti potenti e spesso terribili.
Guarda che facce che ho fatto sul podio. Beh, da un lato è positivo. È questo che voglio. Dimostrare ciò che provo, oltre che provare emozioni.
Max credo che sia il numero uno in questo, ha un talento che non ha nessun altro.
- Tu sei pazzo! - la sua voce acuta mi arriva appena rispondo al telefono, quando ho visto il nome di Pierre sapevo cosa voleva dirmi perciò ero pronto. A questo segue una gran risata che mi fa sorridere e rilassare, mentre mi lascio cadere sul divano di schiena e alzando le gambe sul bracciolo.
- Dici?
A questa risposta Pierre ride ancora più forte.
- Non pensavo avresti fatto una cosa simile! Sei assurdo! Non dai l’idea di essere così avventato, hai avuto coraggio a fare una mossa simile!
- Beh, non è niente di che in realtà, ho solo tolto uno stupido ‘follow’ dallo stupido profilo di una stupida persona! - cerco di sminuire senza rendermi ancora ben conto di cosa significa sul serio, ma ci pensa ben Pierre ora.
- Vediamo se riesco a farti capire... - fa a questo punto mentre traffica indaffarato in casa sua. - essendo personaggi pubblici che tutti sanno anche se vi grattate il buco del culo, togliere il ‘follow’ ad un altro pilota così in vista è come una dichiarazione ufficiale di guerra e non di quelle divertenti e scherzose, ma di quelle serie. Nell’epoca dei social ha più peso un ‘mi piace’ od un ‘follow’, in questo caso tolto, che una dichiarazione a qualche microfono.
Adesso è molto più esauriente in effetti. Piego le labbra all’ingiù e osservo il soffitto rimanendo steso scomposto ma decisamente comodo, lascio ciondolare le gambe oltre il bracciolo mentre la testa arriva a metà divano.
Sono in boxer, canottiera e tutto scarmigliato, non mi sono nemmeno lavato ma sto dannatamente bene, ora. Perché ho finalmente capito cosa ho fatto e ne sono incredibilmente felice.
- Perciò ho ufficialmente dichiarato guerra a Max Verstappen?
- Direi proprio di sì!
- Bene! - esclamo poi improvvisamente allegro e carico, con uno scatto rotolo giù dal divano finendo ginocchia a terra, ma non mi faccio male grazie al tappeto.
Con una mano mi reggo mentre l’altra tiene ancora il telefono. - Dov’è che hai detto che andate al mare alla fine?
Pierre, perplesso, mi dice città e spiaggia, un bel posto in Liguria, una regione dell’Italia molto gettonata per chi vive a Milano e gli piace il mare.
In realtà c’era in programma una cosa a due con Giada qua a Montecarlo nel nostro club preferito, nell’ultimo tentativo di tenere insieme una relazione che trovo sempre più priva di senso, ma all’idea di passare realmente del tempo solo con lei improvvisamente mi appesantisce e siccome sono assurdamente di buon umore e non lo voglio guastare, mi autoinvito da loro in Liguria.
Fortunatamente vivo a Montecarlo, la meta più gettonata dalla gente in vacanza e fra mare e giri in barca appena ho qualche giorno libero mi diverto facilmente senza spostarmi, ma per Pierre non è proprio comodissimo e quando viene si deve organizzare e stare almeno 2 o 3 giorni, ma se si tratta di cose brevi vivendo ora a Milano, gli piace andare in Liguria.
Genova è a metà strada fra Monte Carlo e Milano a due orette di macchina. L’hotel scelto ha fornito ovviamente subito posto anche per me e Giada anche se non eravamo previsti, ma giocarci la carta VIP è sempre una vittoria sicura. Il lido e la spiaggia dell’hotel sono proprio belli ed anche se per una volta ho improvvisato è andato tutto bene.
Uscire dalla mia confort zone, non fare per una volta quel che faccio sempre, buttarmi senza programmare prima né pensarci troppo è qualcosa di strano per me, ma oggi me la sentivo e sono contento d’averlo fatto, sto davvero bene e il mio umore continua ad essere alle stelle. Sono elettrizzato da quando ho deciso di fare questa improvvisata e continuo a sentirmi forse addirittura felice anche se non credo d’avere un reale motivo.
Mi chiedo se sia di nuovo uno di quei miei momenti in cui vado su di giri per qualcosa di particolare che mi emoziona, anche se non so di cosa si tratta. La dichiarazione di guerra a Max? Credo che sia stato quello ad innescarmi questa volta.
Se così fosse basterà non stare mai solo con Pierre e non dovrei essere un maniaco inopportuno che gli salta addosso
Ho programmato nel dettaglio ogni momento della mia settimana intera fuori F1, adesso qua con Pierre, poi qualcosa in famiglia ed infine i miei soliti amici; riempire bene tutto il mio tempo al di fuori delle gare è un po’ il mio tentativo di uscire dalla nebbia e penso che mi faccia bene, alla fine si tratta di avere sempre qualcosa da fare con qualcuno, evitare il nulla e la solitudine e magari cambiare ogni tanto la routine.
Mi sembra di stare meglio quando riempio le mie settimane con la gente che mi piace e con cui sto bene. Poi le attività che organizza Andrea per gli allenamenti e le preparazioni sono spesso atroci, ma è da questo inverno, da quando gli ho parlato di come mi sentivo, che cerca di infilarmi cose diverse e farmi provare cose nuove. A volte lo maledico, ma altre è bello e mi sento sempre meglio. Scopro tante cose di me, interessi nuovi o scopro letteralmente cosa mi piace fare. Anche solo fare la palestra con più ritmo, mi rendo conto che piano piano mi aiuta a sentirmi più dinamico. Credo che tutte queste cose messe insieme mi stiano facendo un po’ uscire dal mio stato di nebbia e di sonno.
Adesso quando mi capita qualcosa che mi manda su di giri, riesco a controllarmi. Evito chi so che è un po’ il mio punto debole e magari appaio più vitale e allegro, ma non faccio colpi di testa folli, né sono sconveniente. Perciò credo che piano piano il mio percorso stia dando frutti.
La sera siamo andati a cena e siamo usciti a bere qualcosa da qualche parte tutti e quattro, è stato divertente solo perché c’era Pierre e me ne rendo limpidamente conto, ma non ci posso fare niente. In realtà lo so che è così e che mi sono attaccato a lui proprio perché avevo bisogno di stare bene in questi giorni che teoricamente mi dovevo prendere per me stesso. Se stai con qualcuno, devi per forza passarlo con lei quel dannato tempo. Per fortuna ho seguito il mio impulso ed ho cercato un modo per stare bene comunque.
Pierre è quel modo.
Il resto della notte la passiamo io e lui in terrazza mentre Giada e Caterina sono dentro a guardare chissà cosa insieme.
Parliamo un sacco di Max, della mia mossa a suo dire folle e dell’Austria. Parliamo di come mi sono sentito derubato e del perché ce l’ho tanto con lui. Pierre molte cose le sa da solo, le altre le capisce senza farne un dramma. Un po’ ci ride su e mi prende in giro cercando di stemperare la situazione, fino a che dopo un breve silenzio durante il quale si perde a guardare il mare nero che si unisce direttamente col cielo stellato, se ne esce così con un: - Sai... - ispirato, ha un tono un po’ strano.
Io lo guardo sorpreso intuendo che sta per arrivare una confidenza inaspettata.
Scruto il suo profilo regolare, i capelli ancora perfetti come sempre, la barba ben curata che gli dona moltissimo.
- In Austria ho assistito inavvertitamente ad un dialogo strano fra Max e suo padre.
Mi aveva già accennato ad una telefonata tesa che aveva sentito qualche settimana fa, ma non era andato nel dettaglio perché non aveva capito cosa si erano detti, però aveva visto Max particolarmente giù tanto che aveva cercato di fare il gentile con lui e per poco non me l’aveva portato a cena. Ha rischiato il linciaggio.
- Hai capito che dicevano questa volta? - chiedo più per abitudine che reale curiosità. È Pierre quello curioso di noi, io no, ma essendo che parla di Max qualcosa mi muove, lo ammetto.
Pierre scuote la testa continuando a fissare lo spettacolo notturno che questa camera d’hotel sulla spiaggia ci offre. Le gambe accavallate, una posa un po’ storta da modello in un servizio fotografico. Non solo la posa è da modello, lui stesso sembra un modello. Un po’ è voluto perché so che ci tiene al suo aspetto, un po’ è la natura che è stata generosa con lui.
Mi incanto a guardarlo ogni tanto ed ora succede anche se parlando di Max di solito mi indispettisco, ma avergli dichiarato guerra senza averlo progettato realmente, non razionalmente almeno, mi ha riempito di vitalità e una strana allegria. Adesso siamo soli io e Pierre e mi ero ripromesso di non rimanerci, ma ho abbassato un po’ la guardia, mi sembrava andasse meglio la mia strana situazione personale.
- No, parlavano sempre in olandese, però si capiva bene che suo padre lo stava sgridando come se fosse ancora un bambino. Con una tale arroganza e cattiveria, non ti so spiegare, penso che se lo sentissi capiresti.
Non ci tengo a vedere di nuovo quell’uomo. Lo ricordo bene, era sgradevole.
- Beh, con gli altri era normale, anzi. Non posso dire niente di brutto da esterno, ma so che non era premuroso e carino con Max. - gli rispondo io pensieroso distogliendo lo sguardo da lui per concentrarmi sui ricordi che sono sfumati della mia infanzia. Certe cose le ho chiuse in un angolo di me stesso.
- L’ha tormentato un po’ per tutto il weekend visto che era lì, ma in particolare dopo la gara invece di festeggiarlo per la vittoria l’ha sgridato con uno scappellotto sulla nuca come se fosse ancora un bambino. E gli ha detto qualcosa che non ho capito, ma non doveva essere niente di bello. Deve averlo sgridato probabilmente per l’investigazione. Max ha cambiato faccia. Era felice per la vittoria, pensava d’aver fatto la gara dell’anno, era molto contento, ma appena ha parlato con lui si è oscurato e teso. Mi ha fatto impressione. Mi ha fatto... - Pierre ci pensa, ci riflette, vedo i suoi occhi abbassarsi, io torno a guardarlo qua accanto a me, alla penombra della notte, le luci delle camere sono spente, credo le ragazze dormano ma non ce ne curiamo. Pierre esita pensando a cosa dire, ma la mia bocca si muove da sola fuori dal mio controllo.
- Pena? - finisco io per lui come se sapessi che era esattamente questo che Max deve aver suscitato a Pierre. Lui annuisce e gira finalmente il capo per guardarmi, i nostri occhi si incontrano, è impressionato e malinconico nel parlare di questo fatto, di questa sua situazione. Lo so bene cosa suscita Max con suo padre, adesso che me ne ha parlato lo ricordato.
Mi fa sentire strano, questo discorso.
- Sai, ho imparato a conoscerlo in questi mesi lì e devo dire che ho visto un Max assolutamente normale, è anche molto divertente e allegro. Molto diverso da quando sale sulla macchina che si trasforma in una specie di demonio, ma con suo padre credo che sia ancor più diverso. Credo che sia molto fragile sotto di lui. È stupida una cosa simile?
Io lo lascio parlare assorbito dalla sua riflessione, totalmente consapevole ed improvvisamente malinconico come lui. Come lo sono sempre stato, come ho cercato di non essere più. Ho lavorato molto per uscire da questo mio stato abbattuto, ma assurdamente parlare di questo aspetto di Max così umano e fragile, mi ci ha rigettato dentro e per la prima volta non mi sento così giù per me stesso, ma per un altro.
Per lui.
Mi stringo nelle spalle e scuoto il capo distogliendo lo sguardo che poso prontamente sul mare che non si vede, lì dove dovrebbe esserci l’orizzonte.
- No, perché stupido? So che Jos era molto duro con Max anche da piccolo, ho qualche ricordo vago di lui. Alex mi ha raccontato di qualche voce sui maltrattamenti presunti, ma niente di concreto e sicuro. Non so dirti, sai, ma sicuramente non hanno mai avuto un rapporto sereno.
Pierre sospira dispiaciuto per poi lasciare che il silenzio cali. Vorrei chiedergli perché mi ha parlato di questo ora che mi stavo sfogando dicendo peste e corna su di lui. Gli ho dichiarato guerra, perché se ne esce con questa umanizzazione?
Abusi? L’ipotesi mi sfiora inevitabilmente e mi guardo bene dal dirlo e la lascio subito andare perché sono cose più grandi di me, ora. Specie perché non sono nessuno per lui se non il suo rivale ed è esattamente questo che voglio rimanere. È questo che ho bisogno di essere per uscire dal mio tunnel e diventare chi sogno da quando sono piccolo. Il campione felice e vincente di F1. Quello realizzato nei suoi sogni.
Voglio essere solo quello che lo batterà. Tutto qua.
E poi comunque tutti hanno i loro problemi, i loro traumi o i loro fantasmi.
Guardo Pierre e per un momento vedo al suo posto Jules. Saremmo usciti insieme così se fosse ancora vivo? E forse senza un’uscita a quattro con due fidanzate per cui nessuno dei due prova niente. Chi lo sa che vita sarebbe stata la mia se lui non fosse morto? Staremmo insieme?
Ma così come ci penso, torno al presente, a Giada con cui sono realmente al capolinea e a Pierre per cui provo sicuramente più di quel che provo per lei, qualunque cosa sia.
A volte mi chiedo che senso abbia una vita piena di menzogne dove non hai nessuno con cui essere realmente e totalmente te stesso. Dove non puoi mai esserlo.
Riuscirò davvero a fare così tutta la vita?
- Andiamo a dormire? - dico come per chiudere l’argomento ‘Max’ e per non aprirlo mai più, per non rischiare più nulla.
Pierre si anima ed è come se si svegliasse da un suo sogno ad occhi aperti, forse lo stesso che ho avuto io.
Ci guardiamo ed annuiamo per poi guardare indietro nella camera dove so che sono le due ragazze, contemporaneamente facciamo delle facce perplesse notando il buio ed il silenzio.
- Mi sa che dormono insieme... - faccio io sentendo il rischio dietro l’angolo.
- Mi sa che dovremo farlo anche noi... - dice lui con lo stesso identico tono da ‘guai in vista’.
Perché se prima avevo qualche dubbio ora ci sono solo certezze.
Fra noi due c’è qualcosa, solo che nessuno vuole rovinare l’amicizia e stiamo entrambi attenti a come ci approcciamo. Peccato che stanotte finiremo per dormire insieme per sbaglio.
Bella prova, Charles. Proprio bella prova.
Senza rendermene conto, finalmente Max viene spazzato via. Almeno per stanotte.”
Notes:
Si sa fin troppo bene ogni dettaglio di quella famosa gara e di ciò che han detto prima, durante e dopo. Così come si sa solo che il rapporto fra Max e Jos è sempre stato complicato e problematico e che da piccolo era duro con lui, ma ribadisco che i dettagli li ho inventati io. Così come non so come sia andato il 'unfollow' di Charles con Max, ma so che è successo esattamente dopo quella gara e lì c'è poco da interpretare e romanzare. (fra l'altro non so se sia possibile avere la notifica di uno che smette di seguirti, ed in caso sicuramente Max non l'ha fatto, ma doveva assolutamente scoprire il suo unfollow!) Da un lato dunque c'è un Max diviso fra l'esaltazione che ritrova nelle gare grazie a Charles, una relazione con Daniel che va verso la fine e l'insofferenza verso suo padre; dall'altro c'è Charles diviso fra l'odio ed i sentimenti forti stimolati da Max, quello strano benessere causato da Pierre e l'ombra della depressione che cerca di combattere. Mondi diversi che si incrociano e collidono, quando si fonderanno? Alla prossima. Baci Akane
Chapter 25: La giusta dimensione
Chapter Text
24. LA GIUSTA DIMENSIONE
“È come se calasse una coperta su di noi, una coperta che copre il mondo circostante e ci fa focalizzare unicamente su quello che c’è sotto.
Io e Pierre.
Mi rendo conto che mi sono ficcato in un gran casino quando sento che mi viene duro e realizzo che non doveva andare così.
Non doveva per un cazzo, ma ecco cosa succede quando agisco nell’impeto del mio entusiasmo portato poi da che cazzo? Nemmeno lo ricordo.
Da cosa è iniziata tutta questa situazione?
Ero a casa scoglionato, ho guardato Instagram ed ho visto un post di Max e mi è partito l’embolo. Ecco da cosa.
Gli ho tolto il ‘follow’ ed ora sono qua a letto con Pierre, di notte, in un hotel qualunque.
Un gran bell’hotel, ma in ogni caso poco importa.
Per un motivo che non comprendo mi sono sentito felice. Ho dichiarato ufficialmente guerra a Max e mi sono sentito entusiasta al punto d’aver bisogno di qualcosa che mi piacesse fare o almeno stare con qualcuno con cui mi piacesse stare.
E Pierre era lì.
Perché Pierre è sempre lì quando io sento qualcosa.
Quasi sempre.
Una o due c’era Max, ma ne sono sempre uscito perché alla fine lo detesto e anche se mi fa partire l’ormone, comunque non farò mai cagate con lui.
Pierre è diverso. È lui il problema.
È da lui che devo scappare quando mi sento così. Eppure cerco momenti così, sono questi che mi fanno bene. Quelli in cui mi sento bene, quando mi va di buttarmi, di fare qualcosa di strano, di nuovo, di diverso. Qualcosa che mi faccia semplicemente sentire bene, che mi dia entusiasmo, vitalità.
Più starò fuori dalla mia nebbia, meglio starò.
Sono contento, oggi sono stato bene, sono uscito dagli schemi, ho cambiato programma, ho fatto un’improvvisata, un colpo di testa e sono stato bene e domani sicuramente sarà bello al mare insieme.
Se stanotte non faccio un casino.
Ti prego Charles. Non fare un casino.
Non finire per rovinare tutto, per scappare via da lui domani e per poi essere teso e strano ogni volta che lo incrocerai in pista.
Sai che lo vedrai per tantissimi anni e anche quando non correremo più voglio rimanere suo amico come lo sono sempre stato.
Ti prego Charles tienitelo nelle mutande.
Anche se non ci sta perché è duro e spunta fuori dai boxer.
Vado in bagno prima di infilarmi nel suo letto e mi sciacquo con l’acqua gelida che mi dà un considerevole shock termico. Con sollievo vedo che si ritira e torna a cuccia, sospiro e alzo gli occhi al cielo.
È solo il tuo amico d’infanzia Pierre, non è un altro che prova le tue stesse cose, che gli piacciono i ragazzi e che ti attrae quando vai fuori di testa.
Adesso non è successo niente, era tutto calmo e tranquillo, soprattutto io ed il mio ormone.
Perché ora all’idea di dormire con lui mi deve partire tutto di nuovo come se fossi un adolescente?
Ma lo sai perché.
Finché non ti sfoghi andrà così, lo sai che sarà sempre così. E non è facendo cose belle, nuove, divertenti e che ti piacciono. Non sono quelle le cose che devi fare per sfogarti, non è la tua vitalità che devi sfogare.
È la tua sessualità.
L’hai sempre repressa e le ragazze non ti fanno né caldo né freddo. Non è quello il sesso che vuoi fare, che ti si infila nel cervello.
È quello con un altro bel ragazzo.
Torno in camera dove c’è solo la luce piccola sopra il letto che illumina in modo tenue l’ambiente creando un’atmosfera intrigante.
Troppo.
Pierre è già steso sotto le lenzuola come se avessimo freddo e se invece in pieno luglio in Liguria non si stesse alla perfezione anche nudi.
Ma lui ha una maglietta ed il lenzuolo fino a metà busto, a coprire le cose importanti. Le gambe sono piegate e non si vede ciò che conta.
Mi mordo il labbro ricordando quel giorno che mi ha visto dormire nudo. Se adesso dormo vestito mangio la foglia, sembrerei strano e sarebbe strano farmi scrupoli.
Specie se devo dormire con le lenzuola quando fa caldo. Cioè c’è l’aria condizionata ma è ad una temperatura giusta, perciò adesso che mi sto facendo mille problemi solo per come devo infilarmi lì vicino a lui, mi sento un idiota.
Fanculo Charles.
Piantala o ti chiederà che diavolo ho e sono bravo a mentire e fingere, ma forse con lui ed ora, in questo momento di crisi, non tanto.
Mi sfilo la maglietta senza pensarci perché è così che dormirei normalmente. I boxer me li lascio ed infine mi infilo sotto le coperte attaccando il telefono al caricatore di Caterina che è rimasto sul suo comodino, visto che lei starà usando il mio di là.
Perché la mia vita deve essere complicata?
Adesso girati e parla con Pierre come faresti normalmente.
- Ricordi? - fa improvvisamente Pierre probabilmente sentendo la stessa tensione che provo io.
Spalanco gli occhi lasciando il telefono sul comodino.
Ricordo cosa?
Quando ho dormito nudo ed avevo l’erezione perché sognavo Max e dormivo nudo in realtà perché mi ero masturbato fantasticando su di lui e tu sei venuto al mattino a svegliarmi e l’erezione dura è venuta a te?
Sì che lo ricordo! Molto bene!
Anche il mio cazzo lo ricorda di nuovo!
Non so perché diavolo ora è tornato duro. Se perché ora potrei fare finalmente la mia prima stramaledetta prova sessuale gay con un bel ragazzo che mi attrae, oppure se perché ho ricordato la fantasia di quella cazzo di notte.
Merda!
Mi giro verso di lui chiudendo la luce sopra il letto, il buio si fa completo e va meglio.
Una volta che siamo nella stessa posizione sul fianco a guardarci, i nostri occhi si abituano dopo un po’; i suoi brillano e indugiano sulle mie braccia e sul mio petto nudo, il lenzuolo arriva alla vita. In questa posizione strategica non si vede che sono di nuovo duro. Prima o poi passa se lo ignoro. Deve passare.
