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Se c’è una cosa di cui il signor Brown va estremamente fiero – oltre al suo negozio di tappeti, s’intende! - sono i suoi pupazzi di neve.
Ebbene sì: sin da quando era piccolo, ha sempre fatto i pupazzi di neve più belli di tutto il quartiere! La sua vicina di casa, la vecchia signora Bess, lo ripete spesso: “Il caro signor Brown fa i pupazzi di neve più belli che abbia mai visto”.
Quando viveva ancora con i suoi genitori, a Widdybank Fell, le sue abilità avevano suscitato l’attenzione del giornale locale ed era persino stato intervistato! Sua madre aveva incorniciato quelle pagine, nelle quali suo figlio sorrideva al fianco di un pupazzo di neve alto il doppio di lui.
Per questo ora si sente così sicuro di sé nel declamare le proprie imprese ad un quantomai stupito signor Fell, che sta in piedi davanti alla porta della sua libreria senza mai fargli cenno di entrare – che strano! Sembra quasi che il signor Brown non riesca ad oltrepassare la soglia – ed anzi lo invita a fargli visita l’indomani pomeriggio, per mostrargli la sua ultima creazione e condividere insieme una gustosa merenda. Sembra che sia quest’ultima opzione a convincere il signor Fell ad accettare il suo invito. Stupendo!
L’indomani, il signor Brown si alza di buon’ora, si lava, si veste e si concede un’abbondante colazione – fare un pupazzo di neve come si deve richiede una gran dose di energie! - per poi uscire a preparare il giardino. Il meteo aveva previsto una deliziosa nevicata e non si era certo sbagliato: una bella coltre di qualche centimetro, bianca e soffice, copriva ogni cosa intorno a lui.
Questa neve però è un po’ troppo secca; il signor Brown prende la canna per innaffiare, regola il getto in modo da ottenere uno spruzzo estremamente fine e irrora generosamente il suo giardino sul retro.
Dalle fronde di una siepe, un paio di occhi gialli con le iridi a spillo lo osserva, trincerato dietro ad un paio di lenti scure.
Il signor Brown ignora infatti che il giorno prima il signor Fell non fosse l’unico a sentire la sua proposta: raggomitolato tra i cuscini del divano, un lungo serpente nero e rosso si godeva il tepore della libreria e tendeva le orecchie verso la voce estranea che veniva a disturbare la quiete del suo angelo.
Quello stesso serpente è ora a pochi passi da lui, nella sua forma umana e pronto a fare danni – solo per vendicarsi dello scocciatore che ha turbato il suo pisolino, sia chiaro! Non è affatto geloso, no no.
Ora che la neve ha la giusta consistenza, il signor Brown livella il terreno e lo appiattisce proprio nel centro del giardino, il punto perfetto dove il sole non arriva mai a picchiare: questo gli garantirà una maggior durata per il suo pupazzo di neve.
Dopodichè, il signor Brown inizia a modellare il centro di quella che sarà la base del suo pupazzo e quando è soddisfatto delle dimensioni, inizia a farla rotolare per il giardino, per dargli la forma e le dimensioni ideali.
L’uomo gongola felice, pensando al suo progetto di creare un pupazzo che somigli al signor Fell. Per realizzarlo, oltre alle giuste decorazioni, ci vuole la struttura adatta: invece di avere tre sfere di dimensioni differenti, intende usarne due di medie dimensioni, simili tra loro, ed una più piccola per la testa. Il signor Fell ha delle proporzioni perfette e ricrearle sarà un gioco da ragazzi.
O meglio: lo sarebbe se un certo demone non decidesse di schioccare le dita proprio in quel momento, rendendo la palla di neve che l’uomo sta spingendo pesante come se fosse fatta di marmo.
Il signor Brown inchioda all’improvviso e quasi rotola sulla palla di neve, ormai grande quasi come una Fitball. Quando si rimette in piedi e prova di nuovo a spingere, realizza che qualcosa non va. Si guarda intorno, grattandosi la testa, confuso dall’improvvisa differenza di peso sviluppatasi nella sua palla di neve.
Dopo un altro paio di tentativi infruttosi, l’uomo decide di arrendersi e lasciare la base lì dove si trova – in fondo, anche quell’angolo non è particolarmente soleggiato ed anzi, il pupazzo si vede anche meglio dalla strada! Potrebbe pensare di fare pupazzi sempre in questa stessa posizione.
