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Nico non aveva per niente voglia di affrontare quel meeting, non quella mattina e non sapendo chi ci sarebbe stato al centro dell’attenzione. Toto Wolff, fresco di nomina capitanava la tavolata, aveva davanti a sé un bicchierone enorme di caffè e un toast incartato nella pellicola. Aveva esordito dicendo che sarebbe stato il suo pranzo, ma che se gli altri non si fossero presentati lo avrebbe divorato a breve.
Lui era arrivato in anticipo, aveva dovuto parlare col suo ingegnere di gara che gli aveva dato dei feedback sulle nuove auto. Lewis arrivò dieci minuti in ritardo, sorrise dando la mano a un paio di membri del team e poi si sedette di fronte a lui, sorridendo.
Toto iniziò a parlare: «Bene. Senza troppi convenevoli, il nostro obiettivo è chiaro: nuovi regolamenti, un nuovo pilota, è ora di riportare la scuderia in alto e questo nuovo inizio è il momento perfetto. Credo anche che possiamo diventare un team saldo dato che Nico, conosci già Lewis, Lewis conosce Nico e tutti conoscono Lewis, quindi sono certo che lavoreremo bene. Io sarò a vostra completa disposizione e ho bisogno che anche voi lo siate con me. Nico?» chiese. «Sei qui da un po’, puoi dire a Lewis cosa aspettarsi?»
Nico accennò un sorriso. «Se ha lasciato la McLaren è perché crede in questo progetto, credo che sappia cosa aspettarsi. Spero che riusciremo a soddisfare le sue aspettative e non vedo l’ora di correre di nuovo con lui.»
«Se posso dire la mia, la macchina è buona quest’anno» li interruppe Ross Brawn. «Molto meglio della McLaren, posso assicurarti che hai fatto la scelta giusta.»
«Lewis?» domandò Toto.
Lewis sorrise e spostò lo sguardo su Nico. «Anch’io sono felice di essere qui. Sono sicuro che non avrò problemi ad adattarmi, e non vedo l’ora di vincere.»
Nico lasciò la sala infastidito e con un certo languore allo stomaco, venne raggiunto alle spalle da Lewis che era rimasto a parlare con Toto dopo la riunione. «Nico» disse.
Si bloccò.
Lo scorso anno era stato difficile. Nico era finito nono in classifica, la Mercedes era sotto tutti i top team e proprio quell’anno, quell’anno in cui promettevano grandi cambiamenti e una macchina migliore, ecco Lewis a sconvolgere i suoi piani. Avrebbe dovuto temere il suo compagno di squadra per primo, oltre a tutti gli altri. Si voltò e lo guardò. «Hai fatto una buona impressione su tutti.»
«Penso di sì» disse. «Stai andando da qualche parte?»
«A pranzo» rispose.
Lewis si mise di fianco a lui. «Vengo con te.» Poi, si guardò intorno. «È strano essere qui, è tutto diverso.»
«Ti ci abituerai.»
«Nico» disse, capì subito che stava per dire qualcosa che riguardasse loro due. «Voglio crescere in questo team, voglio che ci sia tanta comunicazione tra di noi. Penso sia la cosa migliore per entrambi.»
Nico scoppiò a ridere, fu istintivo. «Perché cazzo devi essere così serio di colpo?» Ma Lewis non rise, e quello lo mise in imbarazzo. «Sì, Lewis, va bene.»
Non faceva più così male. Era in una relazione, era felice, non gli importava più di Lewis.
Vederlo ogni giorno per i prossimi chissà-quanti-anni non avrebbe cambiato le cose. Erano riusciti a non farlo accadere per tutto quel tempo, ormai era quella la quotidianità.
No?
«Se puoi scusarmi un attimo» disse poi, recuperando il telefono. «Devo chiamare Vivian.» Era una bugia. Cioè, Vivian stava lavorando, in quel preciso momento sapeva che chiamandola l’avrebbe disturbata, ma sentiva il bisogno di sentirla. Aveva bisogno di dimostrare che i suoi pensieri fossero rivolti altrove. Si allontanò per telefonare, Vivian gli chiese perché fosse così strano, lui mentì. Poi tornò da Lewis. «Allora, a pranzo. Sto morendo di fame.»
Lewis sorrise. No, non era diventato più facile.