- Cosa? - chiedo perché è meglio comunque parlare che mantenere questo pesante imbarazzante terribile silenzio.
Noi che non parliamo sarebbe grave.
- Quante volte abbiamo dormito nello stesso letto da piccoli quando facevamo le vacanze insieme...
Improvvisamente quando lo dice mi calmo.
È vero, abbiamo dormito insieme da piccoli e non c’era malizia od imbarazzo.
- Stavamo svegli tutta la notte a parlare di corse e piloti. - faccio io con un sorriso che mi aiuta a distendere i nervi. Lui fa altrettanto e quando vedo il suo viso illuminarsi in un sorriso dolce, ci avviciniamo impercettibilmente senza nemmeno accorgercene.
- Tu eri già in fissa con Lewis! - gli ricordo poi per non lasciare che il silenzio torni.
- Nel tempo la mia fissa è peggiorata di brutto! - si deride prontamente mettendosi una mano sulla bocca con fare poco mascolino.
Io rido più rilassato e spontaneo e finisco per farmi ancora istintivamente vicino a lui. I nostri visi sono separati per pochi centimetri. Sentiamo i nostri respiri caldi che sanno di dentifricio.
C’è questo istante preciso nel quale la mia testa mi suggerisce di ricordare qualcosa di demenziale e continuare a ridere, ma la mia bocca parte per conto proprio, contro tutto ciò che di ragionevole e giusto dovrebbe esserci in me.
- Se al mio posto ora ci fosse Lewis cosa faresti?
Dio non so perché glielo chiedo. È solo che forse dentro di me, per una volta, voglio vedere se anche lui potrebbe andare oltre i limiti come faccio io quando esco di testa e perdo il controllo.
Perché se lo fa significa che siamo davvero nella stessa situazione. Per il momento sono solo mie intuizioni, ma mi serve una prova concreta perché poi... ma non finisco il pensiero perché Pierre all’idea che gli offro risponde alla sua tipica maniera.
Ovvero impulsivamente.
Si allunga per questi pochi centimetri e annulla la breve distanza rimasta posando le labbra sulle mie.
Le sfiora, le intreccia e rimane così agganciato a me senza approfondire. Non apre, non mette la lingua, non fa altro. Poi si ritira e appena lo fa e vede che sono io, spalanca gli occhi e si copre la faccia con le mani facendo un gridolino incomprensibile che mi fa sorridere.
- Scusa... - distinguo. Il resto deve essere ‘non so che mi è preso, ma sai che non devi dirmi certe cose di lui e stasera avevamo un po’ bevuto e...’ Sicuramente qualcosa di simile.
Ma lo prendo dolcemente fra le braccia e lo stringo a me tirandomelo addosso mentre mi metto sulla schiena.
Pierre si lascia fare, si arrampica e lascia che la testa appoggi sul mio petto mentre gliela stringo fra le braccia e gliela bacio.
- Va tutto bene, siamo io e te... - gli ripeto esattamente le stesse parole che mi ha detto lui quella volta.
Le capisco bene solo ora.
Siamo io e te e penso che finiremo per metterci insieme, perché forse è quella la nostra dimensione e non l’amicizia. Che ne dici?
Ma finché abbiamo entrambi dubbi e pentimenti dell’ultimo momento, dobbiamo rimanere così.
È la cosa migliore di sicuro.
- Fra noi non ci sono problemi e non ci saranno mai. Stai tranquillo. - gli sussurro ancora carezzandogli la schiena.
Mi sento bene, assurdamente bene. È stato lui ad andare oltre e mi ha dato conferma che gli piaccio davvero, sebbene c’era di mezzo il suo dio per cui so prova attrazione reale.
Però non farebbe così con chiunque altro. Con me l’ha fatto.
So che un giorno andremo oltre, a sarà in modo spontaneo e senza nemmeno rifletterci troppo. Quando succederà andrà benissimo.
Apro gli occhi perché ho la sensazione di essere guardato ed ho il sonno leggero, perciò mi basta poco per svegliarmi. Per di più quando non ho buio assoluto in camera il mio sonno è ancor più leggero.
La prima cosa che noto, ancora col cervello mezzo andato, è che sono solo nel letto ma ricordo benissimo di essere andato a letto con Pierre.
Beh, senza farci nulla se non un casto bacio.
Pensandoci un sorrisino malizioso affiora sulle mie labbra. Credo che mi piaccia essere corteggiato da qualcuno che ritengo speciale o che magari mi piace.
Insomma, sono corteggiato da migliaia di persone che non mi fanno né caldo né freddo, lo apprezzo ma anche se non fosse così sarebbe uguale. Quel che mi stuzzica è quando mi rendo conto di piacere a qualcuno che mi sta intorno, che conosco bene o che magari piace anche a me.
Pierre in che categoria lo devo mettere?
Fra quelli che mi piacciono o le persone rilevanti?
Aspetta, com’era quel telefilm che non sono mai riuscito a seguire e che alla fine ho abbandonato?
La guardavano i miei... Person of interest!
Ecco cos’è Pierre!
La mia persona d’interesse. Non so di che genere, ma sicuramente è speciale rispetto agli altri e so che gli piaccio se non altro come ragazzo, questo mi stuzzica molto.
Non lo sto tormentando né spingendo a provarci, però se succede che si perde ad ammirarmi e apprezzarmi anche attraverso commenti spontanei, facce da pesce lesso come quella che aveva appena ho aperto gli occhi e l’ho beccato a fissarmi da fuori in terrazzo, o magari teneri baci o carezze... beh, mi sta bene.
È tutto qua o mi piace proprio lui?
Sbadiglio e mi giro stiracchiandomi lasciando che il lenzuolo scenda sulla vita bassa, in questo modo sembro di nuovo nudo come quella mattina e sento un rumore da fuori. Quando torno a guardare vedo Pierre che tira su la sedia su cui deve essere caduto, così non riesco a non ridere divertito e compiaciuto.
Sicuramente mi piace che mi muoia dietro come in certi momenti sembra che faccia.
Faccio finta di niente per non metterlo in difficoltà e controllo il cellulare per vedere che ora è. È abbastanza presto, leggo i messaggi arrivati e rispondo a quelli più importanti, mentre la mia testa mi rispedisce le sue labbra sulle mie.
Ho citato Lewis, l’ho istigato, sapevo che avrebbe fatto qualcosa. Aveva bevuto un po’ e lui non è uno che regge molto, però avendo parlato a lungo prima di metterci a dormire non pensavo avesse ancora effetto.
Sinceramente non credo che fossero i fumi residui dell’alcool.
Inarco la schiena mettendomi sul fianco rivolto all’esterno del letto, so che mi sta guardando le curve che gli offro, so che il lenzuolo scivola ancora più giù attorcigliandosi sui miei fianchi e le fossette delle natiche si mostrano perché i boxer comodi che indosso si sono incastrati col lenzuolo e sono scesi leggermente. Quello che basta per sembrare sempre più nudo qua sotto.
Mi mordo il labbro piegato in un sorrisino malizioso mentre cerco di capire com’è la mia situazione lì sotto e noto con stupore che è tutto a posto.
Non credo d’aver sognato di fare sesso con Pierre come quella volta era successo con Max.
Rimango un po’ stupito della cosa, ma poi alzo la spalla e mi dico che semplicemente è meglio così, posso gestire la situazione. Evidentemente sono tornato alla normalità. O evidentemente era come pensavo prima.
È l’idea di piacere a qualcuno di rilevante che mi stuzzica, ma rimane lì.
Alla fine mi decido ad alzarmi dal letto rimanendo come sono, mi controllo di nuovo. Tutto a posto. Nessun alzabandiera. Ok, meglio così.
Esco in boxer gettandomi sbadigliando ancora su una delle sedie comode del terrazzo che si affaccia sul mare dove fra poco andremo, mi giro verso l’altra porta finestra che dà nella seconda camera, ci hanno dato due camere confinanti col terrazzo, ci sono anche quelle separate, ma a noi stava bene questa soluzione.
- Stanno ancora dormendo. - constato senza la minima intenzione di andare a svegliarle in modo romantico o sensuale come due bravi e soprattutto veri fidanzati dovrebbero fare.
Pierre sicuramente non ci pensa per ovvie ragioni, per me non dovrebbe essere lo stesso ma mi sento esattamente come lui.
Solo che in questo momento non so cosa voglio realmente nella mia vita privata.
Pensandoci mi faccio serio tornando a guardare il mare che oggi, di giorno, si vede bene.
Il colore è lo stesso degli occhi di Max.
Non so cosa voglio fare con gli uomini, se cercarne uno con cui avere una relazione normale il più segretamente possibile, ma qualcosa che magari possa diventare serio e bello, oppure solo togliermi qualche sfizio e sfogarmi sessualmente e basta.
Dipende da quello che voglio fare con questo discorso di me stesso, posto che qualcosa dovrò fare e sarà meglio per me deciderlo presto. In base a quello deciderò che fare con le ragazze. Non sono nemmeno obbligato ad averne una di copertura, se non mi va, anche se so che è comoda in ogni caso.
Però al momento richiede tempo ed energie anche una relazione finta, per così dire, ed io non credo di averli, soprattutto non ho voglia. Poi Giada finirà per chiedermi perché non facciamo più sesso e a quel punto dovrò anche dirle che semplicemente non sono più attratto da lei.
Ma sarà facile, tirerò in ballo la Ferrari.
Guardo Pierre che osserva stranamente silenzioso il mare, come me. C’è un po’ di fresco ma è lieve ed il caldo inizia già a farsi sentire insieme all’aria salmastra.
È quasi come essere già al mare ed è bello.
Credo che Pierre pensi al bacio di ieri sera, forse vuole capire se peserà fra di noi, ma non voglio che succeda.
Si è addormentato steso su di me e mi ha dormito addosso tutto il tempo, ma non mi ha dato fastidio. Stamattina si è svegliato per primo, chissà quanto tempo è rimasto a guardarmi mentre dormivo. È inquietante, ma prima o poi anche lui dovrà far chiarezza con sé stesso e decidersi.
Sebbene lo capisco, provo la stessa confusione.
Credo che ci piacciamo in qualche modo, ma non è chiaro in che modo e soprattutto non vogliamo rovinare la nostra amicizia.
No, non è facile ed è meglio non parlarne. Non adesso che sto bene e sono tornato al mio epico controllo perfetto. Posso di nuovo gestire qualunque cosa ed è quello che intendo fare finché ci riesco. Oggi sarà una bella giornata. Piacevole ma soprattutto normale.”
/Max/
“Bevo dalla cannuccia il mio adorabile gin tonic, sono semi seduto sulla sdraia della barca sotto un sole bollente come è giusto che sia.
Dalla cassa qualcuno fa andare della musica pop-elettronica che non mi dispiace, ha un buon ritmo e anche se non capisco niente di musica né l’ascolto mai da solo, mi carica e mi trasmette un certo entusiasmo.
Sarà anche merito del mio adorabile gin tonic, ma oggi sto bene. Per fortuna, visto che sono con Daniel ed altri amici che abbiamo in comune.
Ci è rimasto un po’ male quando gli ho detto che venivano anche gli altri, ma non si è lamentato apertamente.
Gli ho chiesto se gli andava bene e lui ovviamente ha detto di sì. Mi dispiace approfittare perché so bene che preferiva stare solo con me, ma siccome so di avere una bocca di merda che non sta zitta, faccio in modo da non stare solo con lui.
Gli avevo promesso di festeggiare insieme e non potevo rimangiarmelo, perciò alla fine il compromesso è un giro in barca e nelle moto d’acqua che si stanno contendendo a turno gli altri. Io sono stato ovviamente il primo.
Appena quello che deteneva il controllo della musica va con i nostri giocattoli, Daniel si alza scattante e prende il controllo della playlist mettendo qualcosa di rock che mi fa ridere. Mentre lo faccio mi tira del ghiaccio che mi rimbalza nella pancia non molto abbronzata nonostante il mio serio impegno col sole.
Io ed il sole siamo amici se non ci caghiamo il cazzo.
Oggi va molto meglio, mi sono scrollato di dosso l’effetto negativo di mio padre e per fortuna abbiamo gli amici in comune, io e Daniel, e capita che si esca tutti insieme senza problemi.
So che gli devo parlare, ma non voglio.
Anche lui lo sa, non è idiota, ma si guarda bene dal forzare quel dialogo.
Penso che siamo agli sgoccioli.
Daniel, dopo aver recuperato altro ghiaccio che si succhia e finalmente realizzato per la musica che gli piace, si siede nella sdraia vicino a me e con un veloce controllo sugli altri ancora in acqua o nelle moto, si protende verso di me e mi consegna il cubetto di ghiaccio che si era messo fra le labbra.
Io lo prendo e lo tengo in bocca, poi Daniel prende quello che mi aveva tirato e che ho lasciato scivolare sul costume a pantaloncino blu scuro. Con un sorrisino malizioso lo recupera ed inizia a carezzarmi con esso scendendo sulle cosce.
Rabbrividisco al passaggio del cubetto gelido che contrasta col calore del sole cocente, quando lo infila sotto la gamba del pantaloncino trovando il mio inguine, azzanno istintivamente il ghiaccio in bocca che fa un sonoro ‘crunch’ per cui Daniel fa una smorfia fissandomi come se fossi un pazzo.
Ci guardiamo attraverso gli occhiali scuri, gli dà fastidio che mordo il ghiaccio e non è la mia passione, ma non è che l’ho fatto apposta!
- Pezzo di stronzo, cosa me lo metti lì? - mi lamento senza rimproverarlo sul serio.
Lui mi guarda fintamente sorpreso.
- Oh, ti dà fastidio?
Ritira il cubetto, ma quando rispondo con una smorfia ed un tono infantile: - Sì, mi dà fastidio lì! - lui veloce come un lampo mi allarga l’elastico del costume e me lo infila dentro mollandolo lì del tutto, dopo di questo fa per scappare.
Ci prova perché nonostante lo shock che trasforma il mio cazzo in quello di un neonato, io senza riflettere, tanto per cambiare, infilo del tutto la mano nel mio bicchiere di gin tonic, afferro quanto più ghiaccio riesco, metto giù il bicchiere e proprio mentre sta scappando gli afferro il costume da dietro, lo tiro e gli infilo i cubetti dentro.
Uno di sicuro ci va, il suo urlo per niente mascolino supera il chiasso che esce dalla cassa bella potente; cerco di mettergliene un altro, ma Daniel per divincolarsi si abbassa il costume e rimanendo nudo come un verme, riesce a liberarsi prima della mia mano e poi del ghiaccio. Dopo di questo, mentre mi insulta ridendo come un matto, corre al bordo della barca e con un movimento agilissimo si tuffa in acqua, per fortuna lontano dalle moto d’acqua dei nostri amici che potevano investirlo.
Mentre affonda salgono le bolle d’aria e gli occhiali da sole con cui lo scemo si è tuffato, io rimango invece a bordo con il suo costume in mano, ma non ho fretta di raggiungerlo. Recupero il mio adorabile gin tonic, o quel che ne resta, e finisco di sorseggiarlo mentre lo guardo divertito e felice.
Adesso è facile pensarlo, non ne abbiamo ancora parlato, ma penso che riusciremo a rimanere così anche dopo.
Ora non c’è più il lato sessuale fra di noi, praticamente non trombiamo più e nessuno dei due cerca più l’altro in quel senso, per paura dell’ennesimo colossale fallimento, ma stiamo sempre bene insieme se non cerchiamo di fare per forza gli amanti.
Da amici funzioniamo benissimo e ne sono felice, perciò credo che sicuramente ci vorrà un po’ per abituarci, ma troveremo la nostra dimensione.
Devo solo capire quando e come farlo, ma sì. Credo che alla fine andrà tutto bene.
Ero terrorizzato dal perderlo come persona ed amico, ma quando riemerge dopo un bel po’ che stava giù facendomi il medio con entrambe le mani e ridendo nella sua splendida maniera solare, ho la certezza che riusciremo a stare ancora bene così come ora. Sarà solo il dirlo e l’ammetterlo ad alta voce, il difficile, ma poi riprenderemo ad essere così perché siamo già solo due grandi amici ed è questo che voglio.
- Lo vuoi? - gli dico facendo roteare il suo costume nel mio dito. Lui piega la testa fingendo indifferenza.
- Oh, se vuoi posso stare nudo tutto il resto della giornata, che problemi ho?
Pazzo com’è potrebbe anche farlo, così metto giù occhiali e bicchiere ormai vuoto, poi senza acrobazie folli scavalco in modo normale il bordo della barca e mi tuffo col suo costume. Quando lo raggiungo glielo infilo sulla testa coprendogli la faccia quasi del tutto, gli lascio scoperto solo la bocca e lo bacio fugace dopo aver lanciato un’occhiata agli altri bon lontano da qui.
Qualche ultimo test.
Per quanto ne sia sicuro, devo esserlo ancora di più. Che non farò una cazzata a lasciarlo.
Sicuro che proprio non ci sia nulla.
Da questo lato della barca nessuno ci vede e lui mi circonda con le braccia rimanendo col costume in testa come uno scemo, apre le labbra venendomi incontro con la lingua. Ci intrecciamo e ci baciamo abbracciati in mare ed è di nuovo bello, per un momento, ma quando scende con le mani sotto il costume alla ricerca del mio culo, capisco che non ci siamo ed istintivamente sguscio via fingendo di voler giocare e fare lo stronzo, così mi metto a nuotare per scappare e lo lascio lì solo alle prese col suo costume e una serie di altri insulti in mia direzione.
Ridiamo ancora e sto meglio.
Di nuovo la consapevolezza di poco fa, prima di baciarlo.
È questa la nostra dimensione.
Non so perché sia cambiato tutto né come, ma so che è successo e questo è un fatto. La sola cosa che conta. La realtà ora è questa e bisogna solo accettarla.
Ti voglio bene, Daniel. Te ne vorrò sempre.
Ma purtroppo non c’è più altro. Però vedrai che staremo ancora bene insieme. Che riusciremo ad essere ancora felici e rideremo sempre così. Te lo prometto.
Mi impegnerò al massimo affinché sia così. Ce la faremo.”
Chapter 26: Quello che fai torna indietro
Notes:
(See the end of the chapter for notes.)
Chapter Text
25. QUELLO CHE FAI TORNA INDIETRO
“Sono contento della prestazione di oggi, mi sono davvero divertito in pista! Dopo quanto accaduto in Austria, ho capito qual è il nuovo metro di giudizio dei commissari, cosi mi sono adeguato.
“La ruotata a Verstappen? Dopo la sua ruotata in Austria, questa volta gli ho fatto capire che non c’è solo lui in pista, ho un pò rifatto la sua mossa nello scorso GP. È stato un bel duello.
“Decisamente la più divertente gara che abbia avuto nella mia carriera. Molto divertente, sempre al limite, ma penso sempre in regola, quindi è stato veramente piacevole.” - Charles sulla sua lotta con Max dopo Gran Bretagna 2019
/Max/
“A Silverstone è come riprendere un discorso interrotto a metà.
Quando vedo che siamo terzo e quarto in qualifica, un senso di esaltazione mi invade in una maniera assurda.
Lo stesso che sicuramente ha preso anche lui appena gli avranno comunicato che in seconda fila, attaccato al suo fianco, ci sarò io, domani.
Charles mi ha ignorato per tutta la settimana facendo i salti mortali per non incontrarmi ed ai microfoni ha sempre detto che si adegua alla decisione presa nell’ultimo GP e che si augura che le regole siano uguali per tutti. Ribadisce il concetto espresso la volta scorsa.
Non lo sto stalkerizzando, ma il mio cervello fissa a fuoco tutto ciò che dice e che fa. Non mi guarda mai, non mi caga mai, ma io sono pieno delle sue dichiarazioni diplomatiche e fredde.
È così controllato, così tranquillo. Non perde mai la testa, proprio come la volta scorsa. Non si mostra mai scocciato ma è totalmente sereno e lo ammiro perché avrei detto quattro insulti, io al suo posto.
Anche a me chiedono della decisione e ripeto sempre quel che avevo detto. Che non si può venir puniti per tutto, stiamo facendo delle gare di F1, è ovvio essere estremi.
Dice le stesse cose anche Seb, ma non mi stupisce dopo il Canada.
Io ovviamente raccolgo quel che mi conviene, ma al loro posto avrei gettato una bomba nell’ufficio di quei pagliacci.
Mio malgrado ammiro Charles perché è assolutamente concentrato e apparentemente sereno e soprattutto è abilissimo a schivarmi.
Eppure quasi saltello, anche se non sono arrivato in prima fila e sono addirittura dietro di lui. Accanto, per la verità, nella griglia di partenza, ma comunque dietro di lui numericamente.
Non sarebbe nemmeno male essergli dietro, se fossimo in un contesto diverso.
Mi lecco le labbra pensando a domani mentre vado dal mio team nell’ultimo impegno di giornata.
Devo rimanere concentrato su quel che dicono, ma la mia testa è già là, a domani, a quando lui farà di tutto per farmela pagare ed io aspetterò intrepidamente di reggere egregiamente il confronto.
È come inserire una spina e ritrovare me stesso.
Aspettavo questo da anni, da quando ci siamo separati dopo i go-kart. Spero che siano così tutte le gare.
È diverso correre contro il tuo vero rivale, quello che hai designato tu stesso.
Forse non sarà così per sempre, magari ad un certo punto uno dei due farà schifo per colpa delle macchine che guiderà o delle squadre incapaci, ma rimarrà sempre lui il mio vero rivale ed adesso intendo godermela alla grande.
A me piace correre e vincere e lo voglio fare a tutti i costi, ma mentre mi parlano di cosa devo fare alla partenza, a cosa devo stare attento e a come fare con Charles, rispondo acido senza frenare la mia lingua con la frenesia alle stelle.
- So benissimo come fare con lui. Lo so meglio di tutti voi messi insieme!
Sono io che conosco Charles.