Dopo aver ben appiattito la sommità della sfera, l’uomo procede dunque con la seconda palla di neve, che farà da tronco – dovrà abbandonare probabilmente l’idea di farla uguale alla prima, se finisce per pesare così tanto. Non riuscendo proprio a spiegarsi come mai la palla di neve abbia improvvisamente cambiato peso, il signor Brown si limita a farne una leggermente più piccola e provvede a far rotolare anche questa in giro per il giardino.
Un secondo schiocco di dita prelude però ad una nuova sorpresa per il signor Brown, che osserva con stupore la palla diventare trasparente: la neve si è trasformata in ghiaccio davanti ai suoi occhi!
Questa, poi... il signor Brown si gratta ancora la testa, sovrappensiero: non gli sembra di aver bagnato troppo la neve, né di aver fatto rotolare la sfera in una pozza d’acqua…
Mentre così elucubra, l’uomo tenta di sollevare la sfera e non si sorprende affatto di constatare che pesa troppo per farlo: la struttura più compatta del ghiaccio la rende, a parità di volume, più pesante di una palla di neve.
L’uomo non si da per vinto: il giardino è grande e la notte prima ha nevicato a sufficienza, per cui c’è abbastanza neve per fare un’altra palla.
Questa volta un ringhio sommesso accompagna lo schiocco di dita: qualcuno ha della rabbia da sfogare e non ha remore a farlo.
Il signor Brown si raddrizza un attimo per sgranchirsi la schiena: spingere quelle grosse palle di neve si sta rivelando un allenamento intenso! Si sta sicuramente guadagnando una merenda sostanziosa. Più tardi andrà in pasticceria per comprare una ricca selezione di paste e dolcetti – qualsiasi cosa per fare colpo sul signor Fell!
L’uomo si abbassa di nuovo per spingere la palla, poggiandovi sopra le mani con tutto il proprio peso, quando all’improvviso schizza all’indietro con un grido di dolore; levandosi in tutta fretta i guanti – per fortuna di pura lana vergine! - osserva i propri palmi delle mani, arrossati e doloranti e tuffa le mani nella neve fresca sotto i suoi piedi, cercando un po’ di refrigerio.
Come diavolo è possibile che la palla di neve che sta spingendo scotti?! Questa cosa viola le leggi della termodinamica!
Ora basta! Se prima ne aveva solo il sospetto, ora è praticamente certo che qualcuno lo stia sabotando! Non riesce a capire come sia stato possibile scottarsi toccando la palla ed ora che la osserva meglio, vede la neve intorno alla sfera sciogliersi, in un raggio sempre più ampio: se non fa qualcosa, tutta la neve a sua disposizione sparirà e lui non riuscirà più a fare un pupazzo di neve decente. Non può permetterlo.
Ben deciso a fermare la sciarada, il signor Brown afferra la canna dell’acqua, intenzionato ad inzuppare quella palla molesta e raffreddarne i bollenti spiriti – letteralmente! Impugnandola come se fosse una lancia, inizia a correre verso la sfera incriminata, lanciando uno spaventoso grido di guerra.
Suddetto grido minaccioso diventa subito un grido di terrore, quando la terra si spalanca sotto i suoi piedi senza preavviso.
L’urlo belluino s’interrompe però all’improvviso, così come la sua caduta. Crowley, che finora si era goduto lo spettacolo ghignando e ringhiando, sente ora un formicolio familiare sulla nuca, mentre una figura ben nota gli si fa vicino.
“Posso sapere per quale motivo il signor Brown sta sprofondando in una voragine miracolosamente comparsa proprio sotto i suoi piedi?”.
“Oh, angelo, sei proprio un guastafeste quando ti ci metti, lo sai?”.
“E tu sei un incosciente. Chiunque avrebbe potuto vederti mentre lo facevi inghiottire dalle viscere della Terra”.
“Nah, è domenica mattina, chi diavolo vuoi che stia prestando attenzione a cosa questo Don Giovanni da strapazzo sta facendo?”.
“Ah, vedo che qualcuno qui è geloso…”.
“Ngk! Nemmeno per sogno, angelo”.
“Va bene caro, come dici tu…”.
“Angelo, questo tizio stava mettendo in opera un tentativo di seduzione ai tuoi danni. Voleva tentarti, per Satana!”.
“E così tu gliel’hai impedito...sembra proprio che tu abbia compiuto una buona azione, dunque”.
“Non osare nemmeno dirlo! Mi stava solo rubando il lavoro, tutto qui!”.
“Dunque ammetti che stai tentando di sedurmi?”.