La gente intorno a me mi guarda sorpresa, qualcuno ridacchia per stemperare la risposta di merda tipica mia, Pierre è fra questi; altri mi ammoniscono, Giampiero a volte mi tirerebbe il casco in testa.
So perfettamente che Charles farà di tutto per farmela pagare dalla volta scorsa e vorrà tenermi dietro tutto il tempo e se dovrà superarmi lo farà ferocemente, ma è anche un perfezionista ed odia le guide sporche, perciò sarà il più pulito possibile e questo lo penalizzerà, a meno che non perda il controllo dell’auto non per colpa sua. A quel punto è un altro discorso, ma se dovesse succedere ne approfitterò. In ogni caso se guidi pulito contro di me non ce la fai ed io non ho scrupoli a fare quel che va fatto.
Anche se mentre loro parlano, le sue parole sull’adeguarsi alle nuove regole rimbombano nella mia testa.
Potrebbe essere più aggressivo del solito, ma non sarà mai stronzo, a meno che non lo spingo io ad esserlo ed anche in questo caso so come fare.
Il ricordo di quella famosa gara dove mi ha spinto fuori pista a fine corsa ritorna come uno tsunami, questo mi fa capire che potrebbe esserci una percentuale di imprevedibilità in lui, in fondo lo conosco meglio di come si conosce lui stesso.
Quella volta si è vendicato di me, ma solo a fine gara, quando avevamo passato il traguardo. Peccato che comunque siamo stati puniti entrambi e squalificati.
Non metterebbe mai consapevolmente a rischio la sua gara, perciò alla fine non credo farebbe stronzate se rimante in sé. Perciò a questo punto bisogna vedere se l’odio che nutre per me supera la sua razionalità.
Cazzo, sono eccitato.
Mentalmente, emotivamente e fisicamente.
Ci si può eccitare all’idea di una gara che ti piace in modo particolare?
So che agli atleti in generale succede nelle gare e nelle partite, ma magari in seguito a vittorie particolarmente belle o magari dopo dei goal favolosi o importanti o prestazioni eccellenti.
Io mi eccito all’idea di gareggiare domani con lui, consapevole che sarò al centro di ogni suo pensiero.
Beh, caro Charles.
Sappi che la lezione che sei convinto di dare, è a me e non ad uno qualunque. Provaci pure, ma ti garantisco che non te lo lascerò fare passivamente.
Se alla fine dovessi vincere io di nuovo voglio proprio vedere che faresti.
Mi ignoreresti ancora?
Incapace di trattenermi mentre immagino di tirarti fuori una reazione, succhio la cannuccia della lattina di red bull che ormai è vuota. La succhio perché ho bisogno di farlo ma non per bere.
Dannazione, domani deve arrivare tipo subito, ora, adesso.
Ormai riesco ad avere un orgasmo con Daniel solo se sono eccitato per conto mio ed ultimamente capita per cose che riguardano Charles.
È la prima volta dopo un sacco che mi viene duro e che riesco a venire con Daniel e so che è stato grazie a sua maestà, ma non ci ho pensato un secondo ed ho approfittato.
Però mentre vengo ho un pensiero che mi passa assurdamente per la testa, mi attraversa come se fosse un momento di lucidità in mezzo al caos e forse c’è proprio perché ho finalmente scaricato gli ormoni come si deve.
Sarà il mio ultimo orgasmo con Daniel?
È tutto fottutamente bello, proprio come l’avevo immaginato e sperato.
Per un momento vengo catapultato nei go-kart ed era dannatamente divertente e basta.
La gara è esattamente come me la prospettavo e quando dopo una serie di duelli fra me e lui tutti al limite del disastro o del successo, lui riesce a restituirmi la ruotata che gli avevo dato io ripetendo la stessa identica mossa incriminata, scoppio a ridere perché era esattamente questo che speravo di vivere.
Quella percentuale di imprevedibilità che mi fa eccitare mentre corro. Non mi distraggo e vado avanti senza esitare né prendermela.
Rimango concentratissimo sulla gara ben contento che nonostante tutti i vari sorpassi che ci facciamo a vicenda per tutto il tempo, alla fine la sto vincendo io. Basterà non fare stronzate. Il pit stop poi è adrenalina pura, come ci affianchiamo e nessuno dei due molla fin quasi a scontrarci nella pit lane in uscita. Alla fine la spunto io, è fottutamente bello.
Più corriamo in questo modo, più l’adrenalina fluisce in me esaltandomi, ma non perdo mai me stesso e mentre penso che cazzo, sei stato sporco per la prima volta nella tua carriera e solo per darmi una lezione, più io divento lui e sono fottutamente perfetto.
Con lui non sbaglio niente, cazzo. Niente!
È come se ci fossimo scambiati, ma io lo so che lui ha fatto quella manovra sporca con me solo per darmi un messaggio. È a caratteri cubitali e si incide nel mio cervello a fuoco.
Puoi fare le tue stronzate con chi vuoi, non con me. Mai più. Perché non me ne fotte un cazzo della gara, ma io ti restituisco tutto.
Cazzo, lo vedi allora che può perdere la testa se si tratta di me?
Poteva evitarmi benissimo, ma ha intenzionalmente voluto toccarmi e l’ha fatto in quel momento proprio per sfidare la FIA a punirlo. È la stessa mossa che gli ho rifilato io, identica, copia-incolla, quella che gli ha tolto la vittoria la volta scorsa. Quella che doveva essere punita seguendo l’esempio delle volte precedenti agli altri piloti.
Ma lui l’aveva detto che si sarebbe adeguato ed è questo che fa.
L’aveva progettata. Sapeva che si sarebbe presentata l’occasione.
Lui è qua che sfida tutti mentre guida: me, la FIA, chiunque abbia un cazzo di conto in sospeso con lui e che abbia osato pestargli uno dei suoi adorabili piedini da principino. Così lo vedo, anche se ora è appena venuto fuori il suo vero IO. È un demonio, quello. Ho sempre avuto ragione io su di lui ed oggi l’hanno visto tutti.
Altro che faccia d’angelo!
Il duello generico del GP con lui lo vinco io dopo una serie di superamenti vicendevoli, ma a rovinarmi la fottuta gara è un contatto di merda con Seb che improvvisamente smette di ricordarsi come si guida, da questo contatto ne usciamo danneggiati entrambi, lui più di me, ma quel che mi sta sullo stomaco è Charles che giustamente approfitta per superarmi e finisce sul podio, in quella che doveva essere la mia posizione.
Fanculo, cazzo!
Fanculo davvero, sia per la gara rovinata e la mancata terza posizione che era mia, sia perché anche se il duello generale con Charles l’ho vinto io, lui è comunque davanti a me.
Tutta colpa di Seb. Se non mi prendeva con la macchina, Charles non mi passava. La vincevo io completamente.
Voglio dire, tecnicamente con lui ho vinto io, ma alla fine è lui terzo, io sono schifosamente quinto. Quinto, cazzo.
Non terzo dove dovevo stare per dimostrare la mia reale superiorità a Charles.
Però cazzo... cazzo se è stato bello!
Sono di nuovo dannatamente iper eccitato. Fra l’adrenalina della gara e quella per lui, sto per esplodere nella tuta!
Quel che conta alla fine è che con lui l’ho spuntata io e non solo questo. C’è un’altra cosa che conta sopra le altre.
Sopra di me non c’è niente nella testa di Charles. Niente e nessuno. Solo io.
Mi ha restituito la mia mossa e l’ha fatto solo per dirmi di non osare fare le mie stronzate con lui.
E sia, caro Charles. Non farò più le mie stronzate con te.
Ti sei davvero sinceramente guadagnato il mio rispetto. Ce l’avevi già, ma mi irritava il tuo crederti superiore solo perché tu hai sempre fatto tutto da manuale e guidi in modo pulito e ti credi più bravo di me. Ritengo sempre che non è vero, non sei meglio di me, siamo solo diversi, ma comunque entrambi di alto livello.
Comunque penso sempre che conta vincere, non come, mentre per te conta anche il come.
Però oggi mi hai dimostrato che sei più competitivo e permaloso che fanatico di gare e vittorie. Sei un vero demonio e cazzo, mi piaci da matti quando tiri fuori la tua vera faccia.
In un angolo di te che tieni ben nascosto sei come me ed oggi è venuto fuori ed è quel lato che mi ha appena fatto irrimediabilmente perdere la testa per te.
Solo noi due potremo capirci per sempre e so che ti sei divertito anche tu, come mi sono divertito io, anche se alla fine la nostra battaglia l’ho vinta io e sei tu sul podio.
Però non la dimenticheremo questa gara, nessuno dei due. Perché ho appena capito che non sei solo il mio rivale designato. Sei anche la persona più fottutamente interessante e contorta che viva su questo mondo di merda ed io ti voglio.
Ti guardo mentre esci saltando felice dalla tua macchina, nella tua terza posizione. Ti togli il casco e ricevi i complimenti degli altri due davanti a te, i soliti Mercedes.
Vado a pesarmi con gli altri piloti ancora incazzato per Seb, ma provo emozioni contrastanti perché anche se ho battuto Charles e dovevo essere io al suo posto, so che alla fine era giusto così perché la volta scorsa era lui ad essere stato derubato della posizione. Una piccola parte di me lo sa, anche se alla fine conta il risultato finale. Perciò non credo nelle stronzate del karma, ma penso che qualcuno direbbe che è stato quello.
Tutto ciò che fai torna indietro.
In Austria avevo vinto con la complicità della FIA, oggi è lui che prende il mio podio perché ha avuto la fortuna che la volta scorsa ho avuto io.
Charles ovviamente mi ignora come se nemmeno mi vedesse. Vorrei dirti di esultare senza dimenticare che comunque la nostra lotta personale l’ho vinta io, ma non voglio rovinargli la giornata.
So che in qualche modo era giusto così, oggi doveva andare così.
Perciò gli lancio un’ultima occhiata prima di andare via verso il mio box e vedo che sta ridendo, ma come sempre i suoi occhi hanno una luce stonata rispetto all’espressione felice del suo bel viso delicato.
Comunque, al di là di tutto... uno a uno palla al centro, Charles.
Mentre mi allontano da te decido di approfittare di questa ancora enorme scarica di adrenalina per fare una cosa che non ho ancora avuto il coraggio di fare. Una cosa che però va fottutamente fatta.”
/Charles/
“Onestamente?
La gara più bella della mia carriera fin qua, in assoluto.
Anche se non ho vinto la lotta con Max perché tecnicamente quando ha avuto l’incidente con Seb mi stava davanti, resta comunque la mia gara preferita.
È gioia, quella che sento dentro, e non so se c’entra il fatto che ho fatto io podio quest’oggi e lui è finito quinto, punito dal suo fottuto karma di merda.
Quello che fai torna indietro, non c’è scampo.
Se devo guardare a questa splendida gara con obiettività, è stato come scambiarci di ruolo. Io ad un certo punto ho imitato la sua guida aggressiva ed oltre il limite, sporcandomi intenzionalmente pur di dargli il mio messaggio, lui invece è stato sorprendentemente perfetto. Sempre.
Contavo sui suoi soliti errori, sulla sua aggressività per ritorcergliela contro prontamente, sul suo non considerare gli altri quando è in pista, invece non ha sbagliato niente ed infatti mi era davanti prima del contatto con Seb e del mio sorpasso.
So che non l’ha fatto apposta, ma è stato provvidenziale.
Seb puntava al podio, voleva superarlo, non certo tamponarlo per mandare me in terza posizione, ma diciamo che l’Universo me ne doveva restituire una.
Eppure non è per questo che sono contento. Cioè anche, ovviamente, perché penso che se gli fossi finito comunque dietro sarei stato furioso.
È che mi sento più vicino a lui, ora, e ne sono sconvolto perché semplicemente è bello essere così. Essere aggressivi in certi passaggi, andare sul limite, camminarci sopra e rischiare. Lui lo fa sempre e l’ho sempre rimproverato ed odiato, ho sempre pensato che fosse sinonimo di incapacità alla guida, ma in realtà adesso credo che sia una scelta.
Semplicemente è bello guidare così.
È esaltante. Certo, se alla fine non succede niente e questo stile non ti si ritorce contro come a volte capita. O magari se per far così non butti fuori gli altri, anche quello è scorretto. Magari passi tu a scapito degli altri, ma hai giocato sporco.
Io non parlo di questo, parlo di quell’aggressività alla guida che ti porta al rischio ma che alla fine non ti fa fare un casino. Devi essere molto bravo ed avere un controllo assoluto sulla macchina e su te stesso e avere mille occhi su qualsiasi cosa intorno a te, mille riflessi e non è facile; non credo che lui ce l’abbia sempre, ma oggi l’ha avuto ed è stato oggettivamente bravo.
Essere battuti da uno che guida come ha fatto lui oggi non è brutto. È per questo che mi sono sempre incazzato con lui. Perché batteva gli altri in modo sporco, ma se li batti in modo pulito pur rimanendo aggressivo, non c’è niente di male, anzi. Dimostri di essere un talento.
Oggi ho decisamente tirato fuori un lato di me che so c’è sempre stato, ma che non avevo mai sperimentato, non in piena gara e intenzionalmente. Non è che ho perso il controllo di me stesso agendo istintivamente, in realtà ho sempre saputo perfettamente quello che stavo facendo ed anche se una parte di me mi chiedeva ‘sei sicuro? Guarda che se non controlli la macchina benissimo farai un casino’, l’altra, guardando il culo della sua Red Bull, mi faceva dire ‘Sì cazzo che ne sono sicuro!’
Ho imitato la sua mossa in modo rischioso solo per dargli quel messaggio, ma era davvero troppo importante per me oggi darglielo, più di ogni altra cosa.
Ho rischiato perché se lo toccavo di più potevamo perdere il controllo dell’auto e uscire, ma per fortuna è andata bene.
Un rischio assurdo che mi fa ancora sentire l’adrenalina alle stelle se ci ripenso, proprio come quando l’ho fatto in pista, ma sono contento d’averlo corso.
Tornando indietro rifarei tutto, anche se in questo momento la nostra lotta personale l’ha vinta lui.
Lo dico anche al microfono in pista apertamente e senza filtri, ancora troppo contagiato da lui.
- La ruotata a Verstappen? Dopo la sua ruotata in Austria, questa volta gli ho fatto capire che non c’è solo lui in pista, ho un pò rifatto la sua mossa nello scorso GP. È stato un bel duello.
Con me non puoi fare quel cazzo che vuoi, caro Max. È bene che te lo ricordi. Glielo dovevo dire oggi o mi avrebbe rovinato tutte le altre gare, perché io lo conosco troppo bene, più di chiunque altro, più ancora di suo padre.
Guarda caso ha guidato in modo perfetto oggi contro di me e voglio vedere come guiderà da qui in poi le volte che ci scontreremo noi due.
So che per lui guidare è una questione personale fra lui e chissà quale demone, non ce l’ha con nessuno in pista, ma semplicemente non vede anima viva intorno a sé se è sulla sua monoposto. Però non con me. Mi devi vedere, Max.
Sempre.
Dovrai sempre ricordarti di me, di chi sono e di come devi guidare contro di me. Dovrai sempre avere dei riguardi con me o saprò rovinarti anche io le gare come fai tu con gli altri.
Il problema è che ora la botta di vita mi attraversa da capo a piedi ed è dovuta in parte all’enorme scarica di adrenalina che c’è ancora in abbondanza in me ed in parte anche a lui e al solito effetto che tende a farmi, ma la devo sfogare in qualche modo visto che, com’è normale in questi casi, finisce nel mio organo genitale.
Fortunatamente sul podio non c’è Max e non si tratterrà con me dopo per la press e le altre cose. Potrò starmene tranquillo e calmarmi, anche magari con la doccia gelida di champagne. Basta aspettare e intanto smettere di pensare a lui e tutto tornerà a quietarsi.
- Gliel’hai restituita, eh? - fa Lewis improvvisamente, ridendo divertito; a questo evidente sottinteso una nuova maledetta scarica di eccitazione mi attraversa proprio mentre mi sembrava di star riprendendo un minimo di controllo, o se non altro contegno.
Senza bisogno di guardarlo nascondo lo sguardo sotto la visiera del cappellino, tengo la testa china e rido. Non so perché lo faccio così, cercando di non fare vedere troppo la mia faccia; forse è perché se Lewis sapeva che l’ho fatto apposta, e non serve dire nomi e cognomi, significa che deve aver capito altre cose di me che è bene nascondere.
- Era così chiaro? - infatti ecco che la mia bocca non sta sotto il mio controllo. Ho ancora troppa adrenalina in circolo e mi basta mi parlino di Max anche indirettamente. Sono contento di ciò che ho fatto oggi. Quella ruotata è stata dannatamente soddisfacente.
Alla risata allegra di Lewis accompagnata da un esaltante: - Ben fatto! - altra elettricità mi attraversa, come se non fosse sufficiente quella che già avevo per conto mio. Dannazione, non mi calmerò mai!
Non me lo sarei perdonato se non gliel’avessi data.
Però mentre lo guardo andando insieme nella cooldown room, penso che se ora al suo posto ci fosse stato Max, avrei faticato a non trascinarmelo in uno di questi bagni e saltargli addosso.
Beh, lo Champagne gelido sicuramente mi aiuterà.
Quando ci accomodiamo nelle poltroncine nella cooldown room, ci mostrano le scene salienti della gara e ripropongono tutte le numerose volte fra me e Max, in particolare la mia famosa ruotata ed ecco che il picco fra le mie gambe torna.
L’eccitazione mi invade quando tutto aveva appena iniziato a quietarsi, che diavolo mi prende? Mi sposto nella sedia a disagio, rigido, ma forse questo attira l’attenzione di Lewis che lanciandomi un’occhiata sembra capire subito che ho. Forse la mia faccia parla più di quel che io sia consapevole.
Normalmente so di non avere particolari espressioni, ma, come sempre, per Max mi capita di perdere il controllo. Tanto per cambiare, questo è uno di quei momenti e temo che si noti da fuori.
Devo dire, comunque, che Lewis è dannatamente acuto e mi chiedo come faccia.
- Non devi farti problemi, succede. Hai fatto una cosa grandiosa con Max e so perfettamente quanto può essere irritante avere a che fare con certi piloti a cui poi finalmente riesci a rifilare una bella lezione.
Come ha fatto? Come si capisce? Sono così tanto andato? Charles torna in te, cazzo!
Avvampo spontaneamente e non so che fare, non lo guardo, ma se non lo faccio potrebbe sembrare strano, così fingo di non capire a cosa si riferisce, ma lui sorride in modo molto fraterno cercando di tranquillizzarmi con la sua espressione. Questo, come per magia, mi calma.
Improvvisamente mi rendo conto che lo apprezzo e che non mi dà fastidio come avrei pensato o come normalmente sarebbe successo, anche se preferivo facesse finta di niente, ma penso che abbia solo cercato di aiutarmi e non era tenuto a farlo. Ricordo anche l’altra gara, quando ho perso di poco dopo tutto il tempo che ero davanti, quando poi Lewis mi ha consolato un sacco. Forse mi ha preso in simpatia. All’idea sorrido sentendo una sorta di onore assurdo che mi distrae da Max e dalla costante eccitazione che mi aveva preso.
- Non ho vinto io la nostra battaglia oggi, però...
All’improvviso razionalizzo. Per fortuna il mio cervello logico e pragmatico mi viene incontro e si attiva al momento giusto, ma penso sia merito di Lewis; se ero con Max penso che la mia razionalità sarebbe rimasta nel cesso.
- Non importa, gli hai dato quella ruotata imitando la stessa mossa per cui la volta scorsa non l’hanno penalizzato. Quella da cui è scaturita una mega polemica.
Lewis rimane molto calmo e conciliante, questo suo tono ragionevole finisce per rilassarmi e lentamente, finalmente, il mio amico qua sotto si quieta.
- È stata una bella vittoria personale, quella con lui. - Lewis annuisce contento che finalmente io abbia capito e accettato. - Anche se ha vinto lui la nostra battaglia oggi.
- Però quello che contava te lo sei portato a casa tu! - ribatte Lewis asciugandosi il sudore con l’asciugamano.
Io faccio altrettanto mentre continuiamo a parlare di questo e mi sorprende quanto mi capisce anche se non siamo mai stati in confidenza, ma credo che certe cose di me siano di dominio così pubblico che forse in qualche modo mi conosce comunque.
O, magari, ha vissuto cose simili, sembra parli con cognizione di causa, che sappia davvero cosa sto provando.
- E comunque stavolta il podio che spettava a lui, me lo sono preso io avendo approfittato della sua sfiga!
- Il karma è una puttana! - è la sua risposta pronta mentre si alza scoppiando a ridere alla sua maniera allegra e contagiosa.
- Il karma è una puttana! - ripeto io concordando e alzandomi a mia volta.
La risata di Lewis riempie la stanza con noi primi tre classificati, uno dei quali il solito silenzioso Bottas, che ci prepariamo per la premiazione nel podio qua davanti.
Questo momento è stato molto piacevole e sicuramente Pierre mi invidierebbe da morire!
Oggi per me è in qualche modo una vittoria, perciò sono felice. Dannatamente felice.”
Notes:
chiaramente la gara in questione è la famosa Silverstone 2019, si sa tutto di quella gara perciò non serve che specifico che le dichiarazioni di Charles sono vere e che la gara è andata così come l'ho descritta. Io, come sempre, ci ho aggiunto del mio romanzandola. Era necessario dedicarci un capitolo intero perché è una gara essenziale nella loro storia ed anche se di fatto non sembra succedere nulla di speciale fra di loro, in realtà è molto importante. Alla prossima. Baci Akane
Chapter 27: Umanità
Notes:
(See the end of the chapter for notes.)
Chapter Text
26. UMANITÀ
/Max/
“Come diavolo si lascia la persona a cui hai voluto un gran bene? Il primo per cui io abbia provato qualcosa di così bello e positivo era lui e gli voglio bene, gliene vorrò per sempre, ma non è facile.
Non è facile per un cazzo e fanculo, non so proprio come farlo, mi lascio solo trasportare dal modo in cui mi sento, preda dell’adrenalina della gara e di quell’eccitazione che sedimenta in me per via di Charles.
Sono fottutamente attratto da lui e non solo, mi piace. Mi piace e basta.
Mi piace com’è fatto, mi piace il suo aspetto, il suo carattere da psicopatico nascosto dietro a questa bella apparenza soave e corretta. Mi piace com’è subdolo, competitivo, permaloso e quella sua percentuale di imprevedibilità che alla fine lo rende dannatamente interessante e diverso dagli altri.
Non ho mai conosciuto un come lui ed è inutile girarci intorno.
A me ora piace Charles e non posso stare con Daniel.
Non posso perché non provo più quello che provavo prima, andare a letto con lui in modo decente o anche solo avere un orgasmo è una specie di terno al lotto. Se succede è solo perché penso a Charles.
È inutile continuare, ingannerei Daniel. Non posso usare Charles per riuscire a fare sesso con lui e comunque anche per lui è difficile avere un orgasmo con me e a volte non ci riesce.
È impossibile continuare così.
Non so se con Charles succederà mai qualcosa, ma non è questo il punto.
La gente è convinta che io sia un gran pezzo di stronzo, ma la verità è che le persone a cui tengo non le ferirei mai e poi mai, non intenzionalmente.
Adesso non è bello quel che sto facendo a Daniel e so che lo ferirò perché è inevitabile.
Daniel mi ha salvato dalla merda in cui ero, mi ha regalato me stesso, il vero me stesso e mi ha dimostrato come vivere senza rimpianti; mi ha fatto capire che bisogna cercare di essere felici al di là delle gare e dell’adrenalina che proviamo in pista. È facile sentirsi bene quando corri, devi cercare di esserlo giù dalla macchina.
A me questo mancava, era sempre mancato; ero isterico e sempre arrabbiato per via di mio padre e perché non avevo altro oltre alle corse. Non avevo niente.
Daniel mi ha regalato tutto un mondo al di fuori dei circuiti, mi ha fatto vedere cosa mi piace, mi ha mostrato chi sono e mi ha fatto capire come non picchiare la testa contro il muro tutte le volte che vedo e sento mio padre.
Se adesso sono un po’ più felice anche quando non corro, lo devo a lui.
Però ora che sono uscito nel mondo e che mi sono dischiuso, ho scoperto gli altri. Ho scoperto cosa mi piace e chi.
Non credo sia colpa di qualcuno o di qualcosa, credo solo che le cose siano andate così. A volte, semplicemente, i sentimenti finiscono o cambiano.
Quando subentra la routine dovrebbe rimanere un sentimento così forte per cui vale la pena andare avanti insieme anche se non c’è più la passione folle di prima, quella che c’era quando ti sei innamorato. Dovresti riuscire a sentirti comunque felice, trovare un modo per esserlo con lui, ma quando non è così significa che semplicemente era solo il fuoco a tenervi insieme.
La nostra dimensione è semplicemente cambiata, tutto qua.
Finisco alla velocità della luce tutti i compiti che ho in F1 dopo la gara e una volta che sono pronto, gli scrivo di vederci prima di tornare indietro.
Ci diamo appuntamento in hotel, approfittiamo per recuperare le nostre cose prima di andarcene e poi viaggiamo spesso insieme fino in aeroporto. Dipende anche dai risultati che facciamo e da quanto ci dobbiamo fermare. Se uno dei due ha fatto podio, si deve trattenere di più, ma in casi come questo che nessuno dei due si deve fermare di più lo sappiamo che ci troveremo lì prima di andare in aeroporto.
Finché eravamo compagni di team volevamo insieme con la stessa compagnia che aveva la partnership con la Red Bull, ma adesso ognuno ha la sua squadra e viaggiamo tendenzialmente separati. Per viaggiare insieme dovremmo acquistare voli per conto nostro, indipendenti da quelli forniti dai nostri team. Si può fare, così come in tanti si comprano un jet privato e si muovono con quello, cosa che ho in mente di fare prima o poi, ma è un po’ una seccatura viaggiare privatamente se non hai un tuo mezzo perché devi condividere il volo con altri estranei. Anche se sei in prima classe non sarai mai solo.
Scrivergli e specificare se ci vediamo prima di tornare è come annunciare che gli devo parlare, lo so bene.
Perché lo faccio qua e ora? Perché non a casa con calma organizzando una serata decente?
Perché è adesso che ho ancora l’adrenalina in circolo, è ora che ho trovato il coraggio e la spinta. È ora che ho pensato ‘ora o mai più’. So che se aspetto di essere a casa non glielo dirò più, mi passerà la forza di farlo ed io devo. Devo farlo e basta.
Sono arrivato prima di lui, del resto ero io quello con la fretta del diavolo, perciò quando mi bussa in camera ho praticamente già raccolto tutto con nervoso e malumore. Ho detto a Sarah e a Brad che ci avrei messo un po’ di più oggi e che avrei scritto quando sarei stato pronto. Sanno entrambi che a volte faccio tardi e che me la prendo comoda, non so quanto sanno e se hanno capito qualcosa, ma non me ne frega niente. In realtà di loro mi fido abbastanza o non li avrei mai assunti per farmi da assistente e da PT.
Daniel sorride come sempre, ma vedo una luce nei suoi occhi. Una luce simile a quella che vedo sempre in quelli di Charles.
Ripenso di nuovo a lui e scuoto la testa spontaneo. Cazzo non ne posso più.
È sempre nella mia mente ed è assurdo perché non c’è realmente nulla fra noi, ma non riesco a non pensarci con ogni scusa.
Lo sa. Sa benissimo che cosa sta per succedere, che siamo agli sgoccioli, che ogni momento è quello giusto.
Daniel si protende verso di me per lasciarmi un bacio sulle labbra a stampo, un saluto veloce classico fra noi senza farci molto caso, ma anche questo ha un retrogusto amaro.
- Allora sei incazzato? - mi chiede gironzolando nella camera. Non cerca nemmeno più di scopare con me.
Prima queste incursioni post gara prima di andarcene, erano per una scopata in fretta perché non potevamo farne a meno, perché dopo le corse c’è sempre la frenesia e l’eccitazione dovuta all’adrenalina, per ogni pilota è così. Noi due eravamo praticamente due arrapati con la voglia continua di sbatterci, ma adesso è lentamente diventato un dovere fino a che abbiamo smesso di provarci.
Si cambia, suppongo.
Noi, le cose, il mondo, la vita.
Si cambia e basta.
Ho sempre accettato tutto quello che mi capitava senza nemmeno pensarci, ma adesso ci penso perché fa male. È triste.
È fottutamente triste.
- Prima lo ero, anche se sono convinto che Seb ogni tanto si rincoglionisca e non si ricordi come si guida, probabilmente è colpa della Ferrari, chi va là cola a picco prima o poi... mi ha tolto il podio e l’ha regalato al suo figliolo!
Lo dico con ironia cercando di essere più acido che posso, ma in realtà non mi fotte proprio un cazzo di questa cosa.
Daniel ride, ma è meno divertito di quanto lo sarebbe normalmente.
- Non sai cos’è davvero la pressione finché non sei la prima guida della Ferrari, dicono... - è vero, lo dicono. Guarda Fernando prima di Seb... credo che Charles abbia un destino segnato, ma chi lo sa.
Daniel cerca di giustificare Seb perché sono amici e non mi turba la cosa.
Pensando a quanta gente gli vuole bene e a quanti amici ha, un po’ mi conforta: troverà il modo di stare meglio.
Daniel si siede nel letto guardando distrattamente le borse piene da chiudere. Stacco il caricabatterie dalla presa e lo getto in una di queste.
Cazzo, non voglio farlo. Non voglio.
Perché devo farlo?
Non posso rimandare?
Ma penso a Charles, penso alla prossima volta che lo incrocerò e alla voglia che avrò di provocarlo in qualche modo per procurargli una reazione a me.
Non voglio più avere freni. Odio guidare coi freni. Io devo andare veloce, devo fare le curve ad una velocità folle senza riflettere sulle conseguenze.
È questa la vita che voglio vivere.
Adesso sto vivendo col freno sempre pigiato.
Voglio togliere questo dannato freno.
Sospiro, faccio un sorrisino che scema nell’amara tristezza. Mi appoggio al tavolino di fronte al letto dove ho appoggiato le mie cose. Incrocio le braccia al petto e sto ancora un po’ zitto a fissarlo.
Daniel smette di sorridere di circostanza, mi guarda a sua volta in un incredibile silenzio. Non è mai capace di stare zitto.
Perché devo farlo io?
Non provi lo stesso anche tu? Perché lo fai fare a me?
Ma va bene così, dopotutto le ultime trombate che ho avuto con te sono riuscite solo grazie alle mie fantasie su Charles.
Mi mordo il labbro, fisso i suoi occhi come se potessi leggergli nella mente, ma scorgo solo le luci delle lacrime pronte a scendere.
Ci siamo sempre capiti così bene e al volo, senza bisogno di parlare e dire chissà cosa.
La prima volta che ti ho baciato è stato perché sapevo profondamente che anche tu volevi che lo facessi.
Ci siamo sempre capiti bene, per questo è inutile girarci ancora intorno.
È una conversazione che entrambi abbiamo già fatto mille volte dentro noi stessi.
- Lo sai cosa dobbiamo fare, vero?
Mi esce così come se fosse ovvio, ma sento una tale malinconia nella mia voce che a momenti nemmeno la odo io stesso.
Daniel sorride e si morde il labbro contemporaneamente. Non ho mai visto un sorriso più triste.
Annuisce.
Ora gli occhi sono davvero lucidi.
Ti prego.
Ti prego, sii forte perché se crolli tu qua è un casino per me.
Sono certo che è la cosa giusta da fare, ma fa fottutamente male.
Quando è diventato così doloroso stare insieme?
Quando è cambiato tutto?
Ci ho pensato mille volte in questi mesi, se dovessi dire un momento in cui ho iniziato a sentirmi diverso mentre stavo con te, non posso non pensare a Singapore dell’anno scorso.
Perché ho per la prima volta desiderato qualcun altro.
Hai cominciato a non bastarmi.
- Come siamo finiti a questo punto? - chiede poi in un mormorio sommesso.
Se da vecchio dovessi ricordare qualcosa di atroce nella mia vita, uno di quei momenti sarà sicuramente questo, la sua voce spezzata. Parla così piano proprio per non perdere del tutto il controllo.
Il sorriso più triste che io abbia mai visto continua ad aleggiare nel suo viso che credo d’aver amato. Ma poi che ne so dell’amore? Uno come me, così rovinato da suo padre, che cazzo ne sa dell’amore?
Forse è questo il punto, no?
- Semplicemente siamo cambiati. Noi, le cose fra noi...
Cerco di metterla giù più facile che posso. Non voglio che si addossi delle colpe o che veda dei nemici.
Nessuno è colpevole se non io stesso.
Perché sono fottuto dalla nascita, è questo il punto.
Sono fatto in modo difettoso, sono strano, sono diverso dagli altri.
Daniel sospira e scuote la testa distogliendo lo sguardo che deve essere pieno di lacrime.
- Alla fine avevi ragione tu a dire che se me ne sarei andato sarebbe stato l’inizio della fine della nostra relazione? - lo chiede con coraggio, facendosi forza.
La sua voce trema ancora, esce quasi inaudibile.
Fa così impressione.
I brividi mi ricoprono e vorrei solo annullare questa distanza fra noi e stringerlo e dirgli ‘no, un’altra volta. Ancora per un po’ stiamo insieme’.
Ma sto fermo con una forza che non so da dove mi deriva.
Ripenso a prima, alla gara. A Charles che è andato contro i suoi tipici principi di guida cambiando stile pur di darmi questa lezione. A quanto mi è piaciuto.
A quanto gli sarei saltato addosso se fossimo stati sul podio insieme, se avessi avuto una cazzo di occasione da qualche parte, in qualche momento.
- No, non lo so. Semplicemente ci siamo persi. Credo che succeda e basta. Non è colpa di nessuno. Le cose vanno da sole, cambiano. Cambiano sempre. Niente resta uguale.
Ma non so se è vero, non so se la vita funziona davvero così.
Sono figlio di genitori separati, non ho mai avuto esempi di amore vero e duraturo. Non so nemmeno cosa sia veramente l’amore se non quello di una madre al proprio figlio, ma quello non è un amore innato e normale, no?
Per un momento mi viene in mente mio padre. E l’amore di un padre non dovrebbe essere innato e normale anch’esso? Non dovrebbe esistere anche quello?
Lascio andare il pensiero e torno a guardarlo. Lui è spezzato, totalmente spezzato, non sa che dire, che fare, così sospira, annuisce e si alza facendosi forza.
Non riesce a dire niente, la mia bocca diventa di piombo così come il mio corpo che rimane piantato qua dove sono. Lui arriva davanti a me piano come se ogni passo fosse una tortura. Il mio cuore va a mille e fa male, fa dannatamente male.
Sbarro gli occhi e lo fisso immobile.
Daniel arriva davanti a me, si ferma senza toccarmi. Guarda in una delle borse nel tavolino su cui sono appoggiato, prende una delle maglie, se la porta al viso, l’annusa chiudendo gli occhi, poi con un sorriso malinconico che non dimenticherò mai, mi saluta.
- Va tutto bene. - dice infine. Non so da quanto non respiro. - Ci vediamo a casa. - conclude piano.
Sarà inevitabile.
Dopo di questo, tenendosi la mia maglietta, se ne va dalla camera.
È atroce. Assolutamente atroce.
La cosa peggiore che io abbia mai fatto.
Spero di non doverlo fare più. Cazzo, che merda che sono.
Che schifo che mi sento.
Fanculo. Fanculo davvero.
Alzo gli occhi verso il soffitto e faccio lo sforzo più grande della mia vita per non piangere. Non serve a nulla piangere. Non devo farlo.”
/Charles/
“Il piano questa volta c’era.
Mentre io sbrigavo le mie faccende in circuito da terzo classificato, Andrea e Joris recuperavano le mie cose in albergo già pronte ed impacchettate in camera, poi venivano a prendermi per andare in aeroporto.
Era un bel piano e sicuramente perfetto, se non fosse che i due geni del male, andando via durante la mia press post gara, non avessero preso tutte le mie cose, anche il mio cambio per andare via direttamente dal circuito.
Dovevo farmi una doccia veloce qua in Motorhome e vestirmi in borghese, ma rimanendo praticamente solo con la tuta di gara e lurido di Champagne e sudore, non avevo scelta che dirgli di cambiare programma e aspettarmi là.
Mi sono fatto portare da qualcuno che come me andava in hotel e mentre ci vado leggo i messaggi che mi sono arrivati, recupero quello di Pierre fra i molti ricevuti pieni di complimenti per il mio podio.
‘Ho visto Daniel che usciva piangendo dalla camera di Max. E Max non è più uscito dalla sua!’
Che fa ora, si preoccupa per Max? Lui e Pierre non viaggiano insieme anche se sono entrambi Red Bull, perché vivono in città diverse, però suppongo che si aspettava di vederlo prima di partire. Ma che stiano diventando davvero così amici da aspettarsi e muoversi insieme per le varie location?
Questa cosa occupa gran parte del mio cervello, solo a scoppio ritardato realizzo il significato reale di quel che ha detto e spalanco gli occhi rileggendo il suo messaggio. Guardo l’ora in cui me l’ha scritto e poi quello attuale mentre faccio due calcoli su quanto tempo possa essere trascorso, ma non riesco a capire più un cazzo perché il cuore finisce per battermi più veloce di quel che avrebbe senso.
Dalla gelosia su Max e Pierre alla shoccante logica deduzione.
Lui e Daniel si sono lasciati?
Mi mordicchio il labbro mentre mi insulto sperando di riuscire a riprendermi.
Ero appena tornato normale, dannazione.
Perché questa notizia mi tocca tanto? Non dovrebbe!
Non sono cazzi miei quel che fanno, piuttosto perché Pierre aspettava Max per andare in aeroporto visto che non viaggiano insieme? Pierre vive a Milano, Max a Montecarlo come me. Tuttalpiù io e lui potremmo viaggiare insieme se avessimo un jet privato, perché finché usufruiamo di quelli forniti dalle partnership dei nostri team, naturalmente, non possiamo farlo.
MA CHE CAZZO DICI CHARLES! RIPRENDITI!
Sto sragionando!
Sono discorsi totalmente senza senso. Comunque è passato un po’ dal suo messaggio perciò penso che non sia più qua.
Fingo di non aver letto niente anche se vedrà le dannate spunte blu e mi chiederà fra pochi istanti perché non dico niente.
Scendo dalla macchina e ringrazio sbrigativo per il passaggio, poi entro subito dentro come uno schizzato.
Sembra mi scappi la cacca. Non sono cose strane, capita che scappino bisogni grossi e quindi facciamo la grande fuga appena possiamo, non tutti si sentono a loro agio a fare certe cose nei bagni che si trovano nei circuiti.
Ma si possono avere pensieri più idioti?
La cacca?
Davvero Charles?
Salgo veloce in ascensore, mi sento un pazzo. Non voglio sentirmi così. Stavo bene, mi ero calmato, ero normale ed ora di nuovo questa frenesia irrefrenabile.
MA PER COSA?
Appena si aprono le porte dell’abitacolo, mi precipito fuori a testa bassa senza nemmeno guardare avanti, ma non faccio nemmeno un passo completo fuori che finisco letteralmente fra le braccia di qualcuno.
Imprechiamo insieme, io lo faccio in francese, mentre lui è estremamente seccato e molto sgarbato, ma appena il mio cervello registra il suo timbro basso e graffiante, mi ricopro di brividi dalla testa ai piedi.
Davvero?
DAVVERO?
Max mi tiene per le braccia mentre io tengo lui per i fianchi, là dove sono finite le mie mani dopo essermi scontrato con questo muro umano.
Pochi centimetri a separare le nostre facce perché di fatto ci siamo proprio scontrati, insomma sono fra le sue braccia.
Spalanco gli occhi ed avvampo, mi sento in fiamme ed in un istante il mio cervello si spegne ancora più di prima, e già prima si era dileguato.
Apro la bocca per dire qualcosa di senso compiuto, ma mi esce solo un ‘scusa’ in francese.
Appena parlo, noto subito i suoi occhi spalancarsi ed è come se venisse attraversato da una scossa, tanto che penso di avergli pestato il piede. Ma il suo irrigidimento non è di dolore, è proprio... qualcosa che non so decifrare, in realtà.
È qualcosa, ma mi perdo nei suoi occhi cupi e addolorati.
O ha pianto o stava per farlo.
La consapevolezza mi investe come una macchina a 320 chilometri all’ora, mi sfracella e mi fa sentire strano. Strano come?
Strano, non lo so.
È tutto troppo veloce, dal momento in cui gli sbatto contro a quello in cui ci guardiamo e noto che sta malissimo, passano pochi secondi, ma sono secondi che mi paiono eterni visto quante cose sento e noto. Cose che non so comunque comprendere.
- Scusa... - ripeto in inglese. Quando torno alla lingua che si parla comunemente, è come se anche Max si riprendesse e reinserisse la spina.
Scuote il capo e si stringe nelle spalle lasciandomi, si fa in parte per farmi passare e così, a malincuore, esco dall’ascensore dove eravamo rimasto incastrati in mezzo.
Lui entra al mio posto trascinando la valigia ed il borsone che aveva appoggiato giù; prima di lasciarci e proseguire ognuno per la proprio strada, torniamo a guardarci e le porte stanno per chiudersi, ma è così evidente che ha qualcosa.
Sì, ovvio che ce l’ha, ed è ovvio che me ne sono accorto. Non dovrei fare niente?
Ma che me ne frega?
Io lo odio, è il mio rivale, è uno stronzo. Lo è?
È davvero uno stronzo?
Sotto la luce dell’ascensore più accesa di quella in corridoio, guardo meglio gli occhi, le iridi blu sono più buie e cupe. Sta proprio di merda. Non saprei dire se ha pianto, forse no, ma credo lo stesse per fare. Si vede un sacco che è sul limite.
Le porte si stanno chiudendo fra di noi in questo momento che sembra onirico, sembra che nessuno dei due sia in sé, ed io infilo all’ultimo istante la mano e blocco la chiusura istintivamente.
- Tutto bene?
È una domanda che esce fuori dal mio controllo, non la volevo fare, volevo andarmene ignorandolo come ho fatto finora. Ma no, non lo faccio.
Non posso farlo.
Di nuovo davanti a lui perdo il controllo, ma questa volta non per cose che riguardano le gare o qualche sua carognata, né per qualcosa a sfondo sessuale. Per la prima volta mi rendo conto che è umano.
Sta male, sta proprio malissimo.
È uno straccio.
Max stringe le labbra carico di una tristezza talmente evidente e per nulla nascosta, che paradossalmente lo invidio.
Come fa a non avere paura di dimostrare quel che prova? Come fa a riuscirci così bene? Quando io penso di farlo, poi mi rendo sempre conto che ero come sempre nel mio insipido grigio.
Scuote la testa senza nemmeno fingere né provarci.
- No.
Ma non mi dirà cos’ha ed io non glielo chiederò, perché lo so e non dovrei saperlo e comunque non siamo due che parliamo. Non l’abbiamo mai fatto e non ha senso iniziare ora.
Non ha proprio senso.
- Mi dispiace.
Eppure la mia bocca di nuovo parla da sola contro ogni mio pronostico e volontà.
Sono sincero.
Lui annuisce e fa il vago cenno di un sorriso di gratitudine, mi rendo conto che è doveroso, però vuole solo piangere e qua, mentre lascio andare le porte, mi guarda sfilare la mano e per un momento tende i muscoli, come se resistesse ad un impulso.
Penso che lo farà, sono convinto lo farà. Invece poi sospira e rilassa il corpo lasciando che le porte ci separino definitivamente senza fare nulla.