Il demone si ritrova con le spalle al muro, avviluppato nel cul-de-sac da lui stesso intrecciato: arrossendo fino alle punte dei capelli, riesce solo ad emettere qualche suono inarticolato. Aziraphale lo guarda compiaciuto e avendo pietà per lui, cambia argomento: “Ad ogni modo, il signor Brown mi aveva promesso una ricca merenda, perciò il minimo che mi aspetto, ora, è che tu faccia ammenda con una proposta alternativa”.
Scorgendo un porto sicuro in queste parole, Crowley ritrova la favella: “Certamente, angelo! Che ne diresti di un invito a pranzo?”.
“Lo accetto volentieri”.
I due fanno per girare sui tacchi e andarsene, quando un pensiero attraversa la mente di entrambi, che si voltano a guardare l’uomo, immobilizzato ormai da diversi minuti.
“Che ne facciamo, angelo? Non possiamo certo lasciarlo così, gli umani prima o poi lo vedrebbero”.
“Uhm...su questo hai ragione, caro. Vediamo cosa posso fare…”. Uno schiocco di dita a cui fa seguito un sorriso compiaciuto: Aziraphale è soddisfatto della soluzione che ha trovato.
“Complimenti, angelo! Hai davvero talento, non c’è che dire”.
Aziraphale sente le proprie guance scottare: “Tu... dici?”, sussurra, lanciando al demone un’occhiata timida da sotto in su.
Crowley sente la gola farsi improvvisamente secca: “Ngk...sì, certo che sì”.
Distogliendo lo sguardo dal compagno, Crowley vede su un tavolo da giardino le decorazioni che il signor Brown aveva preparato e una scatola elegante attira la sua attenzione. Avvicinatosi, il demone la apre e annuisce, sinceramente colpito: “Devo ammettere che quest’umano ha veramente buon gusto”, sussurra, estraendone una bellissima sciarpa a fantasia tartan, in pura lana Merino.
Aziraphale gli si fa vicino: “Ne convengo”. I due si scambiano uno sguardo indecifrabile, poi Crowley, con un gesto lento e solenne, come se lo stesse investendo di una carica cerimoniale, passa la sciarpa attorno al collo di Aziraphale, che la accetta in silenzio.
Dopo un interminabile attimo, i due scoppiano in una grassa risata e si allontanano, abbandonando tutto così com’è.
Nel pomeriggio, i bambini del quartiere che escono a giocare con la neve si affastellano attorno al giardino del signor Brown e commentano stupiti l’incredibile pupazzo di neve che vi campeggia. E’ inclinato di circa quarantacinque gradi rispetto al suolo e sembra quasi che stia scivolando – o forse cadendo. E’ alto e sottile, ha un paio di baffi castani che sembrano veri e una cravatta a fantasia tartan. Somiglia quasi al signor Brown in persona! Una piccola folla si raduna appena fuori dal giardino e loda la creatività e l’ingegno dell’uomo, che però non è in casa. Nei giorni successivi, il signor Brown riceverà molti complimenti per il suo pupazzo di neve che sembra sconfiggere la forza di gravità.
Quando il signor Brown apre gli occhi, è già lunedì mattina. L’uomo si guarda intorno spaesato, riconoscendo nella penombra la propria camera da letto: non ricorda proprio come sia finito lì. Alzandosi dal letto, si vede addosso una camicia da notte che non ricorda di aver mai avuto, in tartan – con tanto di papalina abbinata – e s’infila delle ciabattine con un pompon che trova ai piedi del letto: apparentemente, sue anche quelle.
Mentre gira per casa frugando nella propria mente – è sicuro che l’ultima cosa che ricorda sia una voragine che si apre nel terreno sotto di lui – guarda distrattamente fuori dalla finestra e trasecola: tutt’intorno a casa sua, la neve permane, come un lenzuolo bianchissimo, a delineare i tetti delle case, i giardini, i bordi delle strade, le cassette della posta.
Nel suo giardino invece, non c’è un singolo fiocco bianco. Nè sul vialetto, né sul cancelletto, né sulla cassetta della posta.
Dopo qualche istante passato a tentare di dare un senso a tutto questo, il signor Brown getta la spugna: scuote la testa e decide di tornare a letto.
La vecchia signora Bess lo osserva dalla sua finestra e commenta divertita, avvolta in un enorme scialle – anch’esso a fantasia tartan, che curiosa coincidenza! - “Eh sì, lo dico sempre io: il caro signor Brown fa i pupazzi di neve più belli che io abbia mai visto!”. Tra le mani stringe una tazza di the che non beve mai ma che fuma sempre – come per magia, o forse per miracolo - e sorride, come se sapesse qualcosa che nessun altro conosce.