Istintivamente sospiro per poi realizzare di nuovo shoccato.
Si è lasciato con Daniel.
Questa certezza mi paralizza al punto che rimango qua davanti alle porte chiuse senza muovermi.
Max si è lasciato con Daniel, mi ripeto immobile senza ricordarmi per cosa sono venuto qua.
Perché questo mi sembra abbia un significato rilevante per me?
Riprenditi, Charles.
Riprenditi, cazzo.
Torna in te.
Non è niente che ti riguardi, proprio niente. Un cazzo di nulla.
Fatti i cazzi tuoi, fatti la tua vita. Scrivi a Pierre, vai a farti una cazzo di doccia gelida e poi vattene a casa. Non ti aspetteranno per sempre, sai?
Muovi il culo. Torna alla tua vita.
Smetti di pensare a lui, alle sue lacrime e alla sua tristezza che per un momento ti ha paralizzato.
Smetti di pensare alla sua incredibile umanità e fragilità.
Smettila.”
Notes:
le pratiche consuete post gara penso che varino molto, se non sbaglio ci sono volte in cui si va via direttamente dal circuito ed altre in cui invece si passa prima in hotel a recuperare tutto e ripulirsi. Non penso ci sia un programma fisso, suppongo che chi ha assistenti come Charles magari sfrutti loro durante le incombenze post gara. So che Max ha (o meglio aveva, adesso non so se c'è ancora o se sia cambiata) un'assistente ed un personal trainer, ma non credo sia tipo da girare sempre con loro come Charles, perché lui ha con i suoi un rapporto d'amicizia, credo Max abbia un rapporto diverso, più professionale, ma sono solo mie ipotesi. Ho cercato nomi, ho trovato qualcosa ma potrebbero anche non essere esatti. In ogni caso qualcuno avrà avuto di sicuro. Anche la questione dei voli e degli spostamenti varia da pilota a pilota, tendenzialmente per quel che ho visto i team hanno partnership, ma i piloti possono anche decidere di viaggiare per conto proprio (con voli di linea pubblici oppure jet privati). In quel periodo Max non aveva ancora il suo famoso jet privato e sinceramente penso volassero comunque insieme lui e Daniel, ma per esigenze di copione ho fatto così. Sono comunque dettagli.
Adesso Max ha lasciato Daniel e Charles l'ha scoperto. Le cose stanno cambiando sul serio e ormai l'effetto domino è stato innescato da un po', solo che gli effetti iniziano a vedersi ora. Alla prossima. Baci Akane
Chapter 28: Per un abbraccio
Notes:
(See the end of the chapter for notes.)
Chapter Text
27. PER UN ABBRACCIO
/Max/
“Era come se non riuscissi più a svegliarmi. Mi sentivo preda di un incubo dove sei spettatore delle cose orribili che ti succedono e non sai come fermare tutto quello.
Ti lasci trasportare nella speranza che prima o poi in qualche modo finisca.
E poi, finalmente, qualcuno mi sveglia.
Non lo scontro con lui, ma il suo ‘Excusez-moi’.
Appena sento la voce di Charles parlare in francese, il mondo torna improvvisamente visibile; è come se il buio in cui viaggiavo svanisca in un attimo. Il corridoio e l’ascensore aperto prendono forma ed io lo guardo meravigliato rendendomi conto solo ora, perdendomi nei suoi occhi verdi, che sono letteralmente fra le sue braccia e lui è fra le mie.
Ci teniamo agganciati per un momento che mi sembra più lungo di quanto non lo sia in realtà, poi ci lasciamo subito ma non c’è imbarazzo. C’è dispiacere, almeno da parte mia.
Per un momento, lì con le sue mani sui miei fianchi, stavo bene.
Charles? Davvero mi sono scontrato con Charles proprio ora?
Mi sposto e lo faccio uscire così recupero le mie cose e mi infilo in ascensore al suo posto.
Non riesco a parlare o dire niente, non riesco nemmeno a nascondere la mia faccia terribile e l’umore nero. Si vede che sto male, questa volta il suo sguardo, che di solito è sempre uguale, sempre assente, si inchioda sul mio viso e mentre stanno per chiudersi le porte, non posso fare a meno di pensare che stavo bene fra le sue braccia.
La sua mano improvvisamente si infila sulla chiusura e la blocca, le ante si riaprono e una scarica di stupore mi attraversa.
- Tutto bene? - chiede con una delicatezza che mi si pianta nel cervello e forse anche nel petto.
- No. - rispondo spontaneo senza pensarci un istante. Sto di merda e si vede e non devo fingere proprio un cazzo, non come fai tu che se qualcuno sa cosa provi davvero forse cade il mondo.
La sua mano resta lì sull’anta a tenerle aperte.
C’è un momento. C’è un preciso momento fra noi, è come una rivelazione.
- Mi dispiace. - risponde poi.
Abbraccio.
È questo che mi serve.
Mi serve un abbraccio. Ho bisogno di un abbraccio.
Cazzo, abbracciami Charles. Ti prego.
Fisso la sua mano ferma lì, mi tendo allo spasmo.
Sto per abbracciarlo io.
Sto per prenderlo e tirarlo dentro e stringerlo.
È questo ciò di cui ho bisogno.
Ho bisogno di un cazzo dei abbraccio.
Forse uno vale l’altro, ma ho bisogno di essere stretto.
Invece sfila la mano, rimango teso fino alla fine, però poi le porte si chiudono ed io rilascio i muscoli pentendomi di non averlo fatto.
Era sbagliato, mi sarei scavato la fossa, ma ne avevo bisogno.
Gli occhi tornano a bruciarmi.
Come posso stare così se l’ho lasciato io?
Sono proprio un idiota.
L’ascensore scende richiamato da qualcuno e quando le porte si riaprono spero che come per magia ci sia Charles, allora lo abbraccerei e fanculo.
Perché quando stiamo di merda e soffriamo come cani ci serve il contatto fisico?
Sarah appare davanti alle porte del piano terra e mi guarda sorpresa di trovarmi qui, sempre con una faccia che è tutto un programma.
- Ero preoccupata, non venivi più... - dice poi.
- Sì, sono qua. - rispondo a stento. Recupero le mie cose ed esco passandole accanto senza toccarla né dire niente.
No, non è che mi andava bene l’abbraccio di chiunque. Non era quello.
Era il suo.
Mentre Sarah fa il reso della camera a nome mio, io vado fuori verso la macchina già pronta.
Non dirò niente per tutto il viaggio, me ne starò ben zitto, nessuno oserà dire mezza parola. Non toccherò nessuno. Non abbraccerò nessuno. Non dirò niente. Non farò niente.
Poi, stasera, berrò un dannato gin tonic. O anche due o tre.
Nelle condizioni mentali ed emotive in cui ero non ho voluto mettere piede a casa se non di corsa per mettere giù le mie cose, mi sono cambiato subito e poi ho scritto a tutta la truppa dicendo che necessitavo di distrarmi, che avevo bisogno di uno o due gin tonic.
Sono i miei amici da una vita, mi conoscono bene e mi fido ciecamente, ma non al punto da dirgli di me e Daniel. Non l’hanno mai scoperto né intendo dirglielo, ma so anche che se dovessero venire a saperlo non mi preoccuperei. So che mi sosterrebbero e non ci sarebbero problemi di alcun tipo.
Perciò visto che stasera ho proprio bisogno di perdermi e distrarmi e stordirmi fino a distruggermi, so che sono in buone mani.
Mi affido totalmente a loro nella più totale consapevolezza che tornerò a casa senza ricordarmi come.
La musica è forte e battente, sembra un martello pneumatico, è di quelle che ti rincoglionisce e che non ha nemmeno senso sentire. Non ho mai avuto la sensibilità per la musica, né per nient’altro a quanto pare: è qua, è forte, tuona potente penetrandomi nel petto e dettando il ritmo del mio cuore e non riesco più a connettere un cazzo di neurone nel cervello.
Sono finalmente spento grazie al posto giusto in uno dei club esclusivi di Monte Carlo dove si può essere nessuno in mezzo a gente schifosamente ricca ed importante, in mezzo ad una folla che è talmente rincoglionita dalla musica, dal bere e dalle luci psichedeliche basse che nessuno guarda nessuno, nessuno ti mette a fuoco.
Puoi svanire come ti pare, cancellarti, esattamente come volevo.
Non sono uno che gode a fare male agli altri, specie a quelli a cui voglio bene. Perché io a Daniel gli voglio bene davvero, ma non c’è più l’attrazione di prima. Quella cosa che c’era prima che ci faceva trombare di continuo è finita e dobbiamo farcene una ragione.
Lui non avrebbe mai avuto il coraggio di fare questo passo di merda, perciò è toccato a me.
Fra un po’ ci passerà, quando vedremo che riusciamo a stare insieme meglio di prima perché non ci sarà più l’obbligo di cercare un orgasmo insieme.
Non è più quella la nostra dimensione.
I miei amici hanno perfettamente capito di cosa avevo bisogno e mi hanno portato qua. Quando ho detto che avevo bisogno di distruggermi solo per stasera siamo venuti qua. Non mi hanno chiesto nulla, sapendo della gara hanno pensato che fossi nero per quella, poi probabilmente ho iniziato a bere troppi gin tonic e la mia linguaccia deve aver parlato troppo.
Che cazzo ne so.
Dal momento in cui ho finito il primo e sono passato al secondo ho perso il conto e lentamente anche grazie a questa musica prepotente ho perso anche me stesso.
Proprio come volevo.
Dopo un paio di drink qua in uno dei divani, ci alziamo ed andiamo a muoverci un po’ in mezzo alla folla che ci soffoca.
Non sono nessuno, stasera qua dentro.
Sono circondato da un sacco di gente che mi sembra tutta uguale e le luci basse intermittenti rendono comunque inutile cercare di identificare qualcuno. Del resto non voglio conoscere nessuno di quelli che mi circondano ed in poco tempo perdo di vista i miei amici mentre continuo a succhiare gin tonic come se non ci fosse un domani, ma muovendomi e sudando, quel che metto dentro va anche parzialmente fuori.
Da quanto sto ballando?
Un momento, ballando? Io che ballo?
Beh, questa roba non è che si può ballare, stai in mezzo ad una massa di stronzi sconosciuti e ti muovi come diavolo capita senza rendertene conto.
Uno dei miei amici mi prende il bicchiere e me ne mette in mano un altro e mi sorprende perché finora sono sempre stato io a rifornirmi, so che loro in questi casi tendono a cercare di rimanere sobri per recuperarmi quando è il momento giusto e loro sanno qual è quel momento.
Perciò sono con loro, perché mi fido.
Ma solo quando prendo il nuovo bicchiere pieno di ghiaccio e gin tonic mi rendo conto che non può essere offerto da loro, lo guardo corrucciato senza capire e poi fisso chi me l’ha fornito.
Le luci si accendono e spengono di continuo e resta difficile riconoscere di chi si tratta, ma non credo di conoscerlo.
È un bel ragazzo.
Quello lo capisco.
Probabilmente è gay.
Dopo un attimo di stordimento alzo le spalle, sollevo il bicchiere come a ringraziarlo ed inizio a bere. Il secondo successivo gli sono avvinghiato contro e balliamo insieme. Sempre contando che quel che si fa non è ballare ma saltellare e muoversi senza nessuna intenzione reale.
Le sue mani finiscono sul mio culo in un chiaro messaggio che non mi turba. Non provo niente. Non provo proprio un cazzo, perciò ci sto per vedere che succede se vado con un altro.
Ma è probabile che non capisco realmente nulla di quel che faccio, faccio e basta. Perché è così che mi piace vivere. Facendo e basta, senza pensare, senza progettare, senza intenzioni. Lasciarmi trasportare dall’istinto.
Mollo il bicchiere vuoto da qualche parte e finisco con lui in una zona appartata verso i bagni, ma più in parte e più buia. Percepisco nella nebbia della mia testa altra gente, ma non si vede veramente niente. Sicuramente stanno facendo quel che sto facendo anche io girato verso una parete che mi regge, lui dietro di me che mi abbassa i jeans giusto quel che basta e che mi prende tenendomi per i fianchi. Io leggermente piegato, lui che spinge ed io che gli vado incontro a mia volta.
Inizio a sentire il mio corpo grazie al suo cazzo dentro di me che mi trasmette parzialmente la sensazione di qualcosa di estraneo, forse sono delle fitte perché non mi ha preparato bene, ma è meglio così. Il dolore mi fa riemergere dalla nebbia della mia mente e dal caos, ma siccome sono pieno d’alcool in corpo non lo sento realmente molto. Poi diventa bello, il piacere inizia a mescolarsi al male e tutto è un fottuto casino in me, proprio quello che volevo. Proprio quello che cercavo.
So che sto gemendo e che non si sente niente perché la musica rimbomba fin qua e so che mi fotte con sempre più forza ed impeto proprio come piace a me.
Lo sconosciuto mi sbatte forte, riesce a toccare quel che serve per farmi sentire un fottuto piacere che si espande in mezzo a questo disastro che c’è in me.
Un disastro che, mentre vengo, prende una forma.
La forma ha un viso ed è quello bello e perfetto di Charles.
Il suo mancato abbraccio, prima, torna prepotente in me e il mondo riprende lentamente forma mentre lui sfuma. Il muro su cui appoggio, il buio, la musica rumorosa ed uno appoggiato dietro di me.
Un barlume di lucidità mi invade la testa e quando sento la sua bocca che risale sul mio collo alla ricerca della mia bocca scuoto la testa e spingo con le mani contro il muro, mi stacco per poi sfilare via brutalmente. Mi alzo i jeans e me li sto chiudendo mentre me ne vado, quando la sua mano mi afferra per il braccio tirandomi a sé.
- Ehi! - esclama seccato. Io mi giro stizzito dimenticando i jeans che restano aperti ed alzo la mano pronto a sbattergliela dove capita pur di scrollarmelo di dosso.
Ruggisco allo stesso modo, alzando la voce: - No, ehi tu! - faccio brusco.
Ma lui mi blocca il passaggio verso il locale.
- Mi scarichi così? - parla in inglese avendomi sentito parlare in quella lingua, ma io faccio dietrofront e con un semplice: - Vaffanculo! - vado verso i bagni da cui proviene un po’ di luce.
Ho un caldo micidiale, sono sudato e disfatto anche se non so quanto perché non ho una reale concezione di me. Sento la maglietta tutta appiccicata, i capelli sulla fronte sudata, i pantaloni ancora aperti in una fuga inequivocabile. Ho bisogno di acqua fresca.
Sto per entrare in bagno quando la sua mano si serra sul mio polso per fermarmi di nuovo, sto per tirargli un pugno di riflesso quando la porta davanti a noi si apre, la luce ci investe accecandomi, chiudo gli occhi abbassando la guardia ed il pugno che stavo per dargli, ma è così che lui ne approfitta e mi tira a sé.
Mi sale l’istinto più omicida che abbia mai avuto, anche perché nonostante io abbia sudato e scaricato parecchio alcool, ne ho ancora molto in circolo e proprio stasera, cazzo, non è serata. Non rompetemi i coglioni.
Non faccio in tempo a fare nulla che qualcun altro mi prende il braccio vicino alla sua presa ancora molto forte. Apro gli occhi che si abituano alla luce e metto a fuoco due mani di troppo. Una su di me, l’altra sul polso dello stronzo con cui ho scopato.
Vedo solo questo, ma sto per risalire al viso del proprietario quando una voce familiare ed inequivocabile parla in francese.
- Ehi, che fai? Lascialo!
I brividi partono di riflesso. Il suo è un tono molto più deciso e prepotente del solito con cui sono abituato a sentirlo; il suo francese, la sua erre meravigliosa, il suo accento mi riporta bruscamente e brutalmente alla realtà e quando i miei occhi puntano su di lui, rimango shoccato nel vedere proprio colui che mi aveva fatto venire quel desiderio incomprensibile di essere abbracciato.
Charles è qua.”
/Charles/
“È come uno schiaffo in piena faccia.
Succede tutto d’improvviso ed inaspettatamente.
Apro la porta del bagno e mi ritrovo la faccia disfatta di Max che si ferma, chiude gli occhi accecato dalla luce ed un tizio dietro lo afferra per il polso strattonandolo.
È un istante: smetto brutalmente di ragionare, la mia testa si spegne e divento totale istinto in una di quelle rare volte dove, stranamente, non mi parte l’ormone ma il raptus.
Afferro impulsivamente i loro due bracci con l’intenzione di liberare Max dalla presa di sto tizio e stringo il suo polso come per spaccarglielo.
Non sono una persona particolarmente violenta, anzi. Quello irascibile è Max ed è strano che si sia fatto sopraffare, ma non ho fatto in tempo a metterlo bene a fuoco, altrimenti avrei notato la sua aria terribilmente fuori dal suo normale modo di essere.
Prima di realizzare dettagli vari, dico sul piede di guerra: - Ehi, che fai? Lascialo!
Mi esce un tono piuttosto arrogante, di solito sono sempre controllato o perso per un mondo alternativo dove nessuno mi fa scomporre, ma adesso sento il sangue ribollirmi.
Chi diavolo è sto tizio e che vuole fare a Max?
Stringo la presa fino a che molla e solo dopo li lascio andare. Alla luce del bagno potrebbe capire chi siamo, ma ad un’occhiata attenta capisco che sto qua è completamente fatto e dubito si ricordi il proprio stesso nome, perciò scuote solo la testa e si concentra su Max prima di andarsene.
- Non ti ho obbligato io a scopare, sai?
Il tipo parla in inglese e capisco perfettamente cosa dice.
- Sì, beh, e dopo cosa vuoi, la fede nuziale? - risponde acido Max spingendolo irascibile con una manata sul petto. Adesso lo riconosco, anche se è veramente molto disfatto.
Dopo di questo finalmente lo sconosciuto lo manda a fanculo con un gesto inequivocabile e se ne va. Appena soli sospiriamo insieme scuotendo la testa.
- Ma guarda che tipo! - commento io non sapendo che dire, ma i miei occhi sono già a scrutare Max che entra in bagno ed io che ne stavo uscendo rimango dentro sulla porta perché in questo momento è vuoto e voglio rimanga tale. Sia mai che venga aggredito di nuovo, gli sconosciuti psicopatici sono ovunque.
Solo mentre lo faccio mi rendo conto di essere diventato la sua guardia del corpo. Non che fra i due quello aggressivo che fa paura sono io, ma è stato tutto così veloce che non credo d’aver capito bene che è successo.
Quando Max va ad urinare coi pantaloni già aperti, però, realizzo quel che aveva detto il tipo ed avvampo chiudendo a chiave la porta alle mie spalle dopo che mi ci aggrappo. Non so perché lo faccio, non ci ragiono per nulla. Lo faccio e basta.
Ho bevuto due modesti drink, niente di esagerato, non sono ubriaco, ma un po’ in qualche modo mi ci sento.
Ballando ho scaricato l’alcool, però sono ancora confuso.
Ha scopato con quel tipo qua fuori? Ma non è mica un hotel, non ci sono stanze. C’è solo un ampio corridoio buio fra i bagni e il resto del locale. Si percepisce della gente ammassata lungo le pareti ma non si capisce un cazzo.
Spalanco gli occhi pensando che forse ci posso anche essere passato davanti prima mentre venivo qua.
Sentivo rumori, ma la musica era così forte che non si capiva un cazzo ed il buio era pesto tanto che a malapena ho intravisto la scritta ‘toilette’.
Ho beccato involontariamente Max che scopava?
Aspetta, con uno sconosciuto?
È messo così male?
Al mio strano silenzio, Max si gira dopo che il rumore della sua pipì cessa di creare imbarazzo.
Cosa diavolo sta succedendo?
Perché mi sento uno scolaretto che sta per essere aggredito da un bullo?
Quando i suoi occhi blu intensi si posano sui miei indagatori, si illuminano in un istante di malizia.
Era distrutto. Fino ad un momento fa e appena ho aperto la porta sulla sua faccia, lui era totalmente distrutto. Non solo accaldato, sudato e spettinato e pure in disordine. Lui era proprio emotivamente distrutto. Sembrava passato sotto un tritacarne, altro che scopare.
Miliardi di informazioni passano per la mia testa in un istante brevissimo dove faccio ‘overthinking’. Si è lasciato con Daniel, è una certezza. Io lo so, dovrei dire qualcosa? Ma come mi guarda?
I suoi occhi fanno da padrone e mentre si chiude la patta dei jeans e si gira, mi parla ancora malizioso come lo sono i suoi occhi che non si staccano da me. Ho caldo.
- Non hai niente da dirmi?
Mi mordo la bocca e solo dopo che torno mentalmente al tizio che gli stringeva il polso, mi esce qualcosa.
- Max, è pericoloso scopare così con degli sconosciuti in un posto come questo...
Max ride ilare e provocante mentre va al lavandino a lavarsi le mani e la faccia. Si getta acqua fresca in viso e sul collo bagnandosi a casaccio tutto.
È spettinato e tutto in disordine in generale, il viso è rossissimo di calura e sta benissimo.
Dio, sta fottutamente bene. Anzi, è dannatamente sexy.
Ed io mi sono di nuovo eccitato, ma rimango qua appeso alla porta che tengo ben chiusa sperando che nessuno cerchi di entrare. Anche se è chiusa a chiave ci disturberebbero.
- Un posto come questo? - chiede divertito. Su tutto quel che ho detto, questo lo incuriosisce?
- Squallido e affollato. - rispondo subito. Appena lo dico penso che potrebbe prendersela, non intendevo dire che lui è squallido. Spalanco di nuovo gli occhi ansioso che si arrabbi con me, ma lui mi viene davanti rimanendo bagnato e sembra tutto fuorché infastidito.
Improvvisamente mentre mi guarda non è più distrutto o irascibile. Sembra quasi rinato. È malizioso e provocatorio ed io ce l’ho duro, ma per fortuna indosso sempre pantaloni comodi e non dovrebbe notarsi, ma si vedrà che sono nel panico?
- Non preoccuparti, so difendermi.
Quando parla sento il suo alito di gin tonic e capisco che deve essere ubriaco. Sto cercando di capire quanto lo sia concentrandomi sui suoi occhi, ma è peggio per me, ovviamente, perché il caldo torna ad aumentare, un caldo interiore; è sicuramente colpa dell’eccitazione e della vicinanza eccessiva. Non ci stiamo toccando realmente, ma da come mi guarda compiaciuto sembra mi stia immaginando mentre trombiamo là fuori al buio.
Dì qualcosa Charles. Dì qualcosa o muoviti.
No, non riesco a muovermi: ho paura di cadere come un coglione se mi stacco da questa maniglia; allora parlo senza sapere che dire.
- Quindi è vero? Ti sei lasciato con Daniel?
Dovevo dirlo per forza?
Era ovvio, era sottinteso ed è anche evidente che la sta prendendo malissimo. Non so un cazzo di loro, di chi ha lasciato chi e cosa sia successo e non dirò stronzate tipiche di circostanza.
‘Dai vedrai che si risolverà tutto’. Specie dopo che è andato con un altro. Non credo che si risolverebbe, dopo di questo.
Appena lo nomino, Max cambia faccia e torna a quella dilaniata di prima, si oscura repentinamente e per un momento rimango incantato davanti alle diverse sfumature che assume. È così bravo a far capire cosa prova, non ha paura di mostrarlo.
Non ha bisogno di dire assolutamente nulla; allungo la mano staccandola dalla maniglia alle mie spalle e senza rendermene conto, totalmente fuori dal mio controllo, ecco che trovo risposta alla mia domanda di tempo fa.
Se mai mi sarei trovato da solo con Max in un momento in cui sono su di giri, che avrei fatto?
Sapere che sta male e che si è lasciato con Daniel mi colpisce più di quel che pensavo. Me ne rendo conto mentre la mia mano si posa sulla sua guancia bollente e rossa. Una scarica elettrica mi attraversa da capo a piedi e finisce sul mio inguine rendendomelo fottutamente bollente. Per un momento ho paura di venire così.
Max spalanca gli occhi che mostra nel suo colore del mare. È come se osassi fare qualcosa di innominabile. Rimane totalmente shoccato dal mio gesto e solo alla sua faccia capisco che ho davvero fatto qualcosa di assurdo e fuori dai miei schemi.
Così stacco immediatamente la mano provando a blaterare qualcosa imbarazzato e nervoso.
- Scusa, ho bevuto un po’... questo posto non è fra i miei preferiti, ma piaceva ad uno dei miei amici perché c’era un DJ che segue e...
E sto dicendo stronzate senza senso che lui non ascolta perché improvvisamente, mentre sfilo la mano, si accascia contro di me cingendomi la vita. Nasconde poi il viso sudato contro il mio collo che non è tanto da meno e rimane lì.
Io trattengo il fiato appoggiato alla porta, le braccia aperte per un momento di shock.
Che diavolo fa?
- Tranquillo, sono marcio di alcool anche io. - biascica sulla pelle fin troppo sensibile. I brividi continuano a percorrermi indurendo il mio cazzo che ora, porca troia, preme contro di lui. Non so che parte di sé sia sulla mia, non voglio saperlo, ma le mie mani si posano da sole sulle sue braccia permettendogli di rimanermi addosso.
Non respiro. Forse nemmeno mi batte il cuore.
Forse sono morto.
Non so cosa stia succedendo, ma è un momento così intenso che torno immediatamente in me, smaltisco in un istante l’alcool che mi aveva reso alticcio e sono assolutamente paralizzato contro di lui.
Le mie mani lentamente scivolano sulla sua schiena, non so cosa stiamo facendo, so solo che mi piace e non voglio che finisca.
Questo momento fra noi non deve finire. Mentre ci penso, lo sento tremare contro di me e capisco che sta male.
Sta veramente male al punto da aver bevuto e fatto stronzate che domani non ricorderà, o magari le ricorderà ma se ne pentirà.
E non so se intendo la scopata con lo sconosciuto o questo abbraccio, ma useremo entrambi la stessa scusa.
Avevamo bevuto.
Così raggiungo la sua nuca spettinata e sudata e lo tengo a me stringendolo meglio. Lascio che i nostri bacini si premano uno sull'altro e credo che sono veramente vicino a venire in questo modo patetico.
Se non fosse davvero fottutamente squallido e pericoloso, stasera seguirei il suo esempio e scoperei con qualcuno. Un ragazzo. Magari con gli occhi blu ed i capelli biondi.
Oh, ma che cazzo mi sta succedendo?
Mi sembra d’aver bevuto i suoi maledetti gin tonic.
Quando da dietro qualcuno prova ad entrare trovando chiuso a chiave, spalanco gli occhi e torno bruscamente in me prendendolo istintivamente per le spalle. Lo allontano bruscamente e lui fa la stessa cosa facendosi indietro da solo. Ci guardiamo nel panico, i cuori galoppano come quelli di due adolescenti. Lo so che anche lui è nelle stesse condizioni, glielo leggo in faccia.
- Troppi gin tonic. Scusa. - borbotta ricomponendosi come se l’avessi sgualcito. Aspetto di essere in grado di camminare, ma non so se ce la faccio. Ho le gambe molli.
- Sì, anche io credo. - rispondo asciugandomela così. Non eravamo poi così ubriachi con tutto quel che abbiamo sudato, ma va bene così. Va bene fingere che sia così.
- Scusa, - fa lui poi come se ritrovasse un briciolo di lucidità. - sono fuori di me stasera. Avevo bisogno di un abbraccio e credo d’averlo cercato nel modo sbagliato. Sia prima che ora.
Si riferisce allo sconosciuto. Io annuisco e poi scuoto la testa alzando le spalle, non sapendo che cazzo dire e fare.
- Va bene. Non preoccuparti. Immagino di capire.
Immagino, perché non è vero. Non sono mai stato così innamorato da essere distrutto per la fine di una storia. Mi immagino a lasciare Giada e penso che non starei così male e improvvisamente so che è questo che farò in questi giorni, perché è decisamente inutile stare con lei visto che a farmelo venire duro in questo momento è solo lui.
Lui o Pierre.
Pensando a Pierre, mi riprendo un po’ senza capire perché.
Alla fine mi sposto e sblocco la chiave girandomi dall’altra parte per non farmi vedere in faccia, sia mai che qualcuno di questi ubriachi strafatti mi riconosca. Max fa la stessa cosa e dopo che i tipi entrano lamentandosi che per trombare c’è il corridoio, io schizzo fuori avvampando di nuovo all’idea che lo sconosciuto mi ha appena messo in testa.
Pensavano che scopassimo.
Magari un giorno succederà davvero così. In uno squallido cesso di un club esclusivo.
Max ride dietro di me ed io mi lecco le labbra. Percorro il corridoio del sesso, ora so cosa ci fa tutta sta gente che si percepisce e non si vede: non stanno in fila per pisciare.
Mi tengo per me sta cosa e tiro dritto verso le luci psichedeliche del locale e la musica che si fa più forte e prorompente. Prima di immetterci nella folla e separarci per trovare i nostri amici, ci affianchiamo e ci guardiamo. I nostri occhi ora si intravedono appena fra le luci basse e intermittenti.
Lui dice qualcosa, ma non si capisce un cazzo, così avvicino il viso al suo e lui appiccica la bocca al mio orecchio uccidendomi un’ultima volta di brividi lungo la spina dorsale.
- Grazie. - dice solo. Io annuisco, ma non dico niente perché non ho la forza di rispondere. Faccio un sorriso fiacco che so non arriverà agli occhi, anche se mi piace pensare di sì, e vado oltre, nella folla, nel casino. Perché è meglio così.
Ognuno per conto proprio, stasera.
Solo per stasera.
La prossima, forse, no.”
Notes:
non ho idea di che locale sia, non sono di Monte Carlo e non ci sono mai stata, perciò tutta la parte nel locale è totalmente inventata ed è frutto di fervida immaginazione. So che in generale ci sono locali fatti così con quelle aree buie dove la gente fa quel che gli pare, per il resto parto sempre dal presupposto che fra tanta gente ammassata, musica forte con luci basse intermittenti che rincoglioniscono, alcool e stupefacenti vari, uno può anche non venir riconosciuto. Comunque ribadisco sempre: è solo una fanfic. In ogni caso finalmente iniziano le cose belle e succose, da qui in poi è un crescendo, ormai la miccia è partita ed è stato innescato il processo che li porterà dove vogliamo averli. Alla prossima. Baci Akane
Chapter 29: Abitudine al dolore
Notes:
(See the end of the chapter for notes.)
Chapter Text
28. ABITUDINE AL DOLORE
"Alla morte di Hubert ci ho ripensato, ma con lui ho fatto la stessa cosa che ho fatto con mio padre e Jules: a un certo punto ti abitui al dolore, non vuol dire che ti dimentichi, li ho tutti nel cuore e nella mente. Ma so come e grazie a chi sono arrivato qua. E loro tre mi hanno aiutato. La perdita ti fa relativizzare su tutto, sulla F1 e sulla vita in generale.” - Charles
/Charles/
“Lasciare Giada è stato fin troppo facile, da un certo punto di vista. Anche se lasciare non mi piace mai. Non è una cosa che faccio con leggerezza, sono consapevole di fargli male e mi dispiace.
Però se devo essere onesto con me stesso, non ho provato quel gran peso che mi ha impedito di farlo. Non ho provato nulla, non ho sentito nulla. Mi è dispiaciuto perché sono umano, ma non è stato abbastanza da impedirmi di farlo.
Perciò è stato facile e non sarebbe dovuto esserlo.
Le ho detto che voglio concentrarmi esclusivamente sulla F1, ora che sono in Ferrari ci tengo troppo e non voglio distrazioni.
È la scusa più gettonata e più idiota perché in realtà non ha senso, ma al tempo stesso nessuno ci discute su. Nessuno di quelli che viene scaricato per quel motivo, per lo meno, perché al 90 % non sono del mondo delle corse, perciò non sanno che non regge.
I piloti hanno bisogno di distrarsi dalle corse, ovviamente non durante le settimane di gara, ma se uno è intelligente lo sa fare.
Al di là di questo, se non hai altro al di fuori delle gare, ti prosciughi; hai bisogno di staccare, divertirti, rilassarti, sfogarti, quando non sei impegnato con il lavoro. Come tutti, per la verità.
Perciò dire che ti vuoi concentrare sul lavoro è una stronzata, ma l’accettano perché non è un lavoro normale, perciò è plausibile.
Comunque alla fin fine Giada non ha discusso e non ha pianto, nemmeno abbiamo litigato perché era nell’aria, se ne era accorta e non è caduta dalle nuvole. Sicuramente l’aveva capito che lo stavo meditando da un po’.
Un giorno sicuramente cercherò un’altra ragazza con cui stare, perché avere una accanto è necessario, al di là del bisogno di fare una famiglia che tutti prima o poi vogliono.
Io sono giovane ed in questo momento non mi sfiora il cervello, però penso che un giorno lo vorrò. Ma non è solo per questo che so che tornerò a legarmi ad una ragazza. È perché ti copre, no?
Sei più tranquillo nel fare quel che vuoi, se ne hai una accanto. Noi che siamo famosi e sempre sotto gli occhi di tutti, dobbiamo pensarci a queste cose. È quel che mi ha sempre detto Pierre, lui ha sempre avuto questa fissa e penso di condividere il suo pensiero.
Però per ora avevo bisogno di aria, non ce la facevo a rimanere con lei. Sono in una fase confusa della mia vita, provo tante cose strane per tante persone e so di avere tendenze, ma non sono poi così facili da essere capite e so solo cosa non mi piace. Avevo bisogno... non so, di fare spazio nella mia vita per capire cosa provo per chi e soprattutto cosa voglio.
Sono confuso. Dannatamente confuso.
Perché è strano quello che provo per Max: a volte sono attratto da lui, altre lo odio. Non so cosa sento, mi fa perdere la testa ed il controllo in certi momenti, ma non sono certo di cosa si tratta.
Poi c’è Pierre, anche per lui provo qualcosa di speciale che va oltre l’amicizia, visto che quando sono su di giri faccio il maniaco con lui. Non so se è solo perché ho gli ormoni mai sfogati nel modo in cui a quanto pare mi piace e lui è uno di quelli con cui mi trovo a mio agio a fare certe cose, oppure se c’è altro.
Non so, ci sono troppe cose su cui devo pensare.
Avevo bisogno di spazio e così ho tagliato la sola persona che non mi pesava tagliare. Una volta che avrò le idee chiare, tutto andrà meglio.
Mentre ci penso sulla via di ritorno per la ripresa del campionato, dopo la pausa estiva di agosto, ascolto una delle mie solite playlist depressive. Sembro triste per Giada, in realtà mi sento sollevato riguardo lei. È semplicemente il mio stato d’animo generico da anni, ormai.
Ma non ero sempre così. No, non lo ero proprio.
Ho iniziato a sentire canzoni tristi con la morte di Jules e da lì non sono più riuscito a smettere, era come se rispecchiassero il mio animo.
Penso che il giorno in cui mi andrà di ascoltare qualcosa di più movimentato e allegro, capirò di essere uscito da quel buco in cui mi sono infilato per il dolore che nessuno dovrebbe vivere. Il dolore a cui dopo un po’ ti abitui e nemmeno te ne rendi conto.
Me ne accorgo ora, ma ne avrei fatto volentieri a meno.
L'intero weekend è strano, come se ci fosse nell’aria qualcosa di diverso, ma tutti pensiamo che sia per la pausa. È sempre strano ritrovarsi dopo un po’. Fra l’altro ci sono stati anche dei cambiamenti, Pierre è stato retrocesso in Toro Rosso e Alex è stato promosso al suo posto in Red Bull.
Uno scambio ridicolo per cui ho impiegato un po’ a calmare e consolare Pierre. Mi è dispiaciuto per lui, ma a questo punto se quello è un ambiente così tossico, è meglio per lui allontanarsi.
Perciò forse è questo, sono concentrato su di lui e sul stargli vicino e assicurarmi che viva bene questo cambiamento.
Abbiamo parlato tantissimo della Red Bull e di come chiunque metteranno vicino a Max sarà sempre sacrificato e maltrattato, perché comunque ormai puntano tutto esclusivamente su di lui e gli altri possono essere talentuosi e fare i risultati che vogliono, ma i riflettori ormai saranno tutti per Max.
Pierre non ce l’ha con lui, ma è consapevole che tollerano da lui cose che non tollerano dal compagno di turno, con cui invece sono iper severi, e questo non è giusto in ogni caso. Max prima di diventare decente ce ne ha messo, ha fatto errori allucinanti ed ancora adesso non è comunque quel pilota pulito che ti garantisce gare di livello senza cagate. Ne fa ancora perché ha una guida estrema e rischiosa che nessuno a parte lui può fare.
È difficile far bene lì e sopportare una situazione simile.
Ne abbiamo parlato molto, così come su Max e Daniel.
Gli ho detto del mio scontro con lui in albergo a Silverstone, quando aveva gli occhi rossi e gonfi di pianto, ma non gli ho detto niente del locale. Non so perché, non è successo niente di cui vergognarmi o da nascondere. Anche perché a Pierre non ho mai nascosto niente, perciò non so, ma questo non gliel’ho detto e non penso di farlo mai. Forse perché è una cosa nostra, privata. Come Singapore. Non era nulla, però era qualcosa che deve rimanere fra noi.
Un abbraccio, un momento di debolezza mascherato da crollo alcolico.
Però preferisco fargli credere che lo odio ancora. Anzi, preferisco sforzarmi di odiarlo.
Ho detto acidamente che è difficile comunque avere a che fare con lui e che Daniel è stato un santo a riuscirci fino ad ora, ma che non lo biasimo.
Pierre ha detto che ha conosciuto un lato più umano e fragile, in un certo senso, di Max. Non ha potuto saperne molto, ma ha avuto l’impressione che per colpa di suo padre si sia corazzato dietro uno scudo di stronzaggine per proteggersi da lui, ma sostiene che in realtà ci sia un altro Max là dietro quello scudo e Daniel deve averlo trovato.
Scherzando ho detto se per caso voleva scoprirlo anche lui e provarci, in quel caso di farsi avanti che ora era libero, ma Pierre è arrossito dicendo che anche se l’aveva rivalutato, non era il suo tipo. Non mi ha detto quale sia ed io non gliel’ho chiesto temendo di saperlo.
Ancora non so se vorrei questo fra noi e finché non lo saprò non farò niente, o per lo meno cercherò di evitarlo.
Incrocio vagamente Max non prima del solito briefing del venerdì sera, ma siccome siamo arrivati in momenti diversi, ci siamo messi completamente separati ed è stato come non essere lì insieme. Non ci siamo visti, io non mi sono volontariamente mai girato e poi prima di andare via ho atteso un po’, fingendo di avere un sacco di cose di cui parlare con qualche altro collega.
Lo sto evitando come se fosse successo chissà cosa e per questo mi sento abbastanza idiota, ma se lo incontrassi ora non so se riuscirei a nascondere che mi ricordo molto bene quella notte a Monte Carlo. Penso che anche lui la ricorda bene.
Sabato 31 agosto 2019.
Sono contento, infinitamente contento della mia pole. Spa è un circuito che mi piace, sapevo di poter fare bene, me la sentivo oggi nonostante la settimana strana che sto vivendo fra il malumore di Pierre nell’essere effettivamente tornato in Toro Rosso e tutti i miei abili tentativi di evitare Max.
Ho vicino a me Seb, non so cosa farà e non ne parliamo, sicuramente vorrà cercare di vincere e non sarà facile visto che la macchina sta andando forte per entrambi, però so di potercela fare. Ho molta fiducia in me stesso e sono su di giri, anche se mi sforzo di rimanere saldo coi piedi per terra. Non è la prima pole e non sono mai riuscito a tradurla in vittoria, ancora. Per essere uno che punta a mondiali e successi, non è che ho fatto gran che. È arrivato il momento, però.
La conferenza dei piloti è appena finita e stiamo rispondendo alle ultime domande dei giornalisti fuori nell’area dei media, quando qualcosa succede.
Sono concentrato su quel che sto dicendo e non capisco subito di cosa si tratta, ma poi tutti iniziano a fare esclamazioni shoccate e preoccupate e mi giro per capire cos’è successo. In questi posti in ogni angolo c’è uno schermo che trasmette qualcosa riguardo la pista e appena ne adocchio uno, i miei occhi si focalizzano totalmente sulle scene che vengono riproposte.
La prima cosa che comprendo è che si tratta di un incidente. Uno di quelli brutti.
Una prima macchina ha un incidente, una seconda finisce contro la parete e si ritrova sbalzata di traverso in mezzo, subito però viene tranciato di netto dall’altra macchina che subentra dietro di lui.
Rottami. Rottami ovunque.
Il mondo si ferma, non so chi sia, non ricordo che a correre adesso sono i ragazzi di F2 nella loro Sprint del sabato. Non realizzo veramente nessun dettaglio.
La mia mente viene catapultata a quel 5 ottobre del 2014, quando le pochissime immagini di Jules che spariva sotto la gru a bordo pista, lanciato ad una velocità folle, si susseguivano nelle televisioni di tutto il mondo.
Questa volta è diverso, questa volta si vede bene. Ci sono rottami e una macchina è letteralmente fatta in due. Ma lì non doveva esserci il corpo del pilota?
Dio mio, ma chi è?
Perdo totalmente la consistenza del corpo, non sono più in piedi, non mi sto toccando la bocca con la mano, non ho gli occhi spalancati a fissare lo schermo e le mie orecchie non sentono voci concitate da tutte le parti che piene di allarme dicono cose.
Non ho una voce che esce, la mia voce è bloccata in fondo alla gola e così resterà per tanti anni, ma ancora non lo so. Poi, un giorno, si sbloccherà tutto d’un colpo e non sarò più capace di trattenerla.
Chi è? Chi diavolo è?
È brutto, è uno di quegli incidenti che passeranno alla storia per motivi sbagliati.
Jules si inchioda nel mio cervello paralizzandomi, non riesco a tornare in me subito, non so quanto rimango così, ma ad un certo punto vengono fatti dei nomi ed uno in particolare spicca.
È come un pugno allo stomaco che toglie il fiato e per un momento vedo tutto nero.
Anthoine Hubert è il ragazzo della macchina in pezzi. La macchina presa in pieno dall’altra e stracciata come se fosse cartone.
Sembrano tanti pezzi di cartone, come dei puzzle. Un tempo componevano una macchina ed in quella macchina c’era un ragazzo.
Un ragazzo che conosco molto bene.
Un mio amico.
Conosco o conoscevo?
Abbiamo corso insieme. È stato il compagno di stanza di Pierre. È un suo grande amico.
Mio Dio, ma come ne uscirà?
Come?
Ma che domande stupide, Charles.
Lo sai come ne uscirà. Ormai ci sei già passato, sai bene come vanno queste cose.
Per un istante ripercorro nove mesi di atroce gestazione al termine dei quali non è nato un bambino, ma è morto un amico. Uno a cui tenevo da matti.
Quei mesi si condensano in un’unica soluzione e mi sembra il cervello mi scoppi.
Torno in me perché le lacrime bruciano, così scuoto la testa, batto le palpebre e faccio violenza su di me.
Pierre, devo trovare Pierre.
Nemmeno so se mi congedo dai giornalisti con cui stavo parlando, entro subito nel mio garage da dietro e sono già attaccato al telefono per chiamare Pierre. Percepisco la presenza di qualcuno intorno a me, gente che conosco, so chi sono e so perché sono qua con me. Tutti parlano, qualcuno sta in silenzio senza riuscire a dire nulla, molti chiedono con ossessione che è successo e come stanno quelli coinvolti nel maxi incidente in pista. Voci che mi arrivano lontane anche se non sono isolato chiuso in una stanza ignifuga.
Percepisco solo che la loro gara viene sospesa e poi cancellata, ma finalmente Pierre mi risponde e il cuore che mi batteva come un ossesso si sospende e solo per sapere di lui, come sta?
Improvvisamente è tutto ciò che conta. Non esiste altro, solo Pierre ed il suo stato.
Perché so perfettamente come andrà, una parte di me lo sente. Quella macchina era troppo a pezzi, dove doveva esserci il corpo del pilota c’era il vago ricordo di una macchina tagliata in due.
Jules è venuto ad avvertirmi con quel flashback terribile.
Com’è possibile che ci si dimentica di un sacco di cose, ma quelle shoccanti, quelle più terribili, tu le ricordi alla perfezione?
Non tutto e non completamente, ma ci sono dei ricordi dettagliati di momenti specifici.
Come la sfumatura degli occhi di mio padre quando mi ha visto arrivare in boxe dopo la mia gara, quando doveva dirmi di Jules.
Dettagli che dopo anni dovresti dimenticare, non ricordo nemmeno cosa ho indossato martedì per viaggiare e venire qua in Belgio.
- Dove sei?
So che non può essere ancora qua, se non hai la conferenza post qualifica fai presto, rispondi ad un paio di domande ai giornalisti nel paddock, hai la riunione con il tuo team per la gara dell’indomani, ma di fatto poi te ne vai abbastanza presto.
Sento un rumore di macchina in sottofondo, anche se non è facile capirlo perché anche se sono dentro il garage, c’è comunque confusione.
Tira su col naso diverse volte prima di parlare, prima di sentire la sua voce sottile e rotta so che sta piangendo.
- Sto andando in ospedale dove lo stanno portando.
Gli chiederei ‘ma ti sembra il caso? Ci sarà un casino assurdo!’, ma sarebbe stupido. Lui è emotivo, non ci ragiona mai su quel che fa, fa e basta e lo ammiro.
Annuisco anche se so che non mi può vedere e sospiro guardando l’ora, ma poco importa questa.
- So che è stupido da parte mia e che sicuramente preferisce avere vicino la sua famiglia, ma io lo conosco da quando era piccolo, abbiamo vissuto insieme per un periodo...
Pierre parla ed io lo lascio fare mentre esco sempre parlando al telefono, vado dritto verso il Motorhome a cambiarmi, come se non ci fosse nessuno intorno che cerca di intercettarmi e parlarmi. Io ignoro tutti e mi focalizzo solo sulla voce di Pierre ed è come se in qualche modo uscissi dal tunnel in cui mi stavo per infilare per un momento.
Per concentrarmi su di lui io non starò male. Rimarrò ben saldo in me.
Le nostre dita sono intrecciate, le mani strette, noi seduti vicini nell’ospedale in mezzo ad altra gente, molti piloti o membri del suo team, la sua famiglia che si ricordava ancora di Pierre.
Ma nessuno nota le nostre mani come quelle di due fidanzati, perché sono tutti persi in un’altra dimensione, quella dell’attesa.
L’attesa peggiore del mondo. Nessuno parla, è come se non si potesse fare, ma aleggia Jules fra noi. Mi sembra di vederlo qua seduto accanto che ci conforta e ci dice di farci forza.
Quando arriva la notizia che nessuno vorrebbe ricevere, non dico assolutamente niente. Sfilo la mano per portarla intorno alle sue spalle, lo tiro a me e lo abbraccio prima che lui possa capire veramente cosa hanno appena comunicato i medici alla famiglia di Anthoine.
È morto.
Almeno non avrà nove mesi di agonia per sé e per tutti gli altri che l’avrebbero aspettato.
Assurdamente penso che se doveva comunque morire, era meglio così come è successo a lui. Subito. Senza inutili sofferenze prolungate per tutti. Se una cosa deve essere, deve essere subito.
Uso tutta la forza che posso per stringere Pierre che si scioglie in un pianto disperato, mentre sento quello degli altri intorno a me che mi penetrano e mi riportano all’ultima volta che ho ricevuto una notizia uguale a questa in un altro ospedale.
Mio padre, due anni fa.
Di nuovo. Sono di nuovo qua a subire un lutto così importante. Un amico se n’è andato, un altro.
Una morte ogni due anni.
Mentre Pierre mi inonda il collo di lacrime ed io lo stringo, mi chiedo come sia il mio viso. Stringo gli occhi per capire se sto piangendo, ma sono asciutto.
Ci si abitua al dolore?
Forse sì.
Dopo un po’ ci si abitua, sì.
Dopo un po’ che lo provi sai già com’è e come andrà.
All’inizio farà male, poi lentamente riuscirai a conviverci e diventerà un pensiero triste nell’angolo del tuo cuore, ma andrai avanti per la tua vita consapevole che la vita è fragile.
Dannatamente fragile. E che le persone muoiono nel più disparato dei modi.
Due in pista correndo una gara.
Ed io dovrei continuare a correre così come niente fosse?
In quanti si faranno questa domanda? Ed io? Io come risponderò?
Che idiota che sono, so benissimo come risponderò.
Sì che lo farò. Correrò come sempre, perché è ciò che sono. Sono un pilota. È tutto ciò che so fare ed in ogni caso pur con l’ombra della morte che corre accanto a me, so benissimo che se smettessi di farlo, non riuscirei più a sentirmi così come mi sento quando salgo sulla macchina.
Libero.
Incredibilmente libero.
Non c’è niente che mi spenga il cervello allo stesso modo. Quando abbasso la visiera il mondo viene cancellato, non c’è passato, presente o futuro. C’è solo la corsa. La velocità. La cancellazione di ogni cosa.
Sei velocità ed adrenalina e tutto il dolore sfuma e tu sei solo col vento.
Non posso smettere, non posso rinunciare.
Ma forse ce la faccio perché mi conosco, l’ho già fatto. Ci sono già passato e ho fatto esattamente la stessa cosa e so che lo farò anche questa volta e tutte le altre che capiterà.
Sarò sempre in grado di salire sulla macchina, non importa cosa mi accadrà.
Forse però ci riesco perché il mio cuore è morto con Jules e quando sei morto dentro, non senti più niente e puoi fare qualsiasi cosa.
Forse è questo, dopotutto.
Stringo Pierre e gli bacio la fronte mentre sussurro di andarcene perché stare qua, ora, gli farà solo più male. E per ora conta solo aiutare lui. Adesso c’è solo Pierre. Come lui c’è stato per me con mio padre e Jules, io ci sarò per lui con Anthoine.
- Come fai? Come ci riesci? - mi chiede una volta in camera sua dopo che l’ho fatto stendere. I suo occhi shoccati sono ancora pieni di lacrime e dolore che esprime senza riserve, i singhiozzi si sono placati, ma adesso resta quel pianto silenzioso che non cesserà.
Disagio. Mi sento così dopo che mi ha guardato in questo modo. Rabbrividisco e gli metto l’asciugamano che ho bagnato d’acqua fredda sul viso, in particolare sulla fronte, sugli occhi e sugli zigomi.
Appena lo faccio lui sussulta e fa per toglierselo, ma io gli prendo le mani e gliele fermo fra le mie posandole sul suo petto. Una volta lì ci stringiamo le dita, ma non ci sciogliamo.
Pierre sospira e finalmente si rilassa con tutto il corpo ed io mi stendo con lui infilandogli un braccio sotto la nuca, lo stringo contro di me e lui si lascia fare.
- Scusa. - fa poi dopo un po’.
La bocca scoperta è incredibilmente vicina alla mia, gli carezzo dolcemente la parte inferiore del viso.
- Per cosa?
- Non volevo insinuare che sei insensibile, prima. È che ero perso, ho un blackout dall’ospedale ad ora e tu invece hai sempre saputo cosa fare ed ero sconvolto. Ma non volevo sottintendere nulla.
Sorrido lievemente all’ansia che ha avuta nello specificare una cosa che non mi aveva sfiorato. Anche se poi forse è vera. Non che lui lo pensi, ma che io lo sia.
- Non hai molto torto. - faccio poi infatti.
C’è qualcosa, stasera. La voglia di essere onesti, togliersi ogni maschera e smettere di lottare.
C’è una tale stanchezza.
È questo che mi sta lasciando l’ennesimo lutto.
Pierre capendo il resto che non ho detto, si toglie la pezza dal visto e con occhi piccoli e rossi che fanno impressione, mi guarda da questa vicinanza esagerata, ma io troppo dilaniato dal suo sguardo gli rimetto l’asciugamano sopra. Lui però rimane rivolto verso di me, ci separano pochi centimetri, rimaniamo uno avvolto all’altro, stretti insieme.
- Non sei insensibile. Hai solo avuto molti lutti. Troppi.
Sospiro. Non so se sono in grado di razionalizzare. Domani magari ci riuscirò e finirò per fare un’ottima gara scappando da questo piccolo mostro che ho dentro, ma adesso non ce la faccio e vorrei solo avere una scappatoia per non sentirmi così.
Non è normale sopravvivere all’ennesimo lutto della tua vita.
È morto un mio amico, lo conoscevo dai tempi del go-kart.
Così guardo le sue labbra a portata di bacio e aspetto.
L’ho baciato quando stavo male quella volta in ospedale per mio padre. Ero così fuori di me che l’ho baciato. Se volesse potrebbe farlo, non glielo negherei.
- Nessuno dovrebbe avere un lutto ogni 2 anni. - ripete. - Non sei insensibile, sei forte. - prosegue.
- In questo momento mi sento vuoto e vorrei non esserlo. - sussurro sincero. Pierre non fa più cenno di togliersi la pezza, mi rimane accanto in questa posizione, abbandonato fra le mie braccia come un cieco che segue una guida vocale per muoversi al buio.
- Ed io vorrei non provare tutto questo dolore. Ho freddo.
Ma non trema e so che freddo è. Lo capisco molto bene e so di cosa si tratta. So anche cosa fare, di cosa ha bisogno.
Le sue labbra tremano, anche se non si vede sono sicuro che stia piangendo di nuovo. Respira piano.
- Fa male. - sussurra. La voce si spezza e così mi sporgo verso di lui e gli fermo le labbra con le mie.
So bene cosa serve in questo momento.
Lo so benissimo.
Solo una cosa può aiutarti e non posso certo esimermi dal dartela con tutto quel che hai fatto per me con mio padre.
È giusto così, dopotutto. E magari mentre cercherò di fermare il suo dolore, me ne prenderò un po’ per me illudendomi di essere più umano anche io. Forse.”
Notes:
non è un capitolo facile da scrivere perché nessuno può sapere o immaginare cosa abbiano passato, perciò ci tengo a specificare che è tutto frutto della mia fantasia e spero che nessuno si senta infastidito dalla mia versione.Siamo in un'altra parte molto importante per Charles e per la loro relazione, un'altro effetto domino che porterà a molte altre cose. Scusate la lunghezza di pubblicazione, ma sono in vacanza e perdo letteralmente la cognizione del tempo. Alla prossima. Baci Akane
Chapter 30: Scaldarsi l'anima
Notes:
(See the end of the chapter for notes.)
Chapter Text
29. SCALDARSI L’ANIMA
/Charles/
“Le labbra si intrecciano dapprima tremanti e timidamente, poi lentamente diventa tutto più normale e sciolto, è lui il primo a schiudere le sue e farsi avanti con la lingua. Gli vengo incontro e approfondiamo il bacio mentre mi sollevo col capo mettendomi sopra di lui per metà; appoggio su un gomito, con l’altra mano gli carezzo la testa e i capelli bagnati dall’asciugamano che resta sugli occhi, dimenticato come se non ci fosse.
Mentre ci baciano mi vengono in mente gli altri momenti in cui sono stato così sovraccarico e perso; mio padre, Jules.
Flash di istanti specifici, l’amarezza del mio pianto mentre ingoiavo il dolore che mi usciva a fiumi, fino a che sono riuscito a tenermelo dentro e a riprendere la mia vita anche al di fuori delle piste.
Ma era vita?
Le mani di Pierre esitanti mi abbracciano, gli salgo completamente sopra anche col bacino e quando siamo a contatto, nonostante i jeans che ci separano e ci danno fastidio, l’eccitazione sale, il calore inizia a prendere il posto del freddo.
Io lo so cosa ci vuole quando ci si sente così, quando quel freddo è interiore e non esteriore.
Puoi fare quel che vuoi, ma finché non ti scalderai l’anima, non starai mai meglio.
L’inguine stringe e le lingue fremono nelle nostre bocche aperte ed unite, tutto sale: sensazioni, fuoco, voglia.
Le sue mani scivolano fra di noi, si apre i jeans e se li abbassa frenetico spingendo in alto il sedere quel che basta per liberarsi dalla stoffa costrittrice, senza riuscire a resistere, senza potercela fare proprio.
Quando attacca i miei, spalanco improvvisamente gli occhi.
Cosa stiamo facendo?
Mi sollevo di scatto trattenendo il respiro, mi ritrovo a cavalcioni su di lui ancora steso sotto di me. Ansimo dall’eccitazione e dal panico. I jeans aperti da lui ma ancora addosso.
Il mio cervello si è spento. È uno di quei momenti in cui sono fuori di me e non so cosa sto facendo. Adesso lo voglio troppo, ma non è forse lui di per sé quanto questo.
L’erezione preme gonfiandosi sempre più eccitata, non ce la faccio più. Mi ha acceso e non posso spegnermi, ma non dovrei. Una parte di me sa che NON DOVREI.
Pierre si toglie l’asciugamano dagli occhi e mi guarda implorante, devastato, ancora col fiato corto; la mia bocca aperta piena del suo sapore. Le sue mani scivolano sulle mie cosce e risalgono sui miei fianchi carezzandomi dolcemente, lasciando stare i miei jeans.
Le lacrime cristallizzate sulle sue ciglia, gli occhi azzurri che sembrano trasparenti, il suo dolore ancora lì pronto ad esplodere se lo respingessi e lo lasciassi solo. Le sue dita si intrufolano sotto la mia maglietta.
- Ti prego Charlie... - quel nome, il modo in cui lo fa. Il modo in cui mi chiamava mio padre. Tutto quel che ha fatto per me in quel momento di due anni fa.
La sua voce di nuovo incrinata, sull’orlo di un altro scoppio di lacrime.
Hai trovato il mio unico punto debole. Non posso sopportare che tu pianga e anche se una parte di me SA che non è giusto, le tue carezze tremanti ed i tuoi occhi liquidi mi danno il colpo di grazia e mi sfilo la maglietta da solo mentre contemporaneamente scendo da lui, mi ribalto sul letto e mi tolgo jeans e boxer; lui fa altrettanto finendo di sfilarseli dai piedi, vedendo che si incastrano l’aiuto e glieli strattono.
Quando siamo entrambi nudi, mi metto davanti a lui, gli apro le gambe e senza esitare nemmeno un secondo, mi tuffo in mezzo, al centro del piacere. Mi avvento sul suo inguine e lo divoro senza andare per gradi.
Non avevo mai immaginato di fare sesso con un altro ragazzo in questo modo per la prima volta, non con tutta l’ossessione che ho avuto fin qua.
Mi immaginavo a godermela, ad andarci piano, assaggiare, sedurre, giocare.
Me lo immaginavo con qualcun altro.
Invece è come se fossi in pista. Corro e non capisco perché. Forse per paura che la mia mente si attivi prima che io finisca e dannazione, adesso che ci sono lo voglio fare.
Voglio fare sesso con un ragazzo.
Ora che ci sono non mi tirerò indietro. Quanto ci ho pensato? Quanto l’ho voluto?
Ho sempre saputo che con Pierre avrei potuto farlo se ci fosse stata l’occasione, ma avevo paura. Perché ce l’avevo?
Siamo amici. Non volevo rovinare l’amicizia.
Ma lo vuole anche lui.
Si, ma lui lo vuole perché gli piaci, tu cosa provi?
Non lo so, non è il momento di pensarci.
Come no? Non dovresti pensarci prima di scopartelo?
Il suo cazzo cresce nella mia bocca, pulsa pieno di piacere e scendo ad occuparmi prepotente del suo piccolo ingresso che non è per niente inviolato.
Le mie dita entrano agevoli dopo la mia lingua, lui si tira le ginocchia al petto per darmi tutto l’accesso che voglio.
Per lui non è la prima volta, per te lo è. Lo fai perché volevi provare da molto e lui è carino ed è perfetto e ti fidi ciecamente. Lui invece lo fa perché sta male e gli piaci davvero. E lo sai.
Stai usando la situazione a tuo vantaggio. Stai usando il suo dolore.
Accelero.
Improvvisamente salgo e lo ricopro col mio corpo tenendogli le gambe alzate e piegate fra noi, lo abbraccio e lo stringo divorandogli la bocca, succhio la sua lingua e le sue labbra mentre mi strofino su di lui e mi muovo giocando coi nostri cazzi che crescono insieme. Strofino fra le sue natiche aperte per me. Pronte per me.
Lui sospira di piacere contro la mia bocca ed io accelero ancora. Il mio cervello si sta riaccendendo. È praticamente già attivo, ormai, ma non mi fermerò. Devo solo sbrigarmi e andrò là dove voglio, dove ho bisogno.
Perché anche io sto di merda. Anche io ho perso un amico, ho l’ennesimo lutto della mia vita e sono qua a sopravvivere perché semplicemente sono abituato al dolore e non mi sembra giusto. Ho 21 anni, non dovrei essere abituato al dolore. Non dovrei, cazzo!
Senza dire niente, entro con una spinta decisa indirizzandomi con la mano. Mi ci vuole un po’ prima di entrare bene, devo rifarlo, usare più saliva, riprovare e poi quando diventa più duro va meglio.
Le mani di Pierre arrivano alla mia schiena inarcata, salgono dalla vita stretta, mi afferra le scapole che sporgono e affonda le unghie. Ci saranno dei graffi inequivocabili, ma adesso non devo nascondermi da nessuno, sono libero di fare quel cazzo che voglio senza pensarci.
Finalmente va meglio, finalmente le spinte sono più sciolte e ad ogni affondo vado più in profondità ed è tutto un crescendo nella giusta direzione.
La giusta direzione, la giusta intensità, il giusto ritmo. Noi sincronizzati con le spinte ed i nostri corpi che finalmente si trovano e si fondono ed il mondo sparisce, esplodono solo le sensazioni.
Sensazioni belle, sconvolgenti. I brividi mi percorrono ovunque e il mio cervello è di nuovo spento.
Di nuovo non so più che sto facendo, so solo che mi piace e che sono contento di farlo. So solo che fin qua mi sono perso qualcosa di cui ora non farò più a meno.
Mentre vengo, sento tutto il mio corpo come non l’ho mai sentito ed è solo piacere: completo, assoluto, meraviglioso piacere.
È la mia cosa. Questa è la mia cosa. Il sesso così, con i ragazzi, è il mio ambiente. Come avevo sempre sospettato. Non c’è assolutamente niente che non mi piaccia o che mi freni. Niente.
Almeno fino a che non torno in me respirando a fatica con il mio corpo in fiamme, tutto sudato e pulsante su Pierre.
Le sue labbra sulla mia tempia, le sue mani sulla mia nuca, i suoi ansimi.
Ecco che il mio cervello si attiva prepotentemente come un flash, un fulmine a ciel sereno che squarcia il cielo e con un fragore secco mi cade addosso devastandomi.
Ho fatto sesso col mio migliore amico, non avrei mai dovuto.
Non tanto perché lui è mio amico e questa non è la nostra dimensione; non perché vivendola me ne rendo conto, vedo la stonatura che prima non ho voluto vedere di proposito. O meglio sì, è tutto vero, ma non è solo per questo.
C’è un’altra cosa che mi fa capire che è stato sbagliato e non avrei mai dovuto.
Lui non è Max.
Ho fatto un casino. Ho fatto un dannato assurdo casino.
Rimango fermo con gli occhi sbarrati a fissare il soffitto con lui che mi dorme addosso fino a quando sento il suo respiro lento e regolare e capisco che dorme da un po’, considerando tutto quello che ha pianto e quanto doveva essere stanco, penso che dormirà come un sasso fino a domani mattina.
Con delicatezza gli prendo il volto sollevandolo dal mio petto e mi sfilo via per poi riporlo sul cuscino. Dopo di questo, non senza una voragine nello stomaco perché sono a digiuno dal pranzo, mi infilo direttamente dei comodi pantaloni di tuta leggera rubandoli a Pierre, mi metto una delle sue magliette e recuperando solo il mio telefono e la mia chiave magnetica che ho mollato sul comodino, esco dalla sua camera.
Ho bisogno di respirare, ma ho anche una fame atroce che rischio di non poter soddisfare per via dell’ora. Adesso è tutto chiuso, perciò senza pensarci molto punto ai distributori automatici che ho visto in uno degli angoli del piano. Questo è vicino a due poltroncine ed un tavolino per una mini area relax per i nottambuli che hanno voglie nelle ore dove non c’è alcun servizio.
Mi fermo davanti e fisso la porta col vetro trasparente che mi fa vedere ciò che offre. Vicino ce n’è uno con le bevande calde, ma ho bisogno di qualcosa di fresco e di sostanzioso.
Guardo le barrette di cioccolata che dovrei evitare perché Andrea dice che non posso divorarne quanta ne vorrei. Ma adesso vorrei proprio quella dannata cioccolata. E vorrei pure quella bella lattina di birra fresca che ovviamente non posso bere la notte prima di una gara. Per di più una di quelle in cui sono in pole position.
La notte è inoltrata ed il bello degli hotel è che non c’è un cane dopo una certa ora, specie il sabato notte. Tutti i piloti e i team sono a dormire beati per fare una bella gara domani ed è bello questo silenzio immacolato, ma mi sento ancora soffocare, ma non è per l’estate: qua c’è l’aria condizionata.
Quando mi decido, lo faccio con un ‘vaffanculo’ in francese, ma poi mi rendo conto di non avere niente con me. Guardo fra le mani telefono e chiave magnetica, niente spiccioli, banconote o carte.
- Stupido idiota! - ringhio ancora in francese a denti stretti battendo il piede per terra.
Sto per girarmi e andare in camera mia alla ricerca di spiccioli, quando una mano si infila alle mie spalle ed infila una notevole quantità di monete nell’apposita fessura, facendomi saltare sul posto e venire un colpo.
Mi tendo come una corda di violino e mentre mormoro: - Chi diavolo... - tornando all’inglese, mi giro a guardare il proprietario della mano che la ritira per poi dire con voce bassa e roca: - Prego, serviti pure.
Prima di mettere a fuoco il viso di Max, sono già coperto di brividi dalla testa ai piedi per la sua voce e poi perché mi ha parlato all’orecchio rivelando che non solo mi era sopraggiunto alle spalle silenzioso e senza farsi sentire, ma mi è pure appiccicato. Ci separano pochi centimetri e vorrei sfilarmi, scappare, ma i miei piedi rimangono inchiodati dove sono e lui fa solo mezzo passo di lato indicandomi il distributore.
- Offro io. - aggiunge sorprendentemente gentile. Ha un mezzo sorriso che sembra più imbarazzato ed incerto, piuttosto che malizioso.
Altri brividi mi percorrono ancora. La sua voce qua nella penombra e nel silenzio mi fa un certo effetto strano, in un momento mi ricordo tutto quel che è successo quel giorno, quella notte.
Monte Carlo, un locale esclusivo, un bagno squallido, noi due abbracciati ma disfatti probabilmente come ora. Lui quella volta più di me.
Spalanco gli occhi ed arrossisco realizzando una cosa che mi fa voltare di nuovo di scatto verso il distributore e schiacciare a caso dei pulsanti. Non mi rendo conto che ho preso la cioccolata e la cazzo di birra fresca. Così poi aggiungo anche un’acqua.
- Sicuro che basti questo? - chiede poi vedendo che recupero le cose. Io annuisco senza dire nulla, ancora rigido nella mia shoccante realizzazione e nell’imbarazzante incontro.
Ultimamente ci becchiamo sempre quando uno dei due è fuori di sé, nella fattispecie questa volta sono io che ho appena scopato con qualcuno con cui non dovevo farlo; e non so se l’ho fatto per sfogarmi come aveva fatto Max la volta scorsa, oppure se lo volevo semplicemente fare o perché cazzo l’ho fatto. So però che non dovevo, questa è la sola cosa chiara.
Stasera è lui quello che potrebbe farmi la predica.
Come gira il karma.
Specie perché prima ho pensato a lui, appena ho finito di scopare Pierre. Ecco la cosa veramente sconvolgente.”
/Max/
“Lui ed il suo francese!
Quando sono uscito dalla camera per andare a prendermi qualcosa ai distributori durante la mia sessione notturna di corse solita, non avrei di certo immaginato che sarei finito per imbattermi proprio in lui.
- Pensavo giusto a te. - dico sinceramente guardandolo sedersi in una delle due poltroncine in quest’area relax. È particolarmente rigido.
Apre la cioccolata e mi fa un cenno imbarazzato per ringraziarmi.
Ignora il fatto che pensavo a lui? Non mi chiede perché?
L’ultima volta che siamo stati soli ho approfittato dei miei gin tonic e l’ho abbracciato e lui ha finto di essere alticcio. Non ne parleremo mai, suppongo. Non è difficile capirlo visto che da allora è la prima volta che ci becchiamo ed è puro culo.
Vedo che si divora la cioccolata come se non mangiasse da un secolo, così alzo un sopracciglio scettico. Non lo facevo così vorace.
- Ma hai cenato? - la domanda mi sfiora il cervello e la tiro fuori subito.
Alza le spalle e scuote la testa aprendo poi la bottiglietta d’acqua e mi aggrotto senza tenermi per me nemmeno quest’altra domanda.
- Non bevi la birra?
Lui scuote la testa e si fa fuori mezza bottiglietta tutta in un fiato rivelandosi assetato.
La guarda sul tavolino che ci separa come se fosse un mostro. È una piccola lattina di birra fresca di marca Stella Artois, che c’è di male?
- Per una birra cosa vuoi che sia? - dico poi facendo quello che mi viene meglio: l’incosciente!
Charles non osa guardare né me né la birra, fissa altrove.
- Non dovevo mangiare nemmeno la cioccolata...
- E allora perché l’hai presa?
Charles alza le spalle.
- Non so, mi hai colto di sorpresa ed ho preso quello di cui avevo gola senza pensarci, ma non posso...
Faccio mezzo sorriso e prendo la birra al suo posto aprendogliela. Il rumore lo fa girare e quando vede che la sorseggio, noto con la coda dell’occhio che mi fissa le labbra mentre si posano sull’alluminio pieno di condensa.
- Mmm... è fresca! - esclamo fingendo di dissetarmi più di quel che non fa in realtà.
Questo qua è un idiota, avrà passato la serata peggiore della sua vita a consolare Pierre e non si concede una cazzo di stupida birra?
Ma so io come fare con lui.
Charles continua a fissarmi sorpreso e forse ancora perso nel mondo da cui l’ho tirato via poco fa, così sto per riprendere a bere, ma me la strappa di mano con foga ed arroganza che solo io so lui possiede. Tuttavia invece di berla, si limita ad appoggiarsela alle labbra; posa le sue là dove ho messo le mie, vicine all’apertura, ma non beve. Rimane lì così, apparentemente in lotta con sé stesso sul bere o meno.
Lo guardo ridacchiando con un ghigno malizioso.
Se vuoi un bacio basta chiedere.
Te lo do subito.
Ma poi con lui non è mai come sembra, puoi avere le tue intuizioni e le tue idee su di lui, ma al 90 percento sbagli e rischi di interpretare male.
O forse, più semplicemente, con lui tendo a vedere ciò che vorrei.
Vorrei piacergli, ma alla fine non penso proprio che sia così. O forse gli piaccio, ma non più di quanto mi detesti.
Alla fine non beve, se la appoggia alla fronte e poi alla guancia come a cercare freschezza. Solo ora lo guardo meglio.
È fisicamente scomposto.
È tutto spettinato, sembra scappato dal letto dopo che ci ha lottato. Anche i vestiti che indossa sembrano improvvisati ed hanno un profumo che non gli si addice, anche prima quando mi sono avvicinato alle sue spalle l’ho sentito. Non era proprio lui a profumare, ma la sua maglietta.
Dolce. Dolcissimo. Un profumo che non gli avevo mai sentito addosso.
Poi l’illuminazione. Se era a consolare Pierre, cosa sicura al cento percento, vuoi che abbiano scopato?
Lo vedi che alla fine stanno insieme? Lo sapevo! Ma perché negarlo? Di cosa si deve vergognare? Pur lui sa di me e Daniel.
Beh, anche se ormai non c’è più niente da sapere di me e Daniel.
- Tutto bene? - alla fine glielo chiedo, era inevitabile e forse doveroso. Anche se so che non è tutto bene.
- No. - questa sua risposta schietta mi ricorda quel giorno in ascensore, a Silverstone, proprio dopo che mi ero lasciato con Daniel.
Il desiderio che mi abbracciasse.
- Ho bisogno di respirare. C’è un terrazzo da qualche parte su questo piano? - chiede sull’esaurito andante. Sembra un’anima in pena e non sapendo un cazzo di lui e di quel che combina, non posso aiutarlo, ma mi alzo indicando la porta in fondo al corridoio.
- Ce n’è sempre uno, per i fumatori.
Lui senza rifletterci un secondo si alza con me e ci si fionda stringendo la lattina di birra fresca, dimenticando la bottiglietta, il suo telefono e la chiave della camera. Prendo tutto io e scuoto la testa seguendolo.
È totalmente fuori di sé anche se apparentemente non lo dimostra. Solo se lo conosci bene, lo sai.
Ma non è difficile immaginare cos’abbia. Alla fin fine ha subito l’ennesimo lutto, so che era amico di Hubert, per questo ho pensato tanto a lui. Com’è possibile che certe persone debbano subire tante perdite? Ci si abitua al dolore, ad un certo punto?
A guardarlo ora non riesco a capirlo, sinceramente.
Sembra perso.
Appena fuori l’aria fresca della notte ci schiaffeggia, siamo al 31 agosto in Belgio, fa caldo come in qualsiasi posto e di notte rinfresca anche se non poi così tanto.
Rabbrividisco istintivamente, ma lui invece va dritto verso la ringhiera.
Il terrazzo è abbastanza grande anche se non enorme, con comode sedie in plastica ed un po’ di imbottitura nella seduta, tavolini in stile, alcune piante a rendere l’allestimento più grazioso. Charles ignora tutto, appoggia la birra su uno dei tavolini e va dritto alla ringhiera che si affaccia alla città notturna, che di sabato è un po’ più sveglia del solito.
Prendi una qualunque città ed esci di notte su un qualunque balcone, te ne innamorerai puntualmente. Non sono un tipo romantico che apprezza la bellezza della natura, ma penso che in certi casi non puoi guardare e non trattenere il fiato un istante pensando ‘wow’.
Lo faccio anche ora dopo aver posato le sue cose e le mie insieme alla birra, poi raggiungo Charles e lo guardo.
Wow.
Anche lui è bello da togliere il fiato e il modo in cui fissa il mondo, senza vederlo, come se cercasse disperatamente di... non so, cosa? Cosa cerca con tanta disperazione e turbamento?
Qua fuori vediamo poco, ci sono solo delle piccole luci basse al Led poste nel pavimento in prossimità delle piante, fra un gruppo di sedie ed un altro.
È molto suggestivo, ma non dà fastidio e ti permette di vedere senza rimanere accecato.
Ora posso ammirare.
Il mio sguardo non si stacca da Charles, sfacciato come solo io so essere.
- Meglio? - chiedo riferendomi al suo bisogno di respirare.
Lui scuote la testa e sospira alzando gli occhi al cielo, li chiude e poi scuote di nuovo la testa incurvandosi fino ad appoggiare il viso fra le braccia che incrocia sulla ringhiera.
Io volevo essere abbracciato, era questo di cui avevo bisogno, ma siamo diversi, siamo molto diversi. Lui sembra incapace di provare emozioni o forse solo di dimostrarle. È come se potesse essere solo triste, anche quando ride e sembra divertirsi è triste.
Adesso non si cancellerà più quella malinconia, mentre ci penso un moto di ribellione e dispiacere mi invade e vorrei fare qualcosa.
Anzi, io DEVO fare qualcosa.
- Conoscevi bene Hubert? - ricordo che nei go-kart giravano insieme, erano amici. Dopo ci siamo persi di vista e non so molto, ma mi sembra fossero in rapporti.
Lui annuisce, poi scuote la testa e fa un cenno strano, infine sospirando si raddrizza girandosi verso il terrazzo, adocchia il tavolino dove ho messo le nostre cose ed è come se se ne ricordasse ora.
Va al tavolino e si siede ad una delle due sedie, così io lo seguo e mi metto lì.
La birra dimenticata che nessuno dei due finirà. Lui riprende la bottiglietta e beve per poi porgermene un po’.
Non ho sete, per la verità, ma la prendo e bevo dove ha messo lui le labbra, come ha fatto prima con la lattina. Mi guarda quando lo faccio, mi fissa intensamente, poi una volta che è finita la schiaccio e la chiudo e lui si distrae distogliendo lo sguardo.
- Abbastanza bene, eravamo amici anche se lo era più di Pierre. Ma siamo cresciuti insieme nelle stesse piste. Pierre è stato suo compagno di camera per un po’.
- Sta male? - chiedo consapevole della persona sensibile che è.
Charles annuisce, torniamo a guardarci e tutte le volte che lo facciamo, rabbrividisco.
- È uno straccio. Ho passato la serata a consolarlo. - i suoi occhi hanno un guizzo mentre li distoglie di nuovo dai miei, mentre cerca di nascondermi qualcosa.
Sicuro hanno trombato. Il bruciore e la gelosia subentrano impetuosi e fuori controllo, ma sono fuori luogo e li soffoco con forza.
- Mi dispiace. - mormoro a stento. - Sia per Hubert che per Pierre. E per te.
Per te mi dispiace che subisci l’ennesimo lutto. Mi dispiace che rimarrai triste ancora e ancora e ancora.
Ricordo che una volta sorridevi sul serio. Tornerai mai a farlo?
- Io non sto male, sai? Non come lui. - lo guardo di nuovo per capire se sia serio; ovviamente lo è e mi guarda come sfidandolo a dissentire, ma non oso. Se dice che è così, è così.
Vedendo che non parlo, prosegue quasi con durezza verso sé stesso.
- È questo che mi sbatte così fuori. Sto male, naturalmente, ma non come penso dovrei. È come se... - Charles cerca le parole giuste e si sospende guardando in alto, verso il cielo notturno. Si vedranno le stelle? Non ho alzato gli occhi nemmeno un istante, è che non voglio perdermi un secondo di lui.
Vorrei che questa notte durasse per sempre.
- È come se mi fossi abituato al dolore. Ed ora non ho più picchi acuti che mi fanno piangere e perdere la testa e stare male come uno straccio. Riesco a sopportarlo perché l’ho già passato troppe volte.
Mio Dio, nessuno dovrebbe passare una cosa simile, ma era come se sentissi che era così.
Avrà sicuramente scopato con Pierre per sentire qualcosa ed adesso è confuso più che mai.
Non sarebbe qua fuori se stesse veramente con lui, questa verità mi schiaffeggia come una rivelazione dall’alto e con la stessa portata mi sento meglio. La gelosia si fa più sopportabile. Gelosia di cosa?
Non fare l’idiota. Non hai lasciato Daniel per lui, anche se è stato colui che mi ha dato la spinta per farlo. Volevo essere libero di morirgli dietro ed eventualmente baciarlo se ne avessi avuto voglia. E ce l’ho avuta. Anche ora ce l’ho. Ma non posso.
- Non sei un mostro Charles. - sussurro a fior di labbra come se sapessi cosa prova. Non posso saperlo, siamo diversi, ma è come se in qualche modo fossimo uguali. Qualcosa di noi è affine.
Io sono un diavolo alla vista, lui lo è dentro la superficie. Eppure, nessuno di noi due lo è realmente.
Dopotutto qualcosa di uguale in effetti c’è.
Charles mi guarda di scatto sorpreso, come se l’avessi appena scottato.
- È solo che il dolore ha creato questa corazza dura che filtra tutto.
Vorrei non saperlo, ma purtroppo è così perché ci sono passato.
Charles mi fissa shoccato, gli occhi spalancati fissi sui miei, immobile nella sedia, la schiena appoggiata, i gomiti sui braccioli, io in una posa simile.
Ci congeliamo per un po’, poi lui con un filo di voce parla.
- Come fai a saperlo?
Io mi stringo nelle spalle con aria di scusa, quasi vergognandomene.
- Lo provo anche io. Non è come il tuo, il mio è diverso, ma alla fine è la stessa cosa.
Il cuore mi batte forte. Forte come non mai. Non perché sto avendo una strana conversazione intima con lui, ma per quel che sto dicendo ad alta voce per la prima volta. Perché lo sto facendo?
Non l’ho mai detto nemmeno a me stesso.
Lo voglio forse colpire, impressionare?
O forse voglio che sappia che lo capisco, che so?
- Che dolore è il tuo?
Per la prima volta gli interesso e penso che sia questo, forse, che volevo.
Provo mille cose contrastanti. Mille cose che non voglio dimenticare.
Non voglio parlarne davvero, non l’ho mai voluto, ma stasera con lui sì.
- Quando ti fanno così tanto male che ad un certo punto non lo senti più. Ma non è vero. Lo senti, solo che ci sei abituato. Ti abitui al dolore, hai ragione. Qualsiasi tipo. E quell’abitudine diventa una corazza che non ti fa più sentire il nuovo dolore.
Per un momento i suoi occhi hanno una rivelazione, sa precisamente che parlo di dolore effettivo e non emotivo come il suo. Sta per dirlo. Sta per chiedere ‘tuo padre?’ Ma poi non lo fa. Non serve.
Il sollievo che provo è evidente, penso di non nasconderlo. Faccio un altro sorriso di scuse, di vergogna. Non voglio essere così, non mi piace essere così.
Così come?
Debole? Umano? Capace di provare qualcosa?
- Non siamo mostri senza cuore, Charles. - ripeto poi. Lui stringe le labbra indecifrabile, incerto su cosa provare, ma forse un po’ grato per quel che gli ho detto. - Siamo solo persone che hanno già dovuto subire troppo, ma siamo ancora in grado di amare e volere bene.
Anche se poi roviniamo tutto in modi che nemmeno ce ne rendiamo conto e facciamo male agli altri senza volerlo.
Però siamo in grado di volere bene.
- Siamo in grado di amare. - ripete a fior di labbra, quasi come parlasse a sé stesso. Abbassa gli occhi ma io rimango ad osservare il suo splendido viso.
- Lo siamo davvero? - si chiede.
A questa domanda fatta a sé stesso, mi congelo.
- Direi di sì...
Forse non so cosa provo per te, ma sicuramente è qualcosa.
- Ho lasciato la mia ragazza quasi senza battere ciglio. - fa poi sorprendendomi.
- Ami Pierre. - per me il fatto che abbia lascito la sua ragazza è ininfluente, era ovvio. Non c’entra niente con lui. Ma ne sono contento, solo che non è il caso di mostrarlo. Lui alza gli occhi e torna di nuovo a guardarmi.
- Non lo so, gli voglio bene. - sussurra come se si confessasse con un prete. Io alzo le spalle senza chiedergli quel che vorrei.
State insieme, cazzo? E avete scopato stasera? No, non sono cazzi miei.
- A Jules volevi bene, a tuo padre di sicuro sì. - lui annuisce con forza e subito. - Li ami, sono nel tuo cuore. - annuisce ancora con gli occhi lucidi. Occhi che sembrano avere una sorta di rivelazione.
- E allora sei in grado di amare. - sbotto concludendo secco senza ammettere repliche, nervoso sul fatto che possa avere questi dubbi.
- Grazie. - fa quindi dopo un po’ fissandosi le mani. Poi lo ripete alzando gli occhi sui miei. Non mi crede, ma vuole farlo. - Grazie davvero.
È sorpreso, lo sento, e mi fa sorridere perché so il motivo. Non pensava che io potessi essere così sensibile e profondo, eh?
Ma guarda un po’ invece che sorpresa, eh?
Faccio un sorriso spontaneo e ricambia senza rifletterci e c’è di nuovo uno di quei momenti fra noi. Uno di quelli in cui potremmo fare qualcosa che in condizioni normali non faremmo. Come quella notte a Singapore, oppure a Monte Carlo.
Starei qua con lui tutta la notte a parlare per la prima volta seriamente, ma purtroppo il vento si mette in mezzo alzandosi e il fresco diventa eccessivo. Rabbrividiamo entrambi stringendoci nelle braccia e sospirando a malincuore, parliamo insieme.
- Mi sa che è ora di andare a dormire. - ridiamo imbarazzati per aver detto la stessa frase insieme, anche se lui come sempre ha parlato con la sua deliziosa erre francese che mi fa impazzire.
Prima di andarcene prendo la bottiglietta schiacciata e la lattina con la birra rimasta, mentre lui recupera la sua chiave ed il suo telefono. Svuoto la birra in una pianta, lui scuote la testa ridacchiando. Io faccio una stupida battuta.
- Le piante sono maggiorenni, possono bere ogni tanto anche loro...
- Per fortuna non devono guidare domani! - commenta lui abbassandosi sul mio stesso piano. Lo guardo sorpreso che se la sia sentita di sparare stronzate, per me è normale, per lui non era scontato. Ridiamo insieme mentre torniamo dentro e quando raggiungo la mia camera, lo saluto dandogli la buonanotte.
Charles si ferma prima di andare oltre, indeciso su come congedarsi. Ci guardiamo, io sulla soglia della mia camera aperta. Ricordiamo Singapore. Potrei farmi da parte e fargli il cenno di entrare, ma in qualche modo penso che rovinerei tutto quello che è successo fra noi. Qualunque cosa fosse, so che era molto più importante e molto bello.
Bello ed intimo.
Perciò non ci provo, anche se una parte di me scalpita per invitarlo e lui se l’aspetta, ma pensa la stessa cosa, ne sono certo. Così niente. Lasciamo che le cose vadano da sole.
- A domani. - sussurro. Lui annuisce.
- Grazie ancora.
Poi allunga la mano guardando la lattina.
- La butto io? - era sua in teoria anche se gliel’ho tenuta io come se fossi il suo ragazzo. Scuoto il capo ed alzo le spalle. Lui fa un altro cenno e tira dritto, io entro in camera mia e chiudo la porta. Accendo la luce, mi tolgo le ciabatte con cui ero rimasto, appoggio la lattina vuota nel comodino insieme al mio telefono, poi vado in bagno e butto la bottiglietta vuota schiacciata, faccio i miei bisogni e mi metto sul letto guardando la lattina bianca con la scritta rossa di ‘Stella Artois’ e sorrido stupidamente contento.
Questa lattina non la butterò mai.”
Notes:
scusate la lunga attesa, ma ero in vacanza ed ho staccato più di quel che immaginavo. Comunque ora sono tornata ed il ritmo di pubblicazione dovrebbe essere il solito. Adesso ogni capitolo è interessante per i lestappen, sebbene ci sia anche la parte piarles perché se c'era la maxiel, doveva per forza esserci anche la piarles. Però i progressi fra Charles e Max ci sono, anche se complice un lutto che non avremmo mai voluto vivere. Posso solo immaginare cosa significhi per lui, chiaramente non ho la pretesa di sapere nulla, ma per le parti di Charles mi sono rifatta anche alle sue interviste dove parla di questa sorta di 'abitudine al dolore' che mi ha colpito molto. Alla prossima. Baci Akane
Nirmi on Chapter 11 Sat 12 Apr 2025 10:08AM UTC
